Realismo e creatività della fede

 

Domenica 25, ore 15

Relatori:

Mihai Pop

Jan Adamowicz

Moderatore:

Giorgio Vittadini

 

 

Vittadini: Questa serie di incontri ha un titolo analogo a una frase di Péguy contenuta nel volantone di Pasqua proposto da Comunione e Liberazione: "Fare il cristianesimo". Gli incontri documenteranno con delle esperienze la presenza cristiana nel mondo ed in particolare la presenza cristiana nata dal movimento di Comunione e Liberazione, che nelle più diverse situazioni di chiesa ha creato una novità e una novità di opere. Ci sembrava importante in questo Meeting, dedicato alla libertà, sentire queste testimonianze di libertà attuata le quali mostrano che ovunque l’esperienza cristiana, quando si pone, è una realtà più importante che la cultura e le condizioni dove va a vivere ed è la possibilità per l’uomo di oggi di vivere, perché il cristianesimo è l’annuncio che si può vivere da uomini compiuti in qualsiasi situazione.

Mihai Pop, sacerdote di rito romeno, nasce l’11 dicembre 1923 a Biscelica Alba (Maramures), villaggio romeno allora appartenente alla Cecoslovacchia. Nel 1943 inizia a studiare al Politecnico di Budapest e si laurea in ingegneria a Timisoara nel 1948, dove presiede l’Azione Cattolica studenti. Dopo la laurea inizia la persecuzione. Nell’aprile 1949 è condannato a 15 anni di carcere. Graziato nel 1956, lavora come ingegnere ma continua ad essere perseguitato.

Nel 1966 il vescovo clandestino Iulin Hirtea gli chiede di studiare per essere ordinato sacerdote. Il 26 dicembre 1969 riceve l’ordinazione sacerdotale a Cluj, in clandestinità. Nel 1970 fonda il Comitato per la salvezza della Chiesa cattolica romena unita perseguitata.

Il 25 dicembre 1989 fonda l’Unione Cristiana della Romania, che ha come scopo di portare Cristo nella società, nella famiglia e nella scuola, della quale è stato eletto Presidente nel giugno 1990.

Pop: "Realismo e creatività della fede": questo è il tema della mia e nostra testimonianza.

Desidero presentare la mia testimonianza con realismo, con verità perché il realismo è quello che rimane quando sono allontanate le apparenze, il realismo è la capacità di attingere alle nostre facoltà e di determinare una reazione valida: così il realismo è uguale alla verità.

"Io sono la verità, dice Lui, seguitemi"; ma la Sua strada, da 2.000 anni sempre finisce sulla Via Crucis. È Lui che ha cominciato il grande scandalo della Croce, che non si capisce e non finisce mai. Lo capiscono soltanto quelli che hanno il coraggio di abbracciarla e di portarla sulle spalle.

Ho detto prima la mia e la nostra testimonianza perché la mia fa parte della stessa esperienza della nostra chiesa cattolica rumena ed anche della nostra nazione. Noi siamo stati perseguitati, condannati, e tanti di noi sono stati uccisi nelle prigioni e nei campi di sterminio perché eravamo cattolici e non volevamo rinunciare al primato della Santa Sede e abbiamo confessato e militato per la nostra origine romana perché eravamo Rumeni.

Guardare in faccia agli eventi è quasi impossibile tanto sono tremendi, incredibili, poiché superano la possibilità della ragione normale di capirli e perché sono spaventosi, ma sono veri, sono reali. "La storia dell’umanità, non soltanto della Chiesa, scriveva l’Osservatore Romano nel 1949, non ha mai conosciuto una tale persecuzione e violenza nella vita dell’uomo" e questo era solo l’inizio perché per quello che è successo dopo non si possono trovare parole: era un vero inferno.

Carissimi, nella mia testimonianza di oggi voi sentirete cose impensabili, sconosciute fino adesso, cose tremende le quali stordiranno le vostre coscienze se avete il vero spirito di Cristo. Questo spirito vi spingerà e vi obbligherà ad uscire dalla passività e a non chiudere i vostri occhi passando accanto ai vostri fratelli caduti nelle mani dei rapinatori sulla strada della storia, come hanno fatto e lo fanno anche oggi i leviti dell’Occidente e i sacerdoti dei quali parlava Gesù con tanta amarezza. Vi obbligherà ad essere anche voi il buon samaritano. Non dirò niente di più di quello che ho sentito, visto e vissuto. Io non parlerò che delle mie pesanti catene trascurate negli anni di galera, della mia croce che ho portato sulla lunga Via Crucis sia sulle strade dure di pietra sia sulle strade profonde di fango, della nostra vita durissima, delle nostre catacombe sempre minacciate dallo spettro della galera e della morte. Perché? Perché lì, nella penombra delle cantine stampavamo i manifesti contro il comunismo ateo e conducevamo la nostra vita clandestina, chiesa rumena cattolica nelle catacombe. Correvamo grandi pericoli quando fondavamo queste attività clandestine, di una pericolosità vicino alla morte. Parlerò delle visite apostoliche durante la notte con il vescovo clandestino Monsignor Todea, oggi sua Eminenza, della paura di essere scoperti quando celebravamo la Messa. Non so se voi potete immaginare un Gesù spaventato anche lui, tremare con noi per non essere anche lui scoperto e profanato.

Mi sento obbligato a presentare la nostra situazione di oggi perché la chiesa cattolica rumena non ha la vera libertà oggi, soltanto una dolorosa illusione della libertà. Questa chiesa fa la Santa Messa fuori, nelle piazze e nei parchi pubblici, sola continua la sua Via Crucis e la sua strada non finisce mai. Perché? Perché questo scandalo? Perché quelli che sono obbligati ad aiutarla aiutano i ladri a continuare a torturare questa povera chiesa che ha dato tanto per testimoniare la sua fede e il suo grande amore per Pietro? Carissimi, voglio precisare subito che è lontana da noi l’idea di fare un processo e di incriminare qualcuno. Noi non vogliamo giudicare nessuno e tutto il giudizio lo lasciamo a Dio; Lui ha il diritto di giudicare e Lui giudicherà con verità. Voglio presentare i fatti come sono stati, presentarli con realismo, senza maschera ma anche denunciare la falsità nascosta sotto la maschera politica. Voi tutti avete il diritto di conoscere la verità. Tante volte i vostri capi politici mi hanno detto che il nostro dittatore era il più democratico e indipendente dei capi dell’Est. Invece oggi abbiamo scoperto che siamo stati imbrogliati, della nostra chiesa cattolica non si diceva niente, voi non avete conosciuto il nostro terribile calvario. Perché questo? I vostri capi politici sapevano perfettamente la verità, anche i vostri sommi sacerdoti. Perché tutto questo dà scandalo? Scusatemi, fratelli, non sono io che faccio questa dolorosa domanda, c’è gente onestissima che sta soffrendo e tremando per ascoltare la Santa Messa fuori, e non gelano le mani dei sacerdoti ma gelava il sangue di Cristo nel calice quando quest’inverno celebravamo la Messa ad una temperatura di venti gradi sotto zero. Sono i nostri giovani che non hanno i locali dove possono studiare e prepararsi per diventare sacerdoti, sono i nostri ragazzi che gridano che non hanno i locali dove possono fare il catechismo, le nostre chiese rapinate 43 anni fa sono vuote ma chiuse e i rapinatori di allora non vogliono retrocedere. La nostra consolazione sono le parole di Gesù: "Beati coloro che soffrono" e la nostra domanda, e le nostre domande non sono parole di rivolta, sono un grido di dolore, sono lo stesso grido di Gesù che ha detto: "Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?".

Per capire meglio la nostra situazione vi faccio una breve presentazione. Un tempo la nazione rumena era la più anticomunista e la più antiateista di tutte le nazione dell’Europa e quando nel 1944 l’Europa dell’Est è stata invasa, vi hanno trovato i partiti comunisti più o meno organizzati e forti, così hanno imposto dei regimi di persecuzione e di terrore. Il presidente della delegazione sovietica, Molotov, senza vergogna ha dichiarato: "La nazione rumena latina in questa parte dell’Europa è un errore della storia ed è arrivato il momento socio-politico di cambiare questo errore". Per realizzare questo progetto realmente diabolico hanno imposto un regime di terrore e di genocidio e attuato un progetto infernale di distruzione, biologico, intellettuale e spirituale. Tutte le nostre istituzioni sono state corrotte e rovinate; a migliaia sono stati buttati nelle galere e nei campi di sterminio; più di 800.000 persone in tutto il periodo sono state incarcerate, più di 3.000.000 hanno sperimentato l’angoscia e il terrore delle inchieste nelle celle sotterranee della famosa e tremenda Securïdad rumena. Più di 750.000 sono stati uccisi, e fra quelli che sono tornati a casa pochi sono rimasti validi. Tutta la nostra intellettualità, tutta la nostra classe politica, più di 80.000 capi delle migliori famiglie di contadini, i migliori nostri giovani studenti e anche allievi sono stati uccisi. Questo è un bilancio provvisorio, quando pensiamo a quello vero, rimaniamo spaventati.

Voi, carissimi fratelli, potete comprendere questo nostro grande dolore; sto ammirando la vostra generosità vedendo come andate in Polonia, Ungheria e anche in Russia e in tutti i paesi dell’Est per aiutarli e iniziare opere di aiuto. Anche da noi c’è tutto da rifare, ma pochissimi sono interessati ad aiutarci. Sono venuti e anche subito, quelli che si sono sentiti colpevoli della nostra situazione, ma non per aiutarci ma per fare propaganda. I loro aiuti non sono arrivati ai bisognosi ma nelle mani dei nostri oppressori anche attraverso la chiesa. Nel febbraio 1990 i responsabili della Caritas hanno detto: "Non avete il diritto di sprecare i sacrifici dei vostri fratelli italiani che hanno raccolto più di 700 milioni di lire, che utilizzate per la vostra propaganda e per coprire le vostre colpe". Non è cambiato niente, hanno continuato la loro strada e le conseguenze sono state terribili: morti, feriti e anche tanto dolore.

La chiesa cattolica rumena, fedelissima al primato del Santo Padre, si è contrapposta dall’inizio, con tutta la sua capacità, al comunismo ateo che provocava uno spaventoso genocidio. Tutti i vescovi sono stati buttati in galera e martirizzati dopo spaventose torture. La chiesa cattolica rumena lottava, guidando tutti quelli che si opponevano al comunismo ateo: la nostra intellettualità, i capi politici, i contadini, la gioventù e i lavoratori onesti. Tutte le altre chiese guardavano in muto silenzio la gerarchia ortodossa e in maggioranza dall’inizio si sono messe al servizio del potere e hanno contribuito alla scristianizzazione della chiesa, distruggendo le coscienze dei fedeli, sino a benedire quelli che affollavano le prigioni e i campi di sterminio con i loro fedeli. Nel dicembre del 1989 hanno benedetto quelli che sparavano alla gente che chiedeva il pane e la libertà. Per questo ho detto prima che le cose sono incredibili e una ragione normale non può capire, sono cose tremende ma vere.

Nel 1948 cominciò l’attacco finale contro l’ultima resistenza all’ateismo. La chiesa cattolica rumena fu processata in mala fede e furono buttati nelle prigioni tutti i capi politici che avevano lottato contro il comunismo, migliaia e migliaia di giovani. Dal 1944, subito dopo l’invasione, la Santa Sede trasmise più volte questa disposizione: "Nessuna collaborazione, nessun compromesso, nessuna concessione al comunismo ateo". Quando il presidente del consiglio dei ministri li convocò per consigliare di firmare formalmente la loro rinuncia al primato del Santo Padre, potendo rimanere in cambio ai loro posti, i nostri Vescovi risposero: "Noi non possiamo tradire la nostra fede cattolica, noi non possiamo rinunciare al primato di Pietro, siamo pronti ad andare in galera". In poco tempo tutti furono buttati nelle prigioni.

Noi giovani eravamo molto attaccati alla chiesa, facevamo fronte comune e i comunisti conoscevano questa situazione; fummo noi i primi ad essere attaccati perché avevano paura dei giovani. Il Giovedì Santo del 1948, mi diedero l’ultimatum perché sottomettessimo le nostre bandiere bianche e gialle con la croce, simbolo del cattolicesimo, alle bandiere rosse con falce e martello, simbolo dell’ateismo. "Vi offriamo in cambio una prospettiva stupenda", dissero. Alcuni accettarono e sono diventati professori universitari, rettori, ministri. Anche il nostro vice presidente fu promosso vice presidente del consiglio di stato, di cui il grande dittatore era presidente. D’altra parte io non avevo, in quel momento, niente da offrire, soltanto il mio animo, triste fino alla morte e tutto quello che è successo dopo il Giovedì Santo. Che momenti terribili, che incrocio nella nostra vita! Mi ricordo, come se fosse oggi, dello sguardo triste e anche spaventato di Gesù. "Devo scegliere la schiavitù con tutte le sue promesse stupende o la libertà con Gesù, con la croce?". Tutti aspettavano da me la decisione. "Facciamo una simulazione" dicevano alcuni, "un compresso" "Chiediamo l’opinione del nostro Vescovo" dicevano altri. Io non credo al coraggio di questi momenti dai quali dipende la vita, non c’era il coraggio; ma in quegli attimi c’era lo sguardo di Gesù così triste, così doloroso che mi guardava. "Tu sei il capo di quest’anno, tu sei il nostro presidente e devi trovare una soluzione per salvarci" mi dissero. Con una voce bassa, ed anche tremenda, risposi: "Fratelli, siamo oggi nel Giovedì Santo e Gesù incomincia la sua Via Crucis, io vado dopo di lui, scelgo la croce". E uno di loro mi disse: "Sei un pazzo". Subito dopo i comunisti mi comunicarono la loro decisione: "Hai scelto la croce, ti metteremo sulla croce". Quando diedero l’ordine di arrestarmi riuscii a scappare. "Quando lo prendiamo lo uccidiamo senza giudicarlo" decise il capo della Securità.

La vita di un fuggitivo inseguito dalla Securità non è una vita calma. Non avevo pensato prima che potesse essere così dura, sempre minacciato di essere ucciso; tante volte fui scoperto, ma Dio con veri miracoli mi ha sempre salvato. Tante volte io dicevo, come il profeta: "Mio Dio, lasciami morire, non posso sopportare questa croce, non avevo pensato che fosse così pesante".

Quando mi catturarono, dopo i mesi di inchiesta nelle celle della Securità, mi condussero al tribunale militare con l’indicazione di essere condannato a morte. Dei tre con cui condividevo la cella di condannati a morte due furono fucilati ed il terzo morì dopo un attacco di cuore. Di nuovo Gesù mi ha salvato; messo in catene con una condanna di 19 anni mi destinarono ad uno dei più duri carceri, di nuovo con l’indicazione di essere ucciso in solitudine. Sono stato per mesi in una cella umida, quasi nudo con 200 grammi di polenta e un bicchiere d’acqua al giorno; in gennaio, quando la notte la temperatura era di 20 gradi sotto zero nella cella ed ero gravemente malato, di nuovo Gesù mi ha salvato, senza medicina, senza niente.

Un decreto di grazia mi trasferì da una prigione stretta in una larga, ai confini del nostro paese dopo 8 anni.

Quando i nostri Vescovi clandestini constatarono che la nostra Chiesa scompariva per la mancanza di sacerdoti dissero: "Voi che avete sofferto per la fede dovete farvi sacerdoti". "Ma abbiamo famiglia e se si scopre che siamo stati ordinati sacerdoti in clandestinità, saremo condannati di nuovo da 6 a 12 anni di carcere". Abbiamo cominciato a studiare teologia e dopo 4 anni il mio Vescovo, clandestino anche lui, un vero santo uomo, in una chiesetta in montagna dove c’era presente soltanto il mio padre spirituale, mi ordinò sacerdote, con la promessa di essere clandestino sempre. Così ho fatto vent’anni di sacerdozio senza che la famiglia lo sapesse.

Quando il mio Vescovo mi chiese di farmi sacerdote, capii che lui mi chiamava per salvare la nostra chiesa; perciò per poter meglio lottare con un nemico così furbo, ho cominciato a studiare il diritto socialista. Il 29 dicembre 1969 fui ordinato sacerdote, e dopo sei mesi conseguii la laurea in legge per poter meglio difendermi.

Quando ho vidi che la situazione politica non cambiava e la nostra chiesa cominciava a naufragare, il 29 giugno del 1967 fondai nelle catacombe il Comitato di Salvezza della Chiesa Cattolica Perseguitata, con il manifesto trasmesso tramite il posto radio, Europa Libera di München. Oltre a questo movimento per salvare la nostra chiesa, fondammo anche una rivista clandestina "Chiesa Rumena Cattolica nelle catacambe"; sul primo numero scrivemmo: "Mettiamo tutta la nostra azione sotto la protezione del cuore di Gesù e di Maria".

È stato un periodo fantastico quello trascorso nelle catacombe e torno di nuovo a quello perché dopo 20 anni da quando tutti i nostri vescovi sono stati martirizzati, e quando il diavolo comunista ha visto che la nostra chiesa è ancora viva e non è riuscito a farla sparire con tutte le sue persecuzioni e supplizi, ha iniziato la più diabolica strategia: l’ecumenismo. Il gioco gli è tanto piaciuto che si sono dichiarati d’accordo nel togliere la chiesa cattolica dalla chiesa universale di Pietro; per festeggiare questo atto grandissimo dell’ecumenismo con Erode le grandi gerarchie di Pietro hanno invitato Erode, per stringere le sue mani.

Ecco come i nuovi distintivi sono il grande inganno, la grande falsità che può mistificare una grandissima parola. Scrivevamo: "Santo Padre, perché ci hai abbandonato? Tutti i nostri dolori sono niente a confronto col tuo abbandono. Per dimostrarti il nostro attaccamento al Tuo primato noi abbiamo accettato ben volentieri il martirio senza nessuna difficoltà e Tu perché ci hai abbandonato? Sulle mani che tu hai abbracciato non hai visto il sangue dei nostri martiri ed il nostro sangue fresco? Tu ci hai abbandonato ma noi, quelli che sono sopravvissuti, dichiariamo che siamo ancora pronti a dare la nostra vita per Te, perché Ti amiamo di più".

Dopo questo abbandono, rimasti senza nessun sostegno nelle mani di Erode, è successo un vero macello spirituale che non si può raccontare.

La nostra Via Crucis continuava non sulla strada dura e pietrosa, ma su quella piena di fango, di illusione e disillusione del nostro gregge umiliato; c’era una divisione anche fra i nostri fratelli.

Quando l’orizzonte per noi sembrava chiuso apparve il miracolo: il cielo aperto mi trasmetteva messaggi di speranza. Da Timisoara, dove quarant’anni fa un gruppo di giovani universitari e lavoratori hanno detto no al comunismo ateo, hanno abbracciato e portato la pesante croce, la Madonna ha fatto crollare l’utopia diabolica del comunismo: con l’aiuto del sangue dei martiri. Si sappia che la libertà, il benessere e la vita tranquilla degli uni è stata pagata dai loro fratelli con il prezzo di tante sofferenze, di tanto sangue e di tante vite.

Dopo la caduta del grande tiranno, la nazione rumena si è trovata senza una classe politica dirigente ed il popolo, mantenuto in una grande ignoranza, non ha sentito che i grandi colpevoli che fino a ieri facevano parte dell’équipe del genocidio hanno cambiato la maschera e sono di nuovo al potere. Tutti i colpevoli si sono riuniti oggi per continuare l’opera di genocidio contro questa regione latina e contro la Chiesa cattolica rumena martire. Voi lo sapete che la nostra chiesa è nelle strade senza niente, e la nazione rumena impoverita non può comprare un pezzo di pane, oggi, che i ragazzi non possono andare a scuola perché non hanno scarpe e vestiti. Da noi si muore, oggi, perché la gente indebolita e ammalata non ha le medicine.

Ringraziamo quei buoni samaritani che si sono fermati e con passione cercano di aiutare la nostra chiesa e la nostra nazione per non lasciare che sia uccisa dai ladri politici. Ringraziamo prima di tutti don Giussani, questo santo uomo che ha capito il nostro dolore e l’associazione Famiglie per l’Accoglienza, che ha ospitato più di 450 dei nostri ragazzi nelle famiglie per fare una stupenda esperienza di vita cristiana. Infine non posso dimenticare Roberto Formigoni che ringrazio a nome di tutti i rumeni per il suo coraggio, per la sua onestà politica perché lui solo, nella grande confusione che c’era, ha visto chiaro e ha detto la verità, che nelle nostre prime elezioni dell’anno scorso ci sono stati dei brogli elettorali. Lui mi ha dato una speranza, mi ha fatto capire che ci sono anche uomini politici onesti, che hanno il coraggio di dire la verità.

Ringraziamo Giovanni Paolo II per la sua dichiarazione fatta dopo 20 anni, che la chiesa martire fa parte dello stesso corpo della santa Chiesa universale, della Chiesa di Pietro, da dove è stata cacciata venti anni fa. Siamo sicuri che le parole del Santo Padre saranno seguite da azioni concrete e decise e che imporrà con la sua autorità ai rapinatori di ridare le nostre Chiese, i seminari, le scuole, le case parrocchiali e tutti i beni rapinati sulla strada della storia. Invitiamo il Santo Padre a venire da noi su questa terra santa e a realizzare il desiderio di Pio XII di baciare i piedi dei suoi vescovi incarcerati per testimoniare il suo primato. Il Santo Padre avrà l’occasione di baciare non i piedi dei vescovi ma un luogo santo dove sono seppelliti, in un cimitero senza croce, senza sepolcri dove prima si seppelliva il bestiame morto di malattie contagiose.

Carissimi fratelli, quello che voglio chiedere è di non dimenticare, di prendere posizione e lasciare alla vostra coscienza di fare quello che deve fare. Fatevi buoni samaritani, venendo ad aiutare i vostri fratelli come ha fatto questa meravigliosa associazione, Famiglie per l’Accoglienza. Voi non potete immaginare la gioia che avete portato nelle nostre famiglie accogliendo i nostri ragazzi. Di nuovo mi rivolgo a Gesù e lo preghiamo insieme dicendogli: "Gesù, paga tu questo centuplo e la vita eterna per tutti quelli che si sono dimostrati i nostri buoni samaritani!".

Jan Adamowicz è nato il 16 dicembre 1946. È insegnante della scuola di musica della scuola statale di Swidnica. Ha fatto concerti in molte città polacche, in Germania e in Italia. Dal 1984 vive l’esperienza del Movimento di Comunione e Liberazione. È responsabile della Fondazione di Aiuto ai Bambini Poveri "Ut unum sint" di Swidnica.

Oltre alla presenza quotidiana tra i più poveri, in particolare i bambini, la nuova iniziativa di questa Fondazione è l’apertura a Swidnica di un orfanotrofio a conduzione familiare, del quale Adamovicz sarà il Direttore.

Adamowicz: Voglio cominciare il mio discorso con una breve citazione di don Giussani, parole per me molto importanti: "La fede è l’intelligenza della realtà nel suo orizzonte ultimo: è il riconoscimento, l’identificazione di ciò di cui tutto consiste, di quella grande Presenza che permette la manipolazione trasfigurante delle cose, per cui tutto si organizza nella pace. L’intelligenza naturale non riesce a toccare l’orizzonte ultimo del reale"(1).

Il tema dell’incontro di oggi consiste in tre parole: realismo, creatività e fede. Ma la parola fede unisce tutte queste tre parole e riesce a renderle unite perché soltanto la fede è il vero realismo, perché soltanto la fede crea vera cultura. In modo molto chiaro, devo dire che ho incontrato veramente nella mia vita la presenza di Cristo nello stesso modo in cui è stata espressa l’esperienza nel Vangelo: "Vieni e seguimi". Questa strada dura già da sei anni. Sei anni fa non potevo neanche prevedere un passo del cammino percorso su questa strada. Tutto quello che succede nella mia vita è una conseguenza di quell’incontro. Da quel momento, da quell’incontro sono insieme con i miei amici. Dentro questa amicizia e compagnia nascono le opere.

Molto presto il Signore ha messo sulla nostra strada le famiglie povere della nostra città. Anche prima sapevo che esistevano persone povere nella mia città, qualche volta cercavo di aiutare, ma quello che è capitato sei anni fa è stato qualcosa di assolutamente nuovo. La risposta alla prima domanda che è nata dopo quell’incontro è venuta grazie all’esperienza di essere insieme e di vivere insieme dentro la nostra compagnia. La risposta è stata: rimanere con quella gente, condividere la loro vita, portare a loro l’amicizia che abbiamo incontrato. Questo è praticamente l’unico programma che abbiamo dentro questa storia; non ci interessa più di tanto la povertà di quella gente, non rivolgiamo la nostra attenzione a problemi molto dettagliati, non guardiamo alle nostre capacità o incapacità, viviamo con questa gente, con i bambini in particolare, ogni giorno insieme.

All’inizio non avevamo neanche un posto, un salone stabile dove poter giocare, stare insieme e mangiare. Ci bastava il parco o la strada. Ma il Signore pian piano rendeva più grande la nostra sensibilità; non avendo altre possibilità abbiamo incominciato ad organizzare le vacanze insieme. Alle prime vacanze hanno partecipato soltanto 35 bambini, quest’anno circa 200; insieme a me ci sono altre 20 persone che organizzano. Due anni fa abbiamo incominciato a pensare di usare la fondazione come strumento per organizzare meglio la nostra storia. Molte persone, anche tra i miei amici, giudicavano questa una proposta non reale: "Non siamo specialisti per organizzarci così, non abbiamo nessun mezzo", ma abbiamo detto fra noi: "Cominciamo". Oggi finiamo già il lavoro di ricostruzione della casa dove troveranno posto 12 bambini.

Nella mia famiglia ci sono sei bambini: quattro sono nostri, due sono stati adottati. Aspetto con grande ansia ogni altro bambino che potrebbe stare con noi, sapendo che il Signore può chiedere ancora cose più grandi alla nostra vita. Fare il cristianesimo significa creare il luogo, la dimora dove loro possono incontrare Cristo, non soltanto parlare di Cristo, non soltanto chiedere che Dio ci aiuti; significa creare il fatto della sua presenza. Un anno fa ho preso una bambina; era molto impressionata e scoraggiata. Abbiamo mangiato insieme la cena, l’ho aiutata a lavarsi, l’ho portata nel letto; ha smesso di piangere, ha cominciato a sorridere, le ho chiesto: "Tu credi che Gesù Cristo ti ami?" Lei ha risposto: "Adesso ci credo". Non sarebbe possibile in nessun modo consolarla vicino alla porta della mia casa senza dare un appoggio così concreto.

Quest’anno con un gruppo di 25 ragazzi ammalati abbiamo fatto le vacanze insieme. Era con noi una madre con una bambina molto ammalata da due anni. Dopo il primo giorno la bambina voleva ritornare a casa. Si chiedeva perché dovesse soffrire proprio lei. Ho parlato quasi tutta la notte con lei, chiedendole di rimanere. Chiedevo soprattutto che accettasse di rimanere nell’amicizia con noi. Dopo due settimane ho avuto la possibilità di parlarle di nuovo; ha cominciato a cantare con noi. Non era più possibile tornare come prima. Ha smesso di porre le domande di prima: perché Dio mi ha abbandonato? perché devo soffrire io? Le ho chiesto: "Tu ti senti sempre abbandonata?". Ha risposto di no. Adesso è con noi.

Questo significa fare il cristianesimo, aiutare personalmente a incontrare Gesù Cristo. Aiutare ad incontrarlo nella chiesa come il corpo, come la realtà presente, come qualcosa di reale che sa consolare, aiutare, dà da mangiare e riesce a fare sorridere. All’inizio ho detto che noi non rivolgiamo la nostra attenzione ai problemi della gente. Unica nostra preoccupazione è quella di essere concretamente con loro nel nome di Cristo perché soltanto Cristo riesce a vedere in buona luce i problemi di quella gente. Perché così Cristo ha cercato di prendere nelle sue mani i miei problemi. Non esiste praticamente cosa impossibile, se alla fonte di tutto è la fede in Gesù Cristo. Le possibilità che il Signore ci ha creato sono assolutamente impreviste per ognuno di noi. Sto cominciando altre cose che il Signore mi dà da vivere, e so che ci sono altre possibilità perché si realizzi qualcosa di suo nella mia vita. Per essere capaci di vivere la vita così bisogna rinnovare la capacità di aderire a Cristo in modo concreto. Ciò significa essere insieme concretamente ai miei amici; questo mi aiuta a ricordare chi sono io. In questa compagnia le parole "Tutto è possibile con Dio" diventano realtà, perché io possa fare tutto grazie a Colui che mi rafforza. Questo non è una teoria perché colui che vive insieme a me, vive in me, così nascono i fatti concreti che anche nella città sono stati osservati. Attraverso questi fatti si può trasmettere la presenza di Cristo reale: questa è la missione.

 

NOTE

(1) Promessa compiuta. Non menzogna. Appunti da una conversazione di Mons. Luigi Giussani con degli universitari. Agosto 1990.