SCENA 9 - Antigone col vecchio immigrato: "Questo Figlio di Dio, questo paradosso, è certamente un uomo libero, vorrà degli uomini liberi?". "È un’ipotesi da verificare, non resta che metterlo alla prova".

Lunedì 26, ore 17

Relatore:

Adrianus Johannes Simonis

 

Adrianus Johannes Simonis è nato nel 1931 a Lisse (Olanda). Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 15 giugno 1957.

Eletto Vescovo di Rotterdam, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 20 marzo 1971, scegliendo per motto "Ut Cognoscant Te".

Il 27 giugno 1983, Mons. Simonis è stato nominato Arcivescovo Coadiutore di Utrecht con diritto di successione al Cardinale Johannes Willebrands, successione che ha avuto luogo il 3 dicembre 1983. In questo stesso periodo ha assunto l’incarico di Presidente della Conferenza Episcopale dei Paesi Bassi.

È attualmente membro del Segretariato per l’Unione dei Cristiani.

Notevole è il suo impegno nella difesa della dottrina cattolica relativa al matrimonio, alla famiglia e al valore inviolabile della vita umana.

Nel 1985 è stato creato Cardinale da Giovanni Paolo II.

Simonis: Carissimi fratelli e sorelle, è la terza volta che vengo al Meeting. Fin dalla prima volta mi ha impressionato questo avvenimento: le mostre così ricche di cultura, di spiritualità; gli spettacoli così profondi, soprattutto queste migliaia di giovani. Ogni volta mi è sorta la domanda: che cosa cercano? Sono convinto che voi al fondo cercate come diventare uomini, cioè persone libere. Ognuno di voi sa che la libertà esiste, ma desiderate essere consapevoli di che cosa significa essere liberi. È per me perciò una grande gioia poter riflettere con voi sull’interessante tema preso dalle parole di San Paolo dalla lettera ai Galati: "Chiamati alla libertà". La libertà è fondamentale nella vita, ci è donata come destino insieme al nostro essere uomini. Insieme a valori come la verità, la pace e la giustizia, la libertà fa parte di quegli ideali che hanno mobilitato il pensiero umano oggi come nel passato in forme diverse.

In questi ultimi anni il tema della libertà ritorna sempre più attuale. Il pensiero che la sostiene ha ottenuto nuovi successi proprio in un momento in cui tanti avevano iniziato a dubitare della sua definitiva vittoria, almeno in Occidente. Regimi che negavano l’affermazione della libertà sono crollati come case di cartapesta. In Occidente intanto la libertà fine a se stessa produce uomini annoiati, porta all’autodistruzione. In Oriente e in Occidente siamo perciò davanti a una grande sfida: come riusciremo a costruire una società nella libertà e nella responsabilità in cui siano rispettati altri valori essenziali come il rispetto per la vita stessa e la dignità dell’uomo.

Vi propongo di affrontare l’argomento sotto tre aspetti. Innanzitutto ci occuperemo dei tre significati autentici della parola libertà, dopo aver chiarito alcuni equivoci che la riguardano. Nella seconda parte vedremo in breve come la Sacra Scrittura, la Parola di Dio, ci parla della libertà e della liberazione, cioè come Dio si è comportato con noi uomini. Nella terza parte rifletteremo sulla resistenza del cuore umano, come minaccia della nostra libertà. E concluderemo infine con alcune considerazioni riguardanti la libertà nella fede.

Che cosa è la libertà umana e cristiana? Innanzitutto bisogna scoprire che cosa è precisamente la libertà, che cosa contiene e in più bisogna sapere che cosa è la verità riguardo alla libertà, la verità sulla libertà. Ci sono infatti varie convinzioni riguardanti l’essere e la struttura della libertà umana, tra loro diverse, anzi opposte. Alcuni non la riconoscono nemmeno. Democrito, filosofo greco del quinto secolo prima di Cristo, sosteneva che la persona umana non è libera bensì nelle mani del fato. Tutto ciò che esiste nel mondo, così pensava, è un prodotto del caso e della inevitabilità. Eppure anche gli indovini e i poeti greci sapevano che l’inevitabile sorte e la libertà potevano coesistere nel senso della responsabilità. Il tragico eroe si muove nel chiaro-scuro di colpa e innocenza. Così la libertà non è un prodotto dell’evo moderno, come vediamo nella decima scena del dramma "Antigone ritornata", ma è costitutiva dell’uomo dall’origine e lo accompagna nella sua concreta vicenda storica. La libertà umana è perciò sempre una libertà incarnata e finita e perciò realtà molto complessa che contiene vari aspetti o componenti. E accade che, accentuando o negando l’uno o l’altro aspetto della libertà umana, si ottengano interpretazioni diverse. È proprio l’unilateralità, cioè la tendenza che cerca di ridurre la vita umana nella libertà ad uno solo dei suoi aspetti, che perverte la libertà stessa. In questo senso la libertà umana necessita di redenzione. Questo non solo perché la libertà umana è intaccata dal peccato, ma anche perché c’è così tanta confusione e abuso di questo concetto.

Oggi domina la concezione esistenzialistica della libertà; si confonde la libertà con il libero arbitrio e col voler vivere senza impegni, cioè senza ogni tipo di obbligo. Essere liberi significa allora poter fare ciò che si vuole, lasciare indisturbati i propri istinti e le proprie tendenze, non sentirsi legati a nessuno e a nulla; diventare adulto vorrebbe dire non avere legami. Il fatto che alcune persone non abbiano altro ideale di libertà che questo è segno che il loro livello di vita non si eleva tanto al di sopra di quello dell’animale che dipende dalla pulsione del momento.

C’è ancora un’altra convizione errata di libertà, cioè il pensare che la libertà coincida con l’assenza di impegno e di onere. Nasce di qui l’aver pensato ad uno Stato iper-socializzato che cura l’uomo dalla culla fino alla tomba. Durante l’esistenza l’uomo non sarebbe chiamato a prendere iniziative o assumere responsabilità, resta un individuo anonimo, non diventa persona. L’ideale di libertà che si persegue in questo modo è in realtà paragonabile a quello del bambino che non è tenuto ad assumere delle responsabilità. Con questo evidentemente non intendo condannare una sana assistenza sociale, bensì desidero sottolineare che sicurezza non equivale a libertà. La sicurezza deve essere un mezzo che favorisce l’uomo nel cammino alla sua vera libertà. Possiamo trovare, nella umana libertà, tre aspetti essenziali che devono essere distinti molto bene senza perdere di vista il loro reciproco collegamento.

Il primo significato è quello di libertà come ideale di integrità esistenziale, di autonomia e di personalità. L’uomo, infatti, sperimenta la sua libertà prima di tutto come ideale esistenziale e dunque come il senso stesso del suo stesso essere umano. Nell’uomo si cela una indomabile tendenza all’autorealizzazione, all’autonomia e alla maturità per cui diventa persona. Orbene, la parola libertà è stata usata in tutti i tempi per esprimere tale ideale di realizzazione di se stesso. Da una parte l’uomo viene liberato in senso negativo da tutte le alienazioni che lo opprimono, dall’altra parte viene liberato positivamente per una vita dignitosa e autonoma, capace di agire in modo creativo. Si potrebbe pensare qui ad un lavoratore che conosce e possiede il suo mestiere in pieno; egli non imita in modo acritico ciò che fanno gli altri ma esercita in modo libero e sovrano la sua conoscenza e la sua abilità. È come si suol dire un "maestro nel suo mestiere". Lo stesso si può dire di un maestro-artista che crea liberamente la sua scultura, ne possiede pienamente la tecnica, in certo qual modo ci gioca. Si potrebbe pure pensare, ad esempio, al mondo della conoscenza e della scienza. Pensate alla differenza fra un uomo saggio e l’uomo così detto della strada. Il primo riflette, si esprime a partire dal suo punto di vista, sa che cosa dice e perché parla; l’altro è superficiale, ripete senza criteri personali ciò che "si dice, si pensa".

L’idea di libertà viene chiamata in causa propriamente quando si tratta degli aspetti più alti della vita morale e religiosa dell’uomo. Allora si parla della persona umana internamente libera. Ciò significa che per chi offre la sua vita, un eroe, un santo, il bene non è una prescrizione obbligatoria che viene imposta dall’esterno; è invece un appello interiore che si unisce intimamente alla libertà che dona inesauribile forza creativa. San Paolo parla a questo proposito dell’"uomo spirituale" che possiede la libertà dei figli di Dio. Qui si tratta di maturità spirituale che libera nell’uomo l’energia all’esistenza nella moralità.

Da tali esempi risulta che la libertà, come ideale di autonomia spirituale e di maturità, non ha nulla a che vedere né con la emancipazione al proprio arbitrio né con un narcisismo malato, cioè una superficiale presunzione che chiude l’uomo in se stesso condannandolo all’infertilità. Essere uomo significa infatti apertura al mondo, apertura verso Dio e il prossimo. Solamente attraverso tale apertura, mediante la quale l’uomo si rende libero per l’altro, egli realizza se stesso, raggiunge la sua autonomia, diventa autentico, irriducibile; un essere veramente libero.

L’uomo nasce come persona. I nomi di tanti grandi nel campo della scienza o dell’arte, i grandi pensatori sociali e i pionieri, gli eroi e i santi sono sinonimi di personalità, rinnovamento, creazione, libertà liberata. Quando nel nostro tempo scorre vivo il desiderio di una maggiore libertà e liberazione, non a caso è nata Comunione e Liberazione, allora è evidente che questo desiderio deve essere soddisfatto nel senso di questo primo e fondamentale significato del concetto di libertà. Questo non significa voler creare un genio o un eroe da ogni persona. Quel che conta è liberare i singoli e i popoli da tanta alienazione per offrire loro la condizione di avere maggiori possibilità spirituali. È chiaro che questa idea di libertà è diversa da altre prospettive oggi molto diffuse. Ciò che San Paolo indica come la "libertà dei figli di Dio" non coincide con quanto indicato come libertà e liberazione dall’ateo o dal materialista. Certo anche l’ateo aspira alla libertà, all’autonomia, ma il contenuto concreto differisce molto da ciò di cui è convinto il credente. Il primo riduce l’esistenza umana all’essere nel mondo, mentre il credente riconosce una dimensione adeguata di verità e di libertà, cioè quella religiosa, tramite la quale l’uomo viene liberato, si lascia liberare da Dio stesso che viene e che salva. Certo, tutti sappiamo che tale libertà, intesa come ideale di autonomia e maturità per l’uomo, è realtà che si raggiunge con fatica, lentamente e solo parzialmente.

Da qui nasce un secondo aspetto molto importante della libertà: la libertà come facoltà dell’uomo di lavorare liberamente alla costruzione e alla liberazione della sua esistenza. Libero cioè nella responsabilità, consapevole del cosa fa e perché agisce. In altre parole la libertà è la facoltà che la persona umana possiede di dare un senso e un orientamento alla sua vita e al suo lavoro; dire autonomamente sì o no alle possibilità, ai valori (o falsi valori) che si presentano continuamente. La libertà acquista così il significato di qualità del volere. Chi ama veramente una virtù, per esempio la castità, è disposto ad impegnarsi per quella, prendendola a cuore e promuovendola nel mondo in modo concreto.

Nuovamente risulta che la libertà non ha nulla a che fare con il disimpegno, con la discrezione propria e con i capricci; la libertà conosce la responsabilità di fare ciò che è buono e la assume. Lungi da noi il pensiero che la libertà semini il caso e il disordine nella vita, anzi è l’inizio dell’ordine, della armonia. Essa impedisce che veniamo disorientati dalle circostanze, ci invita ad utilizzare tutte le situazioni tenendo sempre presente i valori ai quali abbiamo dedicato la nostra vita. Così si spiega perché la libertà, l’ordine e la legge della natura non sono opposti uno all’altro. Al contrario la libertà necessita continuamente di una legge. Senza questa la nostra libertà, che è libertà incarnata e situata storicamente, sarebbe incapace di realizzazioni. Libertà e determinazione non sono realtà contraddittorie, ma due aspetti complementari dell’esistenza umana come esistenza fisica e il legame con il mondo. Per fare un esempio: prendiamo in considerazione le trasmissioni F.M. della radio. Chi vuole ascoltare un concerto in tutta la sua bellezza dovrà sintonizzarsi nel modo più preciso possibile.

Giungiamo così al terzo aspetto del concetto di libertà: libertà nel senso sociologico e politico. Si tratta di valutare le condizioni fisiche e sociali necessarie al concreto esercizio della nostra libertà e alla effettiva liberazione delle potenzialità che si celano in ogni persona.

È evidente che anche lo Stato trova qui un compito importante in quanto si preoccupa di promuovere il bene comune. Esso deve in ogni caso provvedere a che il diritto naturale alla libertà venga assicurato, specialmente alla libertà di coscienza e di religione. In quanto lo Stato si assume il compito di realizzare il bene comune, allora ha pure il diritto di proteggere la legge riguardante l’ordine, l’organizzazione, l’autorità e la legislazione mediante provvedimenti disciplinari. Pertanto se da una parte l’ordine, il potere e la legislazione possono limitare la libertà di azione e di movimento, dall’altra parte questi sono proprio necessari per procurare a tutti la maggiore libertà possibile. Occorre quel tanto di limitazione perché ci sia libertà per tutti.

Questi tre aspetti fondamentali e basilari del concetto di libertà indicano quanto è complicata la realtà della libertà umana. Realizzarla è un compito molto difficile, è un valore fragile e minacciato. Ho ritenuto necessaria questa esposizione filosofica per arrivare alla verità sulla libertà; senza questa premessa, senza la consapevolezza profonda che l’uomo vive e opera nella libertà, anche se in una libertà situata, condizionata, mai completamente posseduta, la libertà cristiana sarebbe privata del suo fondamento. Ma questo è solo la base di un edificio il cui coronamento va cercato nella parola di Dio.

È semplicemente impossibile esporre tutta la ricchezza dei pensieri sulla libertà e la liberazione presenti nella rivelazione di Dio. Il tema però è il contenuto centrale della storia della Salvezza. Quando S. Paolo afferma che noi siamo chiamati alla libertà (cfr. Gal 5, 13) è chiaro che si riferisce al cuore del messaggio salvifico indicato da lui teologicamente come libertà dal peccato, dalla morte e dalla legge. Gesù stesso dà testimonianza alla liberazione quando afferma di essere mandato per annunziare ai prigionieri la liberazione e per liberare gli oppressi (cfr. Lc 4, 18).

Questa sua passione riguarda ogni uomo, sia il pagano, che aveva sperimentato la sottomissione al Fato, sia il Giudeo che non voleva ammettere di essere schiavo; nello stesso momento Gesù si riferisce anche all’uomo moderno preso così fortemente dal desiderio di libertà.

La Sacra Scrittura non ci propone una definizione della libertà ma fa di più: indica la via alla libertà, mostra in quale modo Dio ha liberato il suo popolo e come Cristo si ponga come fondamento di libertà compiuta.

Anzitutto viene presentata la liberazione del popolo dalla schiavitù in Egitto per opera di Dio. Dal Libro dell’Esodo (1-15) risulta che questa prima redenzione è stata una liberazione trionfante. Una seconda liberazione del popolo fu dall’esilio in Babilonia. In seguito, quando il popolo eletto dovrà subire altre prove, pregherà sempre Dio affinché gli porga il suo aiuto facendo memoria della liberazione dall’Egitto, come pegno certo cui riandare di fronte a nuove prove.

L’attesa della liberazione definitiva cresce sempre più ed arriva al suo culmine al tempo di Gesù; i suoi contemporanei sono infatti nell’attesa della liberazione definitiva dalla oppressione straniera e della terra promessa. Gesù però si rifiuta di essere un Messia politico o un eroe della libertà; la libertà che interessa Gesù è quella personale, di natura spirituale e religiosa, perciò riguarda l’uomo intero e anzitutto risponde alla prospettiva di eternità propria dell’uomo.

Libero è per Gesù l’uomo che rifiuta il peccato. "Colui che pecca è schiavo del peccato. Ora lo schiavo non resta per sempre nella casa, è il Figlio che resta nella casa per l’eternità. Se dunque il Figlio Vi libererà sarete liberi per davvero" (Gv 8, 36).

Il Figlio ci libera salvandoci dall’alienazione che è il peccato. In questo senso Egli viene annunziato a Giuseppe; l’angelo dice a Giuseppe: "Lo dovrai chiamare Gesù (che significa "Dio salva") perché libererà il suo popolo dal peccato" (Mt 1, 20).

Per Cristo è libero l’uomo che orienta la sua vita completamente sulla volontà di Dio e alla Salvezza del prossimo. Libero è l’uomo che si trova nella verità che è "in Cristo", cioè in Colui che si è rivelato come verità: "Io sono la verità" (Gv 14, 6). Libero è infine l’uomo che crede nel lieto annuncio, cioè nella Persona di Cristo come il vero Figlio di Dio e Figlio dell’uomo. "Se rimarrete fedeli alla Mia Parola, sarete veramente miei discepoli; allora conoscerete la Verità e la Verità vi farà liberi" (Gv 8, 31-32).

La verità, dunque, è intimamente legata alla libertà; si tratta infatti di due valori che non vivono l’uno senza l’altro. Si tratta di due inseparabili componenti essenziali della nostra esistenza umana che si donano a vicenda un fondamento, inteso come spazio ed apertura spirituale.

Dalle cose morte e dall’animale irrazionale e non libero, ci distingue il fatto che per noi il mondo della natura e della cultura, la grande comunità umana di cui facciamo parte, e il Mistero dell’esistenza che ci sostiene, non sono dei libri chiusi, bensì delle realtà che ci parlano, raccontandoci tante e sempre nuove cose. Possiamo così adoperare tutto saggiamente, con capacità di giudizio, riconoscendone il senso. Insomma ci possiamo muovere liberamente in mezzo a questo mondo, pieni di rispetto, riconoscenza e benevolenza per tutto ciò che esiste. Già San Tommaso affermava: "Anima est quodammodo omnia", cioè l’anima umana contiene ed abbraccia, in certo qual modo, tutto.

Ripeto che la libertà e la verità sono legate così strettamente che si donano reciprocamente il fondamento.

La parola del Signore: "La Verità vi farà liberi", che esprime l’essenza del messaggio cristiano, contiene così anche saggezza umana.

Non esiste una libertà reale e liberante che non sia fondata sulla verità. Soltanto la cura per la verità potrà concedere ad una persona quella indipendenza interiore, quel senso di responsabilità e di crescita senza la quale la libertà si ridurrebbe inevitabilmente a dei capricci, ad una avarizia senza limiti, a sensualità ed ambizione.

Ciò che allora si dice indipendenza o personalità ne è semplicemente una caricatura, cioè un ripiegamento su se stessi che sempre si collega ad una completa chiusura verso gli altri; individualismo invece di apertura e di libertà liberante. È vero anche il contrario: non esiste verità senza un clima di libertà interiore ed esteriore.

La verità è, come del resto la libertà, una realtà complessa. Essa suppone da parte della persona umana apertura e sensibilità come espressione della libertà interiore.

La storia, ed in modo particolare quella recente, ci insegna che l’uso della forza per favorire la vittoria di un determinato pensiero, di una costruzione politica o propaganda che ipnotizza non è altro che una politica miope. Una verità imposta contro la libertà perde significato e valore perché non ottiene una approvazione interiore e perché viene accettata con le labbra ma non trasforma e non nutre il cuore.

Il cuore umano è chiamato a lasciarsi trasformare e riempire. Proprio in questo punto si colloca la tragedia del male: nell’ostilità del cuore umano, nel fatto che l’uomo è sempre tentato di affermarsi dentro ad un’autonomia indipendente da Dio. Precisamente in questo atteggiamento autonomo, nell’autodeterminarsi che rinnega il suo limite di creatura, il Nuovo Testamento riconosce la non-libertà dell’uomo.

La tragedia si ingrandisce ulteriormente per il fatto che noi, nella nostra cecità, non siamo consapevoli di questa non libertà. Qui dunque troviamo la contraddizione dell’esistenza umana, il tendere alla libertà senza il riconoscimento della forma più essenziale della libertà. È contraddizione che si riuscirà a superare esclusivamente mediante la Grazia liberatrice di Dio.

La vera libertà non è perciò ultimamente conquista da parte dell’uomo ma è dono di Dio ottenuto per mezzo della mediazione in Cristo, necessaria per la salvezza: "La Verità, cioè Cristo, vi farà liberi".

In questo contesto vi richiamo ancora un breve pensiero sulla libertà nella vita della Fede.

Essa è, come ogni forma di libertà, dono e compito e conosce in modo suo proprio il rapporto tra il magistero e l’interpretazione personale. La libertà nella Fede non si forma tramite una sintesi tra autorità ed autodeterminazione; si riesce bensì a superare il dualismo tra il crescere dell’autodeterminazione e l’accettare un’autorità al di fuori di noi là dove si riconosce che l’autorità di Dio ci assicura la possibilità di realizzarci e di affermarci nel giusto senso.

La libertà cristiana sorge laddove lo Spirito di Dio incontra l’uomo e gli garantisce la libertà, cioè una autonomia dell’uomo secondo la legge di Dio. In questa prospettiva la libertà nella Chiesa si comprende come comunione nella Fede. La libertà del cristiano supera ogni forma di individualismo ed è tesa all’impegno della testimonianza che serve.

La libertà assume perciò la sua forma e la sua realizzazione non certo nella chiusura dell’io, nell’incontro con gli altri. Essa parte e trova destinazione nella comunità dei fedeli, di cui Cristo è l’origine, nella quale resta presente tramite lo "Spirito di Verità". In questo modo la libertà viene confrontata con la tradizione autentica di questa comunità, espressa nell’insegnamento e nella vita. La tradizione ci offre la possibilità di saggiare la fedeltà della libertà verificandola con il passato che giudica l’oggi e ci apre al domani; è un punto di riferimento per lo sviluppo della libertà, non al di fuori o al di sopra della verità ma dentro di essa, indirizzata in modo dinamico all’apprendimento, all’arricchimento e al rinnovamento.

È fondamentale aver chiaro il punto di partenza in una spiritualità della libertà che si propone sia come riflesso, sia come azione. Per ottenere nuove prospettive e poter giudicare nuove forme di impegno resta sempre fondamentale il criterio di S. Paolo: "Provate tutte le cose e tenete quelle buone".

L’autorità nella Chiesa non è posta perciò come antitesi, bensì funge come verifica della libertà. Troviamo un largo campo di rinnovamento proprio laddove non sono messe in discussione le verità di fede ed i principi fondamentali. La Chiesa, infatti, al di là della fedeltà alla tradizione, conosce la necessità di vie nuove. La fedeltà alla tradizione non può decadere ad arcaismo e la tensione alla novità non può diventare una fuga dalla Parola di Dio che resterà per sempre la norma del nostro agire.

Sinteticamente sia la posizione fondamentalista sia la tendenza insensata verso le cose nuove sia la moda, producono un uomo senza volto. Proprio per evitare questo Cristo ha lasciato alla sua Chiesa il carisma del Magistero e non è davvero un servizio che si fa alla libera presenza cristiana ridurre il Magistero a funzione coordinatrice, nel senso sociologico, in riferimento all’insieme dei vari carismi della Chiesa. Il Magistero contiene infatti in sé una forza atta al giudizio e proprio tale compito costituisce il suo impegno profetico.

Chiamati alla libertà è il titolo del mio intervento: è dono e compito ma soprattutto un dono in Cristo che è la Verità che ci libera.

Solamente nell’incontro con Lui, il Signore vivo in Parola e Sacramento, solamente tramite un continuo nutrimento con le parole pronunciate e le opere compiute dal Signore, come Persona storica, solamente nell’essere continuamente attenti a ciò che lo Spirito suggerisce nella Chiesa, per la Chiesa e attraverso la Chiesa, solamente tramite questa via l’uomo può arrivare ad una crescita nella libertà per cui è stato creato. Solamente nella relazione con gli altri, con le persone concrete (a partire dalla comunità cristiana come luogo di appartenenza del proprio cuore) si realizza la nostra libertà come esperienza in atto.

È chiaro ancora che non esiste libertà senza responsabilità. Giustamente don Giussani non si stanca di sostenere una educazione alla libertà nella responsabilità: "Educazione alla libertà è uguale a educazione alla responsabilità" (Il Senso Religioso, p. 165). Visto che la libertà è prima di tutto apertura, questo impegno comprende "un’educazione all’attenzione. Perché l’attenzione non necessariamente ottiene lo spazio di una libertà impegnata, non è automaticamente facile fare attenzione" (Ibid.). Senza questa necessaria attenzione l’uomo non si renderà conto mai abbastanza del fatto che non può vivere senza altri, senza l’altro.

L’attenzione per l’altro provoca una breccia nella sua presunzione e compiacenza; per mezzo dell’attenzione all’altro entriamo in comunione con lui o con lei. Così si diventa liberi; la più intensa esperienza della libertà infatti è l’amore come rimando al comune destino. Nell’Amore ci si convince del fatto paradossale di non essere ancora se stessi nel vero senso fin quando si pone se stessi al centro. Solamente quando si esce dai propri confini tramite l’interesse per l’altro si riceve il proprio e vero io; solamente allora si diventa liberi. Secondo don Giussani "la libertà è la capacità di qualcosa che non è noi, è un altro" (All’origine della pretesa cristiana, p. 131).

Concludendo: "la verità, la Persona di Cristo, vi farà liberi". Il punto centrale della vita di Gesù è l’annuncio del Regno di Dio come sovranità attiva di Dio nel cuore degli uomini.

Noi non riusciamo ad arrivare da soli a questo punto; siamo chiamati a ricevere tutto questo come grazia, siamo invitati ad anticipare questo Regno tra noi imitando Gesù. Questa vocazione è indirizzata all’uomo come persona, cioè come essere libero.

Il gioco d’insieme di questi tre elementi viene descritto da don Giussani nel suo modo così personale e caratteristico: "Quando Dio si rivolge all’uomo per chiedergli qualcosa, la Bibbia con sublime semplicità descrive il dialogo. Dio chiama per nome, che è il segno della persona, come individuo unico e libero, e l’uomo dà un’adesione libera ed unica: eccomi. Nel cristianesimo interessa solo il valore della persona perché tutto il resto ne dipende. Ora tutto il valore della persona è misurato da quella adesione libera. I punti della storia in cui questo è più evidente sono le figure di Abramo e di Cristo. Ma il momento forse più facilmente chiaro per noi è la figura della Madonna. 'Ave Maria - Fiat'. Nell’impenetrabile intimità libera di questo gesto di offerta e di accettazione sta la chiave di volta per il misterioso incontro di Dio con l’uomo" (Tracce d’esperienza cristiana ed altri scritti, p. 139).

Con lo sguardo rivolto al compimento promesso quando Dio sarà tutto in tutti, noi veniamo invitati a collaborare alla realizzazione di una società in cui domini una maggior libertà e un maggior senso di responsabilità. Per dirlo con la Sacra Scrittura non arriveremo in tutte le città di Israele, prima che venga il Figlio dell’uomo. Mai potremo comunque rassegnarci alla dittatura di una convinzione di libertà che ci viene imposta dalla ideologia nascosta di uno sviluppo sfrenato di noi stessi o di una autonomia mal compresa che rinnega i limiti del nostro essere. La libertà coincide allora per noi con il lasciare che la vita diventi responsabilità del suo Regno o sia responsabilità della missione cristiana.

Riguardo alla libertà umana, l’ultima parola spetta a Dio solo: "La verità (cioè Cristo) vi farà liberi".

 

 

SCENE DA UNA COMMEDIA