Sabato, 24 agosto ore 21

PARSIFAL

partecipano:

Regine Pernoud, scrittrice e storica del Medioevo, direttrice del Museo di Francia presso gli Archivi Nazionali e del Centro "Giovanna d'Arco" a Orleans

Marco Guidi, giornalista e saggista

Ciò che conferisce alla figura di Parsifal quel fascino che ha appassionato la cultura europea per ben otto secoli, è la sua capacità di rappresentare drammaticamente la condizione umana. Il Meeting non si apre nel segno dell'eroe superiore e puro, ma di una ricerca umile e paziente, illuminata dalla certezza che un ideale esiste ed è possibile incontrarlo. Sono gli incontri, dunque, a caratterizzare la ricerca di Parsifal come avventura, vissuta all'ombra di una compagnia, i Cavalieri della Tavola Rotonda, che diviene condizione necessaria allo svelarsi del suo destino.

R. Pernoud:

Sono già stata a Rimini e ho accettato questo secondo invito con gioia, perché l'atmosfera qui è incomparabile e sentivo il bisogno di fare, con voi, un bagno di giovinezza. Nel momento di preparare questo mio intervento c'è stata sui giornali, alla televisione, quella notizia tragica, orrenda, del dramma della partita di calcio del 29 maggio a Bruxelles. Dopo lo sgomento mi sono detta che tutto sommato il tema era veramente molto ben scelto. La bestia si era appena fatta viva, la bestia che sta nell'uomo, cioè in ognuno di noi. Se ancora avevamo qualche illusione, se ancora pensavamo che bastasse alzare un dito accusatore e denunciare a destra e a manca la causa del male, ebbene, ora sappiamo che quella forza bestiale può fare dell'uomo un lupo per l'uomo, come già dicevano gli antichi...La bestia esiste nell'uomo, però, ecco, nell'uomo c'è forse anche qualcos'altro. Parsifal è appunto l'esempio di un'altra via, di una terza via. Se mi consentite, diciamo per cominciare che per gli storici Parsifal è un esempio perfetto di creazione romanzata, un personaggio che ha delle fonti celtiche antichissime, e quindi pregno di tradizioni comuni a parecchi popoli e genti europee. Come quadro, come ambiente, la corte di Re Artù, la foresta: questo personaggio viene caricato di tanti significati che ognuna delle sue avventure è in se stessa eloquente, come possono esserlo i colorì del linguaggio araldico. Tutto è simbolo in Parsifal, e per questo ha sempre incontrato un grande successo attraverso i secoli. Forse molti di voi hanno visto il film di Frangois Truffault Il ragazzo selvaggio. Ebbene, Parsifal all'inizio è il bambino selvatico, allevato in un castello dalla madre che voleva proteggerlo da qualsiasi contatto possibile, terrorizzata a causa della morte dello sposo e di tutti e due i figli maggiori. Sicché Parsifal è l'essere nuovo, privo di esperienza: sarà necessario un incontro dovuto al caso per aprirlo al mondo esterno. Tutto il romanzo sarà il racconto della iniziazione, della educazione, nel senso profondo di questo termine, di quest'uomo nuovo. Parsifal dunque è un'opera preziosa, per il suo valore letterario e per la testimonianza che ci dà su ciò che le genti del XII sec., l'epoca di Chrétien de Troyes, consideravano come cose importanti...Tutto inizia una primavera. Parsifal scende da cavallo, ascolta gli uccelli cantare e poi, ad un tratto, gli appaiono ad un tornante della strada creature talmente belle da ricordare gli angeli. Parsifal chiede alle creature chi sono, gli viene risposto: "Siamo uomini come gli altri, cavalieri, ci siamo persi nella foresta, vogliamo ritrovare il nostro sentiero". Cavalieri, ecco pronunciata la parola chiave dell'intero romanzo, Parsifal avrà d'ora in poi soltanto uno scopo, un'idea: diventare cavaliere. Tutto ciò che nel giovane, nell'adolescente porta al gusto per l'avventura è stato spronato; Parsifal si separerà dal luogo che lo ha inizialmente nutrito e andrà a varcare i limiti di quel mondo che finora è stato suo. Dato che gli è stato detto che è Re Artù che fa i cavalieri, ebbene, andrà a trovare Re Artù. Torna al castello soltanto per preparare le poche cose indispensabili e dire addio alla madre. C'è una scena molto rapida, ma anche patetica, drammatica. Parsífal non avverte la rottura, vede soltanto questa nuova via che si apre e nella quale lui vuole andare. Sua madre invece è atterrita perché il figlio si prepara ad affrontare i pericoli nei quali il padre è morto. Ma lo lascia partire e gli dà qualche consiglio a mò di viatico, consigli che Parsifal ascolta. Il giovane che non è stato immerso nell'amore materno rigetta facilmente ciò che gli viene insegnato, una volta arrivato all'adolescenza, Parsifal invece non rigetta nulla, si è cibato di questo alimento, l'amore materno, e ascolta ciò che sua madre gli dice. Quali sono questi consigli? Dapprima onorare la donna: "Colui che non onora la donna, onore non ha. Stando al servizio di dame e pulzelle onore avrete". Altra raccomandazione importantissima, ascoltare i consigli di un uomo saggio, un cavaliere ricco di esperienza, e poi, terza raccomandazione, pregare il nostro Signore nelle chiese e nei conventi. Parsifal si incammina ma senza nessuna esperienza, un pò naif, zoticone, rozzo, commette molte stupidaggini, si rende ridicolo e, non appena lascerà la corte di Re Artù, provocherà un vero e proprio dramma, inimicandosi un cavaliere che ha offeso il Re Artù e uccidendolo. Dopo questa avventura drammatica, questo mancato ingresso nella vita, per fortuna ci saranno anche incontri utili per lui... Parsifal incontra Gornemant che lo inizierà alla cavalleria, gli insegnerà a usare la lancia, proteggersi con lo scudo, tenere il cavallo. Parsifal che è bello, giovane, portato ad apprendere, ascolta e mette a profitto le lezioni... Gornemant gli consegna gli speroni della cavalleria e poi, con la spada, l'ordine della cavalleria, che deve essere "senza villania". Qualche consiglio, un po' come aveva fatto la madre: parlare poco, aiutare pulzelle e dame, onorare Dio, "con piacere andrai in convento". Parsifal comincia a cavalcare attraverso la foresta e si avvicina ad un castello che appartiene ad una giovane, Blanchefleur. Secondo incontro meraviglioso: Blanchefleur vive un momento difficile, da un anno è assediata e la miseria regna sovrana nel castello e nelle terre vicine. E questa l'occasione per Parsifal di cominciare a dar prova del proprio valore. Compirà prodezze e riuscirà a liberare Blanchefleur con il suo castello, i cavalieri' , le terre, meritandosi quindi il suo amore. Poi si ricorda di sua madre che aveva visto cadere quando era partito e decide di tornare a casa. Ecco allora profilarsi un'altra avventura, questa volta decisiva per Parsifal: l'incontro col re pescatore cioè il re infermo che l'invita a trascorrere la notte nel castello. Parsifal assisterà alla processione del Santo Graal. Dapprima viene portata la lancia sulla quale c'è una goccia di sangue, poi i candelieri e poi la famosa coppa del Santo Graal, che irradia una luce sconosciuta ai mortali. Parsifal è meravigliato, affascinato, ma anche terrificato: capisce che questa è l'avventura suprema per lui e non osa fare nessuna domanda. E’ ancora un pò troppo giovane, manca di esperienza, rimane muto, e l'indomani si ritrova solo: tutto è scomparso ed egli riprende il proprio cammino. Poco dopo gli diranno che se avesse posto la domanda, se avesse pronunciato la parola necessaria, tutti gli incantesimi che pesavano sulla terra del re ammalato sarebbero scomparsi e la coppa del Santo Graal avrebbe svolto il suo ruolo, avrebbe guarito. Però una cosa imparerà: gli sarà rivelato il suo nome e questo è molto importante per capire veramente cosa è stata la cavalleria. Il nome del cavaliere viene acquisito soltanto dopo la dimostrazione dei suoi meriti: oramai sa di chiamarsi Parsifal il Gallese. Ci saranno ancora delle avventure, fino al momento in cui egli, dopo aver vinto cavalieri, liberato terre, giudicato altre ingiustizie, arriverà vicino alla corte di Re Artù. Vediamo dunque profilarsi quelle specie di programma educativo, che ci è dato dal romanzo. L'adolescente un po' violento, brutale, rozzo è stato dapprima istruito da Gornemant, poi c'è stata l'influenza di Blanchefleur, che è venuta ad integrare il ruolo della madre, dandogli quella sensibilità e delicatezza indispensabili ad un cavaliere: ecco quindi Parsifal pronto a presentarsi nuovamente alla corte di Re Artù. Non resisto al piacere di ricordare un episodio poco conosciuto, ma molto significativo della vicenda di Parsifal. Dorme sul limitare del bosco senza rendersi conto di essere vicinissimo ad una prateria dove Re Artù ed i suoi cavalieri hanno posto le loro tende. Durante la notte è caduta la neve che copre il terreno. Parsifal vede un volo di oche selvatiche inseguite da un falco che ne morsica una, lasciandola poi fuggire. Sulla neve sono cadute tre gocce di sangue che rappresentano per Parsifal lo spalancarsi di un mondo, un universo di contemplazione. Appoggiato alla sua lancia, guarda lungamente queste tre gocce, pensa a Blanchefleur, alla madre, al sangue che c'era sulla lancia durante la processione e al significato del Santo Graal, la coppa che aveva raccolto il sangue di Cristo. E’ assorto nei suoi pensieri, quando Re Artù lo vede e gli manda tre personaggi per invitarlo. Il primo è Sagreninor, uno scudiero brutale che urla a Parsifal di venire. Parsifal, furioso per essere stato disturbato, si volta, alza la lancia e lo disarciona, poi torna alla sua meditazione. Il secondo personaggio è Keu il siniscalco che gli chiede, a nome del re, di andare. Parsifal disarciona anch'esso. Di nuovo torna a meditare sulle tre gocce di sangue, che lentamente cominciano a scomparire sulla neve. Un terzo personaggio, Gauvain il leale, si avvicina. Lentamente, con rispetto, prega Parsifal, in nome del re, di seguirlo. Parsifal lo segue senza nessuna esitazione. Questo rispetto dell'altro, di cui Gauvain è simbolo, suggellerà un'amicizia: insieme entrano alla corte di Re Artù, Se Chrétien de Troyes conclude qui il suo racconto, altri romanzi, in particolare "La ricerca del Santo Graal", continueranno le avventure di Parsifal, uno dei tre cavalieri che realizzeranno pienamente l'avventura della cavalleria, portando a compimento ciò che la vista stessa del Santo Graal aveva fatto loro intuire.... Parsifal nel corso del romanzo, è dunque l'uomo che lentamente diventa una persona, che acquisisce un'identità propria, data dal nome. Una cosa gli manca ancora, cogliere la fortuna, non la ricchezza, ovviamente, ma la sorte felice. Ci sarà un'episodio dove la fortuna si presenta a Parsifal e gli spiega che ha i capelli davanti, però dietro è calva, e bisogna coglierla nel momento in cui passa, subito. Di questa lezione Parsifal approfitterà, più tardi, per riuscire a rivedere il Santo Graal. Come vedete, Parsifal non è un cavaliere perfetto, anzi, deve lavorare per essere fedele all'impegno che si è assunto…L'opera di Chrétien de Troyes ci consente di capire tutta la ricchezza umana della tematica della cavalleria e del Santo Graal. Possiamo anche dire che nel XII secolo, quando si vuole parlare di valori umani, non si pronunciano discorsi, ma si racconta una bella storia: Parsifal è una di quelle storie meravigliose che insegna all'uomo la fedeltà che consente poi di superare gli errori, di trionfare sugli ostacoli, di non perdere, di vista l'obiettivo, lo scopo che va oltre ì avvenimenti quotidiani, oltre la fantasia. D'altra parte la Bibbia stessa non fa altro che raccontarci storie nelle quali qualsiasi uomo può riconoscere se stesso e i suoi rapporti con Dio; pregni della Bibbia come sono i narratori del XII secolo, con le loro capacità, scelgono di raccontare storie, lasciando il lettore a trarre una lezione da questo gioco di simboli e di immagini. Chrétien de Troyes non è un grande maestro, è un poeta e Parsifal è una creazione poetica Nelle tre vie che questo congresso ha voluto aprire, la Bestia, Parsifal e Superman, Parsifal rappresenta un orientamento che credo abbia tutto per sedurci, per allettarci: portare l'uomo alla padronanza di sé affinando la sua sensibilità, il linguaggio, il modo, di comportarsi, ma anche e soprattutto aprendolo al riconoscimento dell'altro, che rispetta nella sua differenza. Esalta la magnanimità e crea questo senso del superamento di, se stessi. Perché, vedete, è uso corrente oggi dire che l'uomo si compie nel godimento ed è vero, in qualche misura. Ma per realizzarsi pienamente, l'uomo deve superarsi ed è il superamento che consente di andare oltre se stessi per diventare persone integre. Il superamento è movimento, come l'amore: ed è forse questa la grande lezione della cavalleria.

M. Guidi:

Come vanno a finire gli eroi? lo voglio iniziare con una immagine, quella di un uomo non più giovane, anzi, quasi vecchio, ma ancora forte: ha il volto pieno di rughe, con lui c'è il suo cavallo, il suo cane e la sua lancia. Lo vediamo andare avanti, guardare avanti, forse neanche lui sa dove. Due orrende visioni gli stanno a fianco, cercano di spaventarlo: una è un volto di lebbroso da cui spuntano le corna, i piedi di capra e una proboscide putrefatta, è un simbolo del male, è il male stesso, è il diavolo. L'altra è un segno ancora più terribile, perché mentre il diavolo possiamo vincerlo, questo segno nessuno di noi può vincerlo: ha una falce in mano e una clessidra, rappresenta il tempo che passa per tutti, la morte. Il cavaliere non li degna di uno sguardo, con lui il suo cavallo e il suo cane, vanno avanti. Qualcuno di voi avrà riconosciuto nelle mie parole inadatte la rappresentazione di una famosissima incisione del grande pittore tedesco del Rinascimento, Albert Dúrer: 'T cavaliere, la morte, il diavolo". C'è in questa rappresentazione un messaggio politico, quello del Rinascimento, con tutti i suoi limiti. Nel cavaliere che va avanti senza saper dove, io vedo Parsifal da vecchio, altri, ad esempio un caporale austriaco di nome Adolf Hitler, vi hanno visto la negazione di Parsifal, lo spirito tedesco che continua a marciare. Ma il Rinascimento, Dúrer, hanno dato una interpretazione politica della fine della cavalleria, della fine di Parsifal, perché Parsifal rappresenta prima di tutto, oltre ad una grandissima opera (ricordiamoci che Chrétien de Troyes è probabilmente il più grande poeta del Medioevo dopo Dante Alighieri), un'immagine politica... Il primo messaggio politico, preesistente a Parsifal, è il messaggio di Artù, Merlino e i Cavalieri della Tavola Rotonda. Tutti forse da bambini avrete visto il film di Walt Disney, ecco, Re Artù non era esattamente così. Come sapete Re Artù, re dei Britanni, i Sassoni e gli Angli, diventò Re dopo aver estratto una spada da una roccia, Excalibur…Artù è un personaggio leggendario e leggendario è il Mago Merlino, un suo parente che si chiamava Ambrogio Merlino;leggendario è suo padre, Uther Pendragon , e proprio nel nome del padre c’è la chiave del primo messaggio politico: Pendragon vuol dire semplicemente figlio del dragone. Bisogna sapere che i simboli delle legioni romane del IV e del V secolo non erano più le aquile, ma spesso grandi draghi di porpora rossa, una usanza persiana. "Figlio del drago", vuol dire semplicemente "nato in un accampamento militare". Uther Pandragon, personaggio leggendario nato in un accampamento romano, era figlio di Kustenin Vikhran e parente di Ermeis e di Wortigern. Questi tre personaggi che la tradizione celtica ci dà, sono in realtà esistiti: Kustenin Vikharan non è altro che l’imperatore usurpatore romano Costantino III, Ermeis e Wortigern sono due nobili britannici romanizzati che hanno raccolto intorno a sé la resistenza ai Sassoni e agli Angli e tutti sono parenti di Maxen Wledig che non è altro che l’imperatore Magno Massimo. Dunque noi ci troviamo ad avere un bisnonno che è esistito realmente, un nonno che è esistito realmente, uno zio che è esistito realmente, Emreis, e dei personaggi leggendari. La chiave è in questa genealogia e nella spada, Excalibur: qual'é l'arma che può bucare un sasso, probabilmente la torba, che può rimanere per una generazione senza arrugginire, così dura da spezzarsi, e che si spezzerà contro un masso? L'unica arma che in quell'epoca poteva farlo era una spada di acciaio e le uniche armi di acciaio dell'epoca, erano le spade dei legionari romani, le famose "spadewelsh", che i Barbari cercavano di catturare ovunque. Dunque, c'è un messaggio politico: solo Artù, discendente dei Romani, può estrarre la spada romana per difendere i romani di Britannia dai pirati Anglo-Sassoni, dopo che nel 406 le legioni se ne sono andate. C'è un lungo salto e Chrétien De Troyes, nel XII secolo, parla di Parsifal che è un cavaliere della Tavola Rotonda, che combatte per Artù fino a che non gli succederà una cosa molto strana: egli aprirà la Quest du Graal, la ricerca del Santo Graal. Un altro messaggio politico: il Santo Graal è una bellissima leggenda, però Giuseppe d'Arimatea non si è mai sognato di avere tavole o coppe di smeraldo, né si è mai sognato di venire a morire in Britannia. Ma nel XII secolo questa leggenda viene vissuta anche come un fatto reale ed è una cosa straordinaria il fatto che la chiesa cattolica, per altro così attenta ad interpretazioni parallele, non dica nulla, non ostacoli questa leggenda. Perché? Perché anche qui c'è un messaggio politico: alla Roma imperiale finita ormai da secoli, la Roma dei Cesari, si è sostituita un'altra Roma, quella celeste di cui Dante Alighieri dice "quella Roma per cui Cristo è romano", cioè la Roma cristiana e un nuovo ideale, quello del cavaliere armato che la difende. Siamo in epoca di crociate e il Cristianesimo per la prima volta si trova a confronto con altre due religioni rivelate monoteiste, e si trova a combattere in Terra Santa. Quindi un manifesto imperiale romano diventa un manifesto religioso e nello stesso tempo politico. Parsifal da giovane è spesso un giovane idiota, che diventa per gradi un cavaliere perfetto. Parsifal è un cavaliere casto ma non puro; accetta di baciare Blanchefleur sulla bocca e di passare la notte nel suo letto, ma non va oltre. Lancillotto, il cavaliere tutto senso, sarebbe andato oltre, Galaad, colui che troverà il Graal, non sarebbe mai andato a letto con Blanchefleur. Parsifal arriva nel castello del re lebbroso e, come un perfetto imbecille, non chiede niente, perché nella sua education sentimental gli hanno detto: "Tu stai zitto e non fare domande perché sennò fai la figura del cretino". Lui non fa domande e fa doppiamente la figura del cretino. Parsifal ha un primo incontro cavalleresco quando è ancora vestito da giovane gal lese, con il cavaliere vermiglio. Il cavaliere è un cialtrone, lo tratta male, e lui prima subisce, poi reagisce un po' brutalmente, visto che con un giavellotto gli trapassa il cranio e lo accoppa. Anche questo è uù modo di agire lievemente sbilanciato... Chrétien de Troyes non ha voluto fare opera di umorismo, ma narra la storia di ognuno di noi. Nessuno di noi probabilmente è Galaad, nessuno di noi è Lancillotto, ma tutti noi siamo Parsifal, l'adolescente che commette una serie di sciocchezze delle quali si renderà poi conto..... Parsifal è un magnifico esempio di uomo con le sue contraddizioni…, persegue un ideale di purezza e di cristianità, attraverso questa strana metafora, tutta ancora da indagare, io credo, che è la ricerca del Graal, una ricerca allegorica e fantasiosa insieme. Come tutti noi, Parsifal porta in sé la storia delle generazioni precedenti. In Italia è difficile trovare qualcuno che non discenda da famiglia contadina: tutti veniamo dalla terra e tutti, nelle nostre differenze, nei dialetti diversi che parliamo, nelle usanze, nella cucina, portiamo la storia dei nostri umili predecessori. Ricordatevi che Parsifal è anche Bertoldo, e all'inizio si comporta, se non come Bertoldo, come Bertoldino, reagendo sempre e comunque a sproposito: è insomma un uomo fatto di tanti altri uomini. Per questo, credo, alla domanda "chi è oggi Parsifal", possiamo rispondere soltanto che è tutti noi.... Parsifal non è la bestia anche se a volta è un bestione, non è Superman anche se è un cavaliere fortissimo: Parsifal è un uomo non a caso portatore di un messaggio politico, dove per politico intendo di una visione del mondo. Parsifal, nato come ricordo della nobiltà bretone che sognava la Pax Romana e le legioni, come ricordo di una cavalleria che sintetizza quanto c'era di bello ma anche di forte e di duro, ... è il portatore di ideali cavallereschi e nello stesso tempo, come ha detto Regine Pernoud, di vita vissuta con altri. E’ un uomo che cerca e sta a tutti noi di non farne un uomo che della ricerca fa uno scopo astratto. 'T cavaliere, la morte, il diavolo" è colui che invece diventa il Parsifal pervertito, il Parsifal malvagio, il Parsifal stolto. I granatieri di Federico Il di Prussia cantavano: "Anche quando il mondo comincerà a marcire e le ossa vecchie del mondo a tremare, noi continueremo a marciare". Se qualcuno, a quei granatieri, avesse chiesto o insegnato a chiedersi perché bisognava marciare, forse non sarebbero diventati i fanti col chiodo della prima guerra mondiale o i fanti dalle piccole divise nere della seconda guerra mondiale. Forse, invece di mettersi le due rune delle SS, le rune del paganesimo, del marciare, del colpire, sarebbero rimasti dei Parsifal, cavalieri che marciano ma soffrono, sbagliano e soprattutto si chiedono perché.