giovedì 27 agosto, ore 15

LAVORO INFORMATICA CULTURA

partecipano:

Alfredo Scarfone

amministratore delegato e direttore generale della TXT

Alberto Dapra

vicedirettore generale della Società di Informatica Industriale e Sistemistica (SIIST)

Alvise Braga Illa

già docente al MIT di Boston, direttore generale della Società d’Informatica Industriale e Sistemistica (SIIST)

conduce l'incontro

Paolo Lezzi

L'informatica sta cambiando il lavoro e la cultura dell'uomo. Ma è necessaria una posizione culturale comprensiva di tutti i fattori dell'uomo per utilizzare secondo tutte le sue potenzialità lo strumento-informatica e per far sì che esso non soffochi l'umano nell'uomo.

P. Lezzi

La prima domanda è la seguente: Quali sono, a vostro avviso, le tendenze più interessanti nell'attuale sviluppo dell'informatica?

A. Scarfone

Parlare di tendenze direi che è un termine molto generale. Io vorrei fare una precisazione su come un’azienda è organizzata e quali sono le offerte di computers di informatica che oggi sono disponibili sul mercato, da cui poi desumere quali sono gli sviluppi e le tendenze in atto. Volevo dare un esempio di un'azienda manifatturiera, quindi una società che abbia teoricamente quattro grossi settori: la produzione, la ricerca e sviluppo, l'amministrazione e la finanza, la parte marketing-vendite. Diciamo che in questi quattro quadranti si può ipotizzare un’azienda che opera nel settore manifatturiero. Per ognuno di questi settori abbiamo un grosso sviluppo di informatica, che potremmo definire per comodità in due grandi categorie: un’informatica tecnica e un’informatica gestionale.

Per fare degli esempi: oggi si cerca di progettare, aiutati da un computer, sia per disegnare sia per sperimentare nuove funzioni avendo la macchina che simula il processo del prototipo.

Abbiamo nella produzione anche sistemi per l’automazione, quindi sistemi che servono ad acquisire dei dati e sistemi che possono fare automaticamente delle operazioni di montaggio: parlo di robotica in senso lato. Quindi questo è un primo filone: l'informatica tecnica. Il secondo settore, è l'informatica gestionale, quella che serve all'amministrazione in senso stretto, e quella che serve all’automazione del processo commerciale di marketing. Il fatto nuovo è che è in atto una grossa integrazione tra questi segmenti aziendali. Ormai si sta studiando la possibilità di avere delle reti che possano fare dialogare i vari computer di un’azienda in modo tale che si scambino informazioni e quindi anche il personale addetto ai vari reparti deve imparare a dialogare con altri settori dell'azienda che prima non erano affatto coinvolti nel cielo produttivo. Quindi vediamo come prenda piede la possibilità di collegare insieme computer, anche fatti da diverse case fornitrici, che possono fornire a livello aziendale un servizio specializzato per questi quattro settori che prima ho menzionato. E’ molto importante il discorso degli standard, che diventano il veicolo su cui fare convogliare i dati all'interno di un’azienda. E anche evidente è il trend del collegamento delle reti, vuoi pubbliche, vuoi gestite da privati, cominciare a vedere un’interconnessione dei vari calcolatori a livello del paese, dello Stato e in futuro anche a livello mondiale. Quindi, in pratica, lo sviluppo delle telecomunicazioni e dell'informatica porta in qualche modo a far cadere le barriere di comunicazione che attualmente per esempio non esistono più nel campo del telefono. Questo cambierà sempre di più la possibilità di usare l'informatica in tutti i segmenti aziendali, facendo sì che i vari settori aziendali possano fra di loro dialogare in modo molto più concreto e molto più diretto.

A. Braga Illa

Una tendenza che mi sembra importante è il progressivo aumento del peso dei software rispetto al peso dell'hardware. In un certo senso è un po' come se inizialmente avessimo costruito gli strumenti ma soltanto adesso stiamo veramente imparando ad utilizzarli in maniera, come giustamente diceva Scarfone, integrata. Quindi sempre più software, e questo lo vediamo tradursi in pratica in tante delle nuove iniziative che sorgono. L'hardware non è che diventi meno importante ma diventa sempre più potente, sempre più capace di elaborare rapidamente e velocemente e con costi minori quantità di informazioni sempre più grandi; inoltre si va sempre più standardizzando come componentistica di base. Quindi la prima idea che vi proporrei è che per il futuro bisogna sempre più guardare al software. Anche nelle previsioni di tutte le grandi case di calcolatori la componente software, applicazione quindi dei calcolatori, programmi necessari per farli funzionare, programmi di collegamento tra varie macchine, programmi applicativi veri e propri, diventa la cosa più importante. Un secondo aspetto che mi ha colpito tempo fa è quello che con un’espressione un po' simbolica e un po' sintetica chiamo del "calcolatore invisibile". Se oggi voi vedete le applicazioni nei calcolatori, di fatto voi vi accostate ad una tastiera che vi permette di dare i comandi alla macchina. A parte questo dovete conoscere anche molte cose sul funzionamento interno del calcolatore per poterlo utilizzare. Ora, credo che la tendenza futura sarà di avere delle macchine sempre più facili da utilizzare, quindi che in un certo senso diventano invisibili: stanno dentro ad una procedura, stanno dentro ad un apparato, eseguono la loro funzione, sono evidentemente vitali in questo processo ma la loro funzionalità interna è un accessorio. Un esempio molto semplice: è chiaro che oggi un orologio digitale ha dentro di sé un calcolatore, un microcalcolatore molto minuscolo, ma voi usate l'orologio come un qualsiasi altro orologio, quello che l'orologio vi dà è l'ora, vi fa da cronometro; così il calcolatore all'interno di un automobile che presiede al governo dei freni oppure al funzionamento dell'iniezione elettronica, anche questo voi come utenti dell'automobile non lo percepite. Ecco estrapoliamo questo stesso concetto a tante altre applicazioni in cui, quindi, il calcolatore starà dentro e sarà sempre più facile da utilizzare e voi quello che vedrete è sempre più il processo, l'obbiettivo più che il mezzo.

Si sta facendo grandissima ricerca per arrivare a questa realtà; quindi questi sono sia degli stimoli per noi che dobbiamo immaginare i nuovi sistemi e le nuove macchine sia degli spunti di riflessione per chi invece è un utente. Terzo trend e allo stesso tempo problema importante è quello della produttività nell’esecuzione, nell’incrementazione, nel progetto dei programmi di software.

Si usano linguaggi che stanno diventando sempre più potenti per dire al calcolatore cosa deve fare, ma, in effetti, è un lavoro che è sempre più dispendioso, se devo fare un programma di dimensione doppia è necessario uno sforzo due volte superiore, quindi c'è una proporzionalità fra sforzo dell'uomo e risultato ottenuto. Ecco, questa è una situazione che cambierà in futuro e in parte sta già cambiando con le tecnologie che noi chiamiamo complessivamente dell'ingegneria dei software; si stanno cercando metodi per rendere la programmazione sempre più efficace ed efficiente, linguaggi sempre più potenti, ma qui ci vorrà un ulteriore salto di qualità. Penso che possiamo prevedere ad ogni modo che avverrà questo salto di qualità e quindi anche nel software ci potranno essere delle economie di scala, cioè chi avrà dei mezzi e dei metodi potenti potrà ottenere uno stesso risultato con sforzi, e quindi costi, inferiori rispetto a chi non ha questi metodi e questi strumenti.

A. Dapra

L'enorme evoluzione della capacità di elaborazione dei calcolatori in questi anni, ha provocato un aumento impressionanti della mole dei programmi, quindi del numero di istruzioni che bisogna progettare, che bisogna realizzare. Se si vanno a vedere alcune interessanti statistiche fatte dal dipartimento della difesa americano, che è uno dei più grandi compratori di software, il numero dei progetti software che vanno a buon fine, che quindi vengono utilizzati subito dopo che sono stati consegnati senza modifiche, non supera il cinque per cento rispetto alla totalità. Una grandissima percentuale di progetti non arriva a buon fine o comunque il sistema che è stato progettato non é potuto essere utilizzato o é dovuto essere rifatto. Queste cifre, che secondo me sono abbastanza impressionanti, indicano con evidenza che all'enorme sviluppo della capacità di calcolo degli elaboratori non ha corrisposto un analogo sviluppo nella progettazione del software. Quindi nel futuro lo studio di metodi e di strumenti che consentono di progettare il software in modo affidabile, corretto e capace quindi di essere riutilizzato, sarà uno dei filoni più interessanti.

Del sistema software a tutt'oggi non si conoscono le leggi matematiche che sono in grado di descriverne il comportamento e quindi di prevedere cosa succede se si cambia qualche cosa. Infatti, esiste tutto un filone di ricerca abbastanza attivo, sia negli Stati Uniti che in Europa, che cerca di formalizzare il processo di sviluppo del software, cioè di trovare leggi, regole, formule che permettono in qualche modo di prevedere e di saper prevedere nell'ambito del software.

P. Lezzi

E’ in corso a Milano, per la prima volta in Italia, la decima conferenza internazionale sull'intelligenza artificiale. Come può essere definita in maniera semplice l'intelligenza artificiale e quali sono gli sviluppi più interessanti di questa tecnologia?

A. Braga Illa:

L'una domanda abbastanza difficile, ma direi questo: anzitutto dovete pensare a questa espressione "intelligenza artificiale" come un termine tecnico, cioè non si tratta, come fanno spesso i giornali, di discutere se il calcolatore potrà o no diventare umanoide. La risposta a questi quesiti evidentemente è sempre no. Il calcolatore eseguirà quello che noi con la nostra capacità saremo riusciti a mettergli dentro, quindi non perdiamo tempo in queste disquisizioni. Diciamo che il nome, felice o infelice, è comunque un nome tecnico. Intelligenza artificiale si riferisce a un insieme di tecniche di software che sono diverse da quelle tradizionali. Ho detto prima che in un programma tradizionale grosso modo le istruzioni sono istruzioni semplici, elementari che si eseguono una per volta; ora si stanno trovando nuovi metodi di programmazione che consentono di guardare ad un problema non solo in termini numerici ma anche in termini simbolici, quindi allargati.

Che cosa ci si ripropone di fare? Ci si propone di rendere il calcolatore più efficace per affrontare problemi di supporto alle decisioni; sapete che sono stati realizzati sistemi di supporto al medico nella diagnostica, oppure robot intelligenti aventi dei sensori che poi comunicando con il calcolatore del robot permettono a questo robot di prendere delle decisioni elementari, in maniera efficace e tempestiva, con un comportamento che approssima, in certe situazioni, il comportamento umano. Ho citato questi due problemi per darvi un idea più concreta di quello che ci si può attendere in un futuro dall'intelligenza artificiale. Oggi lo stato dell'arte è che si stanno realizzando dei cosiddetti sistemi esperti nei quali vengono inserite, oltre che le istruzioni del programma, anche le conoscenze su un certo settore applicativo che permettono a questi programmi di dare dei "consigli" agli operatori su certi fatti; tipico il programma di diagnostica per medici. Definirei sinteticamente l'intelligenza artificiale lo sforzo per far sì che il calcolatore diventi una macchina capace di un comportamento che approssimi le reazioni dell'uomo in determinate e specificate situazioni tecniche meglio di quanto faccia oggi.

P. Lezzi

Vorremmo adesso affrontare il problema dell'informatica in rapporto con la realtà sociale. Indubbiamente l'informatica è una grossa opportunità di lavoro per i giovani: per questo la formazione ha una funzione chiave in questo campo. Qual è la vostra opinione sull'offerta di formazione che c'è attualmente nel campo dell'informatica in Italia?

A. Dapra:

La situazione per quanto riguarda la formazione si potrebbe definire, con un termine gentile, confusa, nel senso che sul mercato si trova veramente di tutto e a tutti i prezzi: capita abbastanza frequentemente incontrare i giovani che hanno frequentato un corso di basic e che hanno speso un milione per sessanta ore di lezione, quattro ore alla settimana per tre mesi; questo corso praticamente non serve a nessuno se non a quelli che l'hanno fatto e che si sono fatti pagare un milione. Esiste poi una carenza per quanto riguarda l'istruzione pubblica soprattutto, a mio avvio a livello del diploma.

C'è indubbiamente l'esigenza di una figura intermedio tra il laureato e il diplomato che ha una preparazione tale per cui difficilmente è in grado di inserirsi pienamente nello sviluppo professionale. E una esigenza che viene avvertita dall'istruzione pubblica, tant'è vero che so di diverse iniziative universitarie che si muovono per creare scuole di informatica di livello intermedio tra la laurea e il diploma. Un'altra esigenza, molto significativa, è che dato il fatto che l'informatica è una tecnologia in continua evoluzione, non è pensabile una formazione statica: cioè è necessaria una formazione dinamico, in continua evoluzione, perché se si insegnano le cose consolidate, si insegnano cose che andavano bene dieci anni fa. Per questo a mio parere c'è la necessità anche di un nuovo tipo di istituzione scolastica che sia, da un certo punto di vista, più legata al mondo industriale, ma soprattutto più capace di seguire il dinamismo dell'evoluzione della tecnologia. E un modo per seguire questo dinamismo è che siano coinvolte nell'insegnamento persone che la tecnologia la utilizzano o addirittura la producono: non ho nulla contro i docenti a tempo pieno, però sembra che uno dei modi attraverso cui è possibile stare al passo con questa tecnologia in evoluzione, sia proprio questo. Io mi riferisco in particolare ad una esperienza che è stata fatta a Milano da una associazione che molti di voi conoscono e che si chiama "Associazione Blaise Pascal", con l'idea di insegnare un mestiere a dei giovani disoccupati, in cui una delle idee chiave del successo (in questi anni sono stati formati più di centocinquanta allievi i quali hanno tutti trovato un posto di lavoro) è che gli insegnanti sono delle persone che lavorano nelle aziende, quindi persone che sono continuamente in contatto con l'evoluzione della tecnologia e quindi in grado di stare al passo del mutamento.

Perciò, accanto ovviamente alla necessità di un miglioramento dell'istruzione "pubblica", mi sembra estremamente interessante sperimentare nuove forme di istruzione, proprio perché l'evoluzione e l'atipicità dell'informatica crea nuove problemi che vanno affrontati con nuove strutture.

A. Scarfone

Un tentativo che si sta facendo in una scuola a Cernusco sul Naviglio, mi pare possa dare un esempio di come potrebbe essere l'informatica nella scuola.

Dico Cernusco perché è vicino all'azienda dove io opero e abbiamo fatto, ormai da cinque anni, un programma di alternanza scuola-lavoro. Durante l'estate vengono dei ragazzi a fare degli stages da tre o da cinque settimane e hanno incominciato ad usare in modo abbastanza corrente questa apparecchiatura. Per esempio il personal computer è a disposizione dei vari studenti che possono da soli scrivere dei programmi e loro stessi fanno del software didattico: non c'è bisogno di darglielo preconfezionato. Oppure gli insegnanti possono usare un sistema di posta elettronica all'interno della scuola per comunicare fra di loro. Cioè in altri termini l'insegnante utilizza la macchina nell'ambito delle sue normali attività. Questo secondo me è quello che ancora manca nell'uso dell'informatica nella scuola.

Non deve essere una materia sovrimposta o appiccicata a tutto il resto, ma deve essere un contenuto da sviluppare in ciascuna delle varie attività di insegnamento. Un altro esperimento interessante è stato fatto a Bari, a Tecnopolis, dove abbiamo costruito una scuola per progettisti meccanici; anche lì avevamo dei giovani laureati che hanno seguito dei corsi e si sono appassionati creando loro stessi una piccola società che fa formazione per le aziende della zona.

A. Braga Illa

Io credo che, visto nella prospettiva storica, il fenomeno dell'informatizzazione possa essere paragonato come importanza all'invenzione della stampa da parte di Gutenberg qualche secolo fa. Credo che questa non sia una esagerazione. Anche allora sicuramente il processo di diffusione della nuova tecnologia richiese alcune de- cine di anni e i calcolatori da noi esistono nel mondo da circa una trentina di anni. Allora il problema è quello dell'apprendimento diffuso a livello giusto e a più livelli da parte di moltissimi di noi, da parte di tantissimi giovani, di queste tecnologie. E’ un fatto assolutamente inevitabile e imprescindibile, a mio modo di vedere, per il progresso economico delle nostre comunità.

P. Lezzi:

Un'ulteriore domanda riguarda il binomio informatica-cultura: esiste a vostro parere una posizione culturale, di fronte a questa diffusione dell'informatica, capace di valorizzare il buono senza lasciarsi dominare da un nuovo cosiddetto messianismo tecnologico?

A. Scarfone

Io credo che la tecnologia di per sé sia ovviamente un fatto neutro, che può essere utilizzato, come tutti sostengono, per il bene e per il male, però, di fatto, accanto alla tecnologia, si è diffusa in Occidente un'ideologia della tecnologia, una posizione culturale che come tale, quindi, non è neutra, ma frutto di una certa concezione del- la vita e delle concezione della realtà. Esiste comunque la necessità, oggi perlomeno, anche per sfruttare al meglio i vantaggi della nuova tecnologia, di una posizione culturale che sia comprensiva di tutti i fattori dell'uomo, che metta veramente l'esperienza umana al centro della questione e che consideri tutto il resto come uno strumento, come qualcosa che può potenziare le capacità umane. Da questo punto di vista, per ritornare al discorso dell'intelligenza artificiale, l'unico modo serio per parlarne è come di qualcosa che può potenziare le capacità dell'uomo, ma certo non sostituirvisi. Quindi io credo che sia possibile oggi, non solo distinguere tra la tecnologia e l'ideologia che questa tecnologia si porta dietro, ma anche far crescere una diversa posizione culturale che utilizzi diversamente, e magari anche diversamente produca, gli strumenti tecnologici.

A. Dapra

C'è questo pericolo, che specialmente il computer affascini in un modo totalizzante chi è addetto ai lavori, oppure possa in qualche modo dominare la creatività dell'uomo rendendolo esecutore e basta, cioè uno che riempie i dati nel computer tutto il giorno.

Io penso che la risposta a queste due problematiche o pericoli nasce da come uno vive la propria vita, ma questo vale per l'informatica come per la famiglia, per il lavoro come per la carriera; se uno ha un giudizio sereno sulla sua realtà e nei confronti delle persone con cui si rapporta, allora anche il giudizio sull'informatica diventa libero e diventa come un giudizio su qualunque altro mezzo che uso nella mia vita tutti giorni. Però è anche vero che questi strumenti possono essere effettivamente usati in un modo totalizzante e opprimente; per rispondere a questo pericolo la risposta è effettivamente l'acculturamento, il sapere dominare e conoscere il mezzo con cui si opera, quindi la curiosità sana che ognuno deve avere prima di schiacciare un tasto. E se non ha a portata di mano chi gli spiega le cose deve cercarlo, perché secondo me questa è la risposta più completa a questa "invasione" dell'informatica. Per il resto l'equilibrio della propria vita si basa su valori morali, sui valori del rapporto con gli altri, che sono il fondamento per un giudizio libero di fronte alla scienza dell'informatica.

P. Lezzi

E’ possibile oggi, a vostro parere, un intervento dei cristiani o di chi comunque abbia una vera passione per l'uomo, che non si limiti a cercare di attutire i danni provocati da un uso scorretto di queste nuove tecnologie, ma che sia capace di porre le basi per una diversa creatività nella loro produzione e nella loro diffusione?

A. Braga Illa

Io credo personalmente che la creatività dell'uomo e tutte le attività creative hanno la loro radice nei valori: ora, certo, su questo bisogna innestare competenza, conoscenze tecniche, duro lavoro di approfondimento dello specifico, però certamente l'informatica, che richiede grande creatività, ben si avvantaggia se l'uomo ha una profonda motivazione, ha dei valori ideali da cui si muove e partendo da questi vuole costruire.

A. Dapra:

L'esperienza cristiana costituisce, di fatto, una esperienza che mette in grado o comunque fa venire il desiderio di giudicare tutto quello che uno incontra e quindi di giudicare anche il proprio lavoro, di giudicare anche gli strumenti che si stanno utilizzando.

Una posizione culturale che sia in grado di tener conto di tutti i fattori dell'uomo, che sia in grado di tener presente tutti gli aspetti della sua umanità; non dico che possa portare a utilizzare meglio l'informatica necessariamente, oppure a creare dei nuovi prodotti o delle forme nuove di intervento, però è sicuramente il modo a mio avviso più interessante per sfruttare al meglio le potenzialità che queste nuove tecnologie possono dare.

Da questo punto di vista già la stessa esperienza seppure iniziale della Compagnia delle Opere, o l'esperienza già citata della "Associazione Blaise Pascal", secondo me sono tutte esperienza che possono mettere le basi per una creatività e per un intervento più attento e creativo dell'esperienza cristiana anche nel mondo delle nuove tecnologie.