lunedì 27 agosto, ore 15

URSS 1990: L’IMPOSSIBILE CAMBIAMENTO

Partecipano

Victor Vladimirovic Aksiutchits

Deputato al Congresso dei deputati del popolo della Repubblica Russa

Michel Heller

Docente di Storia dell’Unione Sovietica all’Università di Parigi

Romano Scalfi

Direttore Centro Studi Russia Cristiana

Modera:

Irina Alberti

I. Alberti:

Buongiorno a tutti. Sono particolarmente felice di essere qui oggi, perché, oltre a Padre Scalfi che tutti conoscete, posso presentarvi due persone che non sono state ancora al Meeting. Inizio con il professor Michel Heller, uno storico illustre la cui carriera è stata interrotta da lunghi anni di lager staliniano, dal quale è uscito solo grazie al fatto che Stalin è morto. Da quando si trova in Occidente, per forza di cose e forse un po’ contro la sua volontà, è diventato in primo luogo storico dell’Unione Sovietica. Forse qualcuno di voi conosce il suo L'utopia al potere, uno dei più validi testi di storia dell’Unione Sovietica disponibili oggi. Egli ha dovuto restringere, in un certo senso, il suo campo d’azione perché in Occidente c’è una tale disinformazione su questo argomento, che effettivamente una parola seria, onesta, e basata su un’autentica conoscenza della situazione come quella che può dire il professor Heller, è molto apprezzata. Egli è anche un attentissimo e vigile osservatore della realtà odierna di questo paese e quindi adesso gli do la parola

M. Heller:.

La rivoluzione aveva tra i suoi compiti quello di riformare l’uomo. Lo scopo principale era rifare l’uomo e non modificare le strutture economiche o sociali. Il partito dei bolscevichi che prese il potere in Russia nell’ottobre del 1917, con il miraggio dell’utopia, promise di costruire il paradiso sulla terra. I bolscevichi ritenevano necessario, con l’aiuto della costrizione, elaborare un nuovo uomo comunista dal materiale umano dell’epoca capitalista. Penso che oggi ormai tutti sappiano che le repressioni, le violenze, le costrizioni hanno portato al paese milioni di vittime. La costrizione non è stata solo strumento per creare l’uomo comunista, ma, fin dall’inizio, fin dall’ottobre del 1917, cominciò la creazione di una pseudo-religione. All’inizio si chiamava marxismo, poi marxismo-leninismo. Si incominciò a creare un sistema di miti che dovevano circondare l’uomo da ogni parte e renderlo un uomo nuovo. Il mito principale era il mito della scientificità, dell’esatta conoscenza, da parte dei bolscevichi, delle leggi di sviluppo dell’umanità. L’educazione di questo uomo nuovo iniziava in sostanza subito dopo la sua nascita. All’inizio degli anni Trenta, già prima di andare a scuola ai bambini erano insegnate canzoni del tipo: "sono una piccola bimba canto e ballo, io non conosco Stalin, ma io lo amo." Dopo la morte di Stalin, si ebbe la destalinizzazione. Questa canzone continuarono a cantarla mettendo Lenin al posto di Stalin: "io Lenin non lo conosco, ma lo amo". Esistevano alcuni miti fondamentali: il mito del partito che sa tutto e non sbaglia, il mito dello stato che attua l’ideologia del partito (lo stato è come il corpo di questa ideologia, perciò quanto più è forte lo stato, quanto più amplia le sue frontiere, tanto più forte è l'ideologia, tanto più forte è il partito), il mito del condottiero salvatore, del sacerdote supremo che sa dove andare. La letteratura, l’arte, il cinema, sulla base di questi miti contribuirono a creare l’immagine dell’eroe positivo che era il modello del nuovo uomo. Veniamo ai tempi di Gorbaciov. Nel 1985 Gorbaciov diventa Segretario Generale del PCUS, e molto presto sia nell’Unione Sovietica, sia in Occidente nasce il mito del nuovo salvatore che è apparso. Gorbaciov mette in luce tutti i segni della crisi. Comincia a dire che il paese si trova in una situazione di pre-crisi, poi comincia a dire che la crisi esiste già, oggi egli dice che la crisi è profonda e difficilmente guaribile. Si evidenzia la crisi nel campo economico, sociale, nel campo politico, ma la crisi più terribile di tutte è quella spirituale. Nel processo della lotta per il potere Gorbaciov adopera tutti i mezzi per lottare contro i suoi avversari e concede anche di parlare di ciò che prima era proibito. Uno dopo l’altro cadono i vecchi idoli e ci si accorge che tutti gli eroi della letteratura, dell’arte, del cinema, del teatro erano eroi falsi, non veri. Anche la storia, che era presentata come un’autentica registrazione dei fatti del passato, si rivela falsa. L’anno scorso nelle scuole sovietiche è stato abolito l’esame di storia, perché non solo gli scolari, ma anche gli insegnanti non conoscevano il passato che avrebbero dovuto studiare. Gli abitanti dell’Unione Sovietica si sono trovati senza un passato, oggi non c’è più letteratura perché gli eroi sono falsi, non c’è cinematografia, non ci sono canzoni (se escludiamo le canzoni d’amore che parlano di sentimenti veri). Oggi è caduto persino l’ultimo mito che fino a poco tempo fa ancora esisteva, il mito della guerra patriottica, della guerra con la Germania. Si è evidenziato che l’Unione Sovietica, per la sua vittoria, ha pagato, non con venti milioni di vittime, come si diceva prima, ma addirittura con trenta milioni. diventato a tutti evidente che in Unione Sovietica ha dominato la menzogna, ovunque. Il tramonto di questi miti ha reso evidente che l’Unione Sovietica viveva in due dimensioni, una era quella della vita reale, molto difficile, l’altra era una dimensione irrazionale, nella quale si diceva che gli uomini sovietici vivevano nel primo stato socialista del mondo, che tutto il mondo andava verso il Socialismo e che in un paese socialista si viveva molto meglio che nell'inferno capitalistico. I cittadini potevano consolarsi dicendo: "Io sto male, ma almeno vivo in un grande paese, in un paese che costituisce il futuro dell’umanità". Ecco che d’un tratto oggi essi hanno scoperto che vivono in un Unione Sovietica in cui il tenore di vita si trova più o meno al livello di molti paesi africani, in cui la mortalità infantile è una delle più elevate del mondo. Essi hanno saputo d’un tratto che non è più il socialismo il futuro, ma semmai quel mercato che era sempre stato definito come la cosa più tremenda per la società umana. Oggi è consentito dire che si vive molto male, ma per il momento non c’è nient’altro. I cittadini sovietici si sono trovati nudi su una terra nuda. Un unico sentimento per il momento esiste e si diffonde in tutte le regioni, in tutte le repubbliche dell’Unione Sovietica, ed è il sentimento nazionalistico che spesso assume anche un carattere morboso. Oggi l’Unione Sovietica, mi sembra un campo oltremodo fertile di attività missionaria. I cittadini sovietici oggi cominciano a cercare qualcosa al posto della pseudo-religione. Non c’è dubbio che molti uomini hanno trovato già la religione, ma mi sembra che si tratti di una minoranza. La maggior parte soffre la perdita della pseudo-religione come perdita di tutti i valori, come perdita di tutti i punti di riferimento. Gorbaciov ha capito che l’uomo sovietico è più sovietico di quanto molti non pensassero, che il partito ha potuto raggiungere degli effetti superiori a quelli che si aspettava. Gorbaciov ritiene che oggi si possa consentire all’uomo sovietico più di quello che gli si consentiva prima perché è sicuro che l’uomo sovietico resterà sovietico. Fino ad oggi si è scritto molto sul fatto che la perestrojka è ostacolata dai conservatori, dai falchi, ma il suo principale avversario in realtà si è rivelato essere il popolo sovietico che non sa che cosa l’attende davanti a sé e che vuole conservare ciò che il socialismo in qualche modo gli ha dato. Il socialismo gli ha dato il diritto di lavorare male e poco, il socialismo gli ha dato il diritto di credere che lo stato si preoccupa di lui, il socialismo ha trasformato gli uomini sovietici in bambini, che aspettano tutto dal loro severo, ma in ogni caso sempre padre. Ritengo che debba passare non poco tempo prima che i cittadini sovietici ritrovino una loro identità, dopo settant’anni d’educazione comunista. Oggi noi vediamo che le tremende conseguenze dell’educazione comunista sono visibili non solo nell’Unione Sovietica, dove questo sistema esiste da 73 anni, ma anche in altri paesi come la Polonia, la Cecoslovacchia in cui questo sistema è esistito per un periodo molto più breve. Io vi ho presentato un quadro piuttosto pessimistico, piuttosto oscuro, forse perché sono uno storico di professione, e cerco di vedere non solo ciò che c’è oggi, ma anche quello che c’era prima. Tuttavia dobbiamo sperare ed ecco un segno visibile di speranza: la persona che sta seduta accanto a me. Potrei dire che se io rappresento il passato, Victor Aksiutchits, questo giovane uomo con la barba, così prestante, rappresenta il futuro. Grazie.

I. Alberti:

Questa era in effetti, o poteva sembrare, un’analisi pessimista, ma è semplicemente un’analisi storica estremamente accurata e precisa, in cui il professor Heller ha messo a fuoco i tratti principali di questa immane tragedia che è stata la storia dell’Unione Sovietica dal 1917 fino ai nostri giorni. Anch’io sono d’accordo che un segno di speranza è in questo giovane che ho la gioia e l’onore di presentarvi oggi: Victor Aksiutchits. L’inizio della sua vita, come per tutti i giovani della sua generazione, era improntato ad una fiducia, ad una speranza, nel futuro, in un comunismo dal volto umano, un comunismo corretto, un comunismo che fosse riportato ai suoi ideali, alle sue origini. Poi lentamente e da solo ha percorso un cammino che gli ha fatto capire chiaramente che il comunismo buono non esiste perché il vizio è nella dottrina stessa, nell’ideologia stessa, ed è arrivato ad una fede cristiana profonda che è oggi il perno di tutta la sua attività e di tutta la sua vita. Il fatto quasi miracoloso in questa situazione è che Victor Aksiutchits è oggi deputato al Parlamento della Repubblica Russa e membro del Congresso dei Deputati del popolo. Egli è stato eletto liberamente e con una grande maggioranza di voti e oggi, dalla tribuna di questo Congresso, riesce a dire tutto ciò che fino a qualche anno fa forse molti pensavano, ma nessuno poteva neanche sognare di dire ad alta voce. Di fronte a questa situazione che veramente ha del miracoloso, non dobbiamo commettere l’eterno errore di dire che ciò succede perché Gorbaciov è buono, ma dobbiamo capire chiaramente che ciò succede perché c’è in questo paese gente come Victor Aksiutchits, c’è gente che vota per lui e che vedendosi di fronte vari candidati sa scegliere quello che effettivamente ha qualcosa da dire e che qualcosa può fare per il suo popolo e per la società in generale. Prego Victor Aksiutchits di prendere la parola.

V. V. Aksiutchits:

Cari amici, sono lieto di salutarvi qui in questa sala, tanto più che questo incontro con voi non è solo un bellissimo avvenimento della mia vita, ma è anche sintomatico per tutti gli avvenimenti che si svolgono nella mia patria. Noi viviamo in un paese in cui fin dalla infanzia siamo sottoposti a dei ragionamenti filosofici e ci chiediamo sempre chi è colpevole della terribile situazione di cui soffre il nostro popolo. Ci hanno insegnato che sono le masse che guidano la storia, le masse organizzate dal partito, oppure i condottieri, ma le mie riflessioni a questo proposito mi hanno portato ad altre conclusioni. Io sono piuttosto personalista e mi sembra che la storia sia mossa soprattutto dalle idee e soprattutto dalle idee religiose, in altre parole dalla lotta per le idee e per i valori religiosi. Dostoevskij nelle sue opere descrisse il fenomeno dei giovani russi del XIX secolo che nelle trattorie e nei luoghi di riunione discutevano di Dio, dell’eternità dell’anima, dei destini della Russia e dei mondo. Le idee che essi elaborarono in questi discussioni gradualmente si diffusero nella società, dapprima tra gli intellettuali, poi sempre più ampiamente fino ad entrare nella coscienza della società e negli avvenimenti della storia. La catastrofe del 1917 fu anche il risultato di queste ricerche perché i giovani russi del XIX secolo formularono e diffusero prevalentemente idee distruttive, disgregatrici, tra cui, in primo luogo, l’idea della lotta contro la religione cristiana. Mi sembra che negli ultimi 70 anni della storia russa, e soprattutto negli ultimi decenni si e avuto un processo molto simile nella forma, ma contrario per quanto riguarda il contenuto. Noi possiamo oggi vedere che nella solitudine creativa piccoli gruppi di personalità eroiche, nella loro contrapposizione al regime e alla violenza, hanno formulato nel corso degli anni delle nuove idee. Queste idee sempre più ampiamente si diffondono nella società e oggi vediamo accadere avvenimenti straordinari in Russia. Anche la perestrojka è il risultato di una trasformazione interiore, spirituale della società, è l’esito di lunghe ricerche ideali. I cristiani dell’Occidente hanno avuto un ruolo molto importante in questo processo.

Se qualcuno di voi ha mandato in Russia qualche libro, certamente non era consapevole degli effetti di questa azione, ma io devo essere qui testimone davanti a voi che proprio grazie a sforzi di tale genere in Russia si sono formati i presupposti di quei processi che oggi sono sotto i nostri occhi. Tutto ciò lo posso confermare raccontando la mia storia personale. Io sono nato in una famiglia contadina, i miei genitori mi battezzarono, mi portarono in chiesa fin da piccolo, poi fuggirono alla collettivizzazione e si trasferirono in città Io ho attraversato il tipico cammino dello scolaro sovietico, sono stato pioniere, membro della Federazione Giovanile Comunista, e come risultato di tutto ciò, quando divenni un giovane, ero un comunista convinto. Non poteva essere diversamente, perché noi potevamo vedere, spiegare e comprendere il mondo intorno a noi solo con quella lingua con cui eravamo stati educati fin dall’infanzia. Quando dalla città di provincia potei andare a Mosca, con grandi sforzi, riuscii ad accedere a quello che nell’infanzia mi era stato tolto, di cui ero stato privato, cioè la letteratura spirituale e religiosa, la letteratura politico-sociale, libera. Sebbene ciò sia avvenuto abbastanza tardi, io avevo già 23 anni, riuscii a rinascere e a diventare quello che io volevo diventare. Se non avessi avuto accesso a delle letture di questo genere, credo che sarei morto dal punto di vista spirituale, morale e forse anche fisico perché sentivo che la vita che conducevo mi era del tutto estranea, non mi soddisfaceva per nulla, ma non avevo intorno a me un’alternativa. Oggi io so che una grande quantità di giovani, in Unione Sovietica, attraversa una tragedia di questo genere. Il regime comunista ha due pilastri su cui si regge: innanzi tutto la violenza e poi la menzogna. Noi vediamo che il sistema della violenza si sta disgregando abbastanza velocemente nel nostro paese, ma devo testimoniare che il sistema della menzogna agisce ancora molto efficacemente. Fino ad oggi, nonostante i cinque anni della cosiddetta glasnost (trasparenza), per la nostra società è ancora inattingibile sia la cultura mondiale sia la cultura e la storia della nostra stessa patria. E questo vale in modo particolare per la cultura cristiana. Io ritengo che ciò non sia casuale perché il regime ateista-comunista sa da dove viene il pericolo fondamentale ed è consapevole che le nuove prospettive di trasformazione in Russia sono possibili soltanto in presenza di una rinascita religiosa e spirituale. Noi, un gruppo di cristiani, abbiamo compiuto in un certo modo un esperimento sociologico che è una conferma di quanto ho appena espresso: ci siamo presentati come candidati per l’elezione del Soviet Supremo della Federazione della Repubbliche Russe con un programma di carattere democratico cristiano. Ognuno di noi aveva una quindicina di concorrenti nelle elezioni e tra questi ce n’erano tre o quattro ugualmente orientati in senso democratico, ma ognuno di noi è stato eletto con grande distacco rispetto agli altri, con un numero di voti due volte superiore rispetto al secondo degli eletti. Siamo stati eletti in varie regioni della Russia, abbiamo caratteri diversi, capacità diverse, ma io credo che la nostra elezione sia dovuta a ciò che ci unisce, cioè il programma basato su idee cristiano-democratiche. Tutti quelli che si sono presentati alle elezioni con programmi estremistici di carattere ultranazionalistico, in altre parole con programmi ancora di tipo comunista, sono stati sonoramente sconfitti. Il mio discorso al Cremlino, che ha avuto una grande risonanza nell’opinione pubblica, conferma che oggi la società è aperta come non mai ad accettare le idee di una democrazia cristiana. La società ha sete di spiritualità, rifiuta le varie forme d’estremismo ed è orientata ad una rinascita democratica e patriottica. Nei paesi dell’Europa orientale post-comunista la società non propende a sostenere i partiti di sinistra, né socialisti, né social-democratici, la società piuttosto propende ad accettare le piattaforme politiche tradizionali, perciò i partiti cristiano-democratici in Europa Orientale hanno avuto un tale successo. Io ritengo che le stesse leggi, gli stessi processi, siano in corso anche nel nostro paese. E' vero che in Russia, cioè nell’epicentro dell’impero comunista mondiale, tutto procede molto più lentamente perché in settant’anni è stato distrutto molto di più, ma tutti questi processi, e la nostra partecipazione ad essi, mi ha dato la ragione di affermare al congresso del Cremlino che il domani della Russia è per quei partiti che si sono orientati sui valori politici tradizionali. Noi siamo perciò convinti che il partito democratico cristiano che io rappresento qui davanti a voi, in un immediato futuro diventerà un’influente forza politica nel nostro paese. In conclusione, vorrei cogliere l’occasione per esprimere la grande riconoscenza mia personale e di molti miei compatrioti ad una di quelle persone che per tanti anni ha servito la Russia e che, con il suo lavoro d’informazione culturale, ha preparato sia i nostri successi sia quello che oggi avviene in Russia: Irina Alberti. L’antico giornale russo che lei dirige è molto diffuso e molto influente in Unione Sovietica e la casa editrice che lei dirige manda in Russia libri molto importanti, molto attuali. Molte grazie anche a tutti voi che partecipate a questo processo.

I. Alberti:

Grazie, non merito, ma comunque grazie. E’ sempre una grande gioia sentire delle parole buone. Ora vorrei dare la parola ad una persona che, per tutto quello che in Russia è avvenuto e che sta avvenendo, ha fatto certamente quanto abbiamo fatto noi, se non di più: Padre Romano Scalfi.

R Scalfi:

L’impossibile cambiamento? C’è un punto di domanda. Rispondo subito in modo categorico: il cambiamento, il cambiamento in meglio nella situazione attuale della Russia è possibile. Non possiamo credere alle leggi oggettive che determinano lo sviluppo della società, non possiamo credere all’utopismo marxista che garantiva, basandosi sull’analisi cosiddetta scientifica, il cammino della società verso le vette luminose e fantastiche del comunismo. Ma non possiamo neppure credere al cinismo utopico che, con altrettanta certezza, prevede la catastrofe generale. Non c’è nulla che determini la storia se non la misericordia di Dio e la responsabilità umana ed entrambe agiscono sotto l’insegna della libertà e non delle leggi oggettive. E’ Dio che fa, la storia e la fa attraverso il cuore dell’uomo. In questo gioco d’energie divine e umane non c’è posto per le leggi oggettive, ma c’è tanto spazio per il miracolo. Il miracolo è sempre possibile per chi crede in Dio e crede nell’uomo, ma non è dal potere che possiamo attenderci il miracolo e men che meno il miracolo della libertà.(…). Detto questo, cerco di dimostrare che puntare sulla possibilità del miracolo è ragionevole, perché la storia (e soprattutto la storia recente) lo conferma. Questo naturalmente presuppone che si ammetta la necessità di un nuovo miracolo. La situazione, come è stata qui analiticamente descritta, è grave, è molto grave, non soltanto da un punto di vista economico, come ha detto bene Heller, ma soprattutto da un punto di vista spirituale ed ecclesiastico perché anche la situazione della Chiesa non è brillante. Questo presuppone ancora che non si creda, come molti in Occidente, che il più sia fatto: il più resta da fare. Puntare sul miracolo è ragionevole perché un grande miracolo è già avvenuto ed è in atto. Le difficoltà e le contraddizioni d’oggi non ci possono far dimenticare il miracolo di ieri e coloro che con Dio ne sono stati protagonisti: i martiri. Ciò che oggi accade è stato preparato da coloro che hanno preferito i lager, i manicomi, le prigioni piuttosto che cedere al compromesso, coloro che hanno scritto per il cassetto aspettando tempi migliori piuttosto che adeguarsi alla menzogna, coloro che, piccoli e grandi, hanno silenziosamente lavorato e preparato la cultura alternativa, la polis alternativa dei senza potere, come la chiamava Havel. Il grande miracolo è che una cultura fino a ieri senza potere oggi possa dettare in qualche modo legge in Russia. Ciò non vuol dire che la maggioranza delle persone aderisca coscientemente e pienamente alla nuova cultura, ma lì dove si pensa seriamente e seriamente si cerca la verità e la giustizia, lì la cultura cristiana occupa un posto preminente e da lì gradualmente estende la sua influenza, pur con diversa intensità, su larghi strati della popolazione. Non si potrebbe comprendere altrimenti come oggi la gente che vota liberamente abbia lo sguardo rivolto verso coloro che la pensano cristianamente. Il grande miracolo d’oggi nella terra russa è il risveglio del sentimento religioso. Dopo più di settant'anni di lotta, la lotta più terribile e intensa per eliminare totalmente dalla società e dall'uomo ogni riferimento religioso, si assiste al risveglio di un sentimento che in molti è ancora vago, incerto, anche ambiguo, ma che sta diventando ciò su cui puntare, non per illudersi, non per cantar vittoria - ho detto che è necessario un altro miracolo - non per nascondere le difficoltà e le possibili involuzioni, ma per farlo maturare in solidarietà cristiana, per farlo maturare in Chiesa. Solo così si può evitare che il sentimento religioso diventi un sentimentalismo, sempre superficiale se non morboso, un intimismo consolatorio invece che una forza trasfigurante, come del resto vuole la tradizione ortodossa russa. In fondo questi sono gli stessi pericoli che incombono sui cristiani dell’Est come sui cristiani dell'Occidente. Vorremmo superarli insieme, consapevoli dei nostri limiti, ma certi della possibilità di un miracolo; più che uniti nella critica, che ormai diventa una morbosità nell’URSS, vorremmo essere uniti nella creatività, per creare insieme una nuova Europa, l’Europa cristiana, l’Europa veramente umana.

I.Alberti:

Con questa conclusione di padre Romano che ha messo veramente a fuoco nella sua globalità il problema odierno della Russia, del suo futuro e del suo rapporto con il resto del mondo, voi avete avuto un quadro completo, onesto e veritiero della situazione russa, un quadro tracciato con partecipazione, non con indifferenza o con il desiderio di un facile successo. Unica speranza è che queste parole restino in voi perché effettivamente le sorti della Russia fanno parte delle sorti dell’Europa e delle sorti di tutto il mondo e quello che lì è avvenuto è un’enorme lezione per tutta l’umanità, una lezione che l’umanità deve saper capire e da cui deve saper trarre le sue conclusioni. Noi vi ringraziamo molto.