Martedì 26 Agosto, ore 15

TURISMO GIOVANILE: L'ITALIA SI COMUNICA AGLI ALTRI PAESI

Partecipano:

Christopher Derrick,

scrittore e giornalista

Pietro Cipollaro,

assistente del Direttore Generale dell'E.N.I.T.

Jeff Richardson,

operatore turistico

C. Derrick:

Per quanto riguarda l'Inghilterra, noi - i nostri poeti specialmente - amiamo l'Italia da secoli. Ma la nostra immagine di questo paese e della sua gente è sempre stata complessa e perfino contraddittoria. Talvolta ha implicato elementi negativi. Nel nostro antico passato d'orgoglio insulare ed imperiale, ogni vero inglese sapeva che gli stranieri erano "brutti" tipi, e in particolare, che gli Italiani erano persone che vendevano gelati e suonavano l'organetto nelle strade e poco altro. La cosa curiosa è che tale stupido razzismo poteva coesistere, nell'individuo, col maggior rispetto possibile per la Roma classica e il Rinascimento italiano. Oggi nessuno più la pensa così. Noi pensiamo a cosa portò Byron a gridare: "Italia. Oh Italia! Tu che hai il dono fatale della bellezza!". Questo paese è straordinariamente ricco di piaceri per gli occhi, alcuni forniti dalla mano di Dio, altri da quella dell'uomo. Da una parte, noi lo riconosciamo il paese supremo per il cibo e per il vino. Perfino a Londra o a New York, mangerete meglio in qualunque trattoria italiana che da qualsiasi altra parte, anche se non così bene come sul posto. Poi ci sono persone per le quali l'Italia offre un'immagine decisamente sexy. L'imperatore Carlo V affermava di parlare al suo cavallo in tedesco ma alle donne in Italiano, e lo capisco bene. Più comunemente, il visitatore inglese, tedesco o americano troverà gli italiani un popolo disorganizzato e divertente e talvolta si lamenterà della confusione italiana. Non si tratta in realtà di confusione: gli affari vengono affrontati diversamente, con improvvisazione e in modo personale e familiare, mentre noi faremmo liste e pianificazioni impersonali. Negli ultimi decenni, l'Italia viene associata nelle nostre menti allo "stile". Immediatamente dopo la 2a guerra mondiale, divenne di moda per noi guidare una vespa o una lambretta e bere un "cappuccino": oggi, è segno di gran gusto indossare capi di marca italiana o avere costosi bagagli di pelle. Perfino riguardo alle auto ci sconcerta trovare ora gli italiani emergenti nell’alta tecnologia. Un'immagine complessa, quindi, ma soprattutto positiva e che suscita risposte in genere molto cordiali anche se di grande diversità. Sheiley chiamò l'Italia "un paradiso di esilii": d'altra parte Robert Burton - non l'attore - vide – "un paradiso per i cavalli e un inferno per le donne". Io non sono né un cavallo né una donna, ma penso che Samuel Johnson stesse parlando per molti di noi quando disse che "un uomo che non è stato in Italia è sempre conscio d'inferiorità". Ho mie idee e sentimenti in proposito, ma se volete una valutazione obiettiva su una giovane donna, non chiedetela, all'uomo che ne è innamorato. La comunicazione comincia quando un popolo si forma un'immagine positiva di un altro, anche se indirettamente, da libri, quadri, ecc. La semplice vicinanza non è comunicazione, vedere non è sempre capire. E il turista o il villeggiante stesso riescono a viaggiare con il corpo restando psicologicamente a casa. Gli americani sono particolarmente bravi in questo: essi possono viaggiare attraverso l'Europa senza uscire dalla spessa, impervia capsula o membrana di pura "americanità", nervosamente preoccupati di infezioni e comunismo. Ma noi inglesi non siamo molto meglio e temo che voi ci incoraggiate nel mantenere il nostro isolamento. Lungo questa costa ci offrite il pub inglese, in centinaia di versioni, birra inglese, tè inglese e perfino la colazione inglese. Ogni pericolo di un vero incontro con l'Italia, di vera comunicazione, è perciò minimizzato. Quando la gente va in vacanza, naturalmente, desidera soprattutto riposare e dimenticare tutte le preoccupazioni serie e qualsiasi cosa che abbia anche lontanamente a che fare con il lavoro; e la comunicazione può essere un duro lavoro. Andate giù in spiaggia in un giorno estivo e vedrete una trentina o quarantina di pezzi di carne umana, molta della quale inglese, arrostirsi sotto il caldo sole dell'Adriatico e assomigliare al rifornimento decennale di carne per una città di grandezza media: uomo alla griglia. Pensiero e sforzo vengono evitati. (…) Il nostro mondo è di gran lunga troppo chiacchierone per essere saggio, come Eliot diceva: "Dov'è la saggezza che abbiamo perso nella conoscenza? Dov'è la conoscenza che abbiamo perso nell'informazione?". Nello stesso modo, circa 60 anni fa, Chesterton parlava dell'epoca che inventò l'altoparlante e poi si accorse che non aveva niente da dire. Ma continuò a dire quel niente ad alta voce, incessantemente, anche se senza senso. (…) Insomma, è diventato estremamente difficile distinguere i segnali dai rumori, come i teorici della comunicazione dicono, i segnali di Dio dai rumori umani. (…) Ho parlato dell'immagine di questo paese, come è percepita dal punto di vista inglese: è in parte una visione formata dal rumore che ricordavo. Ciò non indebolisce il mio amore, naturalmente, anche se può procurarmi il mal di testa, talvolta. E ovviamente questo non è limitato all'Italia. Quando la gente pensa ai piaceri del turismo in qualunque paese, spesso sembra volgersi a coloro la cui nozione di paradiso è la discoteca. Quella è la mia concezione di inferno. Ascoltiamo attentamente le voci del silenzio. Sia che siamo in Inghilterra o in Italia, al lavoro o in vacanza, noi troveremo spesso Dio comunicare con una lieve voce, come ci dicono le Scritture. Chi ha orecchie per ascoltare lo ascolti.

P. Cipollaro:

Il tema di questo incontro pare richiamare i termini comunità e comunicazione, che nascono da una stessa radice, lo "stare insieme" e si usano ambedue per uno stesso momento dell'attività umana, il turismo. Comunità sintetizza la parte più spirituale tra i benefici apportati dal movimento turistico: l'incontro tra gente di razze, di nazioni diverse, contribuisce a superare i nazionalismi, a favore di una solidarietà internazionale nell'ottica della pace. Sono mutazioni che ci paiono lente come ere geologiche, ostacolate dall'attaccamento alla propria privilegiata situazione economica da parte di interi stati o classi. I giovani sono un motore di questa lenta evoluzione, perché nella loro età di rapida formazione della personalità, è maggiore il desiderio di conoscenza, quindi di contatti. All'espressione 'comunicazione' si può dare un significato più tecnico, di mezzo che favorisce i momenti d'incontro, la conoscenza, le occasioni di comunità (…). Se ci poniamo nell'ottica di un ente nazionale di promozione turistica, lo scopo è di far arrivare il maggior numero possibile di turisti stranieri; questi, con i loro soldi spesi nella regione, nel nostro caso l'Italia intera, ad essa apporteranno determinanti vantaggi economici. Si dice far arrivare più turisti, ma quei che interessa è l'arrivo dei soldi (...). Questo concetto, chiaro e caro - anche se non manifestato - a tutti gli addetti al turismo, spingerebbe il turismo dei giovani al margine: è in effetti l'ultimo in una graduatoria di valore economico ed accettabilità, un riempitivo. Quest'anno in Italia, come in altri paesi europei, si è fatto un gran piangere per l'assenza dei ricchi turisti nord-americani. Se fossero mancati i giovani nessuno avrebbe pianto. (...) In Italia non esistono precise statistiche, però la fascia di età dagli 11 ai 29 anni (segmento usato dall'ISTAT) ci dà 1/3 di tutto il movimento turistico. Secondo l'osservatorio statistico del C.T.S., nella previsione del 1986 il 30% degli arrivi dall'estero, cioè circa 7 milioni, sono giovani tra i 15 e i 23 anni. E’ confermato dai fatti, nonostante le previsioni formulate l'anno scorso siano saltate per il terrorismo mediterraneo, che ha bloccato gli arrivi dagli U.S.A. Ebbene, la maggioranza dei giovani nordamericani è venuta ugualmente. Qui risulta un primo aspetto pregevole del turismo giovanile: i giovani sono poco sensibili agli spauracchi più o meno falsi o manipolati dai mass-media; forse è la spregiudicatezza, forse hanno i loro tam-tam. (…) L’Italia può e deve favorire il turismo giovanile interno e da tutto il mondo per motivi ideali: il turismo giovanile è un fenomeno formativo e culturale, soprattutto è più comunicativo, aggregante tra uomini di diverse razze e paesi. Ci sono poi motivi di mantenimento ed ampliamento dell'industria turistica in Italia. Il turismo giovanile aumenterà la sua quota nel totale del movimento turistico mondiale. E’ vero che nei paesi industrializzati, dove si formano le masse di turisti in partenza, si registra un invecchiamento della popolazione; ma ciò non significa che il gran movimento degli anziani - s'intende, per il turismo itinerante e non per il soggiorno statico – debba continuare uguale.

Il turismo dei giovani, invece, è una certezza che va oltre ogni crisi. I giovani non si stancheranno di girare finché saranno giovani; perché se le nascite nei paesi industrializzati si stabiliranno sulla crescita zero, il turismo giovanile non decrescerà, perché i luoghi resi visibili - anche con difficoltà e scomodità (pensiamo ai viaggiavventura) - aumentano; aumentano i viaggi perché i giovani vogliono vedere il più possibile. A chi si occupa di sviluppare ulteriormente, ma con ordine, il turismo, i giovani vanno proprio a genio se appartengono a certi gruppi di comportamento. Ci piacciono di più i giovani quando sono turisti fuori stagione: chi non è studente, chi non ha figli in età scolare, talvolta il giovane lavoratore, o chi attende un'occupazione (con un minimo sostegno da parte della famiglia) parte fuori stagione; spende meno ma contribuisce a tenere occupate più a lungo le strutture ricettive e culturali. Ci piacciono i giovani che sono turisti alternativi rispetto alle masse di maturi ed anziani. Alternativi per l'alloggio, in quanto si accontentano di ricettività semplice o comunitaria, alternativi nelle scelte di mete, quando prescindono dal nome o dal mito di una località dirigendosi in posti non famosi. Alternativi per aver capito l'importanza della conservazione dell'ambiente e quindi pronti ad assoggettarsi a viaggi collettivi o a camminate nei parchi e nei centri storici poiché ciò significa proteggere gli stessi ambienti che li interessano. In breve, il turismo dei giovani è meno consumistico, quindi del solo tipo che, in zone turisticamente sviluppate come l'Italia, può dilatarsi ancora (...). L'Italia deve dunque favorire decisamente il turismo dei giovani, settore nel quale è terribilmente arretrata e di ciò deve chiedere scusa alla gioventù mondiale (...). In tema di pernottamento in albergo è vergognoso che in Italia non ci siano ancora valide e sufficienti alternative. Mentre dal 1955 al 1985 gli stranieri arrivati annualmente sono aumentati da 10.786.000 a 19.770.000, il numero degli ostelli della gioventù è addirittura diminuito; oggi sono appena 51 (con circa 5000 letti in totale) con 35 ostelli stagionali o in località climatiche. Per inciso, gli ostelli sono 213 in Francia, 266 in Inghilterra, 565 in Germania Federale, nonostante la domanda estera sia inferiore. Gli ostelli, appunto per la cresciuta domanda, potrebbero economicamente prosperare, usando locali tipo ex conventi e castelli in semi-abbandono, che sarebbe oneroso e improduttivo (per la domanda stagnante) trasformare in alberghi confortevoli, ma che meglio si adatterebbero alle minime esigenze dei giovani. Purtroppo non si è fatto nulla oltre all'organizzazione di scuole di cultura, lingua, arte ed artigianato, a cui si rivolge però solo una minoranza di giovani che ha queste predisposizioni ed è già innamorata dell'Italia. Occorre pertanto disporre di strutture ricettive per la massa di giovani; soddisfatta questa condizione, l'ENIT sarà ben felice di intervenire con i suoi compiti di promozione e informazione.

Conclude la tavola rotonda una breve comunicazione dello svedese Jeff Richardson.