L'uomo, i limiti, le speranze.

Una rotta verso il terzo millennio

Lunedì 21, ore 18.30

 

Relatori:
Paolo Mantegazza,
Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Milano
George V. Coyne
Direttore della Specola Vaticana
Elio Sindoni,
Ordinario di Fisica Generale presso l’Università degli Studi
di Milano
Moderatore:
Marco Barbetta,
Assistente alle Facoltà Scientifiche di Milano

Moderatore: Immaginate che in una delle tante aule di una qualsiasi città della scienza, disposti in cerchio su una quarantina di poltrone nella massima libertà di espressione e di critica, fisici, biologi, sociologi, artisti, teologi, si interroghino sul futuro prossimo e remoto, cioè si lascino affascinare dall'idea di un millennio che finisce e di un altro che nasce, cercando di tracciare una rotta sull'oceano dei timori e dei desideri, delle passioni e delle speranze che accompagnano l'avventura umana. È quanto hanno realizzato il professor Sindoni e il professor Giorello con questo libro, in cui sono raccolte conversazioni su questo tema tra esperti di diverse discipline.

Mantegazza: Questo libro merita di essere letto prima di tutto per la varietà dei temi trattati, per l'ampio spettro delle competenze e delle opinioni espresse nelle massima libertà da esperti di varie estrazioni culturali con l'intento di individuare i punti di contatto e di condiviso consenso. È un libro che affascina per le dimensioni dei temi che vengono affrontati. Sono gli interrogativi e le risposte i motivi che trascinano alla lettura di questo libro, interrogativi e risposte che potranno essere o non essere condivisi, ma che mettono in luce che l'uomo, qualunque sia la sua formazione culturale, sente l'esigenza di porsi e di porre delle domande. Einstein parla di eterno anelito ad intendere o di intendere, l'insopprimibile anelito che non è facilmente spiegabile in termini umani. L'uomo è perfettamente cosciente di essere un nulla, nella dimensione spazio-temporale. Già nel salmo che tutti conosciamo si legge: "Quando contemplo i cieli, opera delle Tue mani, la luna e le stelle che vi hai collocato penso che cosa è l'uomo perché Tu te ne ricordi". Ma ancora in un'espressione veramente poetica, il libro della Sapienza recita: "Tutto il mondo davanti a Te è come polvere sulla bilancia, come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra". Eppure questo uomo, questo nulla, vuol sapere chi è, che cosa è, perché è. Il come non lo soddisfa, vuole conoscere il perché. Perché è la parola che caratterizza l'uomo, è qualcosa di costitutivo, che ne fa un essere unico. Questa parola può diventare anche espressione di un'ansia che può trasformarsi in angoscia, che l'uomo moderno, sempre più povero di fede, cerca di eludere correndo dalla mattina alla sera, occupando con ogni pretesto ogni momento libero pur di non doversi trovare di fronte a degli interrogativi ai quali non sa rispondere. È quell'angoscia che l'uomo cerca di sopprimere creando nuovi idoli.

A proposito di interrogativi, uno è l'interrogativo di fondo del libro: quale sarà il destino dell'uomo nel terzo millennio? Cosa accadrà dell'uomo, che cosa potrà o saprà fare di se stesso? È lecito sperare in un terzo millennio di miracoli per il mondo e per l'uomo? Quali orizzonti avrà dinanzi a sé? È impossibile dare delle risposte, si possono soltanto nutrire delle speranze. All'uomo è affidato il compito di creare un mondo veramente umano, di realizzare quei cieli e quelle terre nuove dei quelli parlano gli scrittori sacri. Se il traguardo dell'uomo è quello di creare una nuova umanità, allora assume un senso la vita e soprattutto assume un senso la stessa morte e l'alternarsi delle generazioni. Non c'è messe senza la morte del chicco di grano, e pertanto è veramente consolante il pensare che la vita e la morte dell'uomo siano come un chicco di grano che marcisce nella terra per dare origine a un nuovo mondo e ad una umanità nuova.

Coyne: Vorrei innanzitutto soffermarmi sul titolo del Meeting. Per noi astrofisici cosmologi, mille anni sono pochissimi. Il mondo ha la bella età di 15-20 miliardi di anni; la nostra galassia, la Via Lattea, ha 12-13 miliardi di anni, il sole 4-5 miliardi di anni. Noi uomini siamo qui da poco nell'universo. "Mille anni sono come un turno di guardia nella notte". Io ho passato molte notti a guardare le stelle; facendo questi turni, mi sono venute spesse volte due domande: perché c'è la civiltà umana? È una domanda puramente scientifica alla quale come scienziato non ho una risposta. È una domanda seria perché se la massa di elettroni fosse per un millesimo più grande o più piccola del protone, non ci saremmo noi, perché non ci sarebbe stato idrogeno. Se la velocità dell'espansione dell'universo all'inizio fosse stata per un miliardesimo più grande o più piccola di quanto sia stato, non ci saremmo noi. Se fosse stata più grande l'universo si sarebbe espanso troppo velocemente e non ci sarebbe stata la possibilità di formare una galassia o una stella; se fosse stata più piccola, l'universo si sarebbe collassato subito e non ci saremmo noi. Non ci sarebbe stato un universo o ci sarebbe stato un universo vuoto, senza materia. Potrei fare una ventina di esempi delle costanti della natura che sono sintonizzate tra loro in modo da rendere possibile la vita.

Perché ci siamo? A questa domanda negli ultimi anni i cosmologi si sono dedicati moltissimo, ma nessuna spiegazione scientifica offerta risulta soddisfacente: è una domanda scientifica alla quale non c'è una risposta scientifica. Occorre pensare oltre le scienze senza dare risposte troppo facili, creando un Dio a nostra immagine per dare spiegazione e risposta alle nostre ignoranze.

La seconda domanda è: ci sono altri esseri come me, che stanno guardando me mentre io sto guardando loro? Cioè: c'è la vita extra-terrestre? Il solo ammettere questa possibilità cambia la nostra mentalità e la nostra conoscenza di noi stessi. Ricerche recentissime hanno portato alla scoperta di altri pianeti, ma nessuno di loro promette la possibilità della vita. Vorrei proporvi un ragionamento di carattere statistico. La nostra galassia contiene sui cento miliardi di stelle, il sole è una stella, normalissima, di media età, non è troppo alta, non è troppo piccola, non pesa troppo, la temperatura è media. Quante delle stelle nella nostra galassia sono come il sole? Un 30%. Quante di esse avranno un sistema planetario? Sappiamo che per una stella doppia sarebbe difficile avere intorno un sistema di pianeti. Allora possiamo escludere una certa quantità di stelle e concludere che il 2% delle stelle nella nostra galassia sono come il sole e avranno sistemi planetari. Quante avranno un pianeta come la terra, proprio alla distanza giusta, per avere la temperatura giusta, un'atmosfera? Un mezzo per cento di quel 2%. Ma quando uno considera che nell'universo ci sono almeno cento miliardi di galassie, ognuna delle quali contiene cento miliardi di stelle, allora alla fine, statisticamente parlando, le condizioni per la vita altrove nell'universo sono sicurissime, al 99,99999%. C'è realmente la vita? Silenzio assoluto. Non abbiamo nessuna evidenza. Ma uno potrebbe dire: come mai Dio avrebbe creato un mondo tanto proficuo per la vita, cioè con tante possibilità, con tante condizioni per la vita, per limitare la vita a questo granello di sabbia che chiamiamo la terra ? Che Dio sarebbe questo? Ma di nuovo, io non posso ragionare così, io non posso dire cosa ha fatto Dio. Sto di nuovo creando Dio a mia immagine, assumendo Dio per spiegare una cosa che non so spiegare altrimenti.

Queste due domande mi dicono che la cultura della scienza e le altre culture, specificamente della fede, devono dialogare fra loro, rispettando l'indipendenza dei diversi modi di sapere.

Concludo con una considerazione sul titolo del libro e di questo incontro: "L'uomo, i limiti e la speranza". A me piace sottolineare che i limiti sono traguardi. Noi scienziati siamo ignoranti, ma questa ignoranza è una speranza, è un guardare al futuro, a quando forse sapremo di più e forse sapremo anche perché ci siamo noi.

Sindoni: Siamo alle soglie del terzo millennio. Certo all'alba del 1° gennaio del 2000 il sole non sorgerà su un mondo troppo diverso da quello che illuminava il giorno prima. Ma per grandissima parte dell'umanità l'inizio del nuovo millennio avrà un grande valore simbolico e un forte impatto psicologico. Ciò che caratterizzerà il nuovo passaggio di millennio sarà un fiorire di bilanci globali sullo stato del pianeta, in cui verranno vagliati successi e sconfitte, delusioni e promesse per il genere umano.

Questi ultimi secoli, in particolare il nostro Novecento, hanno assistito ad enormi progressi nel campo della scienza e della tecnica che hanno mutato radicalmente l'esistenza quotidiana. Le applicazioni tecnologiche hanno permesso un drastico miglioramento del livello di vita, sono curabili malattie prima letali, le attuali tecniche agricole consentirebbero di sfamare sino a 10 miliardi di persone. Questo nostro secolo ha visto anche due Guerre Mondiali, una serie di conflitti locali non meno distruttivi, esperimenti totalitari di varia natura, intolleranza, pulizia etnica, genocidi, per non parlare delle conseguenze perverse degli stessi successi della tecnica, del degrado ambientale, delle battaglie quasi tutte perdute contro la fame, della comparsa di nuove mortali malattie, o del ripresentarsi di morbi che si ritenevano debellati.

Nonostante tutto ciò, l'uomo della fine del XX secolo non è poi così diverso da quello che ha costruito le Piramidi. È certamente cambiato il modo di vivere, ma i sentimenti e le emozioni, i comportamenti sono in sostanza immutati. La domanda che sorge spontanea, interrogandoci sul nostro futuro, è se l'uomo resterà ciò che è anche per il terzo millennio o se una nuova specie si sostituirà ad esso. Ci sono alcuni indizi che qualcosa di sconvolgente ha iniziato a farsi strada negli ultimi anni di questo secolo. Si tratta di due fatti nuovi, che fanno temere l'insorgere di mutazioni profonde nell'essenza stessa dell'uomo: la rivoluzione già pienamente in atto indotta dall'informatica e quella che potrebbe esplodere a causa dei rapidi progressi dell'ingegneria genetica umana. Gli effetti della rivoluzione prodotta dall'impetuoso sviluppo dei calcolatori sono sotto gli occhi di tutti. I più giovani in special modo sono sempre più intenti a sostituire all'attività del ragionare quella assai meno faticosa del pigiare dei tasti. Il risultato potrebbe essere a lungo andare, ma è mia opinione che in una certa parte già lo sia, lo sviluppo di masse di individui privi di fantasia, con ridottissime capacità mnemoniche, affetti da un processo di atrofizzazione di molte capacità cerebrali, col grave pericolo di trasmettere queste disfunzioni ai loro discendenti biologici.

L'altra rivoluzione, quella indotta dai rapidissimi progressi dell'ingegneria genetica, è ancora più insidiosa; è fuori di dubbio che essa potrà portare a grandi benefici, che si potranno sconfiggere malattie e malformazioni, ma si resisterà alla tentazione di amplificare le prestazioni dei genomi normali, sia migliorando la regolazione dei geni esistenti, sia sostituendo i geni che caratterizzano le proteine? È molto probabile che l'uomo possa avere a sua disposizione e acquistare a sua discrezione vere e proprie banche di geni; ciò potrebbe portare al limite ad un profondo cambiamento della specie, allo sviluppo di un homo sapiens post homo, esente da malattie, da malformazioni, con caratteristiche somatiche decise a priori dai genitori, probabilmente molto più simile ad un automa, che non a quello che noi oggi chiamiamo essere umano. Esagerazioni? Speriamo, ma ci deve far riflettere il fatto che fino a pochi decenni fa chiunque avrebbe ritenuto altrettanto assurda la possibilità di sostituire ad un individuo il cuore o, con un unico intervento, intestino, fegato, stomaco, pancreas, reni, od eseguire calcoli astronomici con un computerino tascabile, o di far recitare attori morti, come permettono le tecniche note come realtà virtuale. Il progresso scientifico e tecnologico non può e non deve essere arrestato, ma che senso avrebbe un progresso che non abbia come fulcro centrale la felicità dell'uomo? Si tratta allora di progredire sì, ma sviluppando in parallelo una profonda riflessione etica che ponga un limite invalicabile laddove esiste il confine fra ciò che distingue l'uomo dalla cosa, un progresso che non perda di vista il senso ed il destino della nostra vita, il fatto che l'uomo è il punto d'arrivo del grandioso piano della creazione, unico essere dotato di autocoscienza, e quindi, pur se debole, pur se soggetto alla morte del corpo, con il grande dono della capacità di chiedere perché e di trovare una risposta.

Il riconoscimento del proprio limite costituisce la fonte della vera grandezza dell'uomo. Questo va tenuto bene in conto, se non vogliamo entrare nel prossimo millennio trascinandoci le vecchie ipoteche dello scientismo, se non vogliamo che il progresso scientifico si trasformi in una forma di idolatria, che, come ci insegna la Bibbia, spesso vuol dire tirannia. Ai giovani cui appartiene il terzo millennio, l'augurio di aver sempre la volontà e la forza di lottare contro tutti i falsi idoli.

Moderatore: Negli anni Venti Romano Guardini scriveva le sue Lettere dal lago di Como, in cui cercava di risvegliare nei giovani di cui era educatore un'attenzione al cambiamento del mondo in cui vivevano dominato dalla scienza e dalla tecnica. La sua era una riflessione profetica, nella quale esponeva le condizioni per un cambiamento a favore dell'uomo.

A chi va affidata la speranza di un cambiamento in un mondo come quello che vediamo cambiare sotto le nostre mani per la potenza dell'apparato conoscitivo, scientifico e tecnico, a chi deve essere affidata la speranza che l'uomo non si distrugga, non si neghi? Al cuore stesso dell'uomo, è il cuore dell'uomo così com'è fatto che può essere protagonista di un mondo nuovo. Può accadere nella vita di accorgersi della grandezza e della dignità del cuore umano, della grandezza e della dignità dell'uomo e di ridiventare protagonisti quindi di un mondo nuovo, come dice Guardini. Nella parabola della storia siamo tornati come si trovò l'uomo primitivo quando ebbe ad affrontare il suo primo compito, quello di creare un mondo di uomini.