Martedì 26 Agosto, ore 11.15

CONSUMARE I MEDIA

(in collaborazione col S.I.D.E.F.)

Partecipano:

Neil Young,

docente presso il Dipartimento di Psicologia clinica della Seattle University (Washington)

Gianfranco Gamaleri,

docente di Teoria e Tecniche della Comunicazione di Massa presso l'Università degli Studi di Roma, "La Sapienza"; assistente del Direttore Generale della RAI di Roma

Francesco Silvano, Amministratore Delegato della S.E.A.T.

Apre la tavola rotonda una breve comunicazione dell'onorevole Alberto Michelini.

A. Michelini:

Aver lavorato per 16 anni alla televisione è stato molto bello, affascinante, come è tutto questo mondo dei mezzi di comunicazione sociale (io preferisco chiamarli così, perché nella parola mass-media c'è già insito un po' quel determinismo di tipo calvinista che presume una comunicazione a senso unico). Se il progresso non è per l'uomo non è progresso e questo vale soprattutto per i mezzi di comunicazione sociale. I satelliti ci permetteranno, nel giro di pochi anni, di ricevere nelle nostre case, spingendo un pulsante, qualunque programma europeo o, addirittura, del mondo. Poi ci sarà il problema di vedere chi potrà fare questa selezione. Quando in televisione si può parlare di ritorno di comunicazione? Quando c'è un programma che fa cultura, che fa discutere in senso positivo, costruendo una famiglia, perché destinatari dei nostri programmi sono le famiglie che vivono nella casa e che spesso più subiscono. (…) Ciò che ho potuto verificare in questi anni, è la grande influenza che può avere sui telespettatori una parola, un gesto, un'espressione del tuo volto, l'espressione di una persona intervistata. Io non potrò mai dimenticare, durante il terremoto in Irpinia, un'inquadratura che feci insieme all'operatore, quando a Balzano andò il Papa, il giorno dopo il disastro, di tre donne che avevano perso i figli (perché in quella chiesa che crollò c'erano le Prime Comunioni, non riuscirono ad uscire dalla chiesa e la facciata, crollando, li travolse). Nell'espressione di quelle tre donne, c'era tutta la tragedia di quella giornata: stavano pregando senza emettere suono, con gli occhi perduti. Che successe? Che un telespettatore (bisogna scrivere al direttore della rete; una lettera scritta bene, con motivazioni serie, influisce più della critica di un giornalista), scrisse una lettera che si riferiva a quell'inquadratura, dicendo che era rimasto colpito perché in quell'immagine c'era tutto il senso della tragedia. (…) L'amicizia cresce in una famiglia dove si discute, dove ci si confronta, dove si parla; nella famiglia si impara a diventare amici. Questa è una cosa che, purtroppo, il mondo politico stenta a capire. In Italia il 97% dei cittadini possiede un televisore, molti ne possiedono più di uno e molti lo tengono anche in camera da letto dei bambini: questa è la cosa più grave che si possa fare.

N. Young:

Quando ero un ragazzo la mia famiglia si radunava attorno al focolare e mia madre ci leggeva storie tratte dalle Sacre Scritture. Quando ebbi cinque anni, incominciai ad ascoltare storie di Gesù, Maria e Giuseppe nella scuola cattolica che frequentavo. Quando ne ebbi sette, una televisione entrò nella nostra casa. Divenne un nuovo tipo di focolare attorno al quale sedersi. Non creava il calore e la comunicazione umana del focolare originale e tradizionale, ma raccontava ugualmente storie, storie differenti dalle Sacre Scritture. Portava luce nella nostra casa, ma era una luce fredda. Raccontava storie, ma noi cessammo di comunicare tra di noi come famiglia. Non parlavamo più l'uno con l’altro. Lasciai casa a diciassette anni senza mai aver conosciuto la mia famiglia. Il caldo amore evocativo e rivitalizzante della mia prima infanzia fu sostituito da una fredda e logorante luce di bugie e alienazione. Non rividi più la luce della vita, finche non incontrai Cristo nel mio cuore e nella comunità della Chiesa. La comunità dei mass media deve funzionare ventiquattr'ore al giorno per cercare di carpire l'attenzione umana. Si lavora instancabilmente per creare un continuo flusso d'informazioni, tanto stimolanti da catturare l'attenzione. Non esiste reale distinzione fra bambini, adolescenti ed adulti. La comunità dei mass media, si avvale di informazioni capaci di stimolare fortemente e di costringere l'attenzione della gente. I tipi d'informazione più sfruttati per la sensazionale capacità di polarizzare l'attenzione sono quelli che rappresentano l'immoralità, l'avidità, l'invidia, la lussuria umana. Alcuni aspetti di queste tematiche sono stati tradizionalmente considerati tabù culturali: l'aborto, l'incesto, la droga, la prostituzione, l'omosessualità, il suicidio, ecc. Il disvelamento di questi "segreti" provoca quell'inclinazione alla ricerca di sensazioni propria dell'animo umano. (…) "Prestaci attenzione, sta' con noi. In cinque minuti ti racconteremo qualcosa che ecciterà i tuoi sentimenti di paura, di rabbia, di lussuria, cupidigia, invidia, disperazione..." La comunità dei mass media gioca, in larga parte, con i nostri sentimenti umani, manipolando la nostra attenzione e i nostri animi per perseguire un utile economico. E questo rientra in una sistema più ampio e in un modo di vita che trae profitto dalle debolezze dell'animo umano. La comunità dei mass media rivela quei segreti dell'esperienza umana che in passato appartenevano all'informazione personale. Anche la letteratura ha svelato storicamente i segreti dell'uomo, ma essi diventano accessibili solo dopo l'acquisizione di un certo grado di istruzione. Quest'esperienza della scoperta del dialogo con la letteratura approfondisce, dilata e arricchisce le nostre capacità di empatia, di impegno emozionale, di creatività e immaginazione. Al contrario, la televisione non richiede nessun requisito per fare esperienza di quello che presenta con le sue vivide immagini.Ogni spettatore è uguale. Neil Postman ha affermato: "Quando parliamo, possiamo sempre abbassare la voce perché i bambini non sentano. Ma la televisione non può sussurrare e le sue immagini sono sempre troppo reali ed esplicite. I bambini vedono tutto quello che lo schermo televisivo presenta loro". L'effetto è l'eliminazione di ogni esclusività nell'accesso alla conoscenza delle capricciose vie del mondo (…). I bambini di tutte le culture non conoscono alcune delle cose che sono note agli adulti. Il lento processo di conoscenza del mondo esperienziale dell'adulto permette ai bambini di apprendere, durante la loro vita, alcune delle condizioni essenziali di una vera comunicazione interumana. I diritti della comunità, in termini di mutua cortesia che rispetti l'essenziale dignità umana, possono essere "organicamente" imparati, incarnati solo dopo un lungo periodo di vita. La televisione fa saltare la struttura temporale di questa iniziazione lunga vent'anni al modo adulto di conoscere le complessità, le intimità e le iniquità dell'umana esperienza (…). La televisione è una forma implicitamente esibizionistica del medium elettronico. La televisione cerca di catturare la nostra attenzione in modo da poter sfruttare la nostra umanità per un egoistico profitto economico, politico, ideologico e psicologico. Ma molto più della semplice innocenza o del fascino dell'infanzia è andato perduto. I media elettronici possono comunicare sia fiducia sia sfiducia nell'insieme dei valori propri del loro pubblico. Uno dei valori fondamentali comune a tutte le comunità umane della terra è quello dell’imbarazzo, o, per meglio dire, della vergogna. La vergogna, intesa come capacità di fare esperienza della perdita della dignità, può essere variamente considerata un dono di Dio, un inganno di Satana o un elemento essenziale nella costituzione di un'autentica vita comunitaria. Possiamo essere in grado di riconoscere alcuni degli aspetti vergognosi delle nostre azioni e, come sant'Agostino, convertirci all'amore vicendevole come Cristo ci ha amati. In questo modo la vergogna può diventare un dono di Dio. Ci si può anche sentire pieni di vergogna pur non avendo commesso nulla di cui vergognarsi. Non c'è una ragione essenziale di vergognarsi di avere un'anima, un cuore, un corpo. La vergogna autentica governa l'espressione di impulsi che possono risultare catastrofici per una comunità. I controlli culturali concernenti il rispetto sessuale e reciproco reggono il nostro equilibrio umano. Senza un adeguato e autentico controllo dei nostri istinti animali, la vita della comunità diventerebbe impossibile. La televisione sembra priva del senso del pudore. I mass media sembrano preoccupati di attrarre la nostra attenzione mettendo continuamente in mostra quello che c'è di più vergognoso. L'idea stessa di vergogna e la sua concreta esperienza si dissolvono in una pioggia di relazioni interpersonali scandalose. Ma il bambino non è stato ancora educato a rispondere al richiamo etico della comunità servendosi dell'autocontrollo, come avviene nell'adulto. I bambini sono più vulnerabili a causa dei loro impulsi egocentrici, sessuali e aggressivi. E si trovano in uno stato di maggiore conflittualità con l'autocontrollo. Un'educazione adeguata dei bambini per quanto riguarda la comunicazione interumana richiede un processo di autorepressione e conseguentemente rende possibile un apprezzamento del valore esistenziale di una vergogna autentica. I comportamenti degli adulti sono espressione ed esempio vivente delle esigenze etiche proprie delle relazioni comunitarie. Una cultura può essere comunicata e resa intelligibile ai bambini solo dagli adulti che, con il loro esempio, li educano a convertire la vergogna autentica in un sistema sociale di norme etiche. Gli adulti possiedono una conoscenza privilegiata di quegli argomenti che sono vergognosi da discutere e dei gesti che esigono un'intimità. Il senso del pudore non può servire come mezzo di controllo e distinzione fra adulto e bambino in una cultura che non sa conservare il senso della modestia, della decenza, dell'intimità appropriato all'età dei bambini. In questa trasformazione, o meglio deformazione, la vergogna ha perso la maggior parte della sua forza etica e della sua influenza. A questo punto la questione non è se l'esperienza umano della vergogna debba rimanere un segreto sociale, ma chi la debba conoscere e come si debba arrivare a tale conoscenza. La condizione dell'infanzia come dimensione autentica dell'esperienza umana è ormai soffocata (…). Il Giardino dell'Eden scomparve e Adamo ed Eva ne furono scacciati perché avevano prematuramente sperimentato una forma di conoscenza che il Padre Celeste aveva loro tenuto nascosta. Lo stesso tipo di perdita e di alienazione sta avvenendo nell'animo dei nostri bambini ogni giorno, quando subiscono la seduzione del serpente dello schermo televisivo. Anch'essi vengono privati della loro preziosa innocenza ad opera di un ingannatore che serve solo se stesso. Quando il senso umano del pudore muore, anche il senso della gentilezza come modo di vita muore con esso. La gentilezza può essere interpretata come un'espressione delle capacità umane di autocontrollo e di rispetto della dignità umana di ogni persona. Il comportamento cortese comunica ed insegna l'autocontrollo. I bambini arrivano all'autentica maturità e ne apprezzano la dignità imparando ad essere gentili. I bambini possono imparare meglio la cortesia e l'etica sociale attraverso il vivo esempio degli adulti. I bambini imparano, essenzialmente a partire da come noi mostriamo loro di vivere. Non è importante semplicemente arrivare a possedere una massa di dati computerizzati, ma poter fare quella esperienza di infiammazione che si irradia dall'adulto. L'esperienza dell'infiammazione potrebbe essere positiva o negativa: essa dipende dal modo in cui l'ambiente adulto fa risplendere la luce dell'amore e della compassione di Dio. La luce di Dio e la luce della natura sono entrambe fonti di alimento per l'anima e il corpo. Noi consumiamo la luce attraverso gli occhi dell'anima e dei corpo. Siamo nati con una innata nostalgia per la luce della vita e la luce di Cristo, come lui ci ha detto: "Noi siamo la luce del mondo". La televisione è una luce artificiale che denutre l'anima e il corpo. (…) Quella creativa distanza psico-sociale che separa gli adulti dai bambini si sta dissolvendo. Tutti sono la stessa cosa e non c'è più una differenza tra le generazioni. I due mondi distinti dell'adulto e del bimbo collassano e precipitano dentro un unico calderone artificiale costituito dai mass-media. Il mondo del bimbo così suscettibile di meraviglia, di affettività e pietà, sentimenti indispensabili per un'autentica crescita umana, scompare. La gentilezza e la curiosità cadono ed al loro posto subentrano l'arroganza, il cinismo e lo scetticismo. I valori della fede, della speranza e dell'amore subiscono una svalutazione radicale e vengono rimossi dal loro posto centrale che è nel cuore della famiglia. I bambini non dipendono più dall'autorità degli adulti per cercarvi saggezza e guida. Il fulcro di questa critica non sta semplicemente nel fatto che questa presentazione indiscriminata dei peccati umani può, di per se stessa, esser peccaminosa, ma dal fatto che qualcosa di essenziale per la integrità esperienziale del bimbo è peccaminosamente perduta. La pubblica esibizione dello stato di degradazione del comportamento umano dinanzi agli occhi dei bambini provoca un cambiamento radicale della qualità e del significato del comportamento inter-personale (sessuale, aggressivo, economico, politico e spirituale) e del corso naturale della crescita del fanciullo. E’ indispensabile raccontare ai bambini la verità dell'esperienza umana ed evitare così di insegnare loro l'ipocrisia. Tuttavia si potrebbe dimenticare che esiste un aspetto salutare in questa ipocrisia. I fanciulli, per crescere bene e nella vera libertà, hanno bisogno di un contesto sociale che procuri loro un affetto pieno di comprensione amorevole e una struttura ben ordinata di regole valide che affermino il valore della loro stessa esistenza. L'infanzia non può esistere senza una certa dose di ipocrisia. E’ essenziale per la stabilità, e la dignità della formazione del fanciullo che egli abbia fiducia nella capacità degli adulti di agire in accordo con concetti etici chiari e di controllare i loro impulsi aggressivi. Questa fiducia aiuta il bambino a fronteggiare i suoi impulsi ancora indistinti e confusi e, nel contempo, a far uso dell'intuizione e della ragione per superare le tentazione gli avversari. Se si rivelano troppo precocemente le brutture umane, si può provocare una distruzione del potenziale del bimbo indispensabile alla sua formazione psico-sociale, etica e spirituale. Certamente non possiamo aspettarci di coltivare nei nostri figli il senso della fiducia, della speranza e dell'amore se permettiamo loro di guardare la TV. Tutto ciò che si può fare è di buttarla fuori e bandirla definitivamente dalle case cattoliche. Durante un successivo incontro, richiesto dal pubblico all'interno dell’iniziativa "Per continuare un incontro", si è svolto un dibattito tra il pubblico, il professor Neil Young e Luigi Patania, responsabile del SIDEF (Sindacato delle famiglie), presente al Meeting anche con una mostra. Riportiamo uno stralcio dell'intervento di Neil Young che, sollecitato dalle domande del pubblico, ha proseguito la sua riflessione sul tema della tavola rotonda Consumare i media.

N. Young:

(…) Credo che sia assolutamente necessario prendere parte alla nuova tecnologia con lo spirito di S. Pietro e Paolo. S. Agostino ha detto che la vera pornografia è l'idolatria, e la televisione è facilmente una forma di idolatria. Ma come le icone nell'arte bizantina, anche la televisione può diventare un canale di trasmissione della grazia di Dio. E questo può succedere solo se i cristiani si impegnano per trasformare attivamente i media per la gloria di Dio. Tre soluzioni: buttare via la televisione, fare una televisione alternativa, rendere più consistente la persona. Questo terzo punto nel XX secolo è una grossa sfida, è molto difficile trovare una persona coerente oggi, una famiglia coerente: la famiglia è come un giardino, se ogni settimana si cambia il modo di far crescere le piante, i fiori non possono nascere. Per essere consistenti dobbiamo costituire dei modelli per i nostri bambini: nella televisione ci sono migliaia di modelli. Se la famiglia non ha una sede in Cristo, allora il bambino perde qualsiasi punto di riferimento. Dare ai bambini la certezza che noi saremo insieme a loro attraverso le sofferenze, è la forma di educazione più importante che uno possa dare. Se noi siamo così, la televisione è una tentazione assai labile. In assenza di questo, la televisione diventa come una madre fisica, una madre falsa. Questa è la nostra responsabilità in quanto Comunità Cristiana: se non lo facciamo, perderemo i nostri bambini e io vi chiedo di salvare i nostri bambini.

G. Gamaleri:

Il tema a cui siamo davanti non è occasionale, uno tra i tanti, ma nevralgico, centrale. In questo senso, il fatto che il Concilio Vaticano introduca il decreto sulla comunicazione sociale con le parole "intermirifica", cose meravigliose, sembra essere una pista di riflessione, fra l'altro rinforzata dal messaggio del Santo Padre che abbiamo ascoltato il primo giorno, un invito a cogliere il positivo che c'è all'interno di questo grande rischio. Secondo la recente indagine ISTAT, i telespettatori sono il 97% della popolazione, praticamente tutti, ma se andiamo a scavare nel profondo ci accorgiamo che ci sono anche i drogati della televisione, che dedicano sette ore e più a questo mezzo. La televisione entra in profondità: è un elettrodomestico culturale, portatore di propri contenuti, modelli che hanno delle caratteristiche proprie, come per esempio quella di essere impregnati sul concetto di successo. La televisione crea mentalità e, per rifarmi a Postman, è almeno un curriculum, cioè un itinerario strutturato di apprendimento. Il curriculum televisivo poggia sul concetto di gratificazione (…) Ma allora, come possiamo escludere di essere vegetali davanti alla televisione? Possiamo farlo in diversi modi. Toffler diceva che piano piano nella nostra società, attraverso la ricchezza degli stimoli che essa offre, è possibile che in luogo del consumatore che è costretto a prendere solo ciò che gli danno, si vada configurando la figura del prosumatore, qualcuno che assume per la propria crescita, per il proprio arricchimento (…) Ecco dieci flashes: primo, comunitarietà. Visitate lo stand del Sindacato delle Famiglie, dove ci sono due modelli di famiglia; una prima con tanti pupazzi, tanti manichini neri, ciascuno isolato nel proprio rapporto con il piccolo schermo, una seconda famiglia con i manichini bianchi, cioè positivi, in cui ciascuno coglie l'occasione per stare gomito a gomito, per parlare, per avere la televisione come spunto, intrattenimento, collegamento, finestra aperta. Tutto questo può avvenire soltanto se c'è un riferimento comunitario, autorevole, inizialmente la famiglia, ma anche un gruppo, il gruppo di ascolto, tutto ciò che ti fa essere gomito a gomito con gli altri in un atteggiamento consapevole. Seconda dimensione di questo decalogo, la misura; la quantità fa qualità, se uno dedica molto tempo alla TV, chiaramente vive in quello schermo artificiale, in quello "schermino lattiginoso", come acutamente lo ha chiamato Fellini. Terza dimensione, e anche quarta: lo studio e l'attività di ricerca. Occorre una presa di coscienza che obblighi ad una riflessione, ad uno studio anche in ambienti strutturati come può essere la scuola, in tutte le iniziative educative: prendere coscienza di questo linguaggio, prendere coscienza degli interessi colossali che vi si muovono dietro, intervenire. (…) Quinto punto, multimedialità: attraverso il confronto c'è una approssimazione maggiore alla verità dei fatti, anche se questi inevitabilmente vengono, volutamente o meno, distorti. Sesto punto, verifica: trarre spunto da ciò che si vede nella televisione per collegarlo alla nostra propria esperienza diretta. Gli ultimi punti: completare l'informazione, andare ad aggiungere ciò che non ci viene detto. Replicare all'informazione: la lettera al direttore, l'esercizio della facoltà di accesso, l'esercizio del diritto di rettifica, ma più in generale, l'attenzione, la reazione attiva. E infine, ultimo punto: il diritto all'informazione, avere la pretesa legittima di un'informazione non inquinata, onesta, corretta, completa, veritiera (…)

F. Silvano:

(…) Quali sono le relazioni tra tecnologia e media? La tecnologia telematica, questa fusione dell'informazione, dell'elaborazione del dato con la trasmissione attraverso tutta la strumentazione del supporto telefonico della veicolazione dei dati, ha come contenuto l'informazione, assicura la gestione dell'informazione in tutti gli aspetti possibili. La tecnologia sta correndo il rischio di essere un protagonista improprio che non colloca l'uomo al centro del suo sviluppo. Questo è il primo dato fondamentale che dobbiamo considerare con molta attenzione, perché è deviante imporre dei metodi, delle tecniche che, non vedendo l'uomo al centro, in realtà impongono all'uomo di essere subordinato. La comunicazione è un processo interattivo: nel momento in cui la tecnologia dei nuovi media toglie attenzione all'interattività, si interrompe un processo logico, naturale, si toglie libertà all'uomo. I processi di informatizzazione di cui siamo tutti coscienti (perché quando si va all'università si imposta su una tastiera la richiesta di fare un esame; quando si va nell'ufficio pubblico abbiamo i terminali, quando si va in banca si vede che il controllo del nostro conto corrente è immediatamente realizzato attraverso un sistema di terminali di banche dati), sono avvenuti all'insegna dell'aumento dell'efficienza aziendale, quindi è stata riconosciuta una valenza che era la valenza produttiva. Il telefono, per contro, è stato da tutti vissuto come una forma di comunicazione interpersonale, liberatoria e gratificante. La tecnologia sta trasformando la società, incide sull'impresa, sulle aziende, sul sistema produttivo, sull'urbanistica, sul territorio, sull'organizzazione del lavoro, sulla gestione del tempo libero, però il contenuto rimane sempre l'informazione, la notizia, e queste notizie debbono essere recepite come valori o come fattori di incremento della libertà, altrimenti si determina uno scollamento tra il sistema e il destinatario di questo sistema, che deve essere l'uomo. Allora, quale atteggiamento assumere? (…) Cercherò di fare alcuni esempi facendo riferimento alle tecnologie più avanzate. Le banche dati, sistemi che permettono di memorizzare miliardi di informazioni e di tenere sotto controllo tutta la produzione del pensiero, servono per poter accedere sistematicamente a delle fonti, e per poter recuperare una libertà nuova che deriva da un ampliamento della conoscenza. Tutta la famiglia dei prodotti telematici e i servizi di video-informazione rappresentano un fenomeno esplosivo della trasformazione del concetto di editori tradizionale, perché si può diventare editori telematici con pochissime risorse diffondendo l'informazione. (…) E poi ancora la possibilità di poter memorizzare su un disco ottico 56.000 immagini. (…) Questi sono gli spazi di libertà: domani la Biblioteca Nazionale di Roma potrà risiedere in ogni città d'Italia e tutti potranno accedere a questi patrimoni, attraverso l'impiego di tecnologie. Recupero di libertà non vuole dire seguire solo l'informazione che viene generata giorno per giorno, perché noi corriamo il drammatico rischio di inseguire l'informazione labile, mentre stiamo perdendo la dimensione dell'informazione storica, le nostre radici, la nostra cultura. (…) Di fronte a questo panorama, che ci offre tutte queste aperture, possibilità, l'esperienza ci ha educati a reagire a tutto quello che costituisce fattore improprio di sviluppo, per cui noi dobbiamo recuperare il valore individuale e sociale nei confronti dell'evoluzione tecnologica che deve essere strumento di servizio. Siamo schiacciati tra due culture, americana e giapponese, che non affondano le radici nell'Europa, e che hanno da un lato un materialismo utilitaristico, e dall'altro una concezione di vita, di filosofia, di struttura del mondo, completamente estranee alla nostra cultura (…) Dobbiamo rifiutare qualsiasi esasperazione di potenziali economici: dobbiamo chiedere che questi potenziali di tecnologia facciano i conti con la nostra volontà e la nostra libertà, e che tutto questo favorisca il sorgere di una dimensione critica evolutiva che sia capace di far crescere la società e non la macchina, creatività e non la passiva accettazione dei moduli di cambiamento.