venerdì 28 agosto, ore 11

RITO E MITO DELLA MASCHERA: L'OPERA DEI SARTORI

partecipano

Donato Sartori

scultore, fondatore dei Centro maschere e strutture gestuali

Jean-Louis Barrault

attore, mimo, regista, personalità di spicco del teatro del XX secolo

conduce l'incontro

Maurizio Vitali

"Io sono uno dei pochi fortunati ad aver vissuto un'avventura possibile normalmente nel rinascimento, la bottega teatrale; oltre agli studi artistici io ero il ragazzino di bottega di mio padre, imparavo a pulire la creta, a pulire gli strumenti, a disegnare, a capire un pochino questa scultura che stava diventando una scultura vivente". (Donato Sartori)

D. Sartori

Parlare della maschera secondo me è molto difficile perché è un elemento, una struttura, uno strumento di comunicazione che appartiene un po' a tutte le culture del mondo da sempre. La maschera è nata con l'uomo. Noi abbiamo visitato moltissimi dei paesi, delle culture che utilizzano ancora maschere, cioè mascheramenti rituali o meno, religiosi o meno, e ancora in qualche punto del mondo la maschera è in auge in maniera incredibile. Noi l'abbiamo persa un po', abbiamo perso la maschera da festa, la maschera da carnevale, in Europa abbiamo pochissimi esempi di maschere e mascheramenti realmente veri, realmente popolari. Non consideriamo maschera le maschere del carnevale di Venezia, per esempio; sono delle strutture estetiche, hanno perso completamente il valore di strumento comunicativo e sono maschere morte. Maschera vivente esiste ancora in Europa nella fascia delle Alpi, abbiamo dei fenomeni in alcune isole, in Sardegna e in Sicilia, per il resto abbiamo perduto questo patrimonio culturale, che invece è mantenuto addirittura sacralizzato in oriente. Abbiamo il teatro del Nô che da mille anni perpetua una struttura teatrale che viene protetta dallo Stato, dalla struttura pubblica.

In oriente la maschera esiste ancora, esistono situazioni tribali in alcune isole come la Nuova Guinea dove ancora adesso alcune popolazioni usano in maniera rituale maschere che secondo me sono fantastiche, viventi e ancora estremamente vivaci. Praticamente in quasi tutta l'America Latina, la maschera è ancora oggi in uso; pare ci sia un’unica struttura religiosa in tutto il circolo polare artico e un uso di maschere antichissime, poco conosciute dalla Russia all'America al nord dell'Europa, e il nostro centro sarà in grado, probabilmente entro qualche anno, di verificare' quest’ipotesi e di raccogliere materiali estremamente rari. La maschera in Europa nasce con la struttura dei teatro greco e poi latino, e queste maschere non esistono più, questi oggetti non esistono più, abbiamo la morfologia che è arrivata fino a noi attraverso gli artisti, attraverso le pitture vascolari, attraverso le sculture, attraverso dei detti, degli scritti, dei documenti. La tarda maschera latina crea un tipo, un personaggio o una serie di personaggi, che pare abbia influenzato in qualche modo la commedia dell'arte, quindi la nascita di un teatro popolare in contrapposizione al teatro colto, un teatro che agiva per le strade, per le piazze.

Marcus, Pappus, Dossenus, il Miles Gloriosus, questi personaggi sono stati traslati successivamente nei fantastici miti ormai del teatro d’Arlecchino, Brighella, Pantalone, i vecchi, i servi, gli amorosi. La commedia dell'arte nasce ufficialmente in Italia verso il 1545 proprio a Padova (secondo un documento che abbiamo reperito presso un museo).

A Padova nasce anche un personaggio famoso, Angelo Beoleo detto Ruzante; Ruzante non usa la maschera ma ha influenzato tantissimo la commedia dell'arte con la creazione di personaggi popolari. La commedia dell'arte si sviluppa per due secoli e mezzo dapprima in Italia con molta difficoltà, poi in Francia e in tutta Europa. In pratica abbiamo accenni di commedia dell'arte in Russia, in Spagna, in Inghilterra, nei paesi del Nord. Muore, la commedia, attraverso una serie d’eventi quale la situazione teatrale creata da Goldoni. Goldoni in pratica segna la morte della commedia e quindi della sua maschera. Nell'800 queste figure si mantengono vive attraverso un teatro per fanciulli, attraverso marionette, burattini. Nel primo '900 c'è stato un primo tentativo dì recuperare questo fenomeno teatrale che ha invaso l'Europa per oltre due secoli e mezzo.

Escono i primi libri, le prime documentazioni, ma il problema politico, le guerre, il problema del fascismo impediscono la dilatazione di questo fenomeno. Il tutto si libera concretamente nel secondo dopoguerra; il teatro della commedia dell'arte nasce a Padova, con il teatro dell'università diretto da Gianfranco De Bosio. De Bosio comincia a recuperare queste tematiche sociali e politiche della compagnia dell'arte e comincia ad aprire il teatro contemporaneo alla maschera. A questo punto chiama a sé il primo mimo in Europa che si occupava di commedia dell'arte e di maschere e uno scultore figurativo valentissimo, mio padre Amleto Sartori, che è stato coinvolto nel gioco e si è proiettato nel mondo della maschera; dapprima faceva esperimenti intuitivi e successivamente, indagando presso Santa Giustina dove i frati lavorano il cuoio da moltissimo tempo, ha imparato i primi elementi per utilizzare il cuoio. Parigi gli offre la possibilità di vedere alcuni oggetti della commedia dell'arte, i modelli in legno, il cuoio battuto in una certa maniera; nascono le prime maschere in cuoio, se ne accorge Strehier, che lo chiama a sé per compiere un indagine sulle maschere della commedia dell'arte nell'Arlecchino servitore di due padroni. Ecco, qui nasce l'epopea delle maschere dei Sartori, nel senso che immediatamente dopo il Barrault chiama a Parigi Amleto Sartori e vengono create delle maschere per l'Orestiade di Eschilo.

Allievo giovanissimo di mio padre oltre che figlio, cominciai così ad addentrarmi nel mondo del teatro. Ecco, io sono uno dei pochi fortunati ad aver vissuto un’avventura possibile normalmente nel rinascimento, la bottega teatrale; oltre agli studi artistici io ero il ragazzino di bottega di mio padre, imparavo a pulire la creta, a pulire gli strumenti, a disegnare, a capire un pochino questa scultura che stava diventando scultura vivente.

Mio padre muore molto giovane e mi lascia una grande eredità raccolta e distribuita come meglio poteva. L'avventura è nata lì, come uomo del mio tempo sentivo l'esistenza sì di mantenere la struttura della commedia dell'arte e di continuare il lavoro di ricerca di mio padre, però anche di aprire alla maschera una soluzione di contemporaneità. Arrivano gli anni '60-'70, arriva l'epopea del teatro, questa ricerca teatrale contemporanea quale il teatro americano politico, conosciamo e collaboriamo con i gruppi più interessanti di ricerca, lavoriamo a Parigi, in Spagna e cominciamo a capire che la maschera può essere anche quella dell'oggi, abbinata non soltanto al teatro ma anche alla ricerca nelle arti visive. Si crea il primo nucleo nel '75, quello che poi diventerà il "Centro maschere e strutture gestuali", piano piano questo nucleo si amplia con la collaborazione di architetti, di ricercatori, uomini di teatro. Cominciamo a produrre le prime pubblicazioni, cominciamo a creare ì primi esperimenti di Teatro totale con la collaborazione di questi grossi gruppi allora esistenti. Strutture gestuali, cosa sono? Sono una sorta di maschera inventata per un tipo di teatro all'aperto, in performance pluridisciplinari, intendendo con ciò la danza, la musica, il teatro; utilizzando gli strumenti che la società di oggi ci fornisce cerchiamo di dilatare la maschera creando una maschera totale. Però non vogliamo fare di questa maschera un elemento arcaico ma la creiamo al di fuori del corpo, non la indossiamo, la usiamo quale presenza urbana, quale situazione teatrale, quale elemento da gestire, elemento da muovere, quindi strutture di gesto, gestuali. Nasce un’esigenza ulteriore, quella di creare anche lo spazio teatrale contemporaneo, e nascono le prime performance che utilizzano appunto questo metodo collettivo di coinvolgimento del pubblico. Questo è stato l'inizio di questa ricerca costante, che ci ha portato alla situazione di oggi. Oggi esiste questa struttura, il "Centro maschere", che è chiamato in tutte le situazioni culturali, dall'America al Giappone e in tutta Europa per stimolare, creare, sia nel campo della maschera storica, arcaica, sia nel campo della ricerca contemporanea, della maschera di oggi.

J.-L. Barrault

Sono felice di approfittare di questa occasione per rendere omaggio alla famiglia Sartori; ho avuto la gioia di conoscere vostro padre e abbiamo avuto modo di lavorare assieme, non ha fatto solo maschere per la commedia francese ma anche per la tragedia. Ci siamo visti a Padova e ho conservato un meraviglioso ricordo di vostro padre perché ci si intendeva a meraviglia sulla fabbricazione delle maschere. In Francia siamo stati molto influenzati dallo stile della commedia dell'arte. La maschera è una cosa veramente preziosa perché quando si porta una maschera non si può più usare l'espressione del viso. Tutta l'espressione del viso si deve trasferire su tutto il corpo. Da quel momento tutto il corpo diventa una maschera, è qui che dobbiamo migliorare questa ricchezza per ampliare i mezzi di comunicazione corporea. E’ quindi uno studio meraviglioso, cercare di migliorare per avere un corpo più espressivo. Ho, in effetti, un ricordo meraviglioso dell'incontro con il Sig. Amleto Sartori, ed è per questo che oggi sono qui per rendere omaggio alla famiglia.