SCENA 11 - Antigone al vecchio immigrato: "Non si può smettere di domandare il senso di qualsiasi cosa, se ne fai a meno, abdichi alla libertà".

Domenica 25, ore 18

Relatori:

Henrik Stangerup

Fang Li Zhi

Moderatore:

Giancarlo Cesana

 

Cesana: I nostri ospiti hanno accettato che l’incontro si svolga fondamentalmente attraverso domande, cioè più nella forma di un’intervista che non nella forma di una conferenza. E la prima domanda è: "Che cosa è la libertà? da dove viene?"

Henrik Stangerup è nato a Copenhagen nel ‘37. Cineasta e giornalista, oltre che romanziere, ha vissuto per molto tempo all’estero, soprattutto in Francia e in Brasile. Nei suoi film, come nei romanzi, sceglie sempre momenti storici di transizione, periodi in cui i sistemi dei valori e i punti di riferimento crollano mettendo in crisi le verità accertate e le certezze.

Stangerup: Non ho mai visto un fatto di questo genere e non ho mai provato a parlare a così tanta gente: di solito parlo solo con mia moglie. È molto difficile rispondere. Ogni qualvolta sento qualcuno che mi dice: "Questo è Dio, questa è la libertà, questo è l’amore, etc." mi colpisce e mi fa paura perché è un’affermazione troppo sicura. Nelle immagini che ormai sono entrate a far parte della storia si vede la statua di Lenin che viene abbattuta. Cosa voleva quell’uomo che ha dato avvio all’uccisione di milioni e milioni di persone? Anche lui voleva la libertà per il suo popolo. E naturalmente noi abbiamo imparato che cos’è la libertà ma l’abbiamo imparato anche da Lenin che a sua volta l’ha imparato da Marx e questi da Hegel. Quindi sono duecento anni che i filosofi si danno da fare per insegnarci la strada da percorrere per arrivare alla libertà: ora siamo entrati nel XX secolo e ancora non sappiamo cos’è. La prima cosa da fare per poter capire cos’è la libertà è di ripercorrere il contributo di questi filosofi, di questi scrittori che ho appena citato. Se c’è un filosofo, una persona che ha previsto, peraltro già nel XIX secolo, quello che sarebbe successo nel XX, è proprio il nostro filosofo esistenzialista cristiano Kierkegaard.

Fang Li Zhi si è laureato all’Università di Pechino nel ‘56. Le sue ricerche hanno riguardato la fisica nucleare e poi si sono mosse verso l’astrofisica. Pur essendo divenuto membro dell’Accademia Cinese delle Scienze e vicepresidente dell’Università di Scienza e Tecnologia della Cina, dall’87 all’89 la sua attività ha subito un continuo e progressivo rallentamento a causa del dissenso mostrato dallo scienziato nei confronti del regime di Deng Xiao Ping. Allontanato dall’insegnamento nel 1987, dopo il massacro di Tienhanmen ha vissuto per tredici mesi nell’ambasciata americana a Pechino. È stato liberato nel luglio del ‘90 e attualmente lavora all’università di Cambridge con la moglie, anch’essa laureata in fisica, che ha condiviso col marito l’esperienza della persecuzione.

Li Zhi: Io non sono un filosofo e pertanto trovo estremamente difficile dare una precisa definizione della libertà. Questo non vuol dire che la libertà non abbia o non comporti un preciso significato; al contrario, ha un significato molto preciso, soprattutto a livello quotidiano. Se per esempio qualcuno giunge in Cina e chiede che cos’è la libertà o quale tipo di libertà desideri, vedrete che la gente sa ben distinguere tra la libertà che desidera e quella che non desidera. Per esempio, noi scienziati aspiriamo alla libertà di ricerca, che ritengo sia la conditio sine qua non per poter effettivamente abbattere ogni barriera che impedisce la libertà e che invece favorisce il regime totalitario. Questa peraltro non è una dichiarazione nuova. Infatti don Giussani già in passato in uno dei suoi scritti Il senso religioso aveva fatto un’affermazione di questo tipo: la dittatura non è mai interessata alla ricerca perché la ricerca dell’essere umano è il limite più pericoloso per il potere. Si tratta infatti di una fonte non controllabile. È possibile che questo tipo di osservazione appaia magari a taluni semplice e banale, ma così non è, anzi, la voglio sottolineare perché penso che sia estremamente importante. E infatti il mondo è veramente assetato oggi più che mai di libertà nella ricerca, di ricerca e libertà per poterci affrancare dalle barriere che ancora ci separano dalla libertà e che favoriscono, come dicevo, la dittatura laddove questa è ancora presente. Il messaggio che voglio trasmettervi è questo: quando si parla di libertà non si deve pensare solo alla libertà in senso filosofico; la libertà è un qualcosa che travalica la barriera filosofica, che penetra nella vita quotidiana di tutti i cittadini, che entra nella vera vita.

Cesana: Se è così complessa la vicenda della libertà, allora viene immediatamente un’altra domanda: che cos’è il peccato? o per lo meno: da che cosa dipende questa incapacità umana a raggiungere la libertà?

Stangerup: Sono venuto in Italia proprio per cercare una risposta a questa domanda. Infatti in Danimarca, in Svezia vi è la Chiesa luterana (nessuno ci crede veramente in questo tipo di Chiesa perché si tratta di una Chiesa statale) e lo spirito nel quale siamo stati educati è quello proprio del luteranesimo. Secondo il pensiero di Martin Lutero l’uomo nasce già peccatore, è rappresentante del male, non può far niente per migliorare la sua condizione di peccatore, non è dotato di una libera iniziativa né di libertà e deve soltanto stare lì, pagare il prezzo che ha da pagare, aspettando la divina provvidenza. Di solito si scherza su questo pensiero molto estremista di Lutero, soprattutto nel mio paese, e si dice così: "Tu sei nulla, il tuo vicino è un idiota e Dio è comunque così lontano da te che è meglio non pensarci perché non ci arriveresti".

Penso che il pensiero cattolico, invece, presenti due possibilità, che ci sia attualmente un dibattito in corso, due scuole di pensiero: da un lato la strada di sant’Agostino e dall’altro il pensiero di Pelagio. Se seguiamo il pensiero di sant’Agostino vediamo che ancora una volta egli ripete il concetto del male collegato alla persona mentre Pelagio riconosce la libera volontà nell’uomo di poter determinare il proprio destino e credo che sia giusto anche perché altrimenti non potrebbe creare una buona immagine di Dio.

Per concludere: cos’è il peccato, cos’è il male, cos’è l’uomo? Io ritengo che noi come uomini siamo nati liberi essenzialmente, con una libera volontà di decidere il nostro destino e dipende da noi decidere se vogliamo migliorarci o distruggerci. Comunque abbiamo la libertà per scegliere quale strada preferiamo.

Li Zhi: La domanda che mi si rivolge sul peccato per me è particolarmente difficile perché sono nato e cresciuto in una cultura diversa. Infatti il concetto di peccato nella cultura cinese è un po’ diverso da quello che avete voi. Anche traducendo la Bibbia abbiamo trovato difficile identificare con precisione quali sono i personaggi o caratteri che possono essere identificati con il peccato. A volte identifichiamo col peccato una persona particolarmente avida, ambiziosa. Anche noi nel nostro Paese abbiamo problemi abbastanza analoghi ai vostri, ma a volte mi faccio soprattutto questa domanda: perché è tanto difficile, soprattutto nel nostro Paese, superare questi problemi per arrivare poi a uno stato di libertà?

Per determinati problemi noi giustifichiamo o spieghiamo le situazioni dicendo che tutto sommato l’essere umano non è perfetto. Noi diciamo questa cosa per spiegare un po’ la condizione dell’essere umano in Cina: l’essere umano in pratica si trova sul fondo di una barca a vela e quindi può vedere soltanto un’area molto ben circoscritta e precisa dell’orizzonte. Ripeto ancora una volta, non dimentichiamolo, l’uomo è ben lungi dall’essere perfetto. Forse questo concetto esula un pochino dal concetto di peccato che mi è stato chiesto.

Cesana: Volevo fare un accenno sul problema di Pelagio. Se fosse sufficiente la volontà dell’uomo basterebbe una volontà buona per mettere a posto il mondo, ma abbiamo visto che la nostra buona volontà non funziona.

Un’ultima domanda: che cosa pensano loro del futuro della nostra società, dei problemi che abbiamo, del modo di poterli affrontare?

Stangerup: Io, voi, noi: cosa si può fare del futuro? La domanda io vorrei capovolgerla e dire: che cosa il futuro farà di noi? Tre anni fa sulla rivista Time fu pubblicato un articolo dal titolo: La fine della storia. Vi si sosteneva che la fine della storia sarebbe sopraggiunta con il crollo del muro di Berlino e con la caduta del comunismo. Io non mi trovo affatto d’accordo con questa affermazione. Forse si poteva parlare della fine di un certo periodo storico, quello che ha tratto la sua ispirazione da Hegel e da Marx. Credo che il futuro abbia voluto questo, perché non c’era futuro nella filosofia di tipo hegeliano. Alla luce soprattutto degli ultimissimi eventi in Russia direi che il futuro sta riprendendo con un nuovo slancio. Noi abbiamo bisogno di credere nel futuro ma anche il futuro ha bisogno di credere in noi.

Li Zhi: Ci sono tante possibilità di futuro, però io voglio dare soltanto una risposta: la libertà di parola. E vorrei fare riferimento al discorso del presidente Cossiga le cui parole mi hanno veramente commosso. Egli ha parlato in particolare del fatto che gli eventi dall’’89 in poi hanno cambiato quasi il volto del mondo. Soprattutto gli ultimi eventi che si sono prodotti in Unione Sovietica fanno vedere che la forza della libertà della popolazione diventa sempre più imponente. E parlando dell’’89 la prima cosa che voglio dire è: ricordiamoci di quello che è successo in piazza Tienhanmen. Quello è stato un momento, un’ondata, un evento di democrazia e di libertà. E quindi la risposta è: il futuro sta nella democrazia e nella libertà. E come avete visto, dall’’89 sempre più Paesi stanno diventando democratici e liberi. Molti stanno per dire o già dicono e sussurrano che i comunisti o il comunismo sono già morti. Però io direi: "Sì lo è, ma non completamente, non ancora interamente". Un miliardo di persone vivono ancora sotto il comunismo, comunque sotto uno stato a regime dittatoriale. Io non posso esprimere qui una previsione sicura e certa, ma anche in Cina il comunismo vedrà la sua fine. A titolo d’esempio vi racconterò un aneddoto: quando ero ancora studente, negli anni ‘50, da sempre tutte le autorità ci ripetevano instancabilmente: la Cina può salvarsi soltanto con il comunismo. Le autorità cinesi ancora si avvalgono di questo slogan e lo ripetono agli studenti. Recentemente uno dei leader cinesi ha fatto una prolusione davanti agli studenti dell’università di Pechino e ha ripetuto agli studenti: "La Cina può essere salvata soltanto dal comunismo". Uno degli studenti ha sollevato una domanda: "Forse lei potrebbe aver torto, perché lo slogan di adesso potrebbe essere che la Cina può essere salvata solo dalla Cina".

Una affermazione come questa dimostra un primo segno di cedimento di questo movimento, di questo modo di pensare, un’ideologia che, come ripeto, e lo enfatizzo, morirà presto.

Cesana: A noi è stata insegnata non una definizione di libertà, ma come riconoscere di essere liberi. Ci è stato detto che per comprendere le parole astratte come la parola libertà bisogna usare gli aggettivi. Per comprendere la parola libertà bisogna domandarsi: quando sono libero? E si diventa liberi quando si realizza quello che noi aspettiamo, quello che ci corrisponde. Ecco, cerchiamo di non aver paura di questo: che se si realizza ciò che ci corrisponde, se si realizza ciò cui aspiriamo, questo è quello per cui noi siamo fatti, anche se immediatamente possiamo non gradirlo, perché la verità è ciò che corrisponde al desiderio dell’uomo, anche se non è posseduta. Esser liberi significa riconoscere questo, aderire a questa realizzazione. Perché se dipendesse solo da noi la libertà, dalla nostra capacità, dalla nostra forza sarebbe disperante, perché noi non siamo capaci. Antigone non era un’eroina, era l’espressione del desiderio della libertà, ma come mostra la tragedia – Antigone muore – il desiderio e l’energia dell’uomo lasciati a se stessi conducono ad una sola fine: la morte. Ci vuole qualcosa più grande dell’uomo che realizzi l’uomo: quando si incontra questo si capisce che cos’è la libertà. E essere liberi e lavorare per la libertà vuol dire seguire quest’incontro, seguire ciò che realizza il proprio desiderio. E non averne paura. Questa è la strada che noi abbiamo imparato. Cerchiamo di avere il coraggio di perseguirla.