Pier Paolo Pasolini.
Nel Novecento: una passione e una sfida

Proiezione in anteprima del filmato di Gabriella Sica.
Regia di G. Boncelloni

Giovedì 26, ore 15.00

Relatore:

Gabriella Sica

Moderatore:

Marco Bona Castellotti

Bona Castellotti: Il filmato di Gabriella Sica, intitolato Pier Paolo Pasolini poeta, è stato trasmesso per la prima volta a Milano nell’ottobre del 1998.

In occasione dell’uscita del libro Il paradosso di Caravaggio, nacque l’idea di mettere a confronto e costruire un possibile parallelo tra la personalità di Caravaggio e quella di Pasolini, che riguarda innanzitutto le loro persone. La drammaticità della figura di Pasolini è simile alla tragicità della figura di Caravaggio, anche per i nessi esistenziali; tanto Caravaggio quanto Pasolini sono sempre al centro di un agone che dagli spalti della critica arriva a degli scontri veri e propri che si potrebbero addirittura tradurre in scontri fisici tra posizioni opposte.

Pier Paolo Pasolini poeta non ha alcunché di fazioso: al contrario è di un’assoluta oggettività nella sua calma di conduzione, nel suo equilibrio formale; esalta la figura di Pasolini proprio perché Pasolini viene visto con un occhio limpido.

Sica: Caravaggio e Pasolini sono due figure intemperanti, ed accomunate dal destino di morire su una striscia di sabbia; due figure apparentemente rissose, dominate dallo scandalo, figure eretiche che in realtà presentano nel loro discorso un’essenza cristologica, specialmente perché hanno dalla loro parte la croce e la spada. L’artista è infatti anche un guerriero, è una figura mistica.

Vi sono altre similitudini: Pasolini è legato al popolo, come anche Caravaggio. Pasolini inoltre è legato a una certa visione dell’Italia, alla riscoperta di un Italia appenninica umile; da questo punto di vista, il Pasolini friuliano e popolare è più autentico e vero del Pasolini romano, sebbene quest’ultimo sia più conosciuto e più scandaloso, più eretico. Nel titolo di un suo libro – tra i meno felici, per la verità –, Trasumanar e organizzar, c’è l’idea dell’artista: "trasumanare" è una parola dantesca, ed indica la ricerca di uscire dal destino dell’uomo solo per cercare un’ascesi spirituale, un miglioramento; accanto a questa immagine però c’è il termine "organizzare", un’idea organizzativa, Questo perché l’idea dell’artista di Pasolini è proprio del faber, di colui che fa, che organizza, nel momento in cui trasumana: da cui, appunto, "trasumanar e organizzar". È l’artista che fa, sia nel senso antico del greco poiein, sia dell’organizzazione.

Pasolini amava moltissimo i quadri di Caravaggio; amava moltissimo anche Velasquez, e in particolare il quadro Vulcano, che è appunto un dio faber. Pasolini si veste da Vulcano, come si veste anche da Giotto, e accanto a lui c’è Orfeo, il primo poeta assassinato. Pasolini già si riconosce in Orfeo, in modo profetico; infatti, c’è molto nella figura di Pasolini, contrariamente a quanto si crede, di profetico e nello stesso tempo di reticente e di obliquo. Spesso purtroppo Pasolini viene preso alla lettera, nei suoi atteggiamenti estremi, senza che si comprenda cosa c’è di più vero al di là dell’ideologia che usava, anche provocatoriamente, come sfondamento di una certa omertà, di una certa solitudine; l’ideologia era soprattutto un’arma, una maschera che nascondeva altro.