Stiamo camminando sulla stessa strada

 

Giovedì 24, ore 16.30

Relatore:
Shodo Habukawa,
Docente presso l'Università del Monte Koya e Responsabile del Muryokoin Temple

Moderatore:
Ambrogio Pisoni

 

 

 

Pisoni: I nostri amici del monte Koya con la loro presenza vogliono testimoniarci il miracolo di un'amicizia che è nata tra di noi, e che è la testimonianza, commovente e imprevedibile, che la vita davvero è l'arte dell'incontro: e gli uomini vivi si incontrano e, soprattutto, rimangono fedeli a questo incontro.

Don Giussani, come prefazione della traduzione giapponese de Il senso religioso, ha scritto: "Il frutto di questo incontro è un'amicizia che ormai è diventata una storia, un'amicizia che si nutre innanzitutto di stima sincera reciproca e che scopre la sua radice nel sentimento profondo del Mistero che sostiene tutte le cose".

Abbiamo chiesto al professore Habukawa e ai suoi amici di raccontarci qual è il per loro di questa strana storia che ci lega, e che è cominciata imprevedibilmente otto anni fa, allorché mons. Luigi Giussani, invitato in Giappone per una conferenza all'Università di Nagoya, incontrò, grazie all'iniziativa di alcuni nostri amici, il prof. Habukawa ed altri esponenti di rilievo della comunità buddista del Monte Koya.

Habukawa: Ho conosciuto mons. Giussani otto anni fa, il 28 giugno 1987. In quel giorno era giunto al Monte Koya. Per oltre due ore aveva visitato i luoghi sacri del monte; in seguito c'era stato il nostro incontro. Erano presenti anche due dei massimi esponenti della mia Università: il Magnifico Rettore e il direttore dell'Istituto di Buddismo esoterico e di cultura buddista. Abbiamo parlato per più di due ore.

Monsignor Giussani ha ascoltato il mio racconto sulla nascita del Buddismo in Giappone. In particolare, è rimasto molto colpito ed ammirato dai fatti seguenti: il fondatore del Buddismo shingon, Kukai detto Kobodashi, portò il mikkyo (Buddismo esoterico) dalla Cina, dove era giunto dall'India; Kukai costruì un'Università privata; in quell'epoca, 1300 anni fa, esistevano solo le Università statali; allora potevano accedere alle Università soltanto i nobili. Ma Kukai accettò tutti quelli che chiedevano di studiare; tale consuetudine venne poi da lui istituzionalizzata; docenti e studenti ricevevano gratuitamente il vitto, l'alloggio e il vestiario; gli studi non si limitavano alle opere della tradizione giapponese, ma comprendevano anche le opere delle diverse altre culture presenti in Asia; in quell'epoca esisteva solo un'Università statale, nella quale l'insegnamento era finalizzato esclusivamente alla formazione della dirigenza statale; Kukai, invece, insegnò la saggezza religiosa che fa diventare gli uomini liberi e, in quanto tali, capaci di agire per il bene dell'umanità.

Monsignor Giussani disse di condividere il metodo di educazione di Kukai.

Era il nostro primo incontro; tuttavia parlammo a lungo, come se fossimo grandi amici da decenni. Avevamo dimenticato lo scorrere del tempo.

L'anno dopo, nell'agosto 1988, insieme con il Rettore di allora e quello attuale, fui invitato al Meeting di Rimini. Ho avuto allora l'occasione di tenere un intervento. Nell'Auditorium del Meeting, ho citato un'antica poesia cinese: "Quando arriva la farfalla, i fiori si schiudono, Quando si schiudono i fiori, la farfalla arriva", per esprimere la gioia dello scambio, appena cominciato, tra il Cristianesimo e il Giappone, tra la cultura cristiana e il Buddhismo shingon-mikkyo, su cui è basata la cultura giapponese.

Anche l'anno successivo fummo invitati al Meeting di Rimini. Mi era stato chiesto di tenere un intervento su L'educazione e l'esperienza mistica del Buddhismo shingon-mikkyo. Immaginavo che il titolo fosse stato suggerito da monsignor Giussani. Per questo ero abbastanza teso. Le grandi linee del mio discorso furono le seguenti: chi inizia l'esperienza mistica del Buddhismo shingon, si concentra e si immedesima nella natura di Buddha; egli allora recita la mantra come se a recitarla fosse Buddha; egli compie dei gesti di mudra con il corpo, le braccia e le mani, come se a compierli fosse Buddha.

Questi tre punti indicano il cuore, la parola e il corpo, e diventano una trinità. Chi impara ad esercitare continuamente questa idea della trinità raggiunge l'esperienza mistica.

Allora pensavo che, della trinità, il cuore fosse l'elemento più importante e che per costruire l'unità fosse necessario raggiungere con il pensiero il principio della vita — simboleggiato dalle parole del Buddha — che è nel più profondo del nostro cuore; tale principio è come il seme della nostra vita.

In seguito mi sono reso conto che non basta sforzarsi di raggiungere con il pensiero la parte più intima del cuore. Bisogna anche diventare consapevoli del fatto che noi condividiamo il medesimo principio della vita che esiste nel profondo del cuore di qualsiasi essere dell'universo. E affinchè il principio della vita inizi ad esistere, è necessario che ne diventiamo consapevoli.

Mi ricordo benissimo il giorno in cui monsignor Giussani giunse al Monte Koya, venendo da lontano. Concordo con monsignor Giussani sul fatto che la comprensione di una cultura diversa allarga il nostro cuore. Infatti, per aprire la parte più intima del nostro cuore, ci vuole larghezza e profondità, che sembrano in contrasto fra di loro; invece, entrambe sono indispensabili, entrambe possiedono la verità sull'esistenza.

Ogni mattina ed ogni sera al Monte Koya faccio meditazione, e sempre, durante la meditazione, nel mio cuore giunge l'immagine di monsignor Giussani, che abita molto lontano, ma che in realtà è sempre accanto a me; quella degli amici italiani, con cui intratteniamo scambi già da otto anni; quella di don Francesco, che abbiamo conosciuto per un breve tempo, ma che, dopo la sua morte, è ancora in rapporto con noi; infine, l'immagine dell'Italia.

Tutte queste immagini lucenti non si spegneranno mai.

Sono molto grato a Dio, a Buddha, e alle persone che hanno realizzato questo incontro e mi hanno dato l'occasione di tornare fra di voi.