Giovedì 28 Agosto, ore 15

IL TEMPO E L’ICONA – ANNUNCIO DELLA SALVEZZA NELLA SPIRITUALITA’ DEI CRISTIANI D’ORIENTE

Presentazione della mostra

Incontro con:

Paolo Orlando,

iconografo presso la Scuola di Seriate e in altre città italiane.

P. Orlando:

(…) L’icona è l’annuncio del miracolo che Dio consegna la sua immagine, Se stesso, all'uomo. Perciò la gioia che noi troviamo nell'icona, la speranza che è stampata dentro il cuore di ogni uomo, tempio di Dio, non è dimenticanza di un mondo che soffre.

Il santo non è colui che è moralmente perfetto, ma colui che sa chiedere pietà, colui che compie il sacrificio (…). L'icona dunque è questa apertura dentro la nostra sofferenza, dentro le nostre preoccupazioni che chiudono in una prigione (…). La Scuola di Seriate è nata dentro l'esperienza di "Russia Cristiana". La preoccupazione principale che ci muove non è riprodurre icone ma approfondire questa conoscenza (…). L'icona non è un'opera originale, non è il frutto dell'intuizione improvvisata dalla fantasia estemporanea del pittore, ma è l'opera di tutta la Chiesa (…). In questo mondo che domanda, che cerca di riscoprire, che si rivolge nuovamente al sacro, la moda e l'interesse che desta l'icona sono un segno, perché indicano un contesto nel quale comprendere (...).

Domanda:

Hai parlato del tempio come luogo privilegiato in cui porre l'icona. Volevo chiederti di spiegare meglio il significato del tempio come annuncio del mistero della

salvezza.

P. Orlando:

Il tempio, come possiamo vedere anche nella mostra dei Mandala o degli Ikebana, si richiama ad archetipi comuni a tutti gli uomini, fondamentali: l'idea del cerchio che si sviluppa nella sfera - simbolo del cielo, il quadrato - simbolo della terra - diventa il cubo, sfera e cubo che costituiscono nell'essenzialità il tempio bizantino. Il tempio è il simbolo della realtà che si rivela all'uomo, una realtà abitata; ma il tempio diventa anche simbolo dell'uomo, tempio di Dio. E’ evidente nella mostra il principio antropologico per cui i termini architettonici del tempio si rifanno proprio all'uomo, la testa è la cupola, poi c'è il collo, le spalle, la cintola ecc. (…).

Domanda:

In che senso l'icona è sacramento?

P. Orlando:

(...) L'icona parla dall'intelletto dell'uomo, ma è un segno della presenza di Dio. L'icona indica anche l'infinita distanza di Dio. Il commento più bello all'icona è la liturgia stessa, la proclamazione del messaggio di Dio che si è mostrato all'uomo. E’ la rivelazione della bellezza, come splendore della verità. I personaggi dell'icona, che ha sempre come soggetto l'uomo, non sorridono mai. Hanno questo colorito terreo che si è sviluppato poco a poco, che richiama l'abbronzatura dei monaci nel deserto, solidali con l'umanità che cerca e soffre (…). C’è poi la questione espressa dalla prospettiva rovesciata. Nella icona non c'è l'illusione dello spazio, o del tempo: troviamo, ad esempio, la figura di uno stesso santo presente più volte. Oggi possiamo dire che non dipingevano in questa maniera semplice perché non conoscevano le regole. Al tempo di Rublev c'erano anche artisti italiani a Mosca. Lo spazio reale, il tempo reale è quello che appartiene a noi che cerchiamo: l'icona, se è una finestra aperta su Dio, è anche una finestra attraverso cui Lui ci guarda, illumina la nostra realtà, dà un significato anche alla nostra sofferenza. Non a caso anche le preghiere liturgiche che si recitano davanti alle icone sono una memoria continua della sofferenza dell'uomo, e si prega per tutti (…). L'opera d'arte è comunque uno sguardo dell'anima; non è conclusa quando il pittore ha dato l'ultima pennellata, occorre uno spettatore che ricrei dentro di sé quell'opera. Occorre la contemplazione: la bellezza è sempre rivelazione, è sempre apocalittica. Così noi diciamo spesso che l'icona ripercorre quasi le tappe della creazione: all'inizio la luce, poi il disegno, le terre che si stendono, le successive illuminazioni. I giorni della creazione finiscono al settimo, quando Dio vide tutto quello che aveva fatto ed era cosa molto buona (…).