Venerdì 28 agosto 1981

STORIA ED ESPERIENZE DEL POPOLO BASCO

Prof. Josè Ramon Scheifier:

Condirettore dell’istituto di Studi Baschi dell’Università di Deusto (Bilbao);

On. Giovanni Bersani:

Deputato ai Parlamento Europeo.

G. Bersani:

Cari amici, il tema di questa sera e la personalità amica che viene a svolgerlo, si innestano perfettamente nella tematica generale dei nostro Meeting che riguarda l’Europa come comunità di popoli e di culture. L’ospite che noi abbiamo questa sera, Scheifler, è persona indicatissima per presentarci uno di questi aspetti singolari che la problematica di una comunità nuova di popoli e di culture presenta di fronte a noi. Egli viene qui per presentarci questa sera la realtà dei popolo basco, la realtà dei "paìs basco", cioè una di quelle componenti così pregnanti, così originali della realtà europea, sulla quale noi possiamo misurare il cammino che abbiamo fatto e soprattutto quello che dobbiamo compiere, con la collaborazione di tutti, per far evolvere questa realtà in senso autenticamente comunitario. Scheifler è persona altamente qualificata, ha compiuto studi filosofici, biblici, ha lunga esperienza dei problemi dei terzo mondo, specialmente dell’America Centrale, dove abbiamo oggi aree di straordinaria drammaticità sul piano delle relazioni mondiali e soprattutto sul piano dei diritti dell’uomo e della libertà dell'uomo, come in S. Salvador, in Guatemala, Costa Rica e in molti di questi Paesi in cui egli è stato e di cui è stato, in un certo senso, protagonista. Così va detto per i problemi dell’America dei Sud, e di tanti aspetti culturali e sociali di questa realtà fondamentale dei mondo contemporaneo. Per gli studi che egli ha compiuto, per le esperienze che ha vissuto, per il modo com’egli ha cercato di ancorare la soluzione di questi problemi ad una visione religiosa e ad un’ispirazione teologica dei suo pensiero e della sua vita, certamente Scheifler è persona che ha tutte le ragioni per essere in mezzo a noi, come un testimone e come un maestro. Il problema si colloca molto bene nel quadro dei tema generale dei Meeting: l'Europa, i fondatori e soprattutto Robert Schumann e Alcide de Gasperi, la vollero come una comunità d’uomini, di culture, di destini. Da questo punto di vista il cammino che dobbiamo compiere è immenso. Ci sono certo problemi istituzionali e democratici attorno ai quali noi, come abbiamo visto l'altra sera con Colombo, con Simone Veil e con altri amici, dobbiamo impegnare le forze politiche e la responsabilità di tutti gli europei. Ma se non affronteremo con una capacità creativa nuova i problemi di fondo che riguardano l'evoluzione dei popoli, le sintesi delle culture, una realtà nuova, comunitaria e solidale, invano noi avremo risolto altri problemi. Sul piano delle regioni, delle comunità territoriali e sul piano delle comunità etniche il problema è diventato, in questi ultimi anni, drammaticamente urgente. Sul piano dell’evoluzione regionalistica e degli enti locali dobbiamo riconoscere che si sono compiuti passi importanti. L’Europa sta diventando l’Europa degli Stati e delle regioni, la battaglia regionalistica e municipalistica è una delle linee fondamentali per umanizzare e costruire, su un piano di una ricca partecipazione dal basso, questa comunità. Ma l’altro grande problema è quello delle comunità etniche; lo stato nazionale ha compresso in modo grave l’articolazione delle varie comunità etniche e linguistiche che costituiscono la grande ricchezza dell’Europa. Abbiamo allora fermenti da tutte le parti, abbiamo (noi lo vediamo nella stessa Strasburgo, nel cuore dell’Alsazia) in questi giorni il problema della Corsica, i problemi delle autonomie reclamate sul piano culturale da molte etnie, e noi italiani abbiamo vissuto e viviamo l'esperienza dell’Alto Adige con le comunità di lingua tedesca e con le comunità di lingua ladina. Ma, entrando, ho salutato amici di Saluzzo e delle Valli dei Piemonte dove sta rinascendo - quella grande corrente di pensiero, d'arte, di poesia, che viene a noi dal Medio Evo e che si chiama il Movimento Occitano, nato appunto nel Medio Evo in Provenza e nelle alte vallate delle Alpi. Fenomeni di questo tipo li abbiamo dappertutto: essi toccano punte drammatiche; ho citato la Corsica, dove abbiamo avuto migliaia d’attentati in questi ultimi anni. Sappiamo quali aspetti difficili e drammatici abbia avuto la vicenda dell’Alto Adige nel nostro paese. Ma direi che la vicenda dei popolo basco è emblematica, per tanti aspetti peculiari che, al di là tuttavia di questa caratterizzazione così forte di problemi e delle comunità dei Paese basco, indicano linee sulle quali noi dobbiamo camminare, se vogliamo fare evolvere in senso veramente comunitario la costruzione nella quale siamo impegnati. Ecco perché siamo grati a Scheifler di essere questa sera in mezzo a noi ed io vorrei pregarlo a nome di tutti voi di introdurre il tema, presentando innanzi tutto i connotati d’identità che fanno del popolo basco una componente cosi singolare, così straordinaria, della grande famiglia dei popoli della nostra Europa. Ora la parola al prof. Scheifler dell’Università di Bilbao.

J. R. Scheifler:

Prima di tutto vorrei fare una precisazione. Io non so se siamo tutte queste cose che ha detto l’On. Bersani, sono certo però che sto qui non come teologo, ma come giornalista che lavora da cinque anni per la pace della terra basca, per la difesa dei diritti dei popolo basco e per l’amicizia fra i popoli. E’ per questo che io, che comunque seguo l’insegnamento biblico all'Università, ho trovato tempo per questo lavoro giornalistico, nel quale uno deve ammettere anche il pericolo di essere ammazzato per la fede nell'uomo, che è lo stesso della fede in Dio e della fede in Cristo. Fra le nazioni, come fra le persone, non sempre si conservano in adeguate proporzioni il potere e i diritti; mentre non vi sono popoli né individui con maggiori diritti che altri, è vero tuttavia che esistono coloro che, conseguito un maggior potere, cercano di diminuire in proprio favore i diritti degli altri. Il popolo basco è una piccola comunità in un piccolo territorio racchiuso fra la Francia e la Spagna, senza potere. Per quasi tutta la durata della sua storia ha visto danneggiati, limitati, i suoi diritti da parte dei potenti: questo fa sì che l'aspetto esterno della sua storia, si riveli come una lotta ininterrotta per mantenere o per riconquistare i suoi diritti. Data la scarsa rilevanza dei popolo basco nell'ambito della storia dei potenti, la sua difficile esistenza e le sue caratteristiche culturali sono uscite assai scarsa -mente dall'ambito nazionale e per lo più solo nell'ambiente erudito. Molte delle voci che in questi ultimi anni, hanno reso noto in tutto il mondo il nome dei popolo basco non sono state purtroppo, attraverso l'organizzazione armata dell’ETA, né le più umane, né le più adatte a promuovere l’amicizia fra i popoli. Voglio fare qui a titolo informativo una sintesi di alcuni punti che possono servire da base per il proposito di questo congresso. Euskara, la lingua basca. Se è possibile parlare di un popolo basco lo si deve alla lingua che una parte di questo popolo ancora oggi parla: l'euskara. A tal punto questa lingua incarna e segna l'identità, sebbene problematica dei popolo basco, che il filosofo castigliano Tovar ha potuto concludere così il suo ultimo libro sull'euskara: In questo libro abbiamo cercato di raccogliere le origini di questa commozione che è riesplosa nel nostro tempo, questa commozione: il "basco". La commozione alla quale egli allude è il risorgere della coscienza nazionale basca, dentro lo stato spagnolo. Particolarmente con il suo aspetto violento o di lotta armata, ha commosso e commuove, ha smosso e smuove, come nessun altro movimento, i fondamenti e la stabilità dell'incidente democrazia spagnola. L’affinità dell'uomo basco con la sua lingua salta alla vista e all'udito, perché già il nome che l'uomo basco dà a se stesso significa possessore dell'euskara (persona capace di parlare l'euskara) e la parola Euskadi (il nome dei popolo basco) significa la riunione politica degli stati di lingua basca. Il filosofo Mit Selena ha costatato: "La lingua basca è la testimonianza più fedele, anche se non sempre di facile interpretazione, dei nostro passato". Queste caratteristiche sono comuni all’euskara (le caratteristiche che la definiscono come lingua propria e autonoma) benché nel corso dei tempo si siano determinate una serie di differenze che permettono di parlare oggi di sei diversi dialetti: il biscaglino (Biscaglia), il guipuzcoano e l'alto navarrino nel paese basco peninsulare, cioè nella parte dei paese basco inclusa nello stato spagnolo; l'abortano, il basso navarrino e il suletino nel paese basco continentale, cioè la parte inclusa nello stato francese. Il fenomeno della frammentazione linguistica è inevitabile, quando non muovono in forza contraria altri elementi extra linguistici decisivi. Essendo presenti questi fattori extralinguistici, ha luogo nelle lingue il fenomeno opposto, quello della unificazione linguistica. Dopo millenni di storia si è creato, con obiettivi fondamentalmente pratici, un "euskara" unificato, il "batua", che non coincide con nessuno dei dialetti storici. Nonostante l'opposizione frontale dei basco-parlanti, dei dialetti più distanti dal basco unificato, questo si sta introducendo nelle scuole. Se da un lato esistono testimonianze storiche, in forza delle quali risulta che il basco si parlava già 3000 anni fa in tutta la Francia pirenaica (e attuale paese basco) e se risulta che nel Medio Evo l'uso dei basco si estese a sud fino alle stesse porte della città di, Burgos (nella vecchia Castiglia), è anche vero che molto presto il basco subì la pressione d’altre lingue da parte di popoli più forti e numerosi, i popoli iberici e indoeuropei. Soprattutto sui versante mediterraneo dei paese basco (la Conca dell'Ebro) il latino prima e la lingua romanza dopo cominciarono a guadagnare terreno e ad un autentico bilinguismo successe abbastanza presto il dominio quasi esclusivo della "erdera", la lingua straniera, fino alla perdita totale della lingua autoctona in ampie regioni dei paese basco: la riviera della Navarra e il Nerbione (che sarebbe la parte industrializzata della provincia della Biscaglia, di Bilbao) e così nelle principali città: Pampiona, Vitoria e Bilbao. Un altro fenomeno, quello dell'immigrazione dalla Castiglia, dall'Estremadura, ecc., soprattutto a seguito dello sviluppo industriale e per gli interessi politici, ha posto la lingua basca in una situazione quasi di agonia, acutizzata ultimamente dall'invasione della televisione, che ancora oggi è trasmessa esclusivamente in castigliano (cioè in quello che comunemente è chiamato spagnolo). Si devono sottolineare ulteriori fattori che spiegano la progressiva ritirata dalla lingua basca. Per lo meno da quando le regioni basche furono incorporate nel regno di Castiglia, il castigliano apparve nel paese come l'idioma dei potere e di una cultura predominante e dilagante. Molti basco-parlanti cominciarono a soccombere a una specie di complesso di villaggio, cominciarono a vergognarsi di parlare la loro lingua e preferirono esercitarsi in quella altrui. De Unamuño disse: "L'euskara non si salverà fino a quando non si metterà la cravatta", (fino a quando non sceglierà di essere una lingua di città). Il centralismo praticò, da allora, una sottile persecuzione: l’insegnamento obbligatorio si fece solo in castigliano e si giunse a proibire, e anche a castigare, ogni uso dell’euskara nella scuola, persino nei momenti della ricreazione. Così si è giunti alla situazione odierna: molti baschi, etnicamente, volontariamente, affettivamente baschi, ignorano la loro lingua, non sono baschi nel senso originale della parola basca (possessori della lingua basca).Attualmente sono circa 600.000 i basco-parianti su un totale di 3.000.000 di residenti nel paese basco. Fra questi, nelle varie zone, i nati fuori dal paese o figli di emigranti giungono ad essere il 40%. Per tutti i motivi detti prima, è meravigliosa la tenace fedeltà di una piccola comunità che ha saputo mantenere viva e in pieno esercizio la sua lingua in un ambiente poco favorevole. L'attuale rinascita dell'euskara in mezzo ad enormi difficoltà permette di sperare nella sopravvivenza di questo antichissimo strumento di comunicazione umana. L'etnia basca. Una lingua millenaria "in situ", caratterizzata e legata a un’antichissima comunità che ha visto passare sul proprio territorio altri popoli dai quali ha assimilato molte cose e nei quali si è come diluita. Le scoperte archeologiche hanno dimostrato che la cosiddetta "razza basca" si è anch'essa formata "in situ". L'attuale uomo basco, antropologicamente parlando, non è una persona immigrata nel suo paese. Senza osare parlare, come Miguel de Unamuño, del genio dello spirito della razza basca, si potrebbe parlare, come di qualcosa di molto vicino a questa realtà psicosociologica basca, di queste caratteristiche tipiche dei baschi.

Primo: l'importanza del l'affermazione della personalità individuale e di tutto ciò che concerne la sua libertà.

Secondo: l'affermazione che la persona non è tale se non in quanto è subordinata agli interessi dei gruppo familiare.

Terzo: la vocazione universale. Sia per necessità sia per inclinazione al rischio e all'avventura, i baschi si sono lanciati molto rapidamente nel mondo, soprattutto attraverso i mari. La pesca della balena e dei baccalà ha spinto navi basche a Terranova e alle coste del Canada. Per ragioni di carattere economico e idealista i baschi percorrono e si radicano nel mondo, soprattutto nell'America Latina e nelle montagne degli Stati Uniti. Se dovessimo riassumere in due parole il carattere universalista dei baschi si potrebbe parlare di due persone: Eleano e Xavier.

Costituzione giuridico-politica. La costituzione politica dei basco è il cosiddetto "fuero". Il fuero è la situazione politica in cui vive il popolo, gli usi e i costumi con i quali egli si regge, quindi un diritto consuetudinario pubblico e privato nello stesso tempo. Le codificazioni dei fuero basco sono recenti, risalgono al sec. XV, ma il fuero di Guipuzcoa, cioè la provincia di S. Sebastiano, è tanto antico come il Guipuzcoa stesso, che esiste fin dalla preistoria. L'essenziale dei fuero consisteva, in questa antica istituzione politica, nel fatto che ognuna delle sei unità politiche che costituiscono il paese basco erano sovrane, padrone dei propri destini, indipendenti fra loro e anche dalle entità politiche che le circondavano. Queste affermazioni, corrette nel loro insieme, richiedono delle precisazioni nell'inquadramento storico. L'uomo basco ha vissuto un regime interno di libertà o di sovranità in diverse forme politiche. Queste non furono sempre elettive, e quando lo furono le loro motivazioni si basavano soltanto sulla preoccupazione di affermare la sovranità. Ragioni molto spesso economiche, sia dei baschi che degli stranieri, basate soprattutto sulla forza, condizionarono la storia politica basca. Dai primi tempi storici, ci sono rimaste le descrizioni dei Romani, che parlavano di noi come Vascones, Vardulos, Caristios, Austrigones, da oriente ad occidente dell'attuale paese basco, con frontiere naturali fra di loro. I Visigoti non dominarono totalmente i Guasconi (Guascone è un'altra parola per indicare Basco). Durante la dominazione dei Franchi, i Baschi furono in parte assoggettati, in parte rimasero liberi. Al principio dei Medio Evo, nei secolo Vili sorsero degli Stati baschi chiaramente differenziati, con un'identità di fondo ancora priva di una chiara coscienza nazionale. Nell'824 si incorona il primo re di Navarra, nel 1004 tutto il popolo basco ha un'unità politica sotto Sancio il Grande di Navarra. Nel 1200 si separano dal regno Guipuzcoa e la Biscaglia, che, poco più tardi, si incorporano volontariamente nella corona di Castiglia. La restante parte peninsulare dell'antico regno di Navarra è conquistata dal duca di Alba agli ordini di Ferdinando il Cattolico nel 1512. Così sotto il regno di Enrico IV di Francia, il quale governa anche i territori baschi aldilà del Pireneo, questi entrano nella mappa politica dello Stato francese, come quelli dei Sud erano entrati nella mappa dello Stato spagnolo. Nonostante quest’incorporazione alle corone di Castiglia e di Francia, gli stati baschi conservarono la loro sovranità nell'ambito di quelli che sono chiamati i fueros. I monarchi di Spagna e di Francia erano tenuti a giurare fedeltà ai fueros, prima dì essere riconosciuti come signori o re. Quindi erano re contrattuali, non assoluti. Grazie ai fueros, gli stati baschi furono capaci di stipulare trattati internazionali su un piano d’uguaglianza. La Biscaglia stipula un trattato con l'Inghilterra nel 1351 e nel 1353 a proposito della libertà di pesca sul mare. Guipuzcoa stipula un trattato analogo nel 1482. Negli atti del trattato d’Utrecht fra Inghilterra e Spagna si escludono dalle pattuizioni i porti di Guipuzcoa e della Biscaglia perché non sono soggetti alle leggi della Castiglia. Tuttavia questi fueros (o libertà dei baschi) sempre più andarono a scontrarsi coi carattere assoluto delle monarchie spagnole e francesi. Inizia un processo di debaschizzazione dei paese: generalizzazione delle lingue straniere, il Castigliano e il Francese, debaschizzazione religiosa - occupazione delle sedi basche da parte di vescovi estranei al paese - ed etnica - immigrazione, soprattutto nel territorio peninsulare. Ferdinando il Cattolico coltivò l'idea di popolare la Navarra con discendenti di musulmani spostati da altre zone. Recentemente tutto questo processo si è accentuato nella parte peninsulare, cioè in quell’inclusa nello stato spagnolo, nella quale la pressione dello sviluppo economico è stata molto maggiore che nella parte continentale, quella inclusa nei confini francesi. L'affermarsi dei liberalismo in Spagna con la Costituzione dei 1812, cioè dei giacobinismo, con il suo principio di un unico paese con una sola legge, oppose ai fueros l’unità costituzionale della monarchia spagnola. Perdute le guerre Carliste, vennero aboliti i fueros, nel 1839 e nel 1876, ed è proprio in uno dei momenti di maggior prostrazione del popolo basco, nel 1882, che sorge il nazionalismo o ideale nazionalista basco. Schiacciato brutalmente durante la guerra civile spagnola e quarant'anni di dittatura, risorge con vitalità insospettata prima dell'inizio della trasformazione democratica. Però da allora la composizione del nazionalismo basco si è resa più complessa. Al suo inizio, nel 1882 e negli anni seguenti, il nazionalismo basco, con coscienza dell’identità della nazionalità basca, si esprimeva principalmente e anche in certi casi esageratamente, a livello linguistico, a livello di razza, d’origine accreditatamente basca, di religiosità. Il maggiore pericolo per questa coscienza e concezione era costituito dall’emigrazione spagnola nel paese basco, che per lo più era di sinistra, antireligiosa e antinazionalista. Durante la guerra civile, la dittatura e i diritti dei popolo basco furono conculcati nella quasi totalità, restarono soltanto delle istituzioni, dette "conciertos ecomicos", nelle province di Alava e di Navarra. La resistenza fu per molti anni impossibile e poco efficace: la resistenza civile era rappresentata dal governo basco in esilio e da numerosi baschi in esilio con lui. Non pochi furono impegnati poi nella guerra contro Hitler, a fianco degli alleati, nei battaglioni baschi. Tutti questi furono abbandonati alla loro sorte dopo la vittoria alleata e l'inizio della guerra fredda, cioè la loro causa venne tralasciata. All'interno (a parte uno sciopero generale dei 1947) la lotta si concentrava soprattutto nella celebrazione dei "Aberri e guna", giorno della patria basca, celebrazione duramente perseguitata. Nel 1960 il clero basco (parte di esso), che anche durante la guerra civile aveva mantenuto una condotta completamente diversa da quella dei clero spagnolo generalmente parlando, lanciò una protesta pubblica comune, firmata da 339 sacerdoti, contro l'oppressione e il genocidio dei popolo basco. Nello stesso decennio, da una generazione del tradizionale partito nazionalista basco, una generazione che non aveva conosciuto la guerra, i giovani di questo partito, sorge l'organizzazione ETA, "Euscadi ta Ascatasuna": il paese basco e la libertà. Quest’organizzazione mirava alla libertà d’Euscadi, da ottenere con tutti i mezzi, compreso quello delle armi. Fu questo che ben presto caratterizzò quest’organizzazione e la rese famosa. La sua violenza armata fu in principio moderata e rispettosa delle vite umane e con questo si creò un movimento abbastanza generalizzato di simpatia e d’appoggio a quest’organizzazione. Il processo di Burgos celebrato contro attivisti dell'ETA fu l'inizio dello sprofondamento, dei crollo dei franchismo. Franco sarebbe morto alcuni giorni dopo l'esecuzione della condanna a morte di due militanti dell'organizzazione ETA, uno di questi di 18 anni. All’ideologia esclusivamente nazionalista dell'inizio se n’aggiunse un altra socia e, che fu la causa di molteplici divisioni e sottodivisioni di quest’organizzazione. Due cose caratterizzano oggi le organizzazioni che continuano ad usare la sigla ETA: una recrudescenza, un perfezionamento della sua lotta armata e una grande sottolineatura di un, suo programma sociale rivoluzionario fondamentalmente marxista-leninista. Con questi nuovi fattori, la divisione dentro il popolo basco e dentro lo stesso movimento nazionalista basco diviene più completa; questa divisione diventa più grande e si approfondisce e anche si increspa con il cominciare della democrazia e con il riconoscimento dello statuto basco d’autonomia e con la fondazione dei secondo governo basco in un'Euscadi, ridotta a tre province, senza la Navarra. Socialmente e politicamente la situazione attuale dei popolo basco si potrebbe schematizzare come segue: nelle tre province d’Alava, Guipuzcoa e Biscaglia, caratterizzate da uno statuto d’autonomia, questa è la situazione: una parte ridotta della popolazione, tradizionalmente molto vicina all’oligarchia basca e spagnola, più spagnola che basca, tollera lo statuto d’autonomia e lo difende più per interessi politici di Madrid e della democrazia spagnola che per convinzione. Una parte, formata da immigrati e discendenti d’immigrati tradizionalmente della classe operaia e antibaschi, si sta evolvendo verso una maggiore integrazione affettiva, politica e anche linguistica. Alcuni di costoro giungono a militare nei gruppi baschi più radicalizzati, d’appoggio diretto o indiretto all'ETA. Al contrario diminuiscono i settori fedeli alla tradizione centralista e antibasca dei movimento operaio, di questo settore di massa operaia dei paese. Coloro che tradizionalmente sono baschi e con sentimenti nazionalisti sono acutamente divisi, soprattutto in quanto alla forma che dovrà avere una nuova futura società basca e ai mezzi democratici o violenti per conseguirla. La presenza attiva dell'ETA, con la sua attrazione sul settore radicalizzato e giovanile della società basca, è un detonatore determinante di questa divisione. L'atteggiamento dell'ETA politico-militare, che, tramite un gruppo politico più esteso sembra muoversi verso i metodi democratici, è quanto meno confuso. Il gruppo attualmente al potere, rappresentato dal governo basco, è l'erede del nazionalismo basco tradizionale nella linea delle democrazie occidentali. Questo è il quadro della situazione politica nel paese basco. La crisi economica ha colpito particolarmente questa parte dei popolo basco: la ripercussione della crisi mondiale soprattutto nella siderurgia, le conseguenze economiche dei franchismo e l'azione dell'ETA in campo sindacale e nel campo dei rapporti di lavoro, mediante la coazione e il terrore, hanno creato in questa parte dei paese una specie di caos e di riflusso. La situazione descritta ha le sue ripercussioni in quelle componenti dei popolo basco, che non fanno parte della realtà storica d’Euskadi, cioè nelle tre province che sono incluse nello stato francese. La Navarra è un'incognita, chiusa fra gli estremismi di diverse tendenze, fra regioni geografiche molto diverse e tra maneggi politici dei partiti. L'Euskadi dei Nord è invece sottoposto all'influsso sia degli esiliati baschi della guerra civile, sia dei quartiere generale dell'ETA che è nell'Euskadi dei Nord, in Francia. Il risveglio della sua coscienza nazionale è molto lento, almeno in quanto coscienza che si pone antagonisticamente rispetto all'unità nazionale francese o che è desiderosa d’integrazione in una nuova unica unità politica basca. Concludendo si può affermare che nella situazione attuale dei popolo basco sono compresenti vari elementi estremi: 1) la situazione quasi d’agonia della lingua, della cultura e dell'identità basca, ma anche una fortissima presa di coscienza dell'importanza di questa identità nazionale, che oggi è rappresentata ed espressa dalla parola Euskadi. 2) nelle tre province che godono dell'autonomia ci sono oggi le maggiori possibilità d’autogoverno di cui i baschi abbiano potuto godere da 150 anni a questa parte. Però nello stesso tempo c'è una grandissima difficoltà a governare il paese a causa dell'altissimo grado della crisi economica e dell'esistenza di gruppi baschi armati che negano riconoscimento a tale governo. Resta la speranza che questo piccolo popolo, che ha mantenuto la sua lingua e la sua tradizione contro tante avversità, sarà capace di far rispettare i suoi diritti in uno dei momenti più critici della sua storia millenaria.

Domanda:

Come pensa che la cultura e gli ideali dei cristiani possano aiutare il popolo basco, e sull'esempio dei popolo basco le altre comunità etniche e linguistiche d'Europa, a realizzare pienamente i loro diritti naturali, in un quadro costruttivo e creativo dì più alti livelli di vita democratica e di solidarietà politica?

Risposta:

Attualmente la stampa internazionale, che in genere si occupa dei problemi baschi esclusivamente quando si deve parlare di un’azione armata dell'organizzazione ETA, ha creato un atteggiamento contrario a tutto ciò che significa basco o diritti del popolo basco, facendo un solo fascio dei popolo basco e dell’organizzazione ETA. Questa è un’evidente ingiustizia, è contro la verità. C’è una minoranza di baschi, di cui la maggioranza di noi che siamo baschi prova profonda vergogna. E' oggi che ci vergogniamo dell'organizzazione ETA, perché durante gli anni della repressione franchista tutti quanti noi forse abbiamo simpatizzato per questa organizzazione. Dobbiamo dire però che oggi coloro che ancora la appoggiano, la sostengono e la assecondano sono una minoranza, e una minoranza che è sempre più segnata dal discredito. Ciò premesso credo che tutti i democratici d’Europa farebbero un grande gesto di solidarietà nei confronti dei popolo basco e dei suoi diritti se, con un atteggiamento meno sensazionalista si interessassero di più dei problemi fondamentali dei popolo basco per far conoscere ai loro rispettivi popoli i valori che hanno costituito per la democrazia universale, e anche i valori minori, se vogliamo, che questo popolo basco può ancora dare, tra cui la sua profonda religiosità.