Giovedì 28 Agosto, ore 15

TIRO AL BERSAGLIO SULL'INFORMAZIONE CON LA REDAZIONE DI "AVVENIRE"

Incontro con:

Guido Folloni,

direttore del quotidiano "Avvenire".

Piergiorgio Liverani,

vicedirettore.

Luigi Offeddu,

inviato

Giancarlo Galli,

commentatore.

Roberto Fontolan,

responsabile cultura.

Giancarlo Marcelli,

capo redazione romana

S.Ecc.Mons. Ersilio Tonini,

Presidente della società editrice di "Avvenire".

Per esigenze di spazio, riportiamo solo alcune delle risposte date alle moltissime domande (tra le quali abbiamo selezionato le più interessanti) poste dal pubblico ai relatori.

Domanda:

Io cercherò di fare una domanda su due argomenti che mi interessano: la famiglia e l'aborto. Devo dar atto ad "Avvenire" che è stato l'unico giornale a trattare questi problemi senza dimenticarsene in questi anni. Però io lo inviterei a trattarli ancora di più.

Domanda:

Io vorrei fare una domanda più tecnica. Nonostante "Avvenire" sia migliorato notevolmente, sia dal punto di vista grafico che come contenuto, come mai la diffusione non è aumentata?

Domanda:

Dalle mie parti ho visto l'agonia e la morte di un giornale cattolico, "L'ordine" e anche altri giornali cattolici sono spariti. Si punta su "Avvenire", il giornale cattolico nazionale, lasciando morire queste voci locali: non vi pare che sia un impoverimento dell'informazione e della coscienza dei cattolici in Italia?

P. Liverani:

Questa forte domanda di aborto che esiste, questa forte domanda di divorzio, sono fatti forse meno gravi dell'indifferenza generalizzata in cui queste stesse domande cadono. A me pare che sia interesse massimo di coloro che continuano a difendere le leggi che hanno creato, che questo discorso proceda nell'indifferenza generale. Perché c'è il disegno di trasformare il nostro Paese da uno stato di diritto in uno stato etico. Lo stato di diritto riconosce i diritti degli uomini come preesistenti a se stesso e si adegua ad essi. Lo stato etico è quello che invece fonda i diritti. Il divorzio, l'aborto - e il discorso potrebbe continuare con l'eutanasia, con le manipolazioni genetiche, con la scelta del sesso, con la prefabbricazione del figlio: sono disegni che portano a una trasformazione filosofica radicale e fondamentale del nostro Paese, della nostra cultura. Noi siamo abituati a considerare ‘etici’ gli stati fascisti, gli stati comunisti, in genere gli stati dittatoriali. In realtà ci stiamo avviando, nell'indifferenza generale, verso uno stato etico che concede il diritto di vita e di morte. "Avvenire" in questa crisi ha questo ruolo: tenere viva la coscienza.

G. Folloni:

Non è vero che non c'è una relazione fra l'aumento dei lettori e l'aumento della diffusione del giornale. Le cifre della diffusione media giornaliera di "Avvenire" nel 1985 sono di 87.500 copie. 5.000 copie in più di quelle di due anni prima (…) C'è poi il discorso dell’ "Ordine" che qualcuno ha sollevato. Certo, "Avvenire" affonda le radici in una tradizione ben più ampia di quotidiani cattolici in questo nostro Paese. Allora perché non si fanno più? E’ un problema degli imprenditori, dei giornalisti, o dei cattolici italiani? Perché in un certo momento della storia sono nati tanti quotidiani fatti dai cattolici? Che cosa faceva urgere questa esigenza? I cattolici, se hanno qualcosa da dire, possono fare non uno, ma cento quotidiani locali in Italia. Oggi "Avvenire" rappresenta lo spazio attraverso il quale i cattolici stanno ritrovando un gusto di essere di più dentro al mondo dell'informazione, rispecchia la capacità che non solo la redazione ma i cattolici hanno, di prendere voce di fronte ai fatti dell'uomo.

Domanda:

Non sono una assidua lettrice di "Avvenire" perché scelgo il giornale che mi tiene più informata su quello che succede. Perché il mio giudizio è che, tutto sommato, "Avvenire" è ancora un giornale di serie B sulla sfera nazionale.

Domanda:

Mi sono reso conto, in questi ultimi anni, che moltissima parte del clero, oltre a non leggere "Avvenire", fa poco o niente per diffonderlo.

Domanda:

Il fatto che l'informazione sia diventata un forte numero di notizie a scapito dello spazio, per cui c'è un effetto dispersione, non è anche questo un elemento negativo?

G. Folloni:

"Avvenire" ha, grazie al cielo, tantissimi abbonati, che aumentano di anno in anno, ed è un problema mandare il giornale a tutti. A parte i limiti della testata, significa, in termini pratici, dover lavorare di più durante la notte, per confezionare e distribuire il giornale. Ecco perché alcuni fatti che avvengono in orari particolari, più difficilmente possono trovare "Avvenire" pronto a raccoglierli. (…)

Luigi Offeddu:

L'amica, così perfida e carina di prima, ci chiede cosa stiamo a fare qui, forse perché non abbiamo trovato posto in altre testate. Io, posto in altre testate l'ho trovato, perché sono arrivato ad "Avvenire" tre anni fa, dopo alcuni anni trascorsi come redattore al "Giornale" e dopo anni trascorsi in un altro quotidiano. Sono arrivato ad "Avvenire", non ero ciellino, non ero stato folgorato sulla via di Damasco, ero cattolico e credente.

Mons. E. Tonini:

Un cane senza collare!

L. Offeddu:

Ci sono andato perché credevo e credo che i cattolici debbano avere una voce nella stampa di questo Paese. Una voce con una sua dignità. La puoi chiamare una scommessa, un'avventura, una sfida...

G. Galli:

Vedo questo mio contributo come una sfida. Trovare nel campo dell'informazione un'alternativa reale a quelle che io chiamo le lobbie del laicismo, del consumismo, della grande industria. Tutta la stampa italiana è stata costruita intorno a degli interessi. Noi abbiamo avuto il pregio e anche il limite di tentare di costruirla attorno a qualche valore. Il grande successo di "Repubblica" è di saper cavalcare le mode, il grande successo. Attualmente, per esempio, in tutta Europa è in corso una revisione cristiana del problema-divorzio di fronte al calo demografico. Ci sono problemi che non sono assolutamente religioso-etici, sono problemi di interesse. "Avvenire" dovrebbe essere premiato. Invece si continua a premiare "Repubblica".

Domanda:

Vorrei chiedere a Fontolan di affrontare i quesiti "come fare informazione", "se c'è un'altra informazione da fare".

R. Fontolan:

Non è un problema da intendere in termini manichei; bisogna capire, in questa complessità enorme che è la comunicazione oggi, come noi usiamo questa informazione. Di eccesso di informazioni, di parole, si può morire. Lo ricordava Giovanni Testori sull'ultimo numero del "Sabato". Recuperare la nostra responsabilità significa non credere, come tutti credono, che se di un avvenimento la televisione non parla, questo avvenimento non esiste. Dall'altra parte significa ritrovare una responsabilità per entrare in rapporto con questi mezzi e non fruirne soltanto...

Domanda:

Come fa un giornale con una responsabilità etico-storica qual è oggi quella che ha "Avvenire" ad essere contemporaneamente un giornale di informazione? Mi sembra che un salto di qualità da fare sia quello di tentare di sollevare un po' le sorti delle altre pagine oltre alla prima e alla terza. Che non siano semplicemente ritagli di agenzia. Altrimenti uno è costretto a prendere "Avvenire" per divertirsi a leggere gli articoli che ti aiutano ad avere un giudizio sulle cose, e poi anche a comprarne un altro per avere la carne da mettere al fuoco.

Domanda:

Mi pare che il successo di un giornale come "Il Sabato" rispetto ad "Avvenire", dipenda soprattutto dalla capacità di saper proporre con grinta le cose. Non è solo per i cattolici, "Il Sabato", è per tutti. Non si potrebbe tentare un tipo di uscita in questo senso?

G. Marcelli:

Io vengo da un giornale molto laico che è "Il Giorno" di Milano, dove sono stato cinque anni. Il motivo che mi tiene in "Avvenire" è sostanzialmente lo spazio di libertà. Questo è un giornale che costituisce un Piccolo miracolo, nel panorama della stampa italiana. E’ un giornale particolare, che non deve solo dare le notizie che tutti gli altri danno, ma anche quelle che gli altri non danno. (…) E’ un giornale particolare e non ci si può stare o lavorare se non si crede. Io credo che per leggerlo bisogna crederci un po’, probabilmente.

Domanda:

Come mai in una testata laica il giornalista cattolico lo si sente poco? È un problema di libertà o è un problema di mimetismo?

Domanda:

Visto che Mons. Tonini s’è interessato molto del problema eutanasia, cosa si propone "Avvenire" su questo problema che ormai sta diventando stringente per tutti?

Domanda:

Di fronte al potere, al palazzo, c’è in voi una sacra riverenza o soggezione fino al punto di tacere?

G.Folloni:

"Avvenire" ha fatto una sua scelta e a questa scelta rimarrà fedele: mi rendo conto che c’è un segmento di informazione, di notizie, indubbiamente interessanti anche per i suoi lettori, che non compariranno sulle pagine di "Avvenire".

Ma è un segmento informativo a cui un giornale che abbia scelto di essere quotidiano di opinione nazionale non può rispondere. (…)

S.Ecc.Mons. E. Tonini:

(…) Bisogna cessare l’atteggiamento del piagnucolio, acquisire la posizione della fiducia e nel frattempo, ciascuno per proprio conto, cercare di far crescere la propria comunità, che comporterà la crescita dei mezzi, delle voci. (…) Il giornale esprime il tempo che per qualcuno, per la gran parte degli uomini, è lo spazio per realizzare un progetto di umanità più pieno. Una generazione è degna di essere chiamata umana, se prepara il suo futuro. Voi ci siete testimoni che "Avvenire" ha cercato di cogliere i segni del futuro. (…) Camus, nel 1948, poco dopo la guerra, chiamato dai Domenicani a fare un confronto, diceva: "S’avvicina l’ora della barbarie, basta pensare ai bambini che vengono uccisi, s’impone uno sforzo sovrumano di tutta l’umanità, perché l’uomo non diventi cane e a questo fine occorre che, credenti e non credenti, abbraccino l’idea del dialogo, dello scambio di pensieri, dello scambio di opinioni. I casi sono due: o prevale il dialogo oppure avremo le vittime del dialogo. Il discorso del nostro giornale, va inquadrato in ben altri orizzonti. Se domani la storia dovesse incamminarsi verso la barbarie, ci andiamo dietro tutti. Scalfari con la sua "Repubblica", "Avvenire", "Il Sabato" ecc. e beato chi è morto prima. Come Vescovo della Chiesa Cattolica, in questo momento sento un'enorme sofferenza. Soffro nel vedere come ci divertiamo a scarnificarci a vicenda. Il compito che ci tocca è di guardare lontano e se qualcuno è capace di fare qualcosa di bene è amico del tuo cammino. Ma a una condizione, che tu sappia che tu hai il tuo cammino e lui ha il suo. Tu con i tuoi valori e lui coi suoi. Col desiderio intenso che lui partecipi pure dei tuoi.