Giovedì, 30 agosto, ore 11.15

UNA SPERANZA PER L’UGANDA PERLA DELL’AFRICA

Partecipano:

p. Pietro Tiboni

Julius Maziga

James Lagoro

L’Uganda, un tempo uno dei paesi meglio sviluppati dell’Africa Orientale, si trova oggi, dopo due decenni di dittature e di guerre civili, in condizioni di gravissimo dissesto amministrativo e collasso economico. Basti dire che, nella graduatoria mondiale dei "rischio paese", compilata in ordine decrescente dal paese più sicuro (gli USA) a quello che lo è meno delle autorità italiane di governo preposte al commercio con l’estero, l’Uganda viene da tempo classificata all’ultimo posto, il centoduesimo. Se dunque in una situazione tanto disastrata e difficile, in cui alle difficoltà materiali si aggiungono quelle causate da rancori ed odi profondissimi fra le varie etnie, è possibile far crescere e consolidare un’esperienza fraterna, solidale ed impegnata a fini di bene comune ciò diviene un interessante punto di riferimento nella prospettiva della soluzione di problemi simili per esempio nell’America Centrale, ed in altre zone di crisi dell’America Latina. Perciò il Meeting di Rimini ha inviato e dà la parola al fondatore, p. Pietro Tiboni, missionario comboniano, ed a due esponenti, James Lagoro e Julius Maziga, del movimento cattolico ugandese "Christ Communion and Life" (CCL), che costituisce un fatto nuovo e di grande rilievo non soltanto per l’Uganda, dove è sorto tre anni e sta avendo un rapido ed impressionante sviluppo.

p. P. Tiboni:

Come ha detto Von Balthasar, la comunione e la liberazione non sono cose che si conquistano, ma sono puro dono. Quindi cominciamo questo incontro con la preghiera. Diciamo dunque il Padre Nostro. Restate pure seduti perché la preghiera si può dire in qualsiasi posizione (…).

J. Mazinga:

Miei cari, sono davvero felice di essere qui con voi, e sento che la nostra esperienza in Uganda può avere rilevanza per questo Meeting (...). Alcuni anni fa, prima di entrare a far parte del nostro movimento Christ, Communion and Life, credevo d’essere cristiano e di non avere bisogno d’altro; più tardi invece, dopo aver incontrato il movimento, cominciai a rendermi conto che il mio essere cristiano non era cosa vera. Al momento dell’incontro ho cominciato a sentire una certa povertà spirituale; allora ho cominciato a cambiare, a prendere coscienza di me stesso. Fu così che mi resi conto che dovevo distruggere la barriera che c’era fra me e gli altri (…) In quel tempo per motivi si studio vivevo nel Nord dell’Uganda, ed io provengo dal Sud. Anche se riuscivo ad avere rapporti con quelli del Nord, il mio odio per loro era profondo. Entrato a far parte del movimento, mi sono detto che se tutti siamo figli di Dio dovevo amare tutti, compresa la gente del Nord, come Dio ama me. Nell’Uganda d’oggi ciò è molto difficile. Le tribù del Nord hanno distrutto il Sud, e c’è nella gente del Sud un desiderio di vendetta; la voglia di fare al mille Nord ciò che in questi ultimi anni il nord ha fatto al Sud (...).Giovedì, 30 agosto Mi venne per così dire la rivelazione che solo il perdono può renderci orgogliosi di noi stessi, e cominciai allora a sentire che in Uganda ognuno è mio fratello, mia sorella, e siamo tutti fratello e sorella in Cristo Recentemente, durante una festa in onore della Beata Vergine che è apparsa in Jugoslavia, abbiamo fatto l’esperienza di un cambiamento della gente. Nel luogo dove alto ci sono due famiglie che appartengono a due tribù diverse ed ostili ma loro. Queste due famiglie non avevano alcun rapporto tra loro, erano acerrime nemiche, ma attraverso il movimento, attraverso questa vita nuova, hanno avuto il coraggio di perdonarsi; e come segno di tale riconciliazione hanno fatto battezzare insieme i loro bambini, per dimostrare alla gente che non c’erano più tra loro differenze tribali, ma ormai appartenevano alla stessa comunità. nostro paese si è reso indipendente circa ventidue anni fa, ed ogni politico da allora ha sempre parlato d’amore, unità, riconciliazione, ma noi non abbiamo mai visto niente di simile. Quando Amin è stato rovesciato, tutti hanno pensato che l’Uganda sarebbe andata in paradiso, ma più tardi le cose si sono rivelate ancora peggiori. La gente ha incominciato a combattersi per il potere politico, e voi potete trovare degli ugandesi che sono degli esiliati, dei rifugiati, nel loro proprio paese. Ma tutte queste sofferenze si sono verificate per un solo motivo: l’odio. Queste persone si uccidono e si derubano a vicenda perché odiano, perché non sentono il legame di fratellanza tra di loro. Da parte mia vi posso dire che solo chi è stato capace di morire per noi può metterci dentro un cuore nuovo, può farci cambiare. Noi lavoriamo in condizioni molto disagiate, ma abbiamo una speranza, una speranza per l’eternità. Il movimento non condanna nessuno; noi facciamo una proposta positiva alla gente, di concepire se stessi in Cristo. E questa è la sola strada. Non abbiamo alternativa, la nostra unica scelta è l’alleanza con Dio, padrone di tutto. In conclusione non ho altro da aggiungere se non che questa comunione si può sperimentare in qualsiasi parte del mondo. Questo può riportare l’umanità alla ragione e alla comprensione, ed è solo questa cultura di verità e di giustizia che può cambiare l’umanità. In questo modo possiamo vincere l’odio e la morte.

J. Lagoro:

Prima di tutto sono felicissimo di essere qui con voi questa mattina, perché sento che questa esperienza nuova per me mi darà più forza nel mio cammino. Il movimento al quale appartengo esiste nel mio paese da soli tre anni; e sento che questi tre anni sono stati i più significativi per la mia vita; sento che, da quando sono nato, in Uganda non ho mai fatto una bella esperienza di vita, così quando mi fu fatta la proposta del movimento, da Padre Fidde, la considerai come una novità assoluta per me. Era molto difficile per me seguirlo, ma ciò che mi convinse, che mi diede l’amore per camminare all’interno del movimento, fu una parte della preghiera della Consacrazione (la Consacrazione a Maria, un elemento tipico della spiritualità di CCL: cfr. l’intervento di P. Tiboni più avanti. Ndr) ‘Tutte le sofferenze che tuo figlio sceglie per noi, la nostra stessa vita’: E quando ho considerato la situazione del mio paese, ho sentito che mi dovevo impegnare in questo movimento, perché potesse essere una occasione non solo per me ma anche per i miei familiari e per tutti quelli che conoscevo. La situazione è difficile nel mio paese; noi cresciamo in un clima di distruzione morale, vi sono molti furti, uccisioni, corruzioni, tutto ciò che rende difficile la vita. Cosi ho sentito che avevo una chiamata, una vocazione per cambiare questa situazione Vi è un’altra cosa che mi ha spinto sempre più ad impegnarmi in questo movimento, è stata la frequente preghiera quotidiana della consacrazione, che ho sentito come fondamentale per la mia vita, perché sentivo che se fossi riuscito a cambiare me stesso avrei poi cambiato tutta la mia famiglia e tutta la gente attorno a me. Un’altra cosa era l’amore alla sequela; le persone che mi hanno fatto la proposta del movimento mi erano vicine per verificare che io crescessi, e diventassi sempre più maturo all’interno del movimento. Quando sentii che ero sicuro nel mio ideale del movimento, sentii che potevo condividere questo anche con la mia famiglia Mi rendo conto che ho parlato troppo a lungo. Però prima di concludere, e prima di ritornare in Uganda, vorrei chiedervi di pregare per la nostra fede affinché cambi la situazione in cui viviamo Vi ringrazio molto e pregate per noi.

p. P. Tiboni:

E’ un po’ difficile parlare dopo von Balthasar, Julius e James; ma in ogni modo cercherò di sottolineare alcuni punti della esperienza che stiamo vivendo. Vorrei prima dire che la situazione d’Uganda esige proprio il perdono e il perdono l’avete davanti a voi in modo plastico: perché tra Julius e James culturalmente c’è la stessa prossimità che ci poteva essere tra un membro delle SS e un partigiano, per fare un esempio. Ma non sono cose passate, sono cose attuali, perché poco prima che venissimo in Italia molta gente vicino a Nabugongo, dove sta Julius, è stata massacrata. Invece vedete fra di loro un’affezione, una totalità d’affezione. Indico questo perché tutte le testimonianze mettono in risalto questo. Il movimento nel nome di Cristo crea la fraternità tra nemici mortali, il processo l’avete visto e non insisto solo voglio insistere su questo, che il gesto del perdono per noi non è un cosa eccezionale, ma è il gesto normale per cui cresce il movimento ovunque, e non c’è nessun elemento di CCL vero che non nasca dal perdono (…) cioè il nostro movimento nasce solo attraverso il gesto del perdono, per cui uno propone ad un nemico la Comunione in Cristo, quello accetta, e diventano veramente, tremendamente amici. Al di fuori di questo non esiste nessun nucleo, nessun gruppo di Cristo, Comunione e Vita. Il secondo punto che vorrei mettere in risalto, e di cui si è già parlato, è la nuova cultura. Noi ci interessiamo molto al problema della cultura. In Africa una delle cose più importanti è la cosiddetta inculturazione: cioè ci sono gli africani con i loro costumi e le loro tradizioni, la Chiesa è venuta dall’Occidente, e ora il problema principale è come il Cristianesimo viene ad appartenere veramente al cuore dell’Africa. E la posizione che tante volte viene fuori è questa: se Gesù Cristo non si fa africano, e la Chiesa non si fa africana, non si combina nulla, e questo è lo stesso che dire: non è Gesù Cristo che salva la cultura, ma è la cultura che salva Gesù Cristo. Ora la nostra posizione è proprio quella secondo la quale le realtà africane vere sono riprese solo attraverso una proposta chiara. Quali sono le realtà vere tradizionali? E’ questa unità nel clan, per cui le persone sono uno, e noi abbiamo proposto il movimento proprio in questa categoria; noi diciamo: come secondo la tradizione, quando due fanno il patto di sangue diventano una cosa sola e pensano alla loro unità e per quella sono capaci di dare la vita: così è in CCL. Prima di tutto, nel sangue di Cristo, perché è il sangue che unifica, e poi nello spirito di Cristo, perché il clan sussiste per la presenza dello spirito degli antenati, che sono chiamati i morti viventi. Solo che questo nuovo clan, questa nuova cultura è chiaro che elimina totalmente l’odio profondissimo che c'è fra le tribù, crea una nuova civiltà della verità e dell’amore, su cui si costruisce la nuova realtà. Per cui per noi ha molta importanza il sorgere dell’esperienza di questo nuovo tipo di civiltà, basata sul sangue di Cristo, che toglie le divisioni, e sullo spirito di Cristo, che fa vivere e che crea una nuova realtà di tribù. Anche la parola sequela di cui avete sentito parlare, che è così importante fra di noi, viene capita in quel contesto, perché chi propone Gesù Cristo, se l’altro l’accetta, diventa padre o madre, e il figlio che ha accolto questa vita è obbediente Non starò a parlare della situazione in Uganda, mi limiterò a farvi qualche esempio perché possiate capire che cosa sta succedendo. Ai tempi in cui era al potere Idi Amin Dada, questi si serviva dei Logbara per massacrare i soldati di stirpe Acholi. Allora vivevo nel Nord, tra gli Acholi, e mi ricordo che gli anziani, che hanno autorità, nel profondo silenzio degli altri presenti dicevano: "Verrà un giorno in cui dei Logbara non resteranno vive nemmeno le galline". Caduto Amin, si è tentato di tenere gli Acholi lontani dai Loghara ma poi, iniziata la guerriglia, ciò non è stato p materialmente possibile, e adesso dei Logbara sono sopravvissuti soltanto top, quelli che hanno potuto trovare rifugio nello Zaire e in Sudan. In situazioni del genere è chiaro che l’unica via d'uscita è la proposta del perdono: un perdono inteso non come semplice dimenticanza del male patito, ma come affezione totale verso l’antico nemico. Mi ricordo di una volta in cui stavamo viaggiando verso Mitiana e siamo arrivati in una vallata dove la settimana precedente erano state massacrate 70-80 persone, compresi donne, bambini, vecchi ecc. e i superstiti si erano dispersi. Ho detto: "Diciamo una preghiera per quelli che sono stati uccisi" Ila presente uno di noi originario di quel posto, e non sapeva ancora che ne era stato dei suoi, se cioè fossero fuggiti o fossero stati massacrati. E questa persona pia predisse: "Preghiamo prima per chi li ha uccisi perché sono nostri fratelli ed hanno ancora più bisogno della nostra attenzione" .Il problema non è politico e nemmeno economico, perché se all’Uganda venisse oggi data anche tutta la ricchezza degli Stati Uniti, i problemi non si risolverebbero, anzi diventerebbero ancor più gravi di quanto oggi siano. La soluzione non è politica, e nemmeno militare. Noi abbiamo rifiutato come via di salvezza le armi, sia quelle dell’esercito che quelle dei guerriglieri. Abbiamo detto a tutti che la nostra speranza non sta in una guerra di liberazione dallo stato di cose presente, perché sono cose che fanno soltanto cadere dalla padella nella brace. La causa vera di tutto sono l'odio, la divisione; e a questi si può porre rimedio soltanto creando la solidarietà in Cristo. Lo abbiamo detto a tutti, a partire dal nostro primo congresso nazionale nel 1981, e siamo stati veramente stupiti da come tanta gente abbia risposto: S, è vero, questa è la via'. Tanto che, in poco tempo, Christ Communion and Life è diffuso in tutto il mondo e il problema principale oggi per noi è quello di seguire questa miriade di gruppi che sorgono così, in modo imprevisto, come una grazia, come qualcosa di veramente grande. Dirò anche che un altro punto importante per noi è quello di cui hanno parlato sia Julius che Jamer la Consacrazione a Maria. Già nella tradizione missionaria, i missionari dell’inizio la prima cosa che facevano era l’affida Nenia lei: mento totale della Africa a Cristo e a Maria Madre e Regina dell’Africa; così Comboniani, e così i padri Bianchi. Ma ultimamente queste cose sono andate un po’ svuotandosi invece per noi il desiderio che venga costruita una nazione, diciamo, non può venire altro che attraverso il fatto che Maria è madre dell’Uganda e porta Cristo all’Uganda. Quindi ci siamo messi proprio con tutta la nostra forza a insistere sul fatto che non potevamo far niente se non coinvolgendo in prima persona Maria. Questo è il senso della Consacrazione, che per noi è qualcosa di simile alla preghiera continua di cui parla il Pellegrino Russo (cfr. ‘Racconti di un pellegrino russo! Prime edizioni italiane: Rusconi, Milano 1973; Cittadella Editrice, Assisi, sesta edizione 1974. Ndr). La Consacrazione si impara a memoria e si dice mille volte al giorno. Quando devi fare qualcosa d’impegnativo, davanti ad un pericolo, prima di incontrare una persona, quando le cose vanno bene davanti alla morte: sempre noi ripetiamo la Consacrazione. Credo che molti di voi la conoscano. Comincia così: ‘Maria tu sei la Madre di Cristo, Madre della Comunione che tuo Figlio ci dà come dono sempre nuovo e potente’, perché la Comunione uno non la può conquistare, è solo un dono che viene attraverso il perdono. Vorrei dire che è lo stesso anche qua: se due si sposano e pongono la loro speranza nello sforzo per andare d’accordo e usano tutta la sociologia, la psicologia e la psicoanalisi, pongono le premesse migliori per il divorzio. Perché la comunione in Cristo è uno dono che si chiede e che include una totale accoglienza vicendevole, ed è solo questo che costruisce la famiglia, la fa crescere e le fa affrontare tutti i problemi. ‘E’ un dono sempre nuovo e potente che è gusto di vita nuova’, per questo noi affidiamo tutto noi stessi. La frase ‘tutte le sofferenze che tuo figlio sceglie per noi’ ha un significato ben preciso: noi siamo stufi, arcistufi delle sofferenze, che stanno avvenendo in Uganda, delle uccisioni, dei massacri, noi chiediamo liberaci dal male prima di tutto, spazza via tutte queste cose, lo chiediamo con autorità, poi diciamo: è chiaro che per la salvezza del mondo il dolore e la morte sono necessari, accettiamo quello che il Signore sceglie per noi. Non vuol dire quindi: ma sì, ci sono le sofferenze, siamo d’accordo; nient’affatto. Noi vogliamo chiediamo continuamente la liberazione da tutti i mali sociali e fisici che ci sono e offriamo la nostra vita per noi stessi; la preghiera uno la dice quando è malato non per morire, ma la dice per guarire. Dice: ‘Affinché Tu diventi la Madre della vita’, Maria è la madre della vita che è Gesù Cristo, diventa la Madre della vita portando Gesù Cristo a tutta la nazione. ‘E Cristo doni a tutti gli ugandesi lo stesso gusto di vita nuova che ha donato a noi’. Questa è la struttura della Consacrazione, ma vorrei dire che specialmente, per noi, è importante questa continua insistenza individualmente e insieme. La mattina, quando due si svegliano, la prima cosa che fanno è la Consacrazione e se si incontrano nel corridoio fanno lo stesso e al lavoro lo stesso. E’ come dire all'altro: prima di tutto l’invocazione della presenza di Cristo e di Maria. E insomma una proposta all'altro di Comunione, per cui essa viene anche chiamata la preghiera della nostra comunione. Posso pure aggiungere che Maria risponde a questa preghiera in una maniera straordinaria. Se volessi raccontare come vive la gente di Christ Communion and Life, e come tra questa gente la presenza di Maria e di Cristo diventa visibile e viva, non la finirei più. Invece mi pare che adesso sia ora di finire. Ho però portato con me dei ciclostilati, contenenti sia testi di riflessione che testimonianze di vita, che potranno essere utilmente letti da chi voglia completare quanto ora ha saputo da noi qui.