Spirto gentil: tutta un’altra musica

 

 

Martedì 25, ore 18.30

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Relatori:

Mirko Gratton, Direttore Divisione Musica Classica della Polygram

Vera Drufuca, Musicologa

Pippo Molino, Compositore

 

Gratton: Il fatto peculiare del mercato italiano di musica non è tanto la percentuale della musica classica, il 4% - in questo siamo quasi all’avanguardia -, ma il bassissimo "consumo" di musica in senso assoluto: in Italia c’è un acquisto di dischi che è qualcosa come un dodicesimo della media acquisti olandese.

Polygram è il leader mondiale del mercato dei dischi; all’interno della Polygram, la Polygram classica è qualcosa di più del leader mondiale, perché con tre etichette ha percentuali quasi bulgare del mercato. Ci siamo accostati all’idea della collana "Spirto gentil" come leone, perché eravamo abituati, con la musica, ad essere sempre al centro dell’attenzione in qualsiasi nostro progetto. La Polygram ha anche una tradizione di apertura al nuovo, per cui è sempre stata aperta alla tecnologia, alla registrazione stereofonica, al digitale, al compact disc, al DVT, quindi ha già nel suo DNA una apertura alle idee nuove, ai progetti innovativi che credo sia un fatto molto positivo. Pur con questo grado di apertura al nuovo, ci fu da parte di Polygram una certa incredulità di fronte a questa idea estremamente particolare di un prodotto in cui la musica era una parte, forse persino una piccola parte.

Quello ci ha convinto ad entrare in questa operazione, è stata innanzitutto la credibilità del partner: il nostro responsabile affari legali ci disse che non è tanto importante come si fa il contratto, ma con chi si fa il contratto. Il contratto che abbiamo fatto in questo caso è estremamente complesso, anche perché da parte nostra abbiamo voluto garantire a don Giussani, a Bellini, a tutto il comitato di esperti di "Spirto gentil" la massima libertà di scegliere il repertorio; non è un caso che non abbiamo l’esclusiva, e se don Giussani volesse - come ha già fatto - potrebbe benissimo scegliere all’interno di questa serie un repertorio non inciso da Polygram. Questo perché riteniamo opportuno che il progetto di don Giussani si possa sviluppare con la massima libertà: questo è un fatto che credo non abbia precedenti nella storia della discografia. Come secondo motivo, ci ha interessato il fatto che questa idea porti a diffondere la musica classica in un paese che di musica ne acquista abbastanza poca. Infine, un motivo è stato sicuramente la nostra propensione al nuovo.

La cosa che più ci ha affascinato è che partendo da queste premesse e da questa credibilità il prodotto è risultato vincente: con i primi due dischi usciti nel maggio del ’97, il successo è arrivato il mese dopo la pubblicazione, i negozi si sono trovati all’improvviso invasi da una marea di gente che chiedeva i dischi, si è generato un entusiasmo notevole e siamo arrivati alle 50 mila copie vendute. È stato un successo al di là delle aspettative più rosee, ed è un successo crescente, il che ci conforta ulteriormente perché "Spirito gentil" è un progetto che dura: l’accordo contrattuale prevede che si possa andare avanti per molto tempo se il pubblico continuerà ad essere dalla nostra parte.

In tutto questo c’è un piccolo neo: una certa sufficienza da parte della critica, per cui non è stato facile portare al pubblico la conoscenza di questo successo. Abbiamo potuto far conoscere "Spirto gentil" soprattutto grazie ad alcuni giornalisti che hanno aderito con entusiasmo perché legati all’ambiente, o perché hanno capito l’idea grazie al periodico Tracce, e grazie soprattutto alle conoscenze dirette, al passaparola che ha diffuso questo progetto.

La collana "Spirto gentil" dimostra quindi che il mercato funziona quando ci sono delle idee. E questo ci ha anche aiutato nel nostro lavoro, nella attività di tutti i giorni di discografici: abbiamo un prodotto nuovo, che ha funzionato, e questo ci stimola a creare ulteriori progetti che abbiano dei contenuti forti, e ci ha dato ulteriore conferma che oggi c’è una enorme sete di spiritualità, per cui anche nel campo discografico c’è un grandissimo spazio per iniziative di questo genere.

Drufuca: Nessuno di noi, iniziando questa avventura, poteva prevedere quello che è successo, non solo per l’incidenza che "Spirto gentil" ha avuto nel mondo musicale e culturale, come appunto prima diceva Gratton, ma anche per la sorpresa di ciò che lavorando abbiamo scoperto: l’esito è stato un reale avvenimento anche nel piccolo, come nel mio caso l’aver scritto delle piccole brevi sull’autore.

Il motivo per cui è nata la collana è la convinzione, per diretta esperienza, del valore della novità culturale di uno sguardo portato all’uomo che è così vero e profondo da risultare l’unico convincente. Questo è anche ciò che ha guidato ciascuno di noi ad affrontare il pezzetto che doveva concretamente fare. Io mi sono occupata principalmente di scrivere delle brevi note sull’autore. Il criterio per stenderle è stato quello di tenere sempre presente ciò che è comune all’esperienza umana: il bisogno di felicità e compimento che ciascuno ha, altrimenti la vita, in questo caso del musicista, risulta una sequenza di tanti episodi più o meno slegati, oppure una più o meno lineare evoluzione del suo pensiero variamente espresso con la musica. Invece c’è un ordine e questo è dato dai tentativi di risposta che il musicista - come chiunque altro - dà al suo bisogno di felicità. Per questo ho parlato di avvenimento, perché tale è l’incontro con un uomo, nel nostro caso con un uomo che ha una genialità umana e quindi artistica. E questo è lo stesso motivo per cui posso ancora dire che per me il lavoro di accostare le figure dei musicisti è stata una occasione di imparare.

Questo lavoro di redazione si svolge quasi unicamente sulle fonti: epistolari, diari e musiche, non per disprezzo del lavoro altrui, ma perché è vero che senza un’attenzione all’uomo, senza una comprensione di cosa sia l’umano non si capisce nulla, rimangono tanti piccoli pezzi slegati e a volte contraddittori.

L’esempio più clamoroso in questo senso è stata la figura di Mozart: la critica lo fa generalmente a pezzi, dicendo che è un’artista sublime, ma un uomo di cui si deve dire tutto l’impensabile, presentandolo alla fine come un mostro. Ad esempio, Enzo Siciliano nella prefazione a una raccolta scelta di lettere di Mozart scrive che fra la musica di Mozart e tutta intera la sua vita c’è una voragine. Ho scoperto invece, ad esempio nelle lettere, certi aspetti di Mozart che a me risultano chiarificatori della sua personalità, e che vengono invece dalla critica accantonati: lo sguardo totalmente positivo e grato che aveva sulla realtà, oppure la coscienza che aveva della capacità creativa come dono ricevuto da trafficare. Mi è stato osservato di cadere nell’errore uguale ed opposto, di censurare a mia volta gli aspetti scomodi, contenuti sempre in alcune lettere, in particolare indirizzate alla cugina. Tranquillamente rispondo che non è così, semplicemente perché questo aspetto che altri hanno enfatizzato e che tra l’altro riguarda un momento della sua giovinezza non mi è sembrato né particolarmente interessante né tanto meno utile per capire chi è Mozart e come ha cercato di rispondere al suo bisogno di felicità. E poi tenendo conto dell’esigenza di tratteggiare in poco spazio la personalità dell’autore mi sono chiesta: di che cosa ho principalmente bisogno? Ho bisogno di qualcosa che costruisca, sia come esempio di bellezza e di verità, che come esempio di errore, ma un errore giudicato che giunga quindi sempre ad una affermazione positiva. Quello che rimane è solo pettegolezzo.

Molino: Nella quarta di copertina, alla fine di ogni libretto di questa collana c’è una frase di don Giussani che io rileggerei, e che è alla base delle due osservazioni che vorrei fare. "Nella musica, nel panorama della natura, è a qualcosa d’altro che l’uomo rende il suo omaggio, da cui aspetta il suo entusiasmo. È per qualcosa che la musica o tutto ciò che è bello al mondo ha destato dentro. Quando l’uomo pre-sente questo, immediatamente piega l’animo ad attendere l’altra cosa, anche davanti a ciò che può afferrare, però attende un’altra cosa, afferra ciò che può afferrare, ma attende un’altra cosa". Secondo la mentalità più diffusa potrebbe sembrare che questo qualcosa d’altro sia una sovrastruttura, una intrusione indebita, un punto di vista più ampio come quello di Giussani, che non c’entra con l’oggettività della musica, con quello che nella musica, potremmo rilevare scientificamente. In verità un punto di vista lo si ha sempre, lo si ammetta o no.

Questa è la prima cosa da osservare: il punto di vista, le categorie culturali che guidano la musica, le tipologie, i critici musicali che leggiamo sui giornali oggi, sono più efficaci forse dei punti di vista e delle categorie che possono nascere da un tipo di approccio come questo? La mia esperienza nella musica, sia come ascoltatore che come compositore, mi ha portato ad esempio a compiere delle interessanti scoperte a proposito del primo cd di "Spirto gentil", lo Stabat Mater di Pergolesi. Pergolesi è certamente un compositore sottovalutato: la ragione per cui è sottovalutato, soprattutto dai critici, non tanto dagli ascoltatori, è che la stragrande maggioranza del suo catalogo è costituito da musica sacra, ed è naturale - lo è anche nell’arte figurativa - in tutti i compositori vissuti prima della Rivoluzione francese. E una delle categorie perseguite con maggiore impegno oggi soprattutto in Italia, consiste nell’ignorare programmaticamente la musica sacra. Un’altra diceria sullo Stabat Mater è che sia un lavoro piuttosto di circostanza, in cui si applicherebbero al testo sacro in un modo improprio delle modalità di canto della opera lirica profana contemporanea. Lo Stabat Mater è comunque famoso, però è trattato male: noi invece abbiamo scoperto che oltre che famoso è molto bello e molto profondo, al di là di un ascolto superficiale ogni strofa del testo di Iacopone è affrontata con una autenticità e una profonda pregnanza. Questo si coglie però in un ascolto attento, in un ascolto senza preconcetti o senza ideologie, in un ascolto che si immedesima, in un ascolto che si lascia stupire, come quello a cui siamo stati abituati da don Giussani.

Lo Stabat Mater è solo un esempio di come questa modalità di approccio sensibile al fatto che la grande musica è segno di qualcosa d’altro, non sia meno oggettiva, meno ragionevole, meno adeguata alla musica.

Come secondo ed ultimo esempio della complessità di questo sguardo, volevo fare un accenno alla musica dell’est d’Europa che, per il fatto che ha una storia diversa da quella dell’ovest, gode oggi di una fortuna critica molto minore; per esempio, se accostiamo nomi come Wagner e Dvorák, oggi nella fortuna critica è più importante e conosciuto Wagner. Ma c’è una grande sopravvalutazione dei primi, i compositori occidentali, e una grande sottovalutazione dei secondi, quelli orientali, che invece saranno oggetto di scelta di alcuni tra i prossimi cd. Caratteristica costante della musica dell’Occidente che segue alla Rivoluzione francese è quella di una laicizzazione progressiva; questa posizione culturale porta a creare dell’arte e della musica molto diverse.

Di fatto l’ascolto di Giussani è così attento alla religiosità insita nella realtà del gusto musicale, che porta ad una valorizzazione della musica più profonda umanamente, più coinvolgente, più legata alla coscienza e al cuore dell’uomo. Un ascolto del genere favorisce una comprensione che salva molti aspetti della musica altrimenti ignorati, e nel contempo incoraggia un approccio alla musica classica non più per specialisti, ma per tutti. Tutto ciò che corrisponde pienamente al cuore dell’uomo viene valorizzato, e il risultato è che l’ascolto è per tutti.