Terra nuova sotto la stella rossa

Giovedì 29, ore 15

Relatori:

Tadeusz Kondrusiewicz

Stefano Caprio

Aleksiei Viktorovic Judin

Gianni Malberti

 

Mons. Kondrusiewicz è Amministratore Apostolico per i cattolici di rito latino nel territorio europeo della Russia con residenza a Mosca.

Kondrusiewicz: Nell’enorme territorio di 22.339.700 chilometri quadrati, fino a poco tempo fa chiamato Unione Sovietica, la chiesa cattolica, fino all’instaurarsi del potere sovietico, era fiorente; particolarmente forte era la sua presenza in Lituania, Lettonia, Bielorussia Occidentale e Centrale, Ucraina occidentale, Repubblica dei Tedeschi del Volga. Qui, ovunque c’erano vescovi, seminari, era ampiamente diffusa la vita monastica, erano presenti varie fraternità, così come la catechesi, attività missionarie e di beneficienza, opere di misericordia ecc.

Sebbene la chiesa cattolica si trovasse in minoranza assoluta rispetto alla chiesa ortodossa, nondimeno aveva significative possibilità di sviluppo. In queste terre, irrorate più di una volta dal sangue e dalle lacrime delle guerre, sono vissuti molti santi e beati. Di grande popolarità godevano scuole, ospizi, ricoveri cattolici. In una parola la chiesa cattolica aveva grandi possibillità di educare la gente nello spirito dell’amore per il prossimo e la sua salvezza.

Ma ecco il rombo della rivoluzione e gli avvenimenti dell’ottobre 1917, su cui la storia non ha ancora pronunciato l’ultima parola: si è trattato di una rivoluzione o di un colpo di Stato? E fu come se una forza demoniaca si impossessasse di alcuni dirigenti del nuovo Stato apparso sulla carta del mondo. Cominciò una feroce persecuzione della religione, che interessò sia quella cattolica che l’ortodossa e tutte le altre confessioni. "La religione è l’oppio dei popoli!": questo e simili slogan costituirono il credo del nuovo regime. Si dimenticò che il mondo è sempre uguale, che se gli uomini che lo costruiscono sono disumani, senza responsabilità per quello che fanno, senza amore per il prossimo, tale sarà anche il mondo. In tal modo si venne a creare una nuova società in cui l’uomo doveva essere in funzione del sistema e non il sistema in funzione del bene dell’uomo.

Il principio "senza Dio nulla è possibile" fu sostituito dallo slogan "senza Dio tutte le strade sono aperte", e quali strade fossero e dove conducessero il Paese ne siamo tutti testimoni oggi.

Per molti decenni, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale in Unione Sovietica esistevano vescovi solo in Lituania e Lettonia. Le autorità statali stabilirono il numero chiuso per i seminaristi, furono vietati tutti gli ordini monastici, fu proibita la catechesi(1). Molti sacerdoti, vescovi e anche laici vennero imprigionati a causa della loro fede religiosa. Come raccontava un anziano sacerdote lituano, i rappresentanti delle autorità dicevano: "Dateci un prete e noi troveremo di che accusarlo". Molti di questi detenuti non tornarono e la nostra generazione fu chiamata a scrivere il martirologio dei ministri della chiesa e dei cristiani del ventesimo secolo. Sembrò quasi che la chiesa cattolica in Unione Sovietica fosse destinata a non sopravvivere; anche il destino della chiesa ortodossa non fu facile. Il capo dell’Unione Sovietica, Nikita Krusciov, negli anni sessanta ebbe a proclamare: "Ancora per poco potremo vedere per televisione l’ultimo pope sovietico". In quelli stessi anni nella Russia delle 455 chiese e circa 500 cappelle ne rimasero aperte circa 95, il numero dei sacerdoti scese circa a 35, a fronte di circa 2 milioni e mezzo di credenti; nella cattolica Vilnius, capitale della Lituania, su più di trenta chiese ne rimasero aperte solo nove. In molti paesi e regioni dell’Ucraina rimase aperta addirittura una sola chiesa, mentre fu completamente proibito il culto cattolico di rito orientale. Praticamente in vaste zone della Russia e del Kazakistan venne totalmente cancellata la presenza della chiesa cattolica.

Tuttavia, pur in una situazione così difficile, la gente conservò la fede grazie anche alla profonda religiosità delle generazioni più vecchie che cercarono di mantenere vive nelle loro case la pratica della preghiera e del rosario e crearono così con i loro figli delle piccole chiese domestiche. Ricordo che quando nel nostro villaggio non c’era un sacerdote, la nostra famiglia era solita riunirsi tutte le sere per la preghiera e poi si ripetevano immancabilmente alcune formule del catechismo. I pochi sacerdoti si facevano in quattro per aiutare la gente, per istruirla, confessarla, celebrare i matrimoni, la Messa e così via, arrivando a fare centinaia di chilometri per servire tutte le comunità. Particolarmente radicata nel popolo era la devozione mariana; la gente credeva nell’aiuto di Maria, e non si sbagliava.

Giunsero nuovi tempi. La situazione cominciò a cambiare in modo radicale durante l’anno mariano nel 1987-88. Fu come se una pioggia di grazie divine ricadesse sul nostro Paese: sempre più chiese vennero restituite al culto dei fedeli, fu tolto il numero chiuso ai seminari, cominciarono a giungere in aiuto sacerdoti dall’estero. Il 25 luglio 1989 venne nominato per la prima volta dopo 62 anni un vescovo a Minsk in Russia (questa fu la prima nomina episcopale nella storia dell’Unione Sovietica dopo la seconda guerra mondiale, al di fuori della Lituania e della Lettonia). Questo fu un segno che la chiesa era effettivamente viva e anche delle imminenti trasformazioni democratiche all’interno della società.

L’anno scorso è stato nominato Nunzio Apostolico a Mosca Monsignor Francesco Colasuonno; l’instaurarsi di relazioni diplomatiche fra l’Unione Sovietica e il Vaticano conferma che la situazione della chiesa cattolica in Unione Sovietica si sta normalizzando. Un fatto importante fu la promulgazione di leggi a livello dell’Unione come da parte di singole repubbliche, a favore della libertà di coscienza e di associazione religiosa. Negli ultimi due anni in Russia sono state riaperte almeno cento chiese e oggi si contano circa 230 chiese aperte al culto. L’anno scorso, sempre in Russia, è stato aperto un seminario al cui primo corso hanno preso parte 42 seminaristi. In Ucraina il numero delle parrocchie cattoliche di rito latino è oggi di circa 130. Quest’anno sono state costituite strutture ecclesiastiche in Ucraina, Bielorussia, Russia e Kazakistan, dove sono stati nominati dei vescovi. Nuovi vescovi sono stati nominati anche in Lituania ed in Lettonia. La chiesa ucraina di rito orientale è uscita dalla clandestinità. Gli ordini monastici che per molti anni erano stati costretti a vivere nella clandestinità ora possono operare apertamente, inoltre è ora possibile organizzare ufficialmente scuole di catechismo per i bambini. Non sono rari i casi in cui presidi di scuole pubbliche invitano dei sacerdoti a tenere lezioni di religione per gli studenti. 1er gli insegnanti in alcune repubbliche come in Lituania e Lettonia esistono corsi regolari di religione nelle scuole; bisogna anche ricordare che a partire dell’anno passato ha ricominciato la sua attività una facoltà teologica dopo essere stata chiusa dalla fine della seconda guerra mondiale.

In queste nuove condizioni è diventato possibile organizzare pellegrinaggi ai luoghi santi sia all’interno del paese sia all’estero. Quest’anno in occasione della sesta giornata mondiale della gioventù a Czestokowa sessantamila giovani dalla Bielorussia, Russia, Ucraina, Lituania e altre repubbliche hanno preso parte all’incontro con il Papa. È stata questa una lezione di come si deve costruire la casa comune non solo europea ma mondiale. Giovani di diversi nazionalità e confessioni religiose (tra i nostri pellegrini vi erano giovani ortodossi e non credenti), hanno convissuto come un’unica famiglia questo incontro.

Accanto all’aspetto spirituale, il rafforzamento della fede, per chi già credente ed una nuova conoscenza per chi non credeva, ha avuto anche un aspetto fortemente ecumenico per la convivenza tra persone di diverse confessioni, ed infine un aspetto puramente umano per la possibilità di incontro fra coetanei da tutto il mondo per pregare insieme, presentare i propri programmi culturali e scambiarsi esperienze e domande.

Quale Amministratore Apostolico dei cattolici di rito latino della Russia europea nominato il 13 aprile di questo anno, devo ora soffermarmi un po’ più particolareggiatamente sulla situazione dei cristiani cattolici di questa regione. Su un territorio di 4 milioni di chilometri quadrati, fino al 1917 c’erano circa 130 chiese per circa mezzo milione di credenti; c’erano due seminari, a Saratov e a San Pietroburgo dove c’era anche una accademia teologica, vera fucina del pensiero teologico per tutta l’Europa orientale. Gli anni delle persecuzioni praticamente distrussero la chiesa cattolica, vennero distrutte tutte le sue strutture. Ci fu, è vero, a Mosca, dal 1925 fino al 1936, il vescovo Never, ma la sua attività subì numerose limitazioni. La Santa Sede nominò in quei periodi altri vescovi in alcune città della Russia, tuttavia essi ebbero la possibilità di operare solo in brevissimi periodi di tempo. Negli anni ‘70 nella Russia europea erano rimaste solo due parrocchie cattoliche: San Luigi a Mosca, e Nostra Signora di Lourdes a Leningrado. Il sangue dei martiri, le sofferenze dei credenti, le preghiere che si levarono per le chiese sia in Russia che all’estero non rimasero infruttuosi: la perestroika portò nuovi e positivi sviluppi. Il 13 aprile 1991 sono stati nominati i nuovi vescovi con la carica di amministratori apostolici nelle città di Mosca, Novosibirsk e Karaganda; in tal modo quasi dappertutto oggi è presente una gerarchia ecclesiastica, con esclusione dei territori del Caucaso e della Transcarpazia, dove pure è attiva la Chiesa cattolica, e che rimangono soggetti direttamente alla giurisdizione del Nunzio Apostolico.

Il fatto stesso della nomina di un vescovo a Mosca è alquanto significativo; è infatti il segno dei grandi mutamenti che si sono verificati nella nostra società. Mosca: al nome di questa città, in questo secolo, si è soliti associare parole come ateismo, comunismo, repressione, e così via, ora tutto deve essere diverso; il sangue dei martiri comincia a portare i suoi frutti. È significativo che la nomina sia avvenuta il giorno 13, perché ogni mese questo giorno è per noi dedicato al messaggio della Madonna di Fatima, riguardante la Russia, e sulle sue parole noi riponiamo le nostre speranze.

All’epoca della mia nomina ad Amministratore Apostolico a Mosca, su tutto il territorio di amministrazione vi erano solo 6 parrocchie registrate, malgrado vi fossero comunità cattoliche anche in posti dove non era stata registrata alcuna parrocchia. I sacerdoti operanti erano sei, due dei quali avevano superato gli 80 anni. Attualmente è stata registrata ufficialmente presso il ministero della giustizia della Russia l’Amministrazione Apostolica a Mosca per i cattolici della Russia europea, che così viene ad assumere lo stato di persona giuridica. Sono in corso di registrazione giuridica 40 parrocchie; il numero dei sacerdoti è aumentato a 15, i nuovi sacerdoti sono arrivati dalla Bielorussia, dalla Lituania, dalla Lettonia, dalla Germania, dalla Cecoslovacchia, dalla Francia, dall’Italia e dalla Polonia. È stata creata una commissione liturgica, che si occupa della preparazione del messale e degli altri testi liturgici in lingua russa. È stato fondato a Mosca il Centro di informazione cattolico "Verità e Vita" che pubblica un mensile dallo stesso titolo, dedicato alla vita della Chiesa Cattolica in Russia e nel mondo. Inoltre stiamo preparando adesso la pubblicazione dei "Principi della Chiesa Cattolica". A Mosca vi è anche l’associazione caritativa "Domus Marie" che si occupa dell’asistenza e recupero dei tossicodipendenti. Nel prossimo futuro prevediamo di creare una Caritas diocesana. Dall’anno scorso, presso la chiesa San Luigi di Mosca, è cominciato un corso triennale per catechisti. Presso molte parrocchie vengono organizzate scuole domenicali per il catechismo ai bambini. Cominciano a operare movimenti come Comunione e Liberazione, i Neocatecumenali, i Focolarini, Fede e Luce, Emmanuel e altri. Si sono stabilite da noi anche le suore di Madre Teresa di Calcutta, con due case a Mosca e una a Leningrado. Inoltre esse sono presenti anche in Siberia ed in alcune altre repubbliche. Le suore dell’Eucarestia operano nella regione del Volga, sono presenti anche suore di altri ordini; le opere di misericordia a cui esse si dedicano, le opere di evangelizzazione, e la loro stessa presenza, sono un fondamentale contributo alla cristianizzazione e all’educazione di un’umanità nuova. Le autorità cittadine di Kiev, in Ucraina, nell’invitare le suore di Madre Teresa a stabilirsi là, hanno detto: "Potete anche non fare nulla qui, è sufficiente la vostra presenza perché la gente diventi migliore". Molti ordini monastici hanno dichiarato il loro desiderio di stabilirsi e lavorare in Russia, ma la mancanza di edifici e la non chiarezza della situazione giuridica per quel che riguarda il loro trasferimento dall’estero ha limitato la loro presenza in "loco".

In questi ultimi tempi è molto sensibile l’interesse da parte dei giovani per la religione e la vita spirituale, in particolare presso gli studenti; il che fa ben sperare per il futuro della Chiesa. In maggio io stesso ho aperto il primo Festival della gioventù cattolica di Mosca, a cui era presente una delegazione del vostro Meeting. Il fatto stesso che centinaia di giovani abbiano partecipato a tale festival nelle sale dell’università Lomonosov, dimostra quanto la gioventù russa si impegni nella vita della Chiesa, a partire dal rifiuto dell’educazione marxista-leninista e dalla ricerca di una nuova dimensione spirituale. Oggi la Chiesa è attivamente presente proprio là dove fino a qualche tempo fa distruggevano i templi. Noi siamo testimoni di come vengano abbattuti i monumenti del vecchio regime. Talvolta la storia si beffa crudelmente di chi ha combattuto contro la fede. Ad esempio al nome di Marx si collegano tutti i principi fondamentali della teoria comunista. Non lontano da Saratov, nella regione del Volga, si trova la città di Marx, dove solo 5 anni fa, già in piena perestrojka, venne distrutta una chiesa; la gente con le lacrime agli occhi raccolse le pietre del tempio distrutto e se le portò a casa, a ricordo della loro fede ed appartenenza alla Chiesa. Si possono distruggere i templi, ma non estirpare Dio dal cuore degli uomini. La comunità cattolica della città di Marx è oggi una delle più grosse ed attive: è, di fatto, il maggior centro cattolico della regione del Volga, il suo parroco, Iosef Wert, è stato di recente nominato Vescovo a Novosibirsk.

Malgrado i considerevoli passi avanti compiuti nello sviluppo della sua azione, la situazione della chiesa cattolica russa rimane pur sempre difficile. Ad esempio, in una megalopoli come Mosca, che conta più di 9 milioni di abitanti, o Leningrado, con 6 milioni di abitanti, c’è di fatto una sola chiesa cattolica funzionante regolarmente; a Mosca ve ne erano altre 2 e a Leningrado 8, ma non è stato ancora possibile riaprirle; inoltre manca del tutto a Mosca una curia, un’abitazione per il Vescovo, per i Sacerdoti, come pure manca un edificio per il seminario nella regione del Medio Basso Volga. Dove un tempo c’era la Repubblica dei tedeschi del Volga, oggi ci sono per lo meno 34 comunità di cattolici tedeschi; tuttavia non c’è una chiesa, mentre un solo sacerdote viaggia da una comunità all’altra per assicurare la celebrazione dei sacramenti. Una caratteristica peculiare di questa regione è il fatto che, mentre gli anziani parlano prevalentemente tedesco, i giovani ormai conoscono solo il russo, la messa ed i canti sono dunque in tedesco, mentre la predica in russo ed in tedesco, pertanto il sacerdote deve conoscere bene entrambe le lingue. Nella regione di Kaliningrad, nella Prussia orientale, fino a tempi recenti non c’è mai stata una parrocchia cattolica. Ora vi è una comunità registrata mentre altre otto sono in attesa di ottenere la registrazione. A tutt’oggi vi è solo un sacerdote, mentre i credenti sono Polacchi, Lituani, Tedeschi e Bielorussi. Ancora una volta è necessario che il sacerdote sappia varie lingue. Molte chiese, che speriamo presto di ottenere dalle autorità (per esempio Santa Caterina, San Pietroburgo, Santi Apostoli Pietro e Paolo e Immacolata Concezione a Mosca, oppure la Chiesa a Volgograd), sono state così ristrutturate in questi ultimi anni, che è difficile riconoscere in esse i templi originali, quando addirittura non sono ridotte a semplici rovine. Non abbiamo una casa editrice, una tipografia, né delle pubblicazioni periodiche, mentre un problema a sé è rappresentato dalla traduzione ed edizione dei libri liturgici in russo. In questo siamo aiutati fattivamente dal Centro Russia Cristiana di Milano.

Ecco, in breve, come si presenta la situazione della Chiesa Cattolica nella nostra società: nelle Repubbliche Occidentali la Chiesa cattolica è in grado di reggersi abbastanza saldamente con le proprie forze, in Russia, invece, è solo agli inizi, e bisogna quindi aiutarla perché da questo dipende il suo futuro. La Russia merita questo aiuto.

Parlando di essa non si può tacere degli eventi della settimana scorsa, di quei tre giorni, dal 19 al 21 agosto, che hanno fatto tremare il mondo. È stata violata la Costituzione, che in qualsiasi governo è la garanzia di una vita normale. L’esercito e la condizione di emergenza che si è creata in molte regioni del Paese, ha prodotto nella gente un senso di paura e di incertezza, ma d’altra parte siamo oggi alla fine del ventesimo secolo, e non sono più i tempi degli anni venti o quaranta, oggi non è più il 1985, ma il 1991, la coscienza della gente è cambiata. Essa ha respirato l’aria della libertà, si è immersa in un clima di democrazia e non vuole più vivere come un tempo. Un enorme ruolo nel superamento della crisi è stato svolto dal presidente della Russia, Boris Eltsin, che si è dimostrato un vero leader, un presidente del popolo, si è opposto alle forze anti-democratiche, e ha ispirato i difensori della democrazia. La posizione decisa dal presidente Michail Gorbaciov, che ha rifiutato le richieste delle forze anti-democratiche, è diventata uno stimolo alla difesa del diritto costituzionale. Sia la Chiesa Ortodossa che Cattolica hanno pregato Dio per una soluzione pacifica del conflitto. Le suore di Madre Teresa di Calcutta a Mosca un’ora dopo la proclamazione dello stato di emergenza, hanno cominciato e proseguito senza interruzione, fino alla fine, l’adorazione del Santissimo Sacramento. Altre suore della regione di Varsavia ci hanno telefonato per comunicarci che con analoghe intenzioni avevano iniziato l’adorazione notturna del Santissimo. Non con i carri armati, ma con l’appoggio delle forze democratiche e con l’aiuto di Dio è stato possibile superare questo momento di crisi. La democrazia ha vinto! Decisamente è ora possibile dire che il popolo ha il diritto di essere orgoglioso di sé. Le ultime nomine decise dal presidente Gorbaciov, ed i cambiamenti occorsi nelle strutture del potere della Russia, il riconoscimento dell’indipendenza delle Repubbliche baltiche, infondono speranza sugli sviluppi futuri del processo di democratizzazione, che necessariamente influirà anche su di un miglioramento delle condizioni in cui opera la Chiesa. Essa si trova ad affrontare il compito gravoso di rieducare l’uomo ad una rinascita spirituale, rendendolo capace di apprezzare la libertà per la quale ha lottato, e di usarla correttamente secondo la volontà di Dio. Dio non è morto, Dio è vivo, non i carri armati, né l’esercito, ma lui è il Signore della storia, che deve realizzare la volontà della gente perché: "Vox populi, vox Dei". Tutti noi, in tutto il mondo, preghiamo Dio, il nostro Salvatore Gesù Cristo, che continua a vivere nella sua Chiesa che rinasce anche in Russia, affinché essa possa avere tutte le possibilità per la sua crescita, conducendo gli uomini ad una trasfigurazione spirituale, nella concordia reciproca, nella pace e nella redenzione.

Stefano Caprio è nato a Milano nel 1960. Ordinato sacerdote nel 1986, dal 1990 si trova a Mosca in qualità di cappellano dell’Ambasciata italiana.

Ha collaborato col nunzio apostolico Mons. Colasuonno ed ora col nuovo arcivescovo di Mosca Mons. Kondrusiewicz come missionario per la rifondazione della Chiesa cattolica.

Caprio: Non credo di poter aggiungere molto alle parole dell’Arcivescovo, e alla sua descrizione della vita della Chiesa in Russia. Lavoro ormai da quasi due anni a Mosca, come cappellano dell’ambasciata italiana. Sono giunto a Mosca pochi mesi prima della nomina del Nunzio Apostolico, quindi la Provvidenza ha voluto che io mi trovassi ad essere tra i pochi collaboratori della Chiesa e dei suoi vescovi in questi due anni certamente storici. Credo che l’aria di libertà di cui ha parlato l’Arcivescovo sia percepibile in questo momento a Mosca, non solo in questi giorni, ma in questi ultimi mesi, in questi ultimi anni, in modo sorprendente per chi è attento a cogliere il significato vero di ciò che succede. Essa è percepibile fondamentalmente come un miracolo inatteso; la missione della Chiesa, della Chiesa Cattolica e anche della Chiesa ortodossa, sorge proprio come un miracolo in questo momento in Russia, emerge, in uno scenario che è per per lo più desolante, o è stato molto scoraggiante. Gli anni della perestroika, se hanno alimentato e tuttora alimentano grandi speranze, hanno però prodotto nella vita della gente più incertezze e delusioni che soddisfazioni e speranze. Sono anni in cui nella gente, negli uomini che vivono in Russia, si è creato più che altro il sentimento del fallimento, del crollo, della disgregazione sociale, non tanto per gli errori della dirigenza sovietica di questi anni, che erano in buona parte inevitabili, ed hanno prodotto i fatti della settimana scorsa, ma per la scoperta di quanto il paese in realtà sia ridotto in uno stato di miseria, di crisi. In un certo senso il vero effetto della perestroika di Gorbaciov è stato di alzare il velo su questo scenario di desolazione.

Per questo il fenomeno del cambiamento che è potuto avvenire nella vita della Chiesa è veramente un miracolo, ed è veramente un soffio, uno spiffero di libertà in questa situazione che la gente ha potuto percepire. È quanto negli anni duri predicevano gli uomini del Samizdat, gli uomini che hanno pagato e sofferto per resistere all’oppressione, parlando di rinascita della persona, più che di rinascita della società. Il personalismo che si contrapponeva all’ideologia è evidente in questi anni come rinascita delle persone, o come cambiamento delle persone, all’interno di una società che non riesce a cambiare, e che fa continuamente i conti con il suo fallimento. Il ruolo della Chiesa non è stato quello di produrre questo cambiamento, perché quello che sta avvenendo, la conversione a Cristo di tante persone, l’attesa di un annuncio e di una parola nuova da parte di tante persone, sono il frutto dell’azione dello Spirito Santo. La Chiesa ha avuto il compito di essere testimone del miracolo, la Chiesa si è posta come luogo di testimonianza del miracolo, cioè come luogo in cui il miracolo può essere visto, può essere evidente.

Potrei narrare molte situazioni, molti episodi in cui questo miracolo è diventato evidente e ci ha stupiti. Partendo solo da questi ultimi giorni, del colpo di stato, il miracolo non è stato nella grande sollevazione di piazza o nei mirabolanti sconvolgimenti sociali, che in realtà non sono stati così visibili come i mezzi di informazione hanno trasmesso (molte persone hanno tranquillamente lavorato il giorno 19, senza accorgersi di nulla fino alla sera, passando per il centro della città). Ma il miracolo è stato, di fronte alla scoperta di quanto era accaduto, il trovarsi insieme di alcune persone che scoprivano non di avere una grande forza sociale da contrapporre, ma di essere un’unità di uomini, di avere scoperto nel rapporto tra persone, una novità che comunque non sarebbe stata cancellata da questo colpo di stato.

Quanti erano dentro la Casa Bianca della Repubblica Russa, insieme e attorno al presidente Eltsin, ci raccontavano in questi giorni l’esperienza umana che hanno vissuto lì dentro. Alcuni sacerdoti che erano presenti, come un grande amico nostro, Padre Gleb Jakunin, ci hanno raccontato non tanto la sensazione dei discorsi o delle decisioni politiche, ma l’emozione di persone che in questi anni hanno scoperto tra di loro una unità più grande. Ed è in forza di questa unità che la resistenza ai carri armati è diventata segno del cambiamento, che comunque è avvenuto nel paese. Paradossalmente il clima all’interno della Casa Bianca è lo stesso che avevo trovato nella Chiesa, nella Parrocchia, o a casa mia, o a casa di amici che si erano trovati insieme per aiutarsi a capire che cosa stava succedendo, per paura anche di andare in giro per difendersi; un clima di scoperta della propria unità, come la vera novità.

Altri episodi durante l’anno sono stati ricordati dall’Arcivescovo, come il festival all’Università Lomonosov di Mosca. Una novità reale perché è stato un incontro vero. All’università come in tanti altri luoghi oggi è facile sentire conferenze sulla religione, sulla fede, sul Vangelo. Molti predicatori venuti dall’estero, protestanti o di altre religioni, hanno tenuto conferenze, molti intellettuali che erano negli anni passati dichiaratamente atei, si sono convertiti al nuovo corso, dando l’impressione che potesse essere una facile scelta se non addirittura una moda. I giorni che abbiamo passato all’università, gli incontri con quelle persone, sono stati non tanto un discorso nuovo, ma l’inizio di un’amicizia, di un cammino che non è finito in quell’incontro e non era nemmeno cominciato lì per molti, ma che è continuato e si è approfondito in questi mesi.

Un’esperienza simile l’abbiamo vissuta quasi quotidianamente o settimanalmente intorno alla parrocchia di San Luigi, come intorno a tante parrocchie ortodosse, nell’incontrare gente che non aveva mai incontrato e non aveva mai sentito parlare di Gesù Cristo, della Chiesa e dei sacramenti, e che era attratta un po’ dalla curiosità, ma soprattutto dalla voglia di conoscere persone che lì vivevano qualcosa di diverso. E mi raccontava l’Arcivescovo, e quanti ci sono stati adesso, della grande impressione riportata dai nostri amici russi che sono andati a Czestokowa (si temeva che questo grande pellegrinaggio fosse un esodo col fine di espatriare, alcuni sono effettivamente rimasti, ma i più sono tornati); tutti sono tornati cambiati. La Chiesa, nei giorni del golpe, era piena di giovani che erano testimoni di questo cambiamento e che hanno voluto tornare lì per vivere quei giorni insieme.

Straordinaria è l’esperienza delle suore di Madre Teresa, a cui noi pochi sacerdoti in Russia facciamo quotidianamente servizio, per non lasciarle prive del Sacramento che per loro è condizione indispensabile per poter lavorare. Hanno saputo creare una novità non per la quantità delle loro opere, ma per il fatto stesso della loro presenza.

Qui, in particolare davanti all’Arcivescovo, vorrei ringraziare lui, e ringraziare il Santo Padre attraverso di lui, per il dono che ci ha fatto la Chiesa della sua persona. Non avrei mai immaginato di scoprire nei Vescovi mandati come guide, con tutte le responsabilità che hanno, con tutte le fatiche che devono sopportare, una così grande capacità di compagnia tra di loro e con tutta la gente che ha voluto incontrarli. Ricordo solo le incredibili condizioni di precarietà in cui hanno dovuto lavorare prima il Nunzio Apostolico (che soltanto nei giorni scorsi ha cominciato ad abitare in casa sua e che, tra l’altro, si è ritrovato senza mobili, perché il camion che li trasportava era rimasto bloccato dalle barricate. Così è stato costretto a dormire per terra, senza sapere bene che cosa stava succedendo intorno) e poi lo stesso Arcivescovo, che abbiamo fatto a gara per ospitare nelle nostre case, perché tuttora è senza una casa. Nelle stesse condizioni di precarietà si trova il giovane Vescovo di Novosibirsk, costretto a viaggiare per un territorio sterminato, senza avere anche lui basi logistiche sicure. L’audacia missionaria del Santo Padre, che ha voluto subito dare i pastori alla sua Chiesa, e dare un segno non di un programma né di una volontà di conquista da parte della Chiesa, ma del coraggio che nasce dall’incontro con Cristo e la testimonianza di Monsignor Kondrusiewicz, di Monsignor Colasuonno e degli altri Vescovi, è stata soltanto questa, senza guardare troppo alle condizioni politiche, sociali, a tutte le condizioni esterne che potevano rendere pericoloso il lavoro della Chiesa: lanciarsi sulle strade dell’uomo, così come Cristo vuole che la Chiesa faccia, testimoniare la Sua vicinanza all’uomo ovunque esso sia.

Credo che questo sia fare il Cristianesimo; questa compagnia, umanamente vera a tutti i livelli, una compagnia con Cristo, nata dall’incontro come miracolo, è l’evento nuovo della Russia, un evento nuovo che, nell’incertezza ancora grandissima di questi giorni, è sicuramente una luce per tutti.

Gianni Malberti nasce a Milano nel 1954. Viene ordinato sacerdote il 19 giugno 1982.

Nel settembre del 1985 si trasferisce a Roma dove con altri sacerdoti costituisce la fraternità sacerdotale dei missionari di San Carlo Borromeo, diventata in seguito "Società di Vita Apostolica".

Nel corso del 1991, con altri collaboratori del Centro Studi Russia Cristiana, allaccia un rapporto con la comunità cattolica di Novosibirsk in Siberia, città nella quale passa lunghi periodi dell’anno per preparare una missione stabile dei sacerdoti della fraternità di San Carlo Borromeo.

Malberti: Se la parola Mosca, come ci ricordava l’Arcivescovo, evoca immagini del comunismo e dell’ideologia marxista, certamente la parola Siberia evoca in noi l’immagine di deportazioni e di famigerati gulag. E infatti questa è l’origine della presenza della comunità cattolica in questa lontana terra. La presenza del cristianesimo, del cattolicesimo latino, trova la sua origine nelle deportazioni, che lungo i secoli, e soprattutto in questo ultimo secolo, hanno portato in quella terra desolata molti cristiani. In questa terra, raccogliendo l’invito che un anno fa nasceva dall’incontro con un sacerdote, con un francescano che lavorava in quella terra, a Novosibirsk, ormai da cinque anni, io ed altri collaboratori del Centro Studi Russia Cristiana, abbiamo iniziato una presenza permanente in Novosibirsk, come modesto aiuto a quel sacerdote, ma attraverso di lui alla presenza della Chiesa. È stato dunque da un incontro che è nata questa storia, che è nata la mia presenza, come la presenza di altri, a Novosibirsk, città cuore della Siberia, due milioni di abitanti, centro di questo immenso e vasto territorio, a cui fanno capo altre piccole e meno piccole comunità cristiane, sparse per tutto questo territorio, comunità cristiane come quelle di Tomsk, di Omsk, di Kaltan dalle quali viene pressante l’invito di presenza di sacerdoti. Vi si trovano fedeli, rimasti tenacemente attaccati a Cristo e alla sua Chiesa, nonostante mille e mille difficoltà, ma non vi sono sacerdoti.

Raccogliendo questo invito ci siamo ritrovati a lavorare in questa terra, e anche qui, come già emergeva negli interventi precedenti, il miracolo che ci si è posto innanzi era il fiorire di un’umanità nuova, che nasce dal Cristianesimo. Vorrei qui citare le parole non mie, ma di un ragazzo di questa parrocchia, che ci diceva che è stato attratto dall’incontro con la Chiesa perché c’era qualcosa di vicino e familiare al cuore dell’uomo che regnava nella Chiesa. In una terra dove l’uomo per molti e molti anni è stato così brutalmente aggredito, dove si è cercato di estirpare ogni valore umano, quest’uomo così confuso, che non sapeva più riconoscere neanche se stesso, è stato resuscitato dall’incontro con la Chiesa. Voglio ricordare anche la testimonianza di una ragazza, quindicenne: "La domanda sul senso della vita e sulla fede si era fatta pressante, non mi lasciava in pace, la vita era per me vuota ed insulsa: a chi credere? A chi affidarmi? Perché vivevo? Queste domande non mi davano pace, non riuscivo neppure più a dormire. L’incontro con Cristo mi ha fatto ritrovare me stessa ed i miei nuovi fratelli in Cristo mi hanno accompagnato nel cammino di fede, fino al battesimo, che ho ricevuto qualche mese fa".

Sono solo due delle numerosissime testimonianze che abbiamo avuto incontrando questa gente, incontrando questa umanità che desidera vivere, che desidera incontrare qualcosa che valga la pena di essere vissuto, di essere abbracciato, e che possa ridare speranza all’esistenza stessa. Questo accade un po’ a tutti i livelli, anche nell’incontro con il mondo accademico della città. A Novosibirsk esiste una delle più importanti università dell’Unione Sovietica, insieme all’Accademia Garadok, che è il centro di ricerca universitario dove sono presenti tutti gli istituti di ricerca. Anche in questo luogo, dunque, nel mondo accademico, la domanda pressante che ci veniva fatta, era appunto di incontrarci per raccontarci di Cristo, perché l’uomo possa ritrovare una parola vera su di sé, sulla propria esperienza e sulla propria vita. Questo ha aperto diverse possibilità, molte porte, al punto che in questa università si è aperta una facoltà di filosofia e di teologia, dove però manca chi può insegnarvi. Sono tentativi che vengono fatti, grandi aperture che si notano, attraverso cui Cristo entra nel cuore dell’uomo, e ne cambia il cuore, e quello di questa società, rendendo meno freddo il clima siberiano.

Aleksiei Viktorovic Judin, laico, sposato, abita a Mosca ed è collaboratore del Centro cattolico di informazione "Verità e vita".

Judin: La Russia per molti di voi è piuttosto un paese di tradizione ortodossa, ed ecco che qui, a questo Meeting, forse per la prima volta per voi, si è aperta la testimonianza sul cattolicesimo in questo paese. Voi avete potuto vedere la mostra fotografica, il film sulla comunità cattolica di Novosibirsk, un piccolo focolare di fervente fede cristiana in Siberia. Oggi voi vi siete incontrati con il primo vescovo cattolico in Russia, nominato dal Santo Padre 55 anni dopo che era stato costretto ad abbandonare il nostro paese il predecessore di Monsignor Kondrusiewicz, cioè il vescovo francese Never. In questo tempo la Chiesa cattolica in Russia si è trovata in condizioni tremendamente difficili. Dei moltissimi templi cattolici che esistevano in tutte le maggiori città della Russia, si era conservato fino a tempi recenti soltanto una parrocchia a Mosca, una a Leningrado e una a Irkutsk. Essi non avevano una direzione ecclesiale unica, la loro vita era molto formale e avveniva sotto la vigilanza del potere politico, ma, nonostante tutto ciò, gli uomini russi continuavano a venire alla Chiesa cattolica. La causa di ciò era una chiara sensazione del carattere più vivo, più aperto del cattolicesimo, rispetto alla conservativa ortodossia, una più profonda e precisa consapevolezza dei cattolici della pienezza della Chiesa universale. Queste persone che cercavano una religione viva, e dotate di spirito ecumenico, cominciarono a creare delle comunità catacombali indipendenti, a capo delle quali c’erano già sacerdoti cattolici russi. Ora, queste comunità sono state legalizzate e costituiscono un unico organismo ecclesiale.

Per il cristianesimo in Russia è stato sempre molto importante il problema della libertà della persona e la possibilità della sua realizzazione nella Chiesa. Nell’ortodossia ciò si esprimeva nell’insegnamento della sobornost, la conciliarità, cioè una certa unità comune, armonica, di tutto il popolo cristiano, che costituisce l’unico organismo insieme alla gerarchia ecclesiale. Questo è una immagine piuttosto elevata, bellissima, ma piuttosto anche idealistica, che non si è mai realizzata nella realtà, e che non è dotata dei sufficienti criteri interiori.

Per i cattolici in Russia il problema della libertà di professione religiosa è sempre stata uno dei più acuti, sia prima della rivoluzione del ‘17, che ai nostri giorni. Insieme al complesso processo di democratizzazione della Russia, è in corso anche in questo tempo uno sviluppo delle libertà religiose, e una definizione del problema del cristiano nella società e della Chiesa come istituzione. In tal modo i cattolici russi, portando nella società di oggi una esperienza sociale e personale proveniente dal Cristianesimo occidentale, si trovano in un punto di tensione, quasi in una zona marginale, di interazione tra la società e la rinascente Chiesa. Ciò che è facile e naturale per i cristiani dell’Occidente, in Russia avviene in modo molto complesso e tormentato. Anche qui in Occidente, come in Russia, è possibile incontrare una certa sorpresa; taluni si chiedono a che cosa serve la Chiesa cattolica in Russia che ha profonde tradizioni spirituali ortodosse, con il suo Cristianesimo millenario, cosa può dare la Chiesa cattolica a questo paese, alla coscienza ortodossa, cui per altro la stessa coscienza del Cristianesimo occidentale spesso si rivolge?

Anzitutto la tradizione cattolica è esistita praticamente sempre in Russia; la Russia fu battezzata nel 988, cioè nei tempi in cui la Chiesa era indivisa; effettivamente il movimento ecclesiale dei cattolici russi cominciò all’inizio del nostro secolo, ed esiste ininterrottamente fino al giorno di oggi. La sua ideologia, la sua coscienza culturale si trova nell’alveo delle visioni ecumeniche del grande pensatore russo Vladimir Solov’ev. Nella stessa Russia, oggi, i cattolici, indubitabilmente, costituiscono una piccolissima minoranza religiosa in proporzione all’ortodossia e alle altre confessioni cristiane. Ma guardiamo alla reale importanza di questa proporzione. Dietro questa minoranza ci sta una reale autorità, una grande esperienza, ci sta l’eredità della Chiesa Cattolica. Il normale uomo russo è ortodosso oppure non credente, ed ha un’idea piuttosto confusa del cattolicesimo. Molto spesso l’uomo russo prende le sue informazioni sul cattolicesimo o dai mezzi di informazione (che gli danno informazioni molto superficiali e contradittore di ciò che avviene) oppure addirittura dalle pubblicazioni non religiose o ateistiche. In base alla mia esperienza personale so quale scoperta può essere per un cristiano ortodosso l’incontro con dei cattolici, quanti pregiudizi può far cadere; in tal modo la missione dei cattolici in Russia è una missione di testimonianza in un paese che è essenzialmente ortodosso, è una missione di buona volontà orientata soprattutto alla coscienza russo-ortodossa; non la conversione della Russia al cristianesimo, non un proselitismo nei confronti dell’ortodossia, ma una comunicazione fraterna e una testimonianza della propria pienezza ecclesiale.

Ecco un esempio dalla storia: proprio i cattolici russi in Europa hanno preso l’iniziativa nei confronti della Santa Sede perché i popoli della Russia vengano consacrati al cuore immacolato di Maria. Questa consacrazione fu attuata con l’aiuto del defunto Cardinal Tisseran e di Pio XII con la lettera apostolica ai popoli della Russia Sacro Vigente Anno nella quale egli si rivolse ai Russi non come a degli scismatici divisi, ma come a dei cristiani di una chiesa sorella.

Oggi i cristiani in Russia, specialmente i giovani, si trovano a dover testimoniare nuove forme, nuove strade di realizzazione dell’esperienza religiosa, non imposizione e propaganda, ma una viva condivisione e comunione. Molto di quello che io ho visto qui al Meeting è stato una stupefacente scoperta per me stesso: anzitutto questo spirito di apertura e di libertà, di fiducia nella possibilità di principi creativi e buoni nell’uomo è un’utentica liberazione, è una reale comunione all’idea comune di movimento. Vedo come il Meeting attira a sé molte persone, spesso non necessariamente persone religiose secondo la tradizione, e dà a queste persone la possibilità di realizzarsi nell’idea del servizio comune, li avvicina attraverso questo servizio ai vivi valori cristiani. È stupefacente lo spirito eternamente giovane che qui regna; molto di quello che sta nei fondamenti del movimento di Comunione e Liberazione e che è espresso da don Luigi Giussani appare qui vicino e pienamente comprensibile. Anzitutto l’idea del movimento come metodo di incarnazione del sacramento della Chiesa nella storia umana, testimonianza della chiesa unica nei molti e vari movimenti. Ciò che il movimento può realizzare è una reale esperienza di incontro con Cristo. Molto importanti e fruttuose mi sembrano due fondamentali dimensioni del movimento espresse da don Giussani. Anzitutto la ubbidienza filiale alla Chiesa, ai vescovi, al Papa e in secondo luogo il fatto che l’autentica vocazione, il carisma, genera l’apertura fraterna all’esperienza dell’altro che in diversi modi porta all’unica verità su Cristo e sull’uomo che è stata svelata in Cristo.

Voglio ricordare le parole di un grande filosofo russo pronunciate settant’anni fa: "Colui che cerca la verità deve cercarla perché l’animo di chi cerca, se egli sinceramente e liberamente cerca, non facendo da sé uno pseudo-profeta, è già un’anima non morta, ma è già un’anima risorta".

 

NOTE

(1) Fino a poco tempo fa non è mai stato pubblicato di fatto alcun volume o giornale religioso, né prodotto alcun ogggetto di culto, non è mai stata costruita nemmeno una chiesa, al contrario le chiese venivano chiuse, trasformate in uffici pubblici, cinema, bar, studi tecnici, magazzini per il grano, depositi di sale, e così via. Un esempio di vandalismo è rappresentato dalla storia della chiesa cattolica di Volgograd, il solo edificio cittadino a non aver riportato alcun danno in seguito alla battaglia di Stalingrado, eppure oggi questa chiesa è praticamente distrutta e ne sono rimaste le nude mura.