Libertà e senso religioso: i monaci del monte Koya

Mercoledì 28, ore 15

Relatori:

Shodo Habukawa

Ryujun Fujimura

Junzi Ochi

Shingen Takagi

Habukawa, Fujimura, Ochi e Takagi sono monaci buddisti del Monte Koya (la montagna sacra del buddismo Shingon), in Giappone. La loro prima presenza al Meeting risale al 1988 in seguito all’invito di Mons. Luigi Giussani che avevano conosciuto in occasione di un suo viaggio in Giappone.

Habukawa: Gli uomini, per essere coscienti della propria umanità, hanno bisogno di essere coscienti della propria libertà. Se l’uomo riesce a valorizzare i desideri che ha dentro, liberandosi da tutte le restrizioni, allora riesce a crescere. In Europa questo pensiero della libertà, della liberazione dell’uomo, è molto antico. In Europa, l’uomo ha cercato questa liberazione di sé attraverso molti campi, come il campo tecnologico, il campo scientifico. Tuttavia, in seguito a ciò si è arrivati alla conclusione che l’uomo ha posto fiducia soltanto su di sé, abolendo Dio. Un famoso scienziato, Pitagora, ha elaborato un interessante teorema che non è soltanto un fatto matematico, esprime il rapporto che esiste tra l’uomo e Dio.

Uno dei pensatori più vicini, in un certo senso, alla nostra esperienza, è Giordano Bruno. Egli ha scritto nei suoi studi teologici che l’universo è l’espressione di Dio, è una creazione di Dio ed è dentro l’universo che si riscontra la presenza di Dio. Quindi anche l’uomo e la natura, che sono corruttibili, sono espressioni di Dio. Giordano Bruno aveva riflettuto proprio sulla possibilità che ha l’uomo di liberarsi da questi suoi limiti e di superare anche il problema del bene e del male considerandolo come una piccolissima parte all’interno della creazione, che si risolve nell’armonia con Dio. In realtà questa filosofia e la nostra filosofia Shingon sono molto simili. Lo Shingon, la nostra religione, ha come scopo quello di far scoprire la parte divina che è dentro ogni uomo. In effetti il misticismo è un tipo di filosofia, un tipo di approccio al divino che vuole proprio liberare il sé dal limite. Nella nostra università, l’università del monte Koya, noi abbiamo una pratica, che è quella di ripetere un testo particolare che serve appunto per liberarsi dal limite. Il testo si basa su due concetti fondamentali: che dentro l’uomo c’è l’assoluto e che l’uomo non deve liberarsi dalle passioni, ma deve cercare di valorizzarle. Se l’uomo si libera dalla censura che è dentro di sé, e che gli impedisce di valorizzare quelle passioni che lo fanno uomo, si libererà anche da altre per esempio, quella che impedisce di avvicinarsi ad un’altra cultura, ad un’altra religione, ad un altro popolo.

Fujimura: In qualità di professore di Buddismo, spesso mi viene chiesto che cos’è il Buddismo. In queste occasioni uso un brano molto breve, un insegnamento del Buddha che dice: "Elimina il male, realizza il bene e purifica il tuo cuore". Prima di tutto per eliminare il male abbiamo a disposizione una sorta di comandamenti, di regole, che ci aiutano in questo lavoro, attraverso l’etica, e sono regole che noi realizziamo nella vita quotidiana, oltre ad essere regole che in particolare noi preti buddisti dobbiamo rispettare. Queste regole si rifanno a quelle originali.

Esisteva in India una sorta di corporazione commerciale la cui norma fondamentale era che ciascuno fosse in assoluto accordo con gli altri mediante il risveglio della propria individualità e il rispetto delle norme comuni. Un primo gruppo di buddisti cercò di applicare lo stesso modello a livello religioso dando vita al buddismo del Piccolo veicolo (Hi¯nayana) in cui è essenziale il controllo di se stessi; invece nel buddismo del Grande veicolo (Mahayana), sorto molto tempo dopo, è più importante la tensione all’altro, al diverso da sé. Da questa etica nasce una umanità nuova, il bodhisattva, colui che si prende cura degli altri.

Nel buddismo Maha¯yana si pone l’accento su tre attività della persona: il comportamento, la parola, il cuore. Tutte e tre non devono essere tese al proprio egoistico interesse, ma all’interesse altrui. È una attività continua, nel quotidiano, di attenzione verso il diverso da sé.

Vorrei spiegare cos’è la purificazione di sé. Come tutti sapete, l’uomo agisce attraverso il comportamento e attraverso le parole, il linguaggio, che sono due importanti espressioni dell’umanità. Nell’insegnamento originario del buddismo l’anima dell’uomo è originariamente pulita. Su di essa, però, si posa una fuliggine, un accecamento dovuto ad una passione negativa. La perdita della purezza è come quando la luce della luna è oscurata da una nuvola. La luce non è scomparsa, è stata momentaneamente ottenebrata da questo passaggio della nuvola. Se la nuvola passa noi riusciamo a rivedere la luce. Il cuore dell’uomo è puro; però c’è questa nuvola che gli passa davanti (l’accecamento momentaneo) da cui l’uomo si libera mediante l’atto di purificazione grazie al quale egli cessa di sentirsi al centro dell’universo e comincia a guardare all’altro, al diverso da sé. Il buddismo a livello pratico consiste semplicemente nel purificare l’anima da questo accecamento dovuto alla passione. Secondo il buddismo del Grande veicolo, tutti abbiamo dentro di noi la natura divina che opera nel quotidiano. Il senso religioso è frutto dello spirito divino che l’uomo ha dentro. Dobbiamo essere sicuri, certi, che tutti possiamo diventare dei Buddha. È necessario, dunque, avere la coscienza della nostra dignità, e nello stesso tempo che non si tratta di un processo individuale; infatti la buddeità si raggiunge attraverso l’amore universale, con l’apertura verso gli altri. E se vogliamo riassumere in una parola la natura del bodhisattva: egli è colui che è al servizio degli altri. Se l’uomo vuole arrivare alla piena realizzazione di sé, deve essere al servizio degli altri.

Come tutti sapete, la situazione mondiale è molto cambiata negli ultimi anni, e l’uomo vuole camminare verso la pace. Sembra che l’uomo moderno sia sempre più cosciente della necessità di riconoscere il diverso da sé per raggiungere la pace universale, e tuttavia nel mondo continuano le lotte fra paesi e fra religioni. È un dato di fatto che nessuno può negare. Ed è proprio per questa coscienza dell’esistenza dell’opposizione tra gli uomini che si evidenzia la necessità della saggezza umana. Tutti voi sapete che cos’è un’orchestra; nell’orchestra ciascuno strumento ha il proprio suono, eppure noi ascoltiamo una melodia, e colui che riesce ad armonizzare tutti questi diversi strumenti con il loro suono molto particolare è il direttore d’orchestra. Grazie a questa direzione noi riusciamo ad ascoltare musica meravigliosa. Io penso che nella nostra epoca sia necessario riconoscere la diversità di posizione, di pensiero, di cultura, di costumi, di religioni. Dobbiamo collaborare insieme passo dopo passo per questa armonia universale.

Ochi: Per parlare del tema di oggi, che riguarda la libertà, io vorrei trattare soprattutto del buddismo del Tibet. Nel 1978, insieme a quattro miei compagni sono andato a fare una ricerca sul buddismo tibetano in una zona dell’India nord-occidentale. Noi abbiamo camminato su vette di tremila metri, mentre a destra ed a sinistra avevamo vette che arrivano a seimila metri. Nel Tibet in qualsiasi piccolo villaggio si incontri sul cammino, c’è sempre il tempio. Noi eravamo interessati a visitare questi templi, e dovunque andassimo, siccome eravamo degli stranieri, in un periodo in cui di stranieri non se ne vedevano da quelle parti, tutti erano molto attenti e disponibili ad aprirci il tempio. Quando ci venivano aperte queste porte massicce di legno, noi passavamo dalla luce al buio improvviso, e c’era lo spettacolo dei raggi di luce che entravano all’improvviso nel buio, creando dei raggi di pulviscolo dorato, come avviene sempre quando si passa dalla luce al buio. Appena entrati in questi templi era come se ci accogliesse un mormorio. Ho pensato dopo cosa potesse essere quel mormorio; penso che fosse il mormorio dei vari Buddha che sono stati disturbati da quest’apertura del tempio all’improvviso. Quando si entra all’interno, nella cripta del tempio, si ha l’impressione veramente nel regno delle tenebre; se non avessimo avuto la torcia, non avremmo neppure potuto fare un passo. Fare le fotografie nel tempio dei Mandala sui muri è stato davvero un’impresa. Per fare le fotografie abbiamo dovuto cercare di illuminare con la torcia i muri, e poi scattare, però, probabilmente per un effetto ottico, quando abbiamo scattato le fotografie, sembrava quasi che le divinità buddiste scappassero via dai muri, cioè venissero fuori, ci venissero incontro. Tra queste divinità c’erano anche le divinità che devono scacciare i demoni, e quindi all’improvviso io mi sono trovato davanti una faccia orribile, un teschio grondante sangue, con una collana di teschi umani, e ho avuto l’impressione proprio che se avessi fatto qualcosa di male, anche il minimo, mi avrebbe punito lì, sull’istante. Però, accanto a questa divinità orrenda, c’erano anche le divinità della misericordia, che mi guardavano come una madre guarda il figlio, sembravano pronte ad abbracciarmi in questa grande compassione. Accanto a queste divinità buddiste, c’erano poi delle altre divinità femminili, molto graziose, in danze e canti, che erano in atto di lode di queste divinità, e sembrava davvero che queste divinità si muovessero.

Quando penso a questa esperienza io sono certo che non si tratta di una esperienza strana, nemmeno penso che si tratti di un caso, perché il sacrario del tempio è effettivamente il luogo dove l’uomo può incontrare la divinità, perché è un piccolo universo già racchiuso. Questa è una spiegazione del Mandala. Il Mandala è una rappresentazione grafica dell’universo intessuto dalla luce di Buddha. All’interno di questa luce, vivono migliaia di Buddha, che sono come tanti corpuscoli della luce e quindi la riempiono.

Prima vi ho detto che dentro questo sacrario del tempio c’erano queste divinità dipinte. Noi vediamo l’immagine dipinta, ma i veri Buddha, le vere divinità, non riusciamo a vederle. Pensiamo al prisma. Se noi utilizziamo un prisma, una luce bianca viene divisa in sette colori. Il nostro prisma spirituale è la purificazione del cuore. Se purifichiamo il cuore, si riesce a vedere la divinità. Tutte queste divinità, pur essendo tantissime, non si ostacolano a vicenda; sono tutte in armonia l’una con l’altra. Per spiegare questo fatto che nessuna divinità ostacola l’opera dell’altra, pensate a nove candele accese, di cui una al centro e le altre otto attorno. Nessuna ostacola la luce dell’altra. E le candele, non solo non si ostacolano a vicenda, ma grazie alla luce reciproca, sono ancora più luminose. Anche le diverse divinità non solo non si ostacolano l’una con l’altra, ma sono più splendenti grazie all’esistenza delle altre divinità. Questa è la spiegazione del Mandala, cioè dell’armonia.

Una persona che si interessa molto del Mandala, a cui è piaciuta molto questa idea dell’armonia, è don Giussani. E noi abbiamo potuto incontrare don Giussani il 23 agosto, sulle montagne vicino ad Aosta. Era la prima volta che incontravo don Giussani, e al momento della cena ho potuto fare una domanda; riguardava come posso essere io in contatto con la divinità, cioè che cosa mi mette in contatto con Dio. In quella occasione io ho avuto una stranissima sensazione. Mi dovete scusare, perché quando mi ricordo della conversazione che ho avuto con don Giussani, mi commuovo sempre nuovamente. Don Giussani è una persona che io non avevo mai visto prima, che ho incontrato per pochissimo tempo e alla quale io ho fatto una domanda; ebbene, io ho avuto la sensazione netta, precisa, di averlo già conosciuto, di essere famigliare con lui. Alla fine della cena, io gli ho detto una cosa sola: "Professore, questa montagna così silenziosa è davanti a me, allo stesso modo io ho l’impressione che Dio così silenziosamente sia davanti a me". Quando ho detto questo, don Giussani mi ha abbracciato e mi ha dato due baci sulle guance. In quel momento, è come se la mia anima fosse stata liberata da qualcosa che la teneva legata. In quel momento ho pensato che la liberazione è questa, perché io ho provato che la mia anima era diventata assolutamente libera. E io non dimenticherò mai questa esperienza, non dimenticherò mai di aver avuto questa sensazione di assoluta libertà grazie a don Giussani. Non mi sarei mai immaginato di fare una esperienza di assoluta libertà del mio cuore, non nel mio paese in tanti anni, ma venuto qua, così per caso. Vi posso testimoniare che il Mandala non è una teoria, perché io, attraverso questo incontro con don Giussani, ho verificato che l’uomo può superare le culture diverse, la religione diversa, ed essere tutt’uno con un altro, con il suo cuore.

Takagi: Per Aristotele la libertà non è vivere per gli altri, ma è vivere per se stessi. Secondo il pensiero buddista la libertà è libertà da tutte le censure, da tutte le restrizioni che opprimono il nostro cuore. E in particolare questo vuol dire liberarsi dall’idea di essere il centro dell’universo. Penso che questa posizione sia nata quando l’uomo ha cominciato a reggersi in piedi ed ha quindi cominciato a pensare di essere meglio di tutti gli altri. Quando uno si alza in piedi comincia a guardare dall’alto in basso le cose, comincia anche a manipolare la realtà e a costruire le varie culture. Quando l’uomo comincia a vivere culturalmente, comincia anche ad usare i suoi due strumenti, cioè le mani per costruire delle cose, che vuol dire arrivare al progresso tecnologico. L’uomo costruisce, quindi progredisce tecnologicamente. All’interno di questo progresso tecnologico, si verifica anche lo sfruttamento incontrollato della natura, e di tutto il creato, perché l’uomo utilizza a suo vantaggio tutto quello che gli è intorno. Però in questo processo succede che l’uomo, utilizzando tutto il creato per il proprio comodo, dimentica il legame interiore, segreto, che ha con la natura, con il creato, perché si sente circondato da ciò che ha costruito lui, dimenticando che è qualcosa di passeggero, che finirà. Trasformando così il creato, abbiamo perso il senso reale della vita, dell’esistenza. In questo modo è successo che l’uomo si è alienato dalla natura, dal creato e quindi da se stesso. Questa alienazione da sé, dalla natura, porta come conseguenza drammatica, la distruzione della terra, e dell’ambiente, la distruzione del creato.

Per il buddismo la libertà è evitare tutto questo, la libertà è la non alienazione. Come si deve fare? Se questa situazione è venuta fuori dal fatto che l’uomo si è alzato in piedi, allora vorrà dire che ci dobbiamo risedere per terra. Sedersi vuol dire ritornare all’origine, cioè ritornare al punto zero, cancellare questo complesso di superiorità che ha su tutte le cose. Non si tratta di sedersi fisicamente, ovviamente, è un processo che noi chiamiamo concentrazione. Se vogliamo trasformare questa parola in un linguaggio cristiano, potremmo tradurla come: preghiera. Quando pregate, mi sembra che vi inginocchiate. Attraverso questo piegarsi di fronte all’universo, attraverso questo ritorno all’origine, l’uomo riscopre il contatto con il grande, con l’universo. Io penso che un passo verso la liberazione sia quello di scoprire, attraverso questa pratica, che noi non siamo uno opposto all’altro, ma che siamo insieme agli altri, quindi insieme al diverso da noi; dicendo diverso, voglio includere anche il creato, la natura. Quando si scopre questa dimensione dell’essere non in opposizione all’altro, ma dell’essere insieme all’altro, si riesce a riconoscere anche il diverso da sé, e a riconoscerne il valore: quindi l’Oriente per l’Occidente, l’Italia per il Giappone. E nello stesso tempo si riesce a influenzarsi reciprocamente; quindi si diventa più ricchi.

In conclusione, vorrei dire che per costruire un mondo felice, visto che siamo quasi nel XXI secolo, sarà necessario liberarsi dall’idea di essere il centro dell’universo. Io penso che la vera libertà si raggiunga attraverso la concentrazione, che vuol dire anche lasciarsi riempire da questa grande misericordia, da questa grande compassione.