Martedì 23 agosto

"QUALE MEDICINA PER L'UOMO"

Partecipano:

Dott. Bruno Pieroni, Direttore di "Stampa Medica";

Sen. Adriano Bompiani, Direttore della Cattedra di Ostetricia e Ginecologia all'Università di Roma;

Dott. Albert Gourion, Direttore dell'Insegnamento di Medicina Cinese all'Università di Marsiglia;

Moderatore:

Dott. Giorgio Di Concetto.

G. Di Concetto:

Siamo lieti di avere come protagonisti di questa tavola rotonda il Sen. Adriano Bompiani, Direttore della Cattedra di Ostetricia e Ginecologia dell’Università Cattolica di Roma, il Dottor Albert Gourion, Direttore dell'Insegnamento di Medicina Cinese presso l'Università di Marsiglia e il Dottor Bruno Pieroni Direttore della rivista "Stampa Medica". Dobbiamo tenere presente che queste persone, per venire qua, hanno affrontato lunghi viaggi: il Prof. Bompiani è venuto da Cortina, il Dr. Gourion proviene addirittura, dall'Isola della Rèunion, vicino al Madagascar, e il Prof. Pieroni ha dovuto rimandare un viaggio in America. È significativa la presenza di un autorevole esponente della scienza medica occidentale, qual è il Prof. Bompiani, come pure di uno studioso di medicina orientale qual è il Dr. Gourion. Il Dott. Pieroni è direttore di una rivista medica "Stampa Medica" che ha sempre portato avanti un discorso costruttivo di integrazione tra le due medicine. Mi sta a cuore, infine, presentare l'esperienza che ha suggerito questa tavola rotonda: si tratta di un gruppo di studio che abbiamo denominato "Società e Salute", siamo medici che si riconoscono nell'esperienza del Movimento Popolare e abbiamo scelto questa denominazione dell'omonimo titolo della rivista che, in modo originale e da noi condiviso, si occupa di problemi di sanità e di assistenza. Il nostro scopo consiste da una parte nel cogliere questa grande occasione di approfondimento culturale che è la medicina cinese, dall'altra nel rispondere ad un bisogno presente nella nostra società. Infatti la medicina cinese in generale, e l'agopuntura in particolare, - l'agopuntura che ne costituisce il più originale metodo terapeutico, - si è rivelata di grande efficacia nel trattamento di molte malattie a diffusione sociale. Tuttavia questa esperienza ci ha fatto ancora di più valorizzare la nostra medicina occidentale nella sua valida ed insostituibile configurazione; perciò noi rifiutiamo il termine di "medicina alternativa". Ciò che è importante sottolineare è che la nostra esperienza cristiana ci ha fatto valorizzare questa cultura diversa, proprio in base al metodo di accoglienza e di confronto col diverso. Non a caso l'Apostolo Paolo ci raccomanda di vagliare tutto e di trattenere ciò che è buono. Siamo arrivati quindi a concepire il nostro gruppo di studio come un'opera di aiuto alla professionalità, abbiamo fondato una scuola in ambiente universitario, i nostri ambulatori sono aperti all'insegnamento, in alcune U.S.L. siamo riusciti ad introdurre questa medicina nella struttura pubblica. A questo punto appare più chiaro lo scopo di questa tavola rotonda. Cosa significa "Una medicina per l'uomo?" Di fronte a 3.000 medici riuniti a Roma, il Papa, nel 1980, parlava dei pericoli di una medicina preoccupata più di se stessa che dell'uomo che dovrebbe servire, avendo come insegna la pura tecnologia e l'efficientismo organizzativo. Già allora il Papa ci invitava ad impegnarci in un'opera di ripersonalizzazione, in base ad una considerazione unitaria del malato. Più recentemente, al Congresso dei medici cattolici, il 3 ottobre dell'82, diceva: "Ciascuno di voi non può limitarsi ad essere medico di un organo o di un apparato, ma deve darsi carico di tutta la persona e di più, nei rapporti interpersonali che contribuiscono al suo benessere". Inoltre, umanizzare l'opera del medico significa proclamazione della dignità della persona umana, rispetto della sua corporeità del suo spirito, della sua cultura. È su questa relazione fra cultura e medicina, fra culture diverse e medicine diverse, che occorre impostare il discorso. È opinione diffusa che la medicina grazie ad una indiscussa scientificità moderna, di genesi culturale ossia valida in modo assoluto sempre e comunque. Viceversa la nostra medicina non è la medicina, ma è una medicina; ci sono infatti altre civiltà, molto più vecchie della nostra, che hanno generato culture ed arti mediche peculiari. Ad esempio di grandi dimensioni è la civiltà cinese. Ora, per una medicina a misura d'uomo, occorre valutare la storia dell'uomo, una storia di civiltà e di culture molteplici. Attualmente oltre la metà della popolazione mondiale, corrispondente grosso modo all'intero continente asiatico, si cura da secoli con una medicina diversa, ma questo non le ha impedito di accogliere anche la nostra medicina e di inserirla con successo nella struttura sanitaria. La stessa cosa sta succedendo da alcuni decenni nell'emisfero occidentale: la medicina orientale si sta diffondendo nel mondo occidentale, ma viene ostacolata da posizioni dogmatiche e preconcette; inoltre molti di coloro che intendono diffonderla hanno un atteggiamento sostanzialmente scorretto. Valga come esempio quello che succede per l'agopuntura: essa è vittima di due fondamentali mistificazioni: una mistificazione commerciale, che tende ad isolare l'agopuntura nell'ambito privato, e ne fa come una moda, e con tariffe da capogiro tende a portarla a livello di medicina di èlite; una mistificazione culturale, che la riduce ad una semplice riflessoterapia, amputandone il contesto culturale che l'ha generata. Ma dove, con maggior urgenza, la nostra medicina sente la necessità di un completamento? Indubbiamente nella visione globale del paziente, quella visione globale in base alla quale il Papa invita i medici a non limitarsi al singolo apparato, ma ad ampliare lo sguardo su tutta la persona. Questo però non è un procedimento semplice, per la nostra medicina perché non lo è per la nostra cultura e non lo è per la nostra antropologia: questo è il punto fondamentale. L'antropologia occidentale è nata dualistica, in contrasto con la stessa antropologia biblica che tuttavia ha profondamente influenzato la nostra civiltà, soprattutto sul piano etico. Infatti la filosofia greca ha affermato questo dualismo fra spirito e materia, fra anima e corpo; in epoca moderna un metodo conoscitivo rigidamente analitico e deduttivo ha portato a concepire l'uomo come diviso in sistemi: di qui lo sviluppo di specializzazioni sempre più settoriali. Inoltre la ragione umana viene esaltata, col pensiero cartesiano e coll'illuminismo. Da un simile contesto culturale è facile dedurre l'impianto ideologico del medico moderno, indotto ad agire in modo settoriale su di un uomo, in cui è già stata effettuata una separazione fra anima e corpo, in bisogni spirituali e bisogni corporali. Qui sta l'errore più grave dell'impostazione medica attuale: infatti l'uomo non è affrontato nella sua totalità. E se l'uomo non è affrontato nella sua totalità, non è possibile ritenere che dentro la domanda di guarigione è strutturalmente contenuta una domanda più radicale, una domanda di salvezza di sé e del significato del proprio destino. Per rimanere nel tema del Meeting, la figura del medico-robot, possessore di una tecnologia sempre più raffinata, ma prigioniero del binomio sintomo-farmaco, è paradigmatica di un'intrinseca contraddizione, che porta ad esempio ad una proliferazione delle malattie iatrogene. A lui si contrappone il paziente-scimmia, che ha un rapporto col medico lontano da una logica di condivisione, e sempre più vicino al riflesso condizionato, legato alla pura e semplice scomparsa del sintomo, in base all'ideologia del benessere. In questo contesto il metodo giusto consiste nel creare nella coscienza di tutti, del paziente come del terapeuta, la necessità di una condivisione e di una comprensione dell'uomo nella sua interezza. Un grande aiuto nel cammino verso questa visione è per noi la conoscenza di questa medicina diversa, che si basa su una visione globale dell'uomo e del cosmo. Questo richiede una faticosa ma entusiasmante opera di sintesi fra le due medicine. D'altra parte, la dottrina dello Ying e dello Yang è una stupefacente anticipazione della teoria di Einstein sulla materia e sull'energia. La legge dei cinque movimenti, altro cardine del pensiero cinese, e' anch'essa assimilabile alla nostra fisica moderna, cinetica e termodinamica. In definitiva, il concetto di stretta unità fra spazio, tempo e movimento, la presenza dei cosiddetti "meridiani", le vie energetiche di conduzione, trova conferma in indagini elettrofisiologiche. Lo stesso si può dire dei bioritmi, scoperti dai cinesi da migliaia di anni ed indagati attualmente dalla cronobiologia. Infine, le moderne indagini clinico-sperimentali confermano l'efficacia di questa terapia, che risulta però integrabile con la moderna medicina. E su che piano risulta integrabile? Dov'è che troviamo il punto di sintesi? Lo troviamo appunto nel concetto della fisica moderna, l'energia e la materia. Noi sappiamo per esperienza che una malattia, prima di manifestarsi organicamente, attraversa un periodo di anni di funzionalità; è a questo livello che può agire la medicina energetica, la medicina cinese a un livello puramente energetico, mentre il campo della patologia organica è necessariamente mano alla nostra medicina moderna. A questo punto lascio la parola al Dottor Pieroni, che dirige una rivista, come ho detto, che ha sempre portato avanti una concezione di medicina integrata, medicina occidentale e medicina orientale; ha compiuto molti viaggi in Cina. Ora lo ascoltiamo.

B. Pieroni:

Sono un giornalista, non un medico, purtuttavia da oltre venti anni mi occupo di problemi sanitari, in particolare di comunicazioni e informazione, che sono elementi fondamentali dell'aggiornamento. Ho cominciato la mia attività come reporter prima e come inviato speciale poi all'Associated Press che, come sapete, è la più grande agenzia di stampa del mondo. All'Associated Press sono rimasto circa quattordici anni, poi per nove anni mi sono occupato di relazioni pubbliche per conto di una casa farmaceutica americana. Avevo la responsabilità per i Paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente finché in alcuni Paesi arabi i beni americani cominciarono ad essere confiscati e quel posto si estinse. Così dodici anni or sono ebbi l'opportunità di unire le due esperienze, quella giornalistica e quella fatta nel settore farmaceutico, per riorganizzare e rilanciare il periodico "Stampa Medica". Nell'impostazione di questo lavoro ho sempre cercato di dare al destinatario del nostro periodico, il medico, elementi di informazione globali perché riteniamo che pochi professionisti come il medico debbano essere al corrente di quel che accade nel loro mondo, in tutto il pianeta. Per questo motivo, oltreché attingere a fonti di informazioni nei Paesi occidentali, abbiamo stabilito man mano collegamenti praticamente con tutti gli altri Paesi del mondo. Siamo stati i primi e forse siamo ancora gli unici ad avere collegamenti diretti con Varsavia e Budapest, con Sofia e con Mosca dove è da anni in atto una proficua collaborazione attraverso l'Agenzia Novosti. Allo stesso modo abbiamo stabilito legami con i Paesi emergenti dell'Africa. Una nostra collaboratrice specializzata in chirurgia è appena tornata dall'Uganda ove ha lavorato per un mese presso una missione dei Comboniani. Con questi criteri di globalità abbiamo portato a conoscenza dei nostri lettori notizie ed esperienze al di fuori e al di sopra delle ideologie, convinti come siamo che la medicina non ha frontiere. Per questo motivo, in aggiunta alle informazioni ed ai servizi speciali sulla medicina più avanzata del mondo occidentale abbiamo attinto a fonti di ogni continente. Come ha fatto rilevare il Dr. Olayiwola Akerele, direttore del servizio di medicina tradizionale presso l'Organizzazione Mondiale della Sanità, per l'Africano la medicina tradizionale è la somma di pratiche, di ingredienti e di metodi d'ogni sorta, materiali e no, che, dalla notte dei tempi, gli consentono di sopravvivere. Per l'Asiatico, che considera la vita come l'unione del corpo, dei sensi, dello spirito e dell'anima, l'obiettivo della medicina è il benessere fisico, mentale, sociale e spirituale tutto insieme. Con questo spirito, alla fine del 1972, in piena rivoluzione culturale, prendemmo contatto anche con un Paese, la Cina, che ha una esperienza millenaria in campo medico, basata su criteri totalmente diversi dai nostri. Si dice che certi feudatari cinesi pagassero il medico quando stavano bene, perché assolveva egregiamente al suo compito. Gli toglievano la retribuzione quando si ammalavano perché voleva dire che, come medico, faceva male il suo lavoro e quindi non meritava compensi. Ed allora il medico si dava da fare, attingendo a tutta l'esperienza del passato ed ai ritrovati più moderni, cinesi o stranieri, pur di ripristinare o stato di salute desiderato. Oggi qui dovremmo cercare di dirci quale debba essere la medicina ideale per l'uomo d'oggi. Medicina occidentale, fatta di mille sottili specialità uscite da imponenti laboratori di ricerca o medicina tradizionale, quella classica cinese o tibetana, nordica o africana, comunque medicina popolare basata su cose "semplici", tisane, decotti, estratti d'erbe, una medicina insomma fatta di natura? La risposta, ovviamente, non è semplice. E, in ogni caso, quale medicinale scegliere e in quale dose? Nella mitologia indù il dio scimmia Hanuman fu inviato nell'Himalaya per cercarvi una rara erba che avrebbe guarito un guerriero ferito. Ma sbagliò dose perché, in un eccesso di zelo, anziché portare l'erba, portò un'intera montagna. Forse pochi si rendono conto che il prontuario farmaceutico di ogni paese evoluto comprende innumerevoli "specialità" che sono ne più ne meno che derivati di erbe: in ogni tempo, man mano che si evolveva, la medicina ufficiale ha tratto quel che c'era di valido dalla medicina popolare. Farmaci dai nomi moderni altro non sono che medicine di antica scoperta e di uso plurisecolare: la rauwolfia, la digitale, la papaverina, la vinca rosea e così via. Così come oggi, proprio nella culla della medicina tradizionale più osannata, forse più suggestiva, certamente più di moda, si integrano le sostanze medicamentose di antica tradizione popolare con farmaci di sintesi immaginati e scoperti da studiosi occidentali. Questa pratica non è molto diffusa, ma esiste ed è confessata tranquillamente dal chirurghi, ad esempio, che effettuano interventi inducendo previamente l'anestesia mediante agopuntura. Proprio questa onesta ammissione raccolta dieci anni or sono, quando, per la prima volta, presi contatto con il mondo cinese, mi portò a guardare, con interesse crescente alla medicina popolare cinese. Un interesse che si accrebbe nel corso di successivi viaggi di studio - cinque nell'arco di un decennio - quando ebbi occasione di constatare sempre più da vicino che l'agopuntura - presentata da noi con accenti sempre più trionfalistici - mi veniva descritta come una pratica valida soprattutto in un paese emergente, su un territorio sconfinato ove immense Regioni sono ancora prive di energia elettrica, di comunicazioni agevoli, di quadri sanitari qualificati, una pratica, comunque, con tutte le sue incertezze e soprattutto con i suoi limiti. Erbe. È un altro grande capitolo della medicina tradizionale cinese: nel corso dei nostri contatti abbiamo potuto constatare come i cinesi stiano ora inventariando le loro erbe, i loro arbusti, i loro germogli medicinali per porre su basi scientifiche quel che sinora è stato concepito e realizzato modo empirico. Ricerche e studi analoghi sono oggi in corso anche in altri ambiti della medicina tradizionale, nel Messico, in alcuni Regioni dell'India, in qualche punto dell'Africa. Questo mettere ordine all'armamentario della medicina popolare sarà proficuo per tutti. Uno studioso italiano di medicina popolare, Piero Coppo, ci segnala che i risultati acquisiti con uno studio su casi di psicopatologia nelle zone rurali del Mali e tra le popolazioni Tuareg, consentono di prevedere una integrazione della psichiatria tradizionale a fianco della psichiatria moderna. L'esperienza vissuta nel contatto con il mondo cinese ha consentito di evidenziare situazioni che erano tipiche della nostra società prima della ventata post-bellica di neo-pragmatismo e consumismo, situazioni che noi di "Stampa Medica" abbiamo sempre portato a conoscenza dei nostri lettori. Queste esperienze, pur se escludono che un tipo di medicina possa sostituirsi ad un altro per ragioni pratiche tecniche e culturali, ci dicono che sono possibili e preziose opportune reciproche integrazioni. Il concetto di dolore e di reazione emotiva ad un taglio nella propria carne è tale che in Occidente è quasi assurdo immaginare un soggetto che accetti di sottoporsi da sveglio - pur se anestetizzato con l'ago - ad un intervento chirurgico banale quale può essere oggi un’appendicectomia. Così come è quasi inimmaginabile un soggetto che, abituato al criterio di ingerire una compressa per farsi passare il mal di testa, accetti l'idea che questo fastidio può essere eliminato con l'inserzione e la rotazione di uno o più aghi in determinate parte del corpo. Tutti conosciamo gli effetti positivi che determinate reazioni psicologiche inducono a volte nel malato. Se egli crede nella medicina e ingerisce, in molti casi finisce con lo star meglio, anche se la compressa, o capsula somministratagli conteneva una sostanza innocua del tutto inattiva. È il caso delle sperimentazioni cliniche che si fanno trattando un gruppo di soggetti con un farmaco attivo ed un altro gruppo con un farmaco "finto" inattivo e, ripeto, innocuo, il classico placebo. Nessuno dei soggetti trattati sa quale sia il farmaco "vero". Ebbene chi vive nel mondo sanitario sa che l'effetto positivo del placebo si evidenzia perfino nel trenta per cento dei casi. Tanto vero che su questo punto c'è chi ha tirato fuori una specie di barzelletta, immaginando che un giorno qualcuno, ai limiti dell'assurdo, chiederà di registrare e vendere un placebo per questa o per quella malattia in quanto un trenta per cento di risultati nettamente positivi sono una buona ragione per sostenere che quel "farmaco" é valido. Ma mettiamo da parte questi paradossi e torniamo al tema del nostro dibattito: quale medicina per l'uomo. Da quel che abbiamo detto, sembra logico escludere l'introduzione di un tipo di medicina eterodossa in microcosmo condizionato da determinati criteri, mentre è perfettamente immaginabile ed anzi in molti casi raccomandabile, l'impiego di metodiche sanitarie innovative per integrare quelle di uso normale rispettivamente in Occidente e in Oriente. Pur trattandosi di farmaci, di sistemi, di criteri innovativi, questi nuovi strumenti di lotta contro il male finiscono in genere con l'essere accettati e costituiscono presidi sempre più largamente usati. Come mai? L'essere umano, da quando nasce, ha bisogno di un altro essere umano che ne faciliti l'ingresso nel mondo, che lo immetta nella collettività con un minimo di tutela della salute e che, ove necessario, intervenga per ristabilire l'equilibrio delle sue condizioni psicofisiche. Questo essere umano che aiuta il nuovo venuto al mondo e che lo affiancherà nel tempo quando sta male è il medico. Nei paesi più evoluti sarà, a seconda dei casi, uno specialista, ma pur sempre un medico. Nei Paesi emergenti sarà il medico scalzo, lo stregone, lo sciamano, ma pur sempre l'equivalente - per l'ambiente in cui vive - nel nostro medico. Ebbene è lui, il tutore della nostra salute che deve sapere allargare i suoi orizzonti tenendosi informato su quel che accade nel resto del mondo, per poter acquisire quel che c'è di meglio e di valido, senza pregiudizi e senza preconcetti, per meglio assistere il suo malato. Questa, in sostanza, è la filosofia di fondo del nostro lavoro di giornalisti specializzati, ed infatti, "Stampa Medica", il periodico che dirigo da dodici anni ha sempre dato e continua a dare ampio spazio all'aggiornamento globale del medico. In più occasioni abbiamo sottolineato l’importanza della globalità della formazione tecnica del medico, che non può prescindere ovviamente dalla componente umana. Forse uno dei danni più gravi alla gestione della salute è stato arrecato da quegli stessi farmaci che hanno salvato e continuano a salvare milioni di vite, gli antibiotici. Furono chiamati wonder drugs, farmaci meraviglia, farmaci meraviglia, farmaci miracolo, ma, nello stesso momento in cui risolvevano enormi problemi terapeutici, incoraggiavano l'atteggiamento pragmatico del medico con quel loro carattere di farmaci-gettone che, immessi nel flipper-uomo, ottenevano il successo terapeutico in tempi record. Non c'è dubbio che questo fenomeno abbia contribuito a disumanizzare la medicina, creando una situazione di fratture fra il medico ed il malato quale sii! evidenzia oggi in un numero notevole di casi. Hakim Mohammed Said, presidente della fondazione Hamdard del Pakistan per lo studio della medicina tradizionale, ci dice che colui che cura un malato non deve credere soltanto ai medicamenti che somministra, ma cercare, al tempo stesso, sostegno nella fede che professa e chiedere appoggio alla sua moschea, al suo tempio, alla sua chiesa, perché sa bene che il corpo umano non è soltanto un insieme di carne ed ossa, ma è permeato da un'anima. Ecco dunque delinearsi la risposta al quesito: quale medicina per l'uomo? Dovremmo dire piuttosto: quale medico per l'uomo? Perché è soltanto il medico che può gestire i vari momenti della prevenzione, della diagnosi, della terapia, della riabilitazione e, di nuovo, della prevenzione secondaria per evitare che il soggetto che ha curato abbia ricadute. Ma siccome una domanda ne tira un'altra, eccoci di fronte al vero quesito nel nostro tempo: quale medico per l'uomo? Un medico che si renda conto delle sue responsabilità, di quel che il suo simile in crisi si attende da lui, un medico che segua il suo paziente nel tempo, anche quando, ospedalizzato, viene sottratto al suo controllo. Un medico che, d'accordo, faccia valere i suoi diritti, di retribuzione e di orario, ma che abbia pur sempre il tempo necessario per soccorrere, non soltanto con i farmaci, ma anche con la parola, chi si attende da lui un atto magico che lo riporti in salute. È troppo chiedere questo al medico? Certamente non è poco. Ma la medicina non è soltanto farmaci raffinati in Occidente e decotti di erbe in Oriente. La medicina la fa l'uomo-medico. Che sia preparato sul piano scientifico, ma che sia disponibile su quello umano. Forse, piuttosto che attendere la tesi di laurea per far formulare al neo medico il giuramento di Ippocrate, si dovrebbe chiedere qualcosa di analogo, un impegno esplicito a far fronte e a tutti i futuri doveri professionali, ad ogni giovane che decida di iscriversi alla facoltà di medicina. Un impegno da rinnovare anno per anno perché egli si renda conto di quel che realmente significa gestire la salute dell'umanità.

A. Bompiani:

Anch'io vorrei innanzitutto salutarvi e ringraziare coloro che così cortesemente mi hanno invitato. Molte cose sono state già dette e quindi già, direi, il tappeto è coperto da parecchie carte e su queste potremmo anche cominciare a discutere, in maniera un po' più libera, meno accademica. Però io credo che qualche nozione, da parte di uno che ha avuto il compito di diventare quasi il difensore d'ufficio della medicina occidentale, in questa tavola rotonda, sia giusto anche proporla. Per prima cosa bisogna considerare questo problema nell'ambito, diciamo, della cultura della salute: è il concetto fondamentale di tutti i popoli, ma è un concetto particolarmente sviluppato nelle civiltà occidentali; la cultura della salute. La salute è un fatto che viene inteso, direi, con una tensione psicologica fondamentale da tutte le persone, sotto tutti i climi, in qualsiasi situazione storica e quindi anche nelle varie culture che si sono succedute nel corso della storia dell'uomo, però è molto diverso il concetto di salute se voi lo vedete sotto l'aspetto intimo, personale, psicologicamente anche molte volte poco definito, nebuloso o, viceversa, lo vedete sotto l'aspetto oggettivato dal medico o oggettivato da colui che è preposto alla tutela della salute collettiva, per esempio l'igienista, per es. il politico, che n deve interessare della salute pubblica e così via. Quindi non ci può essere un concetto unitario di salute, questo mi pare che sia abbastanza evidente. Questa tensione del singolo, quindi, verso la salute si mette, subito in un rapporto dialettico con la comunità, perché le comunità tanto più sono andate progredendo, organizzandosi e tanto più hanno dovuto prendere coscienza che c'è, non solamente il desiderio di salute di tutti che viene anche espresso, direi così, nel sentirsi bene nella propria pelle, come sì dice in termine comune - questo significa "cenestesi": star bene nella propria situazione esistenziale, ma c'è anche la necessità, come comunità, di assicurare il godimento della salute, che è diventato qualche cosa di oggettivo e che si è trasposto poi nelle legislature, nelle legislazioni degli stati più moderni addirittura in un diritto alla salute. Ecco, questo mi pare il concetto dal quale dobbiamo partire. Parlare di salute, però, significa anche parlare del suo opposto cioè parlare di malattia; non c'è nessun concetto che non si definisca anche attraverso il suo contrario. L'assenza di malattia è stato il primo concetto di salute, ma è un concetto che ormai è diventato troppo rozzo, troppo sommario per l'uomo occidentale ed è diventato, invece, il concetto di salute quello di benessere fisico, psichico e sociale. Quindi, voi capite l'allargamento enorme di questo concetto di salute, che è quello che impregna poi soprattutto la cultura occidentale. C'è una dimensione, direi antropologica, che del resto è stata già sollevata sia da Di Concetto come da Pieroni, dimensione antropologica e cioè che segue la storia dell'uomo e segue le varie civilizzazioni e che è molto diversa da una faccia; all'altra, direi, così del pianeta. Abbiamo inteso come gli africani giudicano la loro salute, come la giudicano gli asiatici, e cosi c'è una dimensione diversa della sofferenza, anche qui, per esempio, se voi visitate un ospedale cinese, reparto di maternità, la sala parto, vi accorgete che si partorisce senza pronunciare una parola e sorridendo, ma questo non è il rapporto alla mancanza di doglie, cioè alla mancanza di dolori, è in rapporto al fatto che antropologicamente nella cultura cinese manifestare in pubblico la sofferenza è disdicevole, quindi c'è una dimensione antropologica che denota, direi così, come il concetto di salute e il concetto di sofferenza o di malattie possono essere molto variati. Detto questo, io credo che sia opportuno vedere un po' come è nata questa medicina occidentale sulla quale tante volte forse spariamo un po' troppo. Ora, anche qui bisogna dare le coordinate, entro cui si svolge il discorso; per la medicina occidentale due sono le coordinate fondamentali: la medicina come scienza e la medicina come pratica; e questo non è diciamo così, sfuggire a quello che è il vero problema, cioè: occorre un nuovo medico nella nostra società, ma è riconoscere che c’è un corpo, chiamiamolo epistemologico, ben definito in medicina che la caratterizza come scienza autonoma e ben definita, quindi dissociabile dalla fisica, dalla chimica, dalla biologia come dalla sociologia, dalla psicologia e così via. Certo queste due varianti , queste due anime, queste due facce della medicina, quella scientifica e quella pratica non sono state sempre sufficientemente armonizzate, né hanno avuto lo stesso sviluppo nella storia, però c'è sempre alla radice questo fatto: la necessità di pensare sul dolore, pensare sulla sofferenza, pensare sulla malattia per trarne delle leggi generali: ecco quindi la medicina come scienza. E c'è sempre stata la necessità di atteggiarsi in una maniera pragmatica, pratica per alleviare la sofferenza: quindi ecco la cura, ecco la medicina pragmatica. Poi ci sono altre due coordinate che forse sono meno intensamente rappresentate, ma pure queste non vanno trascurate, la medicina dei dotti, la medicina de' sapienti, cioè, la medicina, oggi diremo, degli specialisti, la medicina dei laureati in medicina, se voi volete, e la medicina popolare; sono due anime anche queste, con tendenza, nel mondo occidentale, a vedere ormai parzialmente superata la medicina popolare, quella empirica, quella pragmatica nei confronti di una medicina dei dotti, medicina dei sapienti. Anche queste sono sempre rimaste presenti nella storia. Terzo concetto: la medicina occidentale nasce indubbiamente, direi, dalla cultura greca, dalla cultura filosofica greca; le scuole mediche erano scuole filosofiche in Grecia, non c'era molta differenziazione fra il pensiero globale, il pensiero filosofico globale e il pensiero medico. Se si è affermata poi la scuola di Ippocrate è solo per il fatto che, probabilmente attraverso una serie in parte fortuita, in parte programmata di avvenimenti, era diventata la scuola più rappresentativa, ma tante altre scuole esistevano. Il merito di questa antica medicina che ha fondato la medicina occidentale è stato, direi, duplice: da una parte, la oggettivazione del sintomo e la ricerca, della oggettività del problema, pur mondo, religioso, mistico. Ricordatevi che Ippocrate per es. scopri il "fremito pleurico" nella pleurite, quindi evidentemente si metteva ad ascoltare questo antichissimo segno che ancora oggi si insegna agli studenti e gli studenti dovrebbero 4onoscere. Il secondo merito di questa antica medicina ellenica è stato quello della definizione deontologica, cioè che cosa deve fare il medico e che cosa non deve fare, quindi un discorso estremamente laico, non è un discorso cristiano, non è un discorso venuto col cristianesimo, la deontologia medica nasce da queste antiche scuole ancora elleniche, almeno come ci sono state tramandate nella storia soprattutto dalla scuole di COO, cioè quella di Ippocrate. Queste le fondamentali implicazioni deontologiche: riconoscimento dei limiti dell'azione del medico, il medico non è onnisciente, onnipotente, e questo, voi direte ci vuol ben poco ad osservarlo, ma intanto è stato definito come criterio per far sì che il medico interpretasse quello che era necessario, non andasse oltre quello che avrebbe potuto agire a vantaggio del paziente, il rispetto del proprio limite, il rispetto del paziente; "userò i trattamenti per aiutare la sofferenza secondo il mio giudizio e abilità, ma giammai per recare ingiustizia e sofferenza", anche questa è una posizione deontologica molto bella, molto precisa. Poi c’è il riconoscimento della costituzione corporea come un tutto unico unitario e direi quasi che è un precorrere le dottrine ormonologiche moderne, le dottrine costituzionalistiche del secolo XX°: questo si deve ancora alla medicina greca. Nel medioevo, come tutti voi sapete, c’è stata un'altra dimensione, tradotta dall'avvento del cristianesimo, cioè la verifica anche della malattia e della sofferenza come, analogia della sofferenza dell'anima, fino ad arrivare a delle posizioni che in un certo senso vi possono sembrare deformanti, il malato è tale perché il dolore, la colpa è stata introdotta nella storia dell'umanità per responsabilità di Adamo e quindi il malato soffre in quanto espia una colpa primordiale, quindi l'identificazione fra colpa spirituale e malattia. Ci sono voluti molti secoli per poter distinguere questo duplice orizzonte di problema. Però, avete un dato di fatto che è straordinariamente importante per la medicina occidentale, la nascita dei primi ordini religiosi che si interessavano di malati, cioè la vocazione alla cura del malato, fatto che ha comportato anche la nascita dei primi ospedali, dei primi ospizi, dei primi luoghi dove malati venivano concentrati e che sono divenuti, quindi, non semplicemente opere di carità, ma sono diventate anche fonte di sapere medico in quanto si è subito costituita, soprattutto nel tardo medioevo, un'alleanza tra i curatori di anime e i curatori dei corpi, quindi tra religiosi e medici, anche se si trattava di scuole che erano ancora grandemente collegate al passato e non all'attività, diciamo, di ricerca, come noi la intendiamo, ma questo ha fatto già in parte progredire la medicina. Con Galileo, con il metodo scientifico sperimentale, c'è tutto un ulteriore sviluppo della medicina che si basa sostanzialmente sulla verifica sperimentale delle acquisizioni. La prima verifica sperimentale, logicamente è il riscontro anatomico, il metodo più semplice per controllare se le lesioni, le differenze che si notano sul cadavere di una persona morta, direi, sana e una persona morta malata, queste differenze sono visibili e possono essere riconnesse con i sintomi presentati in vita da questi individui, quindi, ecco, vedete il collegamento, direi la scintilla che ha fatto scattare la medicina moderna, l'osservazione pragmatica, ripetuta, che è durato secoli e secoli, perché è dal 1600 che si praticano, direi con una certa sistematicità, le autopsie e questo ha dato luogo anche alla medicina moderna. Poi si è sovrapposto tutto il funzionalismo, la determinazione, non so, della circolazione sanguigna e così via, che sono cose ancora del tardo '600, del primo '700, tutta, l'epoca dell'illuminismo e così via che hanno dato modo di precisare tutti questi concetti medici. Adesso vorrei esaminare con voi, fatte queste rapide premesse, il problema che del resto già è affiorato nella discussione di questa sera, cioè il medico è una figura obbligata della storia. Nella storia c’è sempre la figura del medico, in tutte le culture, in tutte le civilizzazioni c’è sempre la figura del medico, cioè di colui che applica queste nozioni più o meno sviluppate, più o meno erudite, più o meno sostenute dalla possibilità di una verifica sperimentale, ma le applica per la cura, cioè per il sostegno della sofferenza altrui. Questo fatto, però, qui lo dobbiamo riconoscere, credo molto onestamente, ha condotto oggi anche a un eccesso di pratica medica, ci è di fronte a quella che era l'evoluzione della medicina destinata alla cura delle malattie siamo arrivati ad una medicalizzazione quasi obbligata dello stato di salute; in pratica noi riteniamo che l'azione della medicina sia tale da intervenire su ogni aspetto della vita dell'uomo e magari noi progrediamo scientemente, come avviene spesso oggi, in un'opera di distruzione, direi così, ecologica della natura confidando poi che con la nostra stessa intelligenza riusciamo trovare i rimedi contro le distruzioni che noi pratichiamo anche in funzione dell'attentato alla salute. Questo è un po' il paradosso della medicina moderna, della medicina occidentale così estremamente affinata, ne dobbiamo tener conto e in qualche modo anche cercare di superare questo lato, diciamo, negativo. È vero però, come è stato affermato e come si sente affermare più volte, che noi siamo un po’ troppo, sotto l’impressione dei "libelli" del ’68, secondo cui la medicina è una modalità di esercitare il potere di prevaricare l'uomo. Io non credo che si possa ormai accettare più una posizione cosi assolutamente drastica anche se il merito di questi libelli del '68 è stato reale in quanto ci ha messo di fronte alla necessità di pensare sull'attività medica e anche di reagire; io credo che la medicina abbia sempre contribuito ad una comprensione più globale dell'uomo e di questo si potrebbe dare una lunga storia, una lunga serie di episodi per poter dimostrare questo assunto, ma è chiaro che è troppo lungo questo discorso; che la medicina abbia esercitato sempre uno sforzo per una comprensione totale dell'uomo, della totalità dell'uomo, e non solamente l'abbia visto come macchina, sia pure perfetta, sia pure al di sopra di qualsiasi altro vivente come complessità, come capacità di agire ecc., credo che sia un dato che ormai è dimostrato, ormai e provato. C'è un continuo parallelismo fra la storia, però, delle civilizzazioni e la storia della medicina per cui anche l'evoluzione della medicina è stata in gran parte tributaria dell'evoluzione della storia di quei popoli. Non si può sostenere in senso assoluto che la medicina si sia sviluppata solo come scienza autonoma e che abbia poi influenzato la società; è anche vero l'opposto, che lo sviluppo della società ha influenzato la medicina. Si può affermare die la medicina è andata oltre la concezione dell'analisi della macchina corporea per il fatto che ha individuato, ha cercato di individuare il valore della psiche nell'uomo e anche nella genesi delle malattie. Oggi, poi, voi comprendete, da Freud in poi questo dato è ancora ulteriormente enfatizzato, è ancora ulteriormente sottolineato e non c'è medico che non tenga presente anche questa dimensione psicologica dell'uomo e questo è già un passo avanti per la comprensione integrale dell'uomo. Questa dimensione personale ed individualistica, diciamo così, dell'uomo malato da parte della medicina, oggi viene considerata come un salutare ritorno alle origini proprio per quella interpretazione globale che era più facile al momento di Ippocrate nella medicina occidentale e che ancora oggi è più facile in una medicina africana o in una medicina, io penso, anche orientale che però avete sentito già comincia ad adattarsi allo sviluppo scientifico della medicina occidentale e che rinunzia necessariamente all'estratto d'erba per andare alla ricerca del composto chimico cristallizzato che molto meglio può essere dosato e somministrato, quindi l'evoluzione logica di questo percorso è una dimensione obbligata che deve percorrere la medicina per diventare scienza e quindi per diventare anche poi oggetto di una attività utile e favorevole all'uomo stesso. La frontiera limite della nuova medicina, che io considero sempre la più importante, non è tanto nella scoperta sempre più raffinata delle funzioni organiche, attraverso le quali la macchina corporea agisce - perché bene o male la struttura corporea e la sua funzionalità oggi si conoscono. Ma il punto fondamentale e la frontiera vera è: nel passaggio di quel rapporto ancora del tutto indefinito, nonostante gli studi moderni, tra cervello e mente, quel salto di qualità che consente all'uomo di essere uomo e di non essere scimmia e di non essere robot. Vorrei chiudere queste rapidissime osservazioni sottolineando un fatto, che l'evoluzione, che si è avuta nella medicina e soprattutto nell'applicazione della medicina occidentale, non è priva di rischi, e anche la socializzazione della medicina, l'aspetto di venire a contatto con quelle dimensioni che sono rappresentate non solo dalla psicologia, ma anche dalla sociologia, dall'antropologia culturale e così via, non e priva di rischi, perché viene a incidere, non c'è dubbio, su quel gesto, su quell'atto, su quel rapporto tipicamente interpersonale fra medico e paziente. Quello che a me sembra sia importante per potere rivedere la posizione applicativa della medicina, non tanto quella scientifica, sia di rivedere la deontologia e l'etica professionale. La posizione dei doveri e la posizione etica che può essere maggiormente influenzata dalle diverse religioni, dalle diverse culture e così via. La formazione deontologica del medico oggi è molto carente; ci sono due dimensioni sostanziali: una è la dimensione del medico ricercatore il quale ha a che fare nella sua ricerca con un, soggetto particolare, cioè l'oggetto della sua ricerca con un soggetto particolare, cioè l'oggetto della sua ricerca è l'uomo, non è un vivente qualsiasi, è l'uomo. Ecco, questo è il dato direi fondamentale che dobbiamo tener presente, e a mio parere l'atteggiamento che si deve avere nei confronti di questo fatto non è esplicitabile solo attraverso delle leggi, che regolamentino i rapporti, perché non basta il consenso informato del paziente, per es., per stabilire se eticamente o deontologicamente è giusto, facciamo degli esempi di frontiera, l'inseminazione artificiale, la fecondazione in vitro dell'uovo umano e il trapianto dell'embrione, la somministrazione di farmaci psicoattivi per ottenere, per es.; delle manifestazioni celebrali particolari e così via. C'è probabilmente qualche altra dimensione che va oggettivata oltre che il consenso del paziente. Evidentemente è un terreno estremamente delicato anche per lo sperimentatore, ma a maggior ragione noi siamo interessati alla medicina pratica per quello che è il comportamento etico del medico nel confronti del paziente al momento delle terapie, al momento delle diagnosi, e qui i fondamenti che hanno caratterizzato il comportamento deontologico del medico non si sono mutati nei tempi; non è che oggi abbiamo a che fare con una deontologia diversa, sono sempre le stesse le posizioni: il rispetto della vita, la devozione alla propria professione, il rispetto del malato, la stessa benevolenza accordata a ricchi e poveri senza distinzione, la compassione per le sofferenze altrui, la riservatezza professionale, l'obbligo morale al miglioramento delle proprie conoscenze e capacità tecniche, cioè la necessità di studiare di continuo, di approfondire la propria cultura, l'apertura all’insegnamento e la trasmissione della propria cultura, della propria scienza anche ai colleghi, ecco questi sono fondamenti dell’etica medica che sono sempre valsi, direi così, in tutti i tempi. Quello che a noi interessa, e chiudo con questa osservazione, è domandarci se questi principi fanno ancora parte e in qualche misura della nostra società e della nostra medicina. Grazie.

G. Di Concetto:

La parola al Dott. Gourion che terrà l'intervento conclusivo.

A. Gourion:

Ringrazio il presidente Smurro per avermi invitato e ringrazio il Dott. Di Concetto per avermi fatto partecipare a questo Meeting. Il Dott. Di Concetto mi ha chiesto di parlarvi di medicina cinese e di medicina occidentale. Teoricamente avevo un testo da leggervi, ma siccome ho paura di addormentarvi, e che la sala quindi si vuoti, e siccome poi soffro di claustrofobia, improvviso qualcosa. Bisogna sapere che la medicina cinese e la medicina occidentale sono fondamentalmente diverse, anche se hanno lo stesso oggetto e la stessa finalità, cioè fare in modo che l'uomo soffra meno. Vi racconto ora un aneddoto, che forse alcuni amici tra voi già conoscono, per mostrarvi come il pensiero cinese si svolge. Sono stato in Cina tre anni or sono e ci servivano una piccola colazione, che naturalmente non aveva nulla a che vedere con le nostre colazioni. D'altra parte se andate in Cina pressoché tutto è differente, non solo la medicina, non solo il linguaggio, non solo la scrittura, non solo la dietetica e potrei parlare così via per dieci minuti ancora. E d'altra parte è forse l'unico paese al mondo, dove andandoci, si ha l'impressione di essere in un altro mondo, perché siamo circondati da persone, ma non possiamo parlare e spiegarci; per cui mi sono convinto che l'unico modo per poter dialogare con loro è quello gestuale. Quindi quando volevo un uovo, ne chiedevo uno e me ne portavano quattro. È durato così per circa una settimana, quindi per una settimana ho mangiato quattro uova tutte le mattine. Ho avuto una costipazione enorme. Sono andato a incontrare un medico, che era un agopuntore e fitoterapista e mi ha proposto un trattamento di agopuntura ma io gli risposi che preferivo sottopormi a fitoterapia perché volevo sperimentarla su me stesso. E lui mi ha chiesto solo questo: "Volete andare al bagno subito o stasera?". Allora dico: "Solo questa sera". Ed effettivamente la sera sono stato al bagno. Siccome cercavo di capire come contavano. Mi sono detto: "Se chiedo ancora un uovo, me ne porteranno ancora quattro, allora chiederò qualche cosa d'altro". Ho chiesto due uova, me ne hanno portate tre. A questo punto ho capito come contavano: cioè quando noi mostriamo uno, noi contiamo quello che appare, loro invece contano quello che non si vede. Mi direte che a questo punto siamo ancora molto lontani dal tema della medicina, invece ci siamo, ci siamo proprio, perché è proprio questione di mentalità totalmente differente. La medicina occidentale, in modo generale, è interessata a ciò che vede perché vede qualcosa che può studiare tramite i suoi organi sensoriali. La medicina cinese, il pensiero cinese si interessa a ciò che è meno apparente a ciò che è meno visibile. Bisogna sapere che per secoli il pensiero occidentale si è evoluto e ogni volta venivano fuori teorie che servivano a completare quelle precedenti. In generale bisogna dire che l'organo sensoriale spesso si sbaglia. Sapete che i primi uomini sulla terra, pensavano che fosse il sole a girare intorno alla terra poi ci si è accorti che era il contrario. Si pensava che la terra fosse piatta, invece è rotonda; quindi gli organi sensitivi ci fanno sbagliare. Sapete che a livello astronomico, ci sono quelle che vengono chiamate stelle rosse e stelle blu; tutto questo perché la luce ha una certa lunghezza d'onda e se una stella si avvicina alla terra è una stella con lunghezza d'onda blu, se si allontana è rossa. In altre parole: tutte le volte che c'è un movimento, tutto cambia; evidentemente colui che si trova al centro di questo sistema per interpretarlo, è l'uomo, e l'uomo in funzione della sua intelligenza, può emettere teorie vere ma anche sbagliate. In altro modo, la medicina occidentale è la medicina di ciò che dà ottimi risultati in materia di chirurgia, in materia genetica, in materia di malattie. I farmaci sono ottimi per trattare certe malattie, ma tutte le volte che c'è un abuso, appaiono altre malattie o sintomi. Troppo spesso si pensa che la medicina cinese sia rappresentata unicamente dall'agopuntura. La medicina cinese comprende cinque branche completamente differenti e non vi ritroviamo praticamente nessuna similitudine con la medicina occidentale. Questo sembrerà forse incredibile, ma è vero. E siamo al ventesimo secolo. Le cinque parti sono: 1) la fitoterapia cinese; 2) la respirazione e la ginnastica energetica; 3) la dietetica; 4) il massaggio; 5) l'agopuntura. Bisogna sapere che tutte questo forme di medicina sono basate su due principi: il principio di Yang e quella che chiamiamo la legge dei cinque movimenti, che fa in modo che questa medicina sia una medicina di movimento, cioè un qualcosa che non possiamo fermare. Al contrario la medicina occidentale è la medicina della materia, qualche cosa che abbiamo bloccato, che possiamo spezzettare, analizzare. Man mano che analizziamo si finisce proprio per dimenticare il punto di partenza. Se da una parte è interessante che nella medicina occidentale vi siano diverse specialità (dermatologia, gastroenterologia, ecc.) troppo spesso questi medici finiscono per vedere solo la loro specialità nel malato, nell'uomo. E l'uomo stesso finisce così con l'essere dimenticato. La medicina cinese, che è una medicina analitica, è nello stesso tempo una medicina sintetica; questo vuol dire che procede per antagonismi, per dialettica, proprio tra lo Ying e lo Yang per portare davanti ad una contraddizione, proprio delle informazioni, dei dati complementari e così via. Voi sapete che per chiunque tra noi, c’è una differenza enorme, tra quello che dice e quello che fa. È quello che in certo modo possiamo anche chiamare dialettica; cioè lo Ying e lo Yang rappresentano gli opposti ma non può esistere l'uno senza l'altro. In due parole lo Yang è il principio attivo, fecondante, rumoroso. Il principio Ying è l'inverso, è il principio recettivo, il principio femminile, una cosa malleabile. Il pensiero cinese ha classificato tutto ciò che esiste nel mondo in Ying e Yang: tutto ciò che esiste nell’universo può essere qualificato in Ying e Yang. Ed evidentemente abbiamo classificato anche tutta l'umanità in Ying e Yang, dicendo che l'uomo era Yang e la donna era Ying. Ma contrariamente a quello che si pensa il pensiero taoista cinese non è un pensiero misogino, cioè non vuol dire che lo Ying è più debole dello Yang, al limite addirittura il contrario. Se ad es. avete un bicchiere, che è in pratica di principio Yang, perché è duro, e vi versate dell'acqua è di principio Ying, perché è malleabile, questo bicchiere può servire solo ad essere un bicchiere. L'acqua che è dentro, invece, potete metterla in qualsiasi altro recipiente; cioè può fare addirittura fondere ed erodere le montagne per l'usura. In altro modo il principio Ying e Yang, che ritroviamo nel nostro pensiero e tra l'altro anche nel pensiero ebraico dimostra che tutto ciò che esiste su questa terra è retto da questi due principi, che esigono in ogni luogo e che sono lì in permanenza. Ci sono delle regole fondamentali che reggono queste forze Ying e Yang. Innanzi tutto non c'è nulla di assoluto, cioè nessuno detiene così primariamente la verità. Ritroviamo in pratica certe forme di verità in ciascuna civiltà. All'inizio l'uomo pensava di essere solo su questa terra e che tutto il resto dell'universo, il sole girasse intorno alla terra: questo era il sistema geocentrico. Si facevano quindi carte astronomiche dove gli astri giravano intorno alla terra. Abbiamo visto che era tutto falso, perché in seguito c'è stata un'altra teoria in cui si diceva che gli astri giravano attorno al sole, ma si faceva girare intorno al sole tutto, l'universo intero: questo era il sistemo eliocentrico. In seguito via via che la tecnologia si sviluppava, si è visto che vi era un centro nell'universo, che non era né il sole e ancor meno la terra. Tutto questo per dirvi che non vi è nulla che sia totalmente Yang e nulla totalmente Ying. Questo vuol dire che la donna in generale è Ying, ma vi sono due miliardi di donne totalmente differenti; vi sono due miliardi di uomini che sono Yang, ma allo stesso tempo sono differenti tra loro. Queste due teorie Ying e Yang e quella dei cinque movimenti reggono la medicina cinese. Vi dirò adesso qualche cosa su ognuno di questi cinque settori della medicina cinese: la fitoterapia, che comprende cinquemila prodotti, tutti naturali, e che non hanno nulla a che vedere con la fitoterapia che si sta sviluppando nel mondo occidentale. Quando studiamo la fitoterapia secondo un pensiero di tipo occidentale, si analizza la pianta e quando un suo prodotto ha caratteristiche inverse a quelle di un altro ugualmente in esse contenuto questi due prodotti vengono separati: è qui che comincia l'errore secondo il pensiero cinese. Un esempio semplicissimo, con quelli che vengono chiamati cereali: se prendete un cereale c'è il centro e naturalmente la periferia; se prendete solo il centro si avrà costipazione per l'individuo; se prendete la periferia, cioè quello che chiamiamo l'esterno, il guscio, il soggetto avrà diarrea. Bisogna dunque obbligatoriamente, per restare in buona salute, consumare dei cereali completi. Questo è il primo consiglio che voglio darvi: se nella vostra alimentazione consumate qualche cosa regolarmente, bisogna consumare dei cereali completi e non del riso bianco, pane bianco, ecc. La fitoterapia cinese utilizza la pianta intera e da questa a seconda del periodo in cui viene raccolta, secondo la Regione da dove proviene, si ottengono degli effetti terapeutici differenti. In generale viene somministrata sotto forma di decotti. Il massaggio cinese - e se ci sono dei fisioterapisti nella sala bisogna che sappiano che non ha nulla a che vedere con il massaggio occidentale - è basato sul principio della circolazione dell'energia nel corpo con tecniche di massaggio che sono tutte particolari del pensiero cinese. La respirazione e le arti marziali con la ginnastica respiratoria ed energetica sono anch'esse del tutto differenti rispetto alla respirazione e alla ginnastica occidentale. La respirazione occidentale è di tipo toracico, cioè all'inspirazione gonfiamo il petto, e alla espirazione lo sgonfiamo, lo facciamo rientrare. La respirazione cinese è, al contrario, basata su una respirazione di tipo addominale, cioè quando inspirate dovete far uscire la pancia, quando espirate dovete far rientrare il ventre. Questo dunque è il secondo consiglio che posso darvi: fare da cinque a dieci minuti al giorno di respirazione addominale, anche a casa vostra; sopprimerete tutte quelle malattie legate a stasi, tra l'altro stitichezza e cellulite. Bisogna dire che poiché quasi tutti sono costipati, e una questione fisiologica. Bisognerebbe andare al bagno almeno una volta al giorno, ma è raro per coloro a cui succede. La ginnastica cinese, che è basata sullo stesso tipo di respirazione, non è come questa ginnastica che ora è di voga, che viene dall'America, in cui tutto si fa rapidamente, cioè la ginnastica tonica. È una ginnastica che viene fatta molto, molto lentamente, al punto che coloro che sono andati in Cina e che hanno visto come essa avviene, hanno in generale visto anche persone di una certa età e hanno detto subito: "Ma è uno sport che viene fatto per lo più dalle persone anziane!"; e questo perché proprio nello spirito occidentale tutto ciò che è vecchio è peggiorativo, mentre nel pensiero cinese anche qua è alla rovescio: ciò che viene praticato dai vecchi è ciò che merita di essere visto. Questo vuol dire che sono persone che hanno vissuto, arrivano ad ammaestrare il loro organismo, sanno che avranno meno tempo da vivere che i giovani, per cui utilizzano tutto ciò che è loro necessario per restare nella salute migliore possibile. La quarta branca è la dietetica; è altrettanto del tutto differente dalla dietetica occidentale, anche se c'è del nuovo nel pensiero occidentale e nella dietetica occidentale. Si comincia anche da qua ad accorgersi che ciò che non serviva a niente, e cioè la cellulosa, in realtà è notevolmente importante per la salute dell'organismo. E ci si è accorti per caso che questa cellulosa era contenuta nei cereali completi, che ce n'era un po' meno nelle leguminose, che ve ne era ancora un pochino meno nei legumi, che non ve n'era quasi per nulla nella frutta, e che non ve n'era per niente nello zucchero e nel prodotti animali. Ordunque la civilizzazione occidentale consuma molta carne, molto latte, mangia molto zucchero, quei cereali che consuma sono sotto forma bianca. In altro modo possiamo dire che l'occidentale non mangia pressoché nulla di cellulosa, siccome non mangia cellulosa tende ad essere costipato, e siccome è costipato, tante altre malattie possono apparire. Non vi farò un corso sulla dietetica, altrimenti vuoterò la sala. Per determinare il mio esposto voglio dirvi qualche parola ancora sull'agopuntura, per dire che tutto sommato non è un caso che l'agopuntura si diffonda nel mondo occidentale. Rappresenta in Francia e anche in Italia la prima specialità, in quanto ci sono molti medici che cominciano a pensare che la medicina occidentale non detenga totalmente la verità. Bisogna che vi sia del movimento nel pensiero; la medicina occidentale ha sradicato dal mondo occidentale le malattie parassitarie e la maggior parte delle malattie infettive, ma attualmente la maggior parte dell'umanità del mondo occidentale civilizzato soffre di sintomi di malattie della "civiltà", per le quali siamo veramente poco preparati; tra l'altro questa medicina occidentale costa molto cara. Per curare degli individui infatti, bisogna usare dei medicamenti che vengono a costare molto; il 30% dei sintomi tra l'altro, sono legati all'ingestione di farmaci. Siamo nel XX secolo e sapete che vi è una mancanza di energia, e non è a caso quindi che l'occidentale si interessi alla medicina cinese, proprio perché la medicina cinese utilizza l'energia dell'individuo. Evidentemente c'è un problema di rapporto con la scienza, la scienza non riesce a dimostrare questa energia, e allora tende a negare l'agopuntura. Ma, aspettando che la scienza riesca a dimostrare la realtà di questa energia e, dato che l'agopuntura riesce ad alleviare molte malattie e molti dolori, ci sembra giusto utilizzarla. Non neghiamo la scienza, ma molte volte la scienza è in ritardo anche rispetto a delle cose che sono evidenti. Per esempio abbiamo un ritardo evidente rispetto alla Cina, dove già da molti anni le due medicine, sia quella occidentale sia quella cinese, sono insegnate nello stesso tempo. In Francia, in Italia e in tutti i paesi d'Europa è ancora impossibile. Vi sono alcuni che escono dalle facoltà e non sanno neppure che esistono delle medicine chiamate dolci. E vorrei anche concludere sul tema di questo Meeting per dire che non bisogna essere robot, e con questo voglio dire che l'uomo non deve essere dominato dalla tecnologia che lui stesso crea. Certe teorie dicono che l'uomo discende dalla scimmia; aspettando che anche questo venga dimostrato scientificamente, e può darsi che aspetteremo a lungo, bisogna comunque che estirpiamo ciò che c’è di animale nell'uomo. Bisognerà dunque che siamo degli uomini, delle donne, che vanno, che marciano nello stesso senso, senza peraltro negare la particolarità che ognuno di noi rappresenta. Inoltre, siccome siamo qua per parlare di medicina, bisogna che sappiamo scegliere, prendere ciò che c'è di migliore in tutte le medicine, non solo in quella occidentale, non solo in quella cinese, ma in quella tibetana, africana, indiana, ebraica, per fare quella che forse sarà la medicina del XXI secolo, quella che aiuterà veramente l'uomo che soffre.