Venerdì 26 agosto, ore 15

COSTRUIRE IL TURISMO ITALIANO DEL 2000

Partecipano:

Ugo Dadomo

direttore generale TUI

Giampiero Gallian

direttore generale ENIT

Mario Perillo

uno dei maggiori T.O. americani

Enzo Poli

presidente FIAVET.

Conduce l'incontro:

Graziano Debellini.

Come dovrà caratterizzarsi il turismo del 2000? Il turismo è la più grande migrazione pacifica dei popoli nella storia del mondo. Occorre oggi rivedere il prodotto turistico adeguandolo ad una domanda più differenziata.

G. Debellini:

Il turismo, ridotto semplicemente a consumismo, va incontro ad alcune difficoltà. Non possiamo pensare ad esempio, che la risposta del domani al turismo sia una crescita all'infinito di servizi e di prodotti: molte volte rischiamo di voler riempire il turismo di prodotti preconfezionati. Qual è l'esigenza e il bisogno profondo che sta dietro al turismo? C'è l'esigenza che il turismo (il momento di riposo, di svago, di approfondimento, di discussione, di incontro) sia più dentro alla vita, qualcosa che faccia capire maggiormente la vita. La gente non ha solo bisogno di consumare, c'è un bisogno più grande che rimane insoddisfatto con qualunque offerta turistica intesa consumisticamente. Questa è una sfida per gli operatori: occorre andare al fondo del problema turistico, altrimenti si rischia di fare degli investimenti e delle scelte profondamente sbagliate. Capire i bisogni e le motivazioni di chi va in vacanza è fondamentale per proporre un prodotto che sia rispettoso di un'esigenza autentica di vacanza (che non è certamente quella di finire dentro una struttura). È l'impostazione del villaggio, l'idea turistica del futuro, oppure quella del rapporto con la realtà circostante? Il turismo non è solo vacanza, ma è anche affari, studi, congressi e ha quindi l'esigenza di veicolare, attraverso i grandi tour-operator, molte risorse importanti della vita del nostro paese. In un prossimo futuro quali saranno gli aspetti dell'organizzazione della vacanza? Come sarà l'albergo del futuro? Esisterà ancora? Sarà pieno di accessori, anonimo, oppure l'aspetto umano prevarrà e reinventerà una modalità e una impostazione, completamente nuovi? Qual è la preoccupazione che abbiamo sull'Italia turistica del 2000?

U. Dadomo:

Vorrei soffermarmi su una questione già accennata: veramente un turismo organizzato (parlo di questo perché lo rappresento) ha in se stesso l'idea di consumismo e dimentica i valori etici del turismo? Io sostengo che il turismo in sé è già un valore umano perché comporta l'incontro fra le persone. Il turismo attuale non ha pregiudizi (così come il turismo degli anni '50 e '60). Cosa accadde negli anni Sessanta? Aprendosi le frontiere gli uomini hanno cercato certamente il sole, la diversificazione, ma soprattutto, hanno cercato il colloquio, la gente che non si conosceva. Oggi tutto è organizzato ed è molto più semplice (e veloce) spostarsi, di conseguenza dobbiamo metterci in testa che non esiste più l'Italia, la Germania, l'Inghilterra, esiste un paese unico che si chiama Europa. Questo comporta anche l'organizzazione il business, ma non significa che sia solo questo. Sarebbe sbagliato credere che questo turismo organizzato o turismo di massa sia un mostro. È e sarà un futuro, una industria, la prima industria, che può essere organizzata individualmente o dalle grandi società. Ognuno amministra le sue ferie come vuole, basta dargli la possibilità di avere delle diversificazioni. Sarebbe perfettamente sbagliato credere che le ferie vengano organizzate dagli altri; ciò che viene organizzato è solo l'andare in ferie, il viaggio e l'albergo (se poi l'albergo non corrisponde alle esigenze questa è un'altra cosa). Ognuno è l'amministratore delle proprie ferie e di conseguenza non c'è nessuna violazione nei confronti del cliente. Essendo un organizzatore di viaggi anche in questa zona dell'Emilia Romagna devo dire che non vedo crisi perché abbiamo un incremento abbastanza sostenuto dalla Germania. Sarei però bugiardo se dovessi dire che la crisi non esiste; è una crisi che riguarda il prodotto che voi offrite che non corrisponde più alle esigenze attuali. Questo prodotto è sorto negli anni '50/'60 davanti ad una grande richiesta e i vostri padri, i vostri nonni, hanno creato un prodotto più unico che raro nel mondo riuscendo a fare convogliare qui la maggioranza delle esigenze turistiche europee (sicché è un grande elogio a questa gente). Però questo rappresenta oggi una palla al piede: la decisione presa allora ad hoc per un'esigenza sul mercato, ha creato un grande patrimonio che oggi è negativo, perché è rimasto il modello degli anni '50/'60, non è stato adeguato alle esigenze attuali. Essendo impossibile radere al suolo tutto, occorre adeguarci man mano alle esigenze odierne (che poi non sono molto diversificate da quelle degli anni '50, solo siamo diventati più ricchi e di conseguenza più comodi).

G. Gallian:

La quota di mercato che l'Italia ha, è un quota che resiste, ma mentre altri soggetti nazionali riescono ad aumentare le proprie quote di mercato, noi riusciamo a mantenere a stento questo patrimonio che si logora (superato anche dalla Spagna). Mi pare che il primo punto sia una nuova costruzione del turismo individuato più come risorsa generale che come partecipazione ai programmi dei tour-operator (che so no, in definitiva, quelli che vanno sul mercato a presentare il catalogo). Al turismo di consumo, (spendita umana e finanziaria), mi pare che si debba aggiungere qualche altra cosa: un turismo di partecipazione, di scambio, di promozione della soggettività, un turismo attivo e consapevole idoneo, non soltanto a fare conoscere e integrare i popoli, ma anche a stimolarli, a preservare e tutelare la loro originalità e la loro identità. Credo che ormai sia da ristrutturare, non solo l'ENIT che fa promozione all'estero, ma anche gli ambienti turistici dove noi andiamo. Perché tour-operator spendono i loro soldi in certe zone? Perché possono viverci 8/9/10 mesi all'anno, mentre noi ci accontentiamo di 60/70 giorni l'anno. È chiaro che l'operatore, se deve fare pubblicità, preferirà andare dove si riesce a lavorare per nove mesi all'anno. Perché il prodotto è consumistico? Perché praticamente vive dentro l'albergo. Gli operatori, in vista del 2000, dovranno diversificare il loro prodotto, dovranno fare uno sforzo per ampliare le offerte di viaggio e di vacanza. Nei prossimi anni arriveremo ad un catalogo di elevatissima e sofisticata specializzazione e i tour-operator dovranno sempre meglio elaborare proposte per rispondere alle motivazioni più originali ed individuali, organizzando viaggi sempre più su misura. Si avrà, quindi, una forte specializzazione negli operatori, che dovrà essere accompagnata da strumenti di informazione, di promozione, di commercializzazione sempre più affinati, ma le nuove tecnologie informatiche e telematiche saranno il sussidio maggiore di questo ampliamento e di questo cambiamento del modo di operare. Mi pare che l'altro argomento importante è che Rimini, come tutta l'Italia, deve tenere presente un fatto: non esiste più il problema delle vacanze brevi o vacanze lunghe perché si arriva più facilmente da un continente all'altro che da una località all'altra dello stesso paese, se il sistema di trasporti è efficiente lungo le rotte continentali e meno efficiente su quelle interne. Il concetto della distanza avrà anche un valore psicologico, cioè influirà sulla motivazione al viaggio, nel senso che psicologicamente la distanza di una meta fa avvicinare di più al sogno, alla fantasia all'immaginazione, agli stimoli del viaggiare. Conosco da molti anni la città di Rimini e devo dire che questa città oggi ha bisogno di ripensare al proprio turismo (non solo per i fatti ambientali, ecologici), ripensarlo come formazione alberghiera e di management. Quel management che qualche anno fa rimaneva fino alle quattro della mattina dietro il bureau ed era proprietario, direttore e fattorino del proprio albergo, oggi è finito. Credo che una delle basi fondamentali non sia l'antinomia albergo grande-albergo piccolo, ma sia la managerialità. Un esempio: alle Hawaii, dove il mare è bellissimo, non c'è albergo che non abbia una piscina olimpionica (credo che la piscina farebbe archiviare tanti problemi che noi abbiamo nei confronti del mare), spazi di svago che qui con difficoltà vengono trovati. L'ultima parola vorrei dedicarla al tema della promozione. Perillo spende, credo, un milione di dollari per, lanciare il suo catalogo nelle Hawaii e lo spende tutto lui. Io credo che l'Ente che dovrà essere ristrutturato debba avere queste due grandi possibilità: uno, incidere finanziariamente sul catalogo dei grandi operatori turistici, due, consorziare le forze pubbliche e private italiane, in campagne pubblicitarie specializzate su argomenti definiti. Indubbiamente nel turismo c'è stato un boom (non bastano gli aerei per portare i turisti): questo dimostra che la gente vuole viaggiare. Dobbiamo trovare un punto di incontro tra pubblico e privato per poter decidere quali sono le strategie: fino ad oggi, in Italia, una strategia nazionale è mancata.

M. Perillo:

L'Italia ha le più grandi bellezze artistiche, culturali, paesaggistiche, ecc. Perché il governo italiano non ha mai speso mezza lira, per aiutarci a portare gente in questo paese? Se una piccola isola come Bermuda, spende cinquanta milioni di dollari all'anno per portare gente nelle proprie spiagge, mi chiedo perché devo essere l'unico a portare la bandiera italiana in tutti gli Stati Uniti dove ci sono duecento milioni di persone. Occorre accennare al tema della filosofia delle vacanze: ci sono vacanze per chi piace ballare, per chi vuole vedere gli uccelli, per chi vuole andare a pesca; noi cerchiamo di fare una specie di minestrone, portiamo il pubblico americano in Italia e gli offriamo un po' di tutto (spiaggia, cultura, ecc.). Abbiamo scelto la strada di mezzo che normalmente è quella in cui la maggioranza vuole camminare.

E. Poli:

Cos'è il turismo? Questo nome viene spesso sfruttato ed è oggetto di grandi seminari, incontri e convegni. Il turismo è la più grande migrazione pacifica dei popoli nella storia del mondo, è la più grande manifestazione di massa mai vista sul nostro pianeta, è l'unico vero sistema per far conoscere agli abitanti della terra le bellezze storiche e artistiche, reale patrimonio comune di tutti gli abitanti del globo. Sono tre concetti che fanno capire che ci troviamo di fronte non a un fenomeno settoriale, ma ad un fenomeno di massa che è accompagnato e supportato da alcuni dati sconvolgenti. L'anno passato nel mondo si sono trasferite (da un paese all'altro e dall'Italia agli altri paesi del mondo) tre miliardi di persone. Il turismo nei prossimi quattro anni diventerà la più grande industria del mondo (vale a dire, supererà la meccanica, la chimica, il petrolio) con un fatturato da capogiro che si quantifica in duemila miliardi di dollari. Questa cifra riguarda soltanto l'importo dei servizi diretti al turista e non l'importo dell'indotto dell'artigianato e dei trasporti (riguarda solo il meccanismo della ristorazione, il trasferimento delle persone). Oggi ci troviamo alla vigilia certamente di un momento focale nel quale nazioni o continenti incominciano a capire cosa vuole dire la libertà di movimento, conoscere altre culture e altra gente. Un esempio: il primo paese dell'Est che ha liberalizzato la concessione dei passaporti, l'Ungheria, nel primo mese e mezzo di quest'anno ha consegnato tre milioni di passaporti agli ungheresi. In una nazione di otto milioni di abitanti, tre milioni hanno chiesto il passaporto. Voi pensate cosa potrà accadere in Russia, in Cina, o in estremo Oriente, quando si realizzerà la possibilità di spostarsi e conoscere altre parti del mondo. Intorno al fenomeno turismo c'è quindi l'aspetto che riguarda la qualità della vita, vale a dire questo bisogno drammatico dell'uomo di muoversi, di conoscere, di apprezzare, direi di amare i posti che va a vedere: questa è la ragione per la quale il turismo è il più grande, incredibile, passaporto di pace. Questo è il motivo del successo di questo pezzo di terra d'Italia che si chiama Romagna: pur essendo cresciuta notevolmente a livello industriale è riuscita a mantenere lo spirito, il gusto del ricevere, la sensibilità verso il proprio ospite, divenendo una delle zone più gradite da tutto il turismo internazionale. E qui nascono delle responsabilità da parte di coloro che gestiscono la grande macchina del turismo internazionale. L'agriturismo va molto di moda e se ne parla di più del turismo italiano in genere. Ben venga l'agriturismo: con esso diamo all'ospite straniero anche la possibilità di vedere un'Italia minore, sconosciuta, serena (spesso all'estero ci conoscono, invece, come un paese agitato, bombarolo). L'agriturismo permette il contatto con la natura, con la nostra parte più bella, forse. Non so quanto, Perillo può certamente rispondere meglio di me, l'agriturismo possa interessare il mercato americano. Purtroppo i flussi turistici portano oggi ad una conseguenza drammatica, i tempi sono sempre più stretti, in pochi giorni bisogna vedere sempre più cose e quindi già si fa fatica a visitare le grandi città d'arte italiane: quindi l'agriturismo dovrebbe essere un prodotto ben confezionato. Perché non riusciamo a decollare? È una risposta difficile. Io mi permetterei di rimanere su un tema delicato e importante che è quello della promozione italiana all'estero. La promozione italiana all'estero è uno degli argomenti sui quali, noi addetti ai lavori, abbiamo contestato nostri uomini politici: è inutile avere una struttura se poi non la muniamo di fondi necessari perché funzioni. Quindi non è un problema di uomini, i quali hanno cercato di fare il possibile con il denaro che avevano pur di promuovere il nostro Paese, ma un'industria che porta in Italia 18 mila miliardi non si può promuovere con circa 30 miliardi, questa è la realtà. Io credo che oggi l'ENIT vada finalmente messa in ordine, non tanto con gli uomini (forse anche gli uomini), ma aumentando ancora la cultura, la professionalità, dando soprattutto a questi uomini la possibilità di poter spendere alcuni fondi (nessuno può fare le nozze con i fichi secchi). Vorrei concludere il mio intervento con un appello, sul vero pericolo che sta correndo oggi il turismo italiano: si tratta della cultura del non turismo. Sono quegli strani assessori i quali affermano che, ad esempio, a Siena non devono andare più le scolaresche, oppure quei capelluti ministri che vorrebbero che nella loro città lagunare potessero girare solo loro di notte. Tutto ciò è veramente pericoloso per il nostro turismo che non è un fatto riservato, un'élite di radical-chic che gestiscono il bene comune, non è neanche un bene italiano, è un bene del mondo. Voi pensate che il 43% del patrimonio artistico e culturale di tutto il mondo, secondo, una recente indagine dell'Unesco, è concentrato in Italia: il 43% quindi non è più nostro, è un patrimonio di tutto il mondo, che vuole evolversi, vuole conoscere il bello, che vuole tuffarsi durante la sera nelle viuzze di Firenze o a Venezia. Il turismo è un fenomeno di massa e le amministrazioni locali devono capire che occorre investire visto che incassano migliaia di miliardi che sono i denari che i turisti portano nelle loro città.