I maghi della pubblicità

Due tra i più famosi pubblicitari americani creano spot in diretta al Meeting

Lunedì 25, ore 16.30

Relatori:

David Horowitz, Presidente della DHMA di New York

Gene Lofaro, Senior Vice President della Group Head International BBDO di New York

Lofaro: Tutta la pubblicità inizia con una pagina vuota, lo storyboard, il canovaccio, sul quale noi presentiamo le immagini principali ai pubblicitari, che spiegano l’idea che noi vogliamo sviluppare. Le parole sono o le parole dell’annuncio parlato oppure i dialoghi tra due protagonisti. Quando il pubblicitario e il cliente approvano e dunque decidono di girare questa pubblicità, inizia il mio lavoro. Io produco spot pubblicitari. Gli spot hanno a che fare con la percezione, e il lavoro della nostra agenzia è quello di aiutare il consumatore a cambiare la propria percezione. Lavoro con un gruppo di creativi: un copy writer e un art director. Il copy writer è solitamente la persona che scrive il copione, e l’art director è il responsabile delle immagini. Talvolta i due ruoli si fondono, e dobbiamo essere attenti e cauti, perché è facile calpestare i sentimenti delle persone, specialmente se si scontrano grosse personalità.

Durante un lavoro, il mio ruolo è quello di svolgere uno dei seguenti compiti: essere diplomatico, fare l’agente di viaggio, l’arbitro, il revisore, il responsabile del vitto, il somellier, l’autista, il consulente, il consigliere, la persona che rimprovera, che incoraggia, che dà motivazione, il conduttore, l’esecutivo, la persona che dà motivazione ancora, il capro espiatorio e, talvolta, l’eroe... Il compito principale del produttore è quello di fare in modo che le persone siano chiare, precise: che cosa vuoi girare, dove, quando, quanti attori ti servono, che cosa dovranno indossare; molti aspetti della mia personalità vengono chiamati in causa durante il lavoro, e sono grato di incontrare così tante diversità e così tante sfide. Il processo della creazione dello spot inizia analizzando il lavoro dei diversi registi, registi che noi chiamiamo oppure che conosciamo. A seconda delle necessità dello spot vogliamo avere un regista che sia bravo con gli attori, o un altro regista che abbia un buon senso visivo, oppure una persona che possa fare entrambe le cose. Sembra che ogni pubblicitario sviluppi un interesse tutto suo nello spot che inizia a produrre: è un po’ come convincere il padre della sposa che voi siete l’unica persona adatta ad occuparsi della figlia e che garantirete per lei per tutto il resto della vita. A questo punto scegliamo il regista; abbiamo visionato molti lavori, scegliamo il regista e la società che sia adatta ad eseguire l’idea che abbiamo in mente. In genere dobbiamo fare delle gare tra i registi per poter promuovere l’equità del processo di selezione, ed il regista deve essere disponibile a lavorare al momento da noi fissato e il prezzo deve essere al di sotto del budget messo a disposizione del cliente per la produzione.

A questo punto il cliente potrebbe decidere che c’è un’altra idea che vuole produrre contemporaneamente, per poter ridurre i costi: il cliente può chiedere una stima della produzione, ed in genere ci vuole una settimana prima di poter ottenere le informazioni sui costi. Tuttavia la data fissata per mandare in onda lo spot non cambia. Alla fine il cliente ci dà il lavoro e inizia così il processo di produzione. Analizziamo i preventivi, fissiamo i tempi, ci consultiamo tra di noi e con il cliente; tutto viene approvato nelle diverse fasi.

Quando viene approvato definitivamente il lavoro, iniziamo con il cast, la scelta degli attori: dobbiamo specificare il tipo di attori e di attrici di cui abbiamo bisogno, le loro età e il loro look. Poi decidiamo se creare un set o se invece girare dal vivo; mandiamo delle persone a cercare i luoghi che possiamo utilizzare per girare, come una cucina o un ufficio. Nella maggior parte dei casi è meno costoso trovare un luogo, ma talvolta è molto meglio costruire un set. È difficile credere quante persone compongono una troupe per produrre uno spot. Molto spesso mi è capitato di entrare in una casa o in un ufficio e vedere facce sorprese dal numero di persone, venti, quaranta, che improvvisamente si trovano nella loro casa o nel loro ufficio.

La produzione, in America, è un settore particolarmente specializzato, ma anche molto sindacalizzato. Faccio un esempio banale: una pedana per macchinista è un’attrezzatura mobile, fatta di acciaio. Al mattino, quando viene scaricato il camion, viene messa da qualche parte, poi più tardi, quando vogliamo spostare la telecamera verso questa pedana, magari molte ore dopo, c’è un cavo sopra questa pedana, qualcuno ha appeso una maglietta sulla stessa pedana e qualcuno ha appoggiato la scopa. Per poter spostare questo attrezzo dobbiamo prendere e chiamare una guardarobiera che sposti la maglietta, un elettricista che sposti il cavo, un addetto alle pulizie che sposti la scopa e il macchinista che sposti l’attrezzo vero e proprio.

Horowitz: Compongo musica per spot pubblicitari; è un po’ come lavorare nel mondo del cinema, eccetto per il fatto che nessuno ci chiede la fotografia e l’autografo, anche se ascoltano la nostra musica tantissime volte al giorno. Molti canticchiano l’ultima musica che abbiamo composto, perché è forte il potere della pubblicità.

Sono nato e cresciuto nel quartiere leggendario di New York, Brooklyn. Prima di compiere i due anni di età avevo già cominciato a strimpellare al pianoforte alcune melodie che si sentivano alla radio: ovviamente mia madre era convinta di avere prodotto un nuovo Mozart, e quindi mi ha mandato subito a lezione di musica. Nei dieci anni successivi sono riuscito ad alienarmi simpatie di una infinita serie di insegnanti di piano, perché volevo continuare a migliorare i pezzi che mi volevano far suonare. Dicevo che le note stampate erano belle, ma che si poteva cambiare la musica. L’ultimo insegnante prevedeva che avrei fatto una brutta fine e che sarei diventato un musicista o un criminale di professione: lascio a voi decidere come sono andate poi le cose, se la sua descrizione era giusta o meno. All’università ho studiato filosofia e letteratura comparata; passavo tutto il tempo libero a suonare jazz nei vari club e in concerto. Mi sono occupato molto di musica d’avanguardia a New York, ho cominciato a comporre i primi pezzi per la mia band, oltre ad arrangiare varie canzoni pop per altre; però, prima di rendermene conto ero diventato un musicista professionista a tempo pieno. All’inizio degli anni ’70 ho cominciato a scrivere musica per spot pubblicitari; dopo aver fatto il libero professionista ho fondato la mia casa di produzione nel ’79. Il resto, come si dice, è storia.

Nel corso degli anni ho imparato a pensare alla musica come a un punto di vista, come ad un atteggiamento emotivo, come un modo per creare l’ordine nel caos. La musica parla direttamente al cuore, allo spirito: per me la musica è la più pura espressione di quello che significa essere uomini. Attraverso il mio lavoro nella pubblicità ho imparato che quando la musica viene aggiunta alle immagini può integrarle fornendo più dimensioni, prospettive, emozioni, creare gli stati d’animo, dare tono alle immagini, sottolineare le azioni, sottolineare i dettagli, accentuare la drammaticità e la suspence, dare forza, energia, mordente alle immagini. Nel linguaggio speciale della pubblicità si può dire che la musica aiuta a creare un avvio, un inizio, un messaggio centrale e una conclusione. La musica aiuta a capire rapidamente la narrazione nel pochissimo tempo disponibile alla pubblicità. La musica telegrafa quello che sentiamo, e questo lo deve fare nei primi secondi dello spot: può essere sottile, ma non deve essere mai ambigua.