lunedì 24 agosto, ore 11

QUANDO L'ECONOMIA E’ IN PRIMA PAGINA

partecipano:

Allan Friedmann

direttore dell'ufficio di Milano del Financial Times

Gianni Locatelli

direttore di Il Sole 24 ore

conduce l'incontro:

Roberto Fontolan

Occorre non subire l'economia ma rendersene in qualche modo protagonisti. L'informazione economica può svolgere oggi un'importante funzione d’unificazione culturale e di servizio all’intrapresa produttiva se non verrà più strumentalizzata per interessi particolari.

 

A. Friedmann:

Io mi limiterò ad alcune considerazioni brevi sull'economia italiana in questi ultimi tempi e proprio sul ruolo e la grande crescita della stampa economica sia in Italia sia a livello internazionale in questi ultimi tre o quattro anni.

E’ stato un fenomeno molto notevole. Io sono stato molto fortunato ad arrivare qui in Italia verso la fine dell'83, proprio all'inizio di un periodo molto positivo dell'economia italiana. Ormai ci sono le nuvole sull'orizzonte, ma sicuramente abbiamo visto negli ultimi tre-quattro anni grandi sviluppi dell'economia italiana e adesso farò notare alcuni dei punti che ci hanno colpito di più.

Naturalmente la borsa di Milano ha avuto una crescita notevole. Alla fine dell'83 - io ragiono in dollari per il momento - la borsa di Milano aveva una capitalizzazione di poco più di venti miliardi di dollari, oggi la borsa di Milano ha una capitalizzazione di 100 - 120 miliardi di dollari. Il grande boom dell'85-86 ha visto un raddoppio del valore della borsa nell'85, poi nei primi mesi dell'86, poi giustamente ci sono stati, se non crolli, le cadute che sono naturali, nelle ultime borse; ma più che altro c'è stata un’evoluzione di un aspetto di maturità nella borsa di Milano che fino a pochi anni fa è stata una borsa piuttosto provinciale vista dall'estero. Le grandi piazze di New York, Londra, Tokyo, hanno una massa, una grandezza più sostanziale, c'è un ritmo molto più sviluppato. Qui abbiamo solo 200 aziende quotate sulla borsa di Milano e ci vuole almeno il doppio per crescere di più. Dunque i fatti importanti in questi ultimi tempi erano sicuramente la grande crescita della borsa, aiutata sostanzialmente dalla creazione per legge, nell'83-84, dei fondi comuni. E qui arriviamo, a mio parere, ad una delle cose più importanti in Italia in questi ultimi tempi, cioè l'arrivo del piccolo risparmiatore in borsa, attraverso i fondi comuni. All'inizio dell'84 eravamo a livello zero, più o meno per i fondi comuni.

Oggi abbiamo - mi pare - qualcosa come circa 70-80 mila miliardi d’investimenti nei fondi comuni, e una settantina di fondi acquistati da quasi tre milioni d’italiani. Dieci anni fa erano 200-300 mila italiani. Quindi questa è la novità assoluta. Quando Carlo De Benedetti o altri imprenditori italiani parlano della voglia di capitalismo o di capitalismo di massa si riferiscono a questo nuovo fatto, che gli italiani sono interessati, coinvolti più direttamente nella sorte dell'economia italiana attraverso questi fondi. In breve gli altri fenomeni importanti: naturalmente la crescita dell'economia stessa; infatti, l'economia italiana ha avuto il tasso di crescita più alto in tutta l'Europa occidentale negli ultimi tre anni.

Abbiamo visto finalmente l'inflazione in discesa; la questione della scala mobile era un elemento in questo, ma ci sono stati vari altri fattori, anche internazionali. Soprattutto l'industria italiana, dopo anni di stasi e di problemi, si è finalmente, ristrutturata, anche finanziariamente, cioè con un azzeramento dei grandi debiti, in gran parte attraverso dei collocamenti diretti sulla borsa, mentre in passato erano tutti prigionieri delle banche. Abbiamo visto altri grandi sviluppi delle grandi aziende ma anche delle piccole e medie. In tutto questo qual è il ruolo della stampa? Noi, come giornale straniero, tentiamo di seguire questo grande sviluppo dell'economia italiana e spiegarne il bene e il male. L'importanza degli sviluppi in Italia sono tali che abbiamo visto l'Italia in prima pagina molto più spesso negli ultimi due tre anni che nel passato. Abbiamo avuto mediamente notizie in prima pagina dall'Italia - e noi abbiamo corrispondenti in 70 paesi - almeno una volta alla settimana negli ultimi tre anni. Il ruolo della stampa dovrebbe essere, secondo me, dare informazione obiettiva, informazione senza colore. E poi anche una cosa che forse è più della tradizione americana che europea: giornalismo d’indagine, in cui si tenta di andare al di là del comunicato stampa, al di là delle dichiarazioni ufficiali, e non per criticare gratuitamente ma proprio per rivelare la verità in una situazione economica o politica. Fare un’indagine, un’inchiesta ben documentata con tutti gli aspetti chiari e precisi, questo può essere un ruolo della stampa.

In Italia abbiamo visto anche la grande crescita, che segue un fenomeno internazionale, della stampa economica. Il Sole 24 Ore mi pare abbia raddoppiato il numero di copie negli ultimi 3-4 anni, e poi c'è stata la nascita di altre riviste, altri giornali, quindi un grande interesse; questo boom fa bene, però c'è sempre il rischio - forse più in Italia che in America, ma non sempre - che l'economia e i grandi giochi dei potenti dell'Industria e Finanza vengano interpretati più come telenovelas che come fatti solidi e concreti. Ma questo può anche essere naturale: perché alcune aziende, alcune banche, alcuni personaggi della finanza e dell'industria non sono decisamente molto aperti e pronti a dare una mano al giornalista nel dargli tutte le informazioni, quindi un po' di speculazione è il rischio, si deve evitare ma è il rischio (...).

Il rischio forse più serio in Italia è che la notizia venga strumentalizzata per interessi particolari; questo è sempre stato un problema anche in altri paesi, ma è proprio un rischio da evitare sempre di più in questo paese per avere informazioni più obiettive e per servire i lettori che sono naturalmente il nostro mercato principale.

G. Locatelli:

Friedman citava la definizione per cui "la notizia è qualcosa che qualcuno non vuol vedere pubblicata". Da noi c'è la tendenza a credere che il giornalismo italiano invece sia fatto di notizie di tutt'altro tipo, cioè di qualcosa che qualcuno vuole vedere pubblicato e quindi pilota in senso adatto alla sua pubblicazione. C'è, nel pubblico, nei lettori, la sensazione o l'impressione che il giornalismo italiano sia un giornalismo fatto con questo criterio, cioè pilotato, poco critico, immaturo, e quindi poco credibile. Non nego che ci siano situazioni di questo tipo nei giornali italiani, compresi i giornali economici, ovviamente. Quello che però mi preme sottolineare è che la situazione nel nostro paese, anche per quanto riguarda la professione giornalistica, sta cambiando radicalmente. C'è lo sforzo dei giornalisti in generale e dei giornalisti economici in particolare, per dare un’informazione più corretta, un’informazione più credibile, per dare di se stessi come informatori un’immagine più utile alla crescita del paese. E quando noi affrontiamo questo argomento, "quando l'economia va in prima pagina", dobbiamo stare attenti a due aspetti fondamentali. Quando l'economia va in prima pagina sui giornali specializzati, cioè tutti i giorni, capire come ci va, e quando l'economia va in prima pagina sui giornali non specializzati, capire perché ci va, oltre al come.

Quindi cominciamo con l'economia in prima pagina sui giornali economici: come va l'economia in prima pagina sui giornali economici? Cioè quale tipo di informazione economica fanno i giornali economici? (...)

Secondo me lo sforzo maggiore della informazione economica in questo momento, quindi lo sforzo maggiore mio e dei miei colleghi, visto che parlo come direttore di un giornale economico, è quello di non farsi in un certo senso soffocare dell'abitudine, per quieto vivere, per incapacità professionale, per non voglia di rischiare, per piacere più a chi dà l'informazione che non a chi la legge, non farsi soffocare - dicevo - da questo comportamento tradizionale negativo, ma nemmeno farsi tentare da quello che può essere una vivacità solo apparente che ci viene da altri settori. Occorre saper trovare all'interno di questi due elementi un comportamento coerente che sappia fornire la notizia con tutti gli elementi necessari a comprendere questa notizia e soprattutto con la capacità di non essere strumentalizzati, di non essere vittime di chi fornisce le notizie ma interlocutori consapevoli di questa notizia. Questo comporta un lavoro faticoso, soprattutto perché comporta la formazione di una classe di giornalisti economici che conoscano l'economia. (...)

Noi siamo in una fase in cui l'informazione economica è ancora molto giovane, ancora fanciulla, quindi deve formarsi, deve crescere, deve consolidarsi. Poi c'è tutto l'altro aspetto: perché una notizia economica va su un giornale non economico. C'è tutta l'altra fascia dell'informazione che viene fatta dai giornali non specializzati. Io ovviamente qui parlo di giornali in cui non sono coinvolto, quindi vi parlo semplicemente da lettore, con l'esperienza del giornalista ma soprattutto con la valutazione dei lettore. E qui, purtroppo, il modo è abbastanza uniforme, nel senso che quando si decide di dare una notizia in prima pagina di carattere economico, tutti la mettono allo stesso modo, si parli di legge finanziaria, piuttosto che di una caduta in borsa. Il perché è che c'è la tentazione di prendere la notizia economica come una notizia qualsiasi e di inserire all'interno di questa notizia economica una serie di elementi, una serie di valutazioni, che ne facciano, sì, una notizia economica, ma una notizia economica vissuta, letta, interpretata, e quindi poi introiettata nel comportamento di ciascuno come un fatto politico o come un fatto di carattere generale, quando non addirittura di carattere sportivo o meteorologico. Una notizia economica viene spesso vista per quello che sono i suoi agganci politici o per quello che di politico si vuole vederne in quella notizia, oppure come un match sportivo: chi vince, chi comanda? Riguardo per esempio alla Montedison - mi ricordo una domanda: "Chi comanda? Comanda Gardini o comanda Schimbemi?" Oppure: "Chi ha vinto la gara tra i due?". Oppure di carattere meteorologico: "Farà bello, farà brutto nell'economia". In realtà sono tutti modo molto fuorvianti di portare in prima pagina una notizia economica (...)

Concludendo, vorrei dare due concetti essenziali - per me che ci lavoro. Primo concetto è che non dobbiamo metterci nei confronti del giornale economico o comunque della notizia economica, come degli osservatori che pretendono i capire la notizia non conoscendo i meccanismi stessi della notizia. Voglio dire: la qualità dell'informazione economica è direttamente proporzionale alla qualità del lettore dell'informazione economica. Se il lettore è un lettore disinformato, incolto, distratto sui fatti dell'economia e si avvicina a questi fatti sono in maniera occasionale, superficiale, in maniera tale da pretendere di sapere tutto quando sa poco o niente, la sua lettura si fa in un certo senso amplificatore del modo sbagliato di presentare la notizia. Quindi solo un lettore avveduto, colto, e preparato, è in grado di pretendere un’informazione economica qualificata.

Il secondo aspetto è che oggi, dopo tante esperienze di unificazione culturale di questo paese c'è un elemento importante di unificazione, l'informazione economica. Se noi perdiamo questa occasione, faremo di questo paese un paese e una società divise, separate, incomprensibili una all'altra. Ancora quindi delle società non unitarie, non capaci di esprimersi a livello generale. Quindi il ruolo oggi dell'informazione economica è un ruolo di unificazione culturale, ed è un ruolo, secondo me essenziale, in cui sono coinvolti i giornalisti ma siete coinvolti anche voi e quelli come voi che sono lettori dei giornali, anche dei giornali economici.