Venti venticinque anni non li avremo per molto e se non abbiamo il coraggio di aprirci adesso, quando lo avremo?

Stagionalità dei flussi turistici, giovani e sabato sera

Martedì 27, ore 15

Relatori:

Claudio Bonvecchio

Pier Giorgio Togni

Gianni Fabbri

Aldo Brandirali

Giancarlo Cesana

Claudio Bonvecchio, dirigente dell’Ente Nazionale per il Turismo e docente di sociologia del turismo all’Università Bocconi.

Bonvecchio: I fenomeni dell’età evolutiva, tra i quali si annoverano anche quelli del turismo giovanile, sono oggetto di attenta analisi da parte della sociologia, della psicologia del turismo e degli operatori del settore turistico.

La vita individuale è limitata, come si sa, in un determinato spazio di tempo che si distingue in tre fasi: dello sviluppo ascendente (infanzia, adolescenza, giovinezza), dello Stato di maturità (o dello Stato ad equilibrio dinamico), ed infine dello Stato di regressione cioè il periodo conclusivo della vita.

Negli anni della cosiddetta maturità crescente, che va dai venti ai venticinque anni, l’individuo entra e si avvia verso la piena attività fisica e psichica. Oggi la maturità crescente viene sollecitata e condizionata, nei giovani, dalla rivoluzione dei costumi, dalle nuove usanze e credenze che caratterizzano la vita culturale nel mondo attuale. Anche e soprattutto quella giovanile è una tipologia di turismo non più concepita come puro edonismo o divertimento fine a se stesso o semplice consumismo, ma come pausa della quotidianità, come incontro con gli altri, con la natura, con la cultura, con il proprio fisico, con il lavoro, con le tradizioni, con il folklore, con la diversità in genere, con l’impegno ecologico. È anche un’occasione per i giovani nella delicata fase della maturità crescente di un incontro con se stessi e di un esercizio spirituale di riflessione, di osservazione ed anche di raccoglimento interiore; per non dire poi un’occasione di studio, di scambio di esperienze tra commilitoni, mi riferisco al programma "Erasmus", ed infine, tutto sommato, di un arricchimento intellettuale.

Quello giovanile viene ad essere un turismo più partecipato, e mi preme dirlo, a cui aderiscono sempre più numerosi i soggetti femminili. Se così stanno le cose chi si può far carico di offrire ai giovani la virtualità di una più attualizzata soddisfazione dei loro bisogni turistici? Questo è il grande punto che deve costituire oggetto di discussione.

Le difficoltà sorgono in pratica dal fatto che il turismo giovanile non produce generalmente grandi profitti immediati. Occorre pertanto che l’operatore pubblico, che intende promuovere il turismo giovanile anche a fini sociali, intervenga a sollecitare e ad aiutare l’imprenditorialità privata, che si occupa del settore particolare, ad aggiornarsi ed a migliorarsi. Sia ben chiaro che però solo la fantasia e la creatività dell’operatore varranno a definire i programmi e le offerte che rispondono più adeguatamente alle esigenze del nuovo turismo giovanile.

Quanto sin qui detto vale ad aprire il discorso e la riflessione su quattro aspetti fondamentali: la necessità di prendere in più seria considerazione il turismo giovanile sia per sia dall’Italia in quanto il giovane vive il momento della massima concentrazione dell’impressione e dell’immagine, che restano più saldamente memorizzate anche in funzione futura; la tipologia di turismo giovanile è esposta più di ogni altra, in quanto esprime una più serrata partecipazione ai flussi e riflussi del costume, della moda, dei mutamenti sociali ed anche della stagionalità; il rapporto in senso mercatistico tra il perseguimento del profitto e la soddisfazione dei bisogni turistici del giovani consumatori, che sono poi i due parametri fondamentali del concetto di marketing, laddove sarà possibile, per la tipologia di cui trattiamo, la massimizzazione del profitto che deve essere collettivo solo a lungo termine quando il soggetto, oggi giovane, sollecitato dalle impressioni e dalle immagini memorizzate, diverrà un domani un soggetto pagante a pieno titolo, così l’impegno di sviluppo del turismo giovanile sarà gratificante anche sotto l’aspetto economico per effetto dell’investimento a lungo termine; il confronto dei trends che lascia chiaramente intravedere l’affermazione di un processo di ridistribuzione, in senso territoriale, dei flussi internazionali del turismo giovanile e con una sempre più consistente partecipazione femminile, già in atto, con proiezioni che si irradiano insistentemente sul lungo raggio anche intercontinentale.

Pier Giorgio Togni, responsabile dell’Ente del Turismo per la Scandinavia.

Togni: Vorrei parlarvi di un mercato forse poco conosciuto, la Scandinavia, ma molto interessante ed all’avanguardia sotto molti aspetti. I Paesi scandinavi figurano sempre in testa a tutte le classifiche indici di un alto tenore di vita. Ciò è dovuto principalmente ad una politica di neutralità (non vi è una guerra in Svezia da 200 anni) che ha favorito uno sviluppo industriale che praticamente non ha subito arresti, e grosse ricchezze naturali.

In Scandinavia su 24 milioni di abitanti, 14 milioni sono in possesso di un passaporto, il che significa che sono potenziali turisti. Il tasso di incidenza del flusso turistico scandinavo verso il nostro paese è circa del 5,5%, mentre verso la Spagna è del 20%.

Le cause sono molteplici: scarsi investimenti su questo mercato; l’inadeguatezza della nostra infrastruttura turistica che non risponde più alle esigenze del grande turismo di massa, mancando soprattutto grandi complessi di residence, che rappresentano circa l’80% della domanda dei grossi Tour Operators ed infine i costi troppo elevati sia dell’attrezzatura ricettiva sia di diporto.

Proprio quest’ultima causa potrebbe costituire un grosso freno soprattutto per il turismo giovanile, che è quello che sta facendo registrare il più grosso incremento. Il turismo in genere rappresenta oggi il 10% del prodotto nazionale lordo mondiale. Nel 2000 il turismo sarà la prima industria del mondo. I giovani, grazie a costi sempre più bassi e ad una rete di trasporti che offre la possibilità di percorrere l’intera superficie terrestre con la massima facilità, rappresenteranno la più grossa fascia di turisti. Due elementi fondamentali che spingeranno i giovani a muoversi sono rappresentati dall’arte e da una natura incontaminata. Il nostro paese, che raccoglie circa il 40% del patrimonio artistico mondiale e grazie ad una natura tra le più varie e più belle del mondo, possiede tutti i requisiti per attirare una sempre maggior parte di turisti, ma sarebbe grave pensare che questi due fattori da soli ci consentano di mantenere e addirittura migliorare la posizione detenuta sul mercato turistico mondiale, senza effettuare una seria politica del turismo giovanile sia per presentare il nostro prodotto con adeguate azioni di marketing sia per facilitare tale forma di turismo.

In Scandinavia esiste un’attrezzatura ricettiva per il turismo giovanile di prim’ordine. Non solo ogni città a ogni luogo che possiede qualche valore turistico è sede di un ostello per la gioventù o attrezzatura ricettiva similare per accogliere i giovani. Tariffe speciali per giovani sono applicate ovunque, dalle mense agli alberghi, dai musei ai teatri, dalle tariffe ferroviarie alle tariffe aeree nazionali, che offrono addirittura la possibilità di percorrere tutte le linee interne a determinate ore pagando solo 200 corone pari a 40.000 lire. Per non parlare di tutta l’assistenza e del materiale informativo preparato appositamente per i giovani.

Non vi è praticamente alcun giovane scandinavo che non abbia trascorso almeno tre settimane in Inghilterra per imparare l’inglese. La EF, che ha propri uffici in tutta Europa, ha iniziato ad organizzare viaggi per apprendere la lingua italiana a Firenze. L’interesse che vi è per la nostra lingua è di gran lunga superiore a quanto si possa pensare. È indispensabile tuttavia creare i presupposti affinché i giovani trovino nel nostro Paese tutte quelle strutture ricettive e di diporto per garantire loro il più piacevole soggiorno possibile e serbare una volta ritornati in Patria un ottimo ricordo del nostro Paese. Esiste in Italia una miriade di istituti che effettuano corsi di italiano, più o meno seri. È indispensabile che tale attività sia coordinata e controllata in modo da vendere all’estero dei pacchetti che includano la sistemazione presso famiglie e lo studio della lingua, dando altresì certe garanzie. È un settore ancora poco o niente sfruttato nel nostro Paese, ma se ben organizzato potrebbe rivelarsi un elemento di prim’ordine per incrementare il turismo anche verso quelle regioni italiane a minor vocazione turistica. Non dimentichiamoci poi dell’importanza della conoscenza dell’italiano per l’economia del nostro Paese da parte dei giovani d’Europa nel contesto dell’Europa Unita.

L’importanza dei giovani sotto ogni aspetto, ma anche sotto il profilo turistico, è fondamentale. Spesso ci si dimentica che i giovani di oggi saranno i manager e gli opinion leaders del futuro e che le opinioni, il carattere e le preferenze si formano proprio durante gli anni giovanili.

Gianni Fabbri, proprietario e gestore della discoteca "Paradiso Club".

Fabbri: Le discoteche e le strutture per il tempo libero offrono qualcosa di nuovo ai giovani per potere usufruire della loro libertà che ritagliano nella notte, perché durante il giorno le forme di libertà sono compresse dagli obblighi della vita sociale. Nella notte ritrovano la loro possibilità di esprimersi, di divertirsi, di travestirsi. La percentuale di coloro che cercano lo "sconvolgimento" attraverso la droga e l’alcool è bassissima. Nella normalità la discoteca è un luogo di incontro, di ascolto della musica, di socializzazione. Oggi c’è una riduzione del volume dei suoni a favore degli spazi che vengono creati per poter parlare. Questo dimostra che si sta passando dal linguaggio del corpo a quello verbale perché i giovani stanno rientrando dentro se stessi e stanno ritrovando i valori della vita.

Brandirali: Il quotidiano esprime il volto di questo mistero che da anni inseguo e cerco con tanta difficoltà per cui io oggi posso dire Cristo. Questo mistero non può essere altro che questa presenza, perché come fate a stare qui con questa temperatura se non per una passione che travalica veramente ogni punto formale? C’è una solarità della gioia, del gusto di vivere, c’è una solarità, di cui siete testimoni e il dibattito qui si svolge proprio perché non avete altro da capire e perché andiate poi a raccontarlo ai vostri amici che non sono qui, comunicando questa solarità di gioia che avviene qui in un giorno qualunque. La notte è la possibilità di una attenzione, di un mantenimento di una curiosità che non vuole morire, di una apertura che vuole restare, perché il giorno non è stato esauriente e qualche cosa desideriamo... Allora capisco che il problema non è trovare delle regole per questa notte, o che un potente governo alla svedese stabilisca i confini della notte entro i recinti definiti dai mandriani che chiamano libertà un moralismo che si esprime proprio al culmine di quella modernità che ha distrutto ogni punto di riferimento, l’origine di quella solarità che ci tiene e che chiama alla gioia. È meglio che noi pensiamo allo spazio, al tempo, ai luoghi della possibilità dei giovani nel senso della stabilità radicale e piena e profonda che qualcosa accada, la possibilità piena e profonda che qualche cosa ci riesca a cambiare e che il piccolo gruppo di amici che è partito in questo viaggio della notte, possa guardarsi in faccia per poi dire che l’unica cosa che li fa essere amici è più grande della loro banda. Invece di chiudere entro definizioni di regole morali o moralistiche delle ore e dei luoghi, chiedo che sia più evidente che cosa trasforma questa tensione e questo non essere dentro una gabbia dello schema, nell’essere per lo meno in una posizione di domanda, di ricerca, che cosa consente che ci sia ancora questo giovane vivo e in tensione e non addormentato e ormai avvilito.

Cesana: Io non sono mai stato in discoteca (però sono stato in Svezia e anche in altri posti). Non so se rispondo alla domanda di Aldo, ma dalla somma di queste esperienze cerco di reagire al tema che è stato dato e che riguarda l’affermazione profondamente vera che venti e venticinque anni non si hanno per molto tempo; per l’esattezza si hanno per un giorno, anzi per un istante, e non è cosa da poco perché tre istanti dopo si può crepare. Una ragazza chiedeva di abolire il quotidiano, ma ci sono delle cose nella vita che non si possono abolire perché ci sono, perché come diceva Shakespeare "ci sono più cose in cielo di quante ce ne sono nella tua fantasia". Si può tentare di scappare davanti alla vita, cioè si può far finta di vivere il quotidiano, ma il quotidiano c’è. Per vivere bisogna vivere 24 ore al giorno, non si può vivere tre ore sì e due ore no, si può cercare di fingere due ore sì e tre ore no, ma bisogna viverne ventiquattro. La vita è un problema di continuità e di durata.

Facendo la somma delle esperienze, anche di quelle svedesi, l’unica cosa che mi sento di dire a riguardo di una tematica che indubbiamente è stata scottante, quella delle discoteche e della loro chiusura, è questa, che l’uomo è fatto di desiderio, l’uomo è una struttura affettiva, l’uomo è un essere che desidera e desiderare significa riconoscere che ci manca qualcosa e inseguire quello che ci manca: questo è il motore della vita perché se non si desidera più si muore. La morte, diceva Freud, è la ripetizione indefinita di se stessi, cioè di uno che è sempre uguale, che non cambia più. L’uomo è invece strutturalmente desiderio, è tensione. Infatti vent’anni vuol dire che il desiderio è vivo (le malattie mentali vengono a vent’anni, perché sono malattie del desiderio). Vent’anni vuol dire che il corpo è proporzionato al desiderio, che ci sono i muscoli per raggiungere ciò a cui si aspira.

Il desiderio è una cosa buona, perché il desiderio è il motore della vita; desiderare, volere, aspirare, sentire che qualcosa manca è una cosa spendida. Il desiderio è positivo, ma non è ciò che introduce l’uomo alla vita. Desiderare significa che mi manca qualche cosa e cerco di inseguirlo, quindi vuol dire che il desiderio non contiene quello che gli manca. Il desiderio vuol dire cercare una ragione, uno scopo, qualcosa che mi completi: io desidero perché questa cosa mi manca.

Chi comanda ha capito una cosa semplicissima. L’uomo è veramente catturato quando si cattura il suo desiderio, perché se io riesco a prendere e catturare il desiderio dell’uomo, quell’uomo è mio; la donna che cattura il desiderio dell’innamorato che diventa l’oggetto esauriente a cui tende nella sua vita, fa suo quell’uomo e viceversa. Così son tutte le cose. Quando si dice che la nostra è una società consumistica, si dice una cosa molto semplice, che gli uomini sono catturati attraverso un desiderio, ciò a cui aspirano, non attraverso la razionalità. Quando vi propongono la saponetta non vi fanno vedere quanto è bella la saponetta, ma come diventi bello se usi la saponetta, quindi tutto è fondato su un processo di identificazione. La gente viene presa emozionalmente, non con la ragione, e questa è una cosa fondamentale, soprattutto da quando c’è la televisione, da quando c’è un certo sistema di comunicazione di massa in cui tutto fa brodo. Allora uno viene preso dentro una prospettiva a cui viene guidato anche come ragione; i ragazzi dell’Est sono stati catturati dall’Occidente non razionalmente, ma per il desiderio che hanno per quello che loro non posseggono, ma verranno tirati dentro nella ideologia occidentale e cioè nella mentalità dominante e cominceranno anche loro a leggere il New York Times o il Corriere della Sera o la Repubblica e gli diranno che loro sono indipendenti perché leggono tutti i giornali, così penseranno come tutti quelli che leggono il New York Times, la Repubblica e il Corriere della Sera. Questo tenetelo sempre presente: il potere non è fatto da stupidi: per arrivare a comandare bisogna essere intelligenti, gli stupidi li fanno fuori prima.

La musica(1) non si rivolge alla ragione, si rivolge al desiderio; questo ha una potenza di convinzione che è diecimila volte superiore ad un argomento razionale, soprattutto se è musica bella e come tale la musica viene usata. Quando si vendono i dischi, si vende questa cosa che interessa, perché tutti noi viviamo per cercare di ottenere quello cui aspiriamo. Tutti noi viviamo per questo e non per altro e prendiamo tutto quello che cerca di completare di più il nostro desiderio e quanto più prende la radice dell’essere, cioè l’affettività, tanto più ci interessa. Ci interessa così tanto, non so se qui siete tutti cattolici, che si fa peccato per questo, si ruba, si tradisce, ma tutto questo è introduttivo, non è negativo. Cioè io non dico che le discoteche sono negative, che la musica è negativa, voglio solo dire in che cosa siamo presi, da che cosa siamo vinti. Se il desiderio è introduttivo, se è qualche cosa di non finito in sé, vuol dire che c’è un termine del desiderio, qualcosa più grande del desiderio cui si deve tendere e questo termine del desiderio è l’unica cosa che può farlo vivere: è l’infinito.

Dobbiamo ammettere che un’altra caratteristica della nostra vita è che quando prendiamo in mano ciò che desideriamo di più, questo poi ci muore tra le mani, dopo un po’ non ci piace più. Ci vuole, dunque, qualcosa che non finisca più: questo è il vero problema della vita. Se avete presente questo problema, per me andate dove volete.

A me piace moltissimo la canzone di Vasco Rossi Una vita spericolata, perché da un certo punto di vista è giusta, ma è sbagliata come concetto ultimo.

Come desiderio è giusta perché la risposta esatta a questa voglia di non dormire mai, di vivere in ogni istante si chiama Paradiso. Il Paradiso della teologia cattolica, cioè quello vecchio, è quello in cui non si dorme mai, dove si gusta sempre il gusto della vita. Ma al fondo è sbagliata perché il problema non è che la vuoi; infatti anche se la vuoi non te la dà nessuno, perché nessuno è in grado di dartela. Chi ha una esigenza così acuta, l’unica cosa che dovrebbe fare è domandare che questo desiderio non si spenga mai, perché alla fine viene spento, piegato. Avete sentito la situazione di questi giovani in Scandinavia, in queste città superorganizzate: è vero che c’è la proibizione dell’alcolismo, l’alcool è monopolio di Stato, ma se prendete il traghetto per andare da Helsinki a Stoccolma di notte sono tutti ciucchi, perché lì vendono l’alcool fuori dal monopolio. Ad Helsinki passa il pulmino alle sei di sera a raccogliere gli ubriachi, con l’alcool che è proibito con tanto di cartelli. Se vuoi una vita spericolata, l’unico problema che c’è è che non te la puoi dare da solo, perché se te la dai tu, devi così alterarti da doverti drogare, cioè spegnerti, come dice giustamente la pubblicità(2).

Da un certo punto di vista è giusto volere una vita spericolata perché è la vita che è fatta di tutto: se si ha presente questo si vada dove si vuole, ma con una attenzione. Bisogna rimanere attaccati a ciò che corrisponde di più a questo desiderio in termini di ragionevolezza di sé e di comunicabilità agli altri. Come dice S. Paolo: "Vagliate tutto", cioè provate tutto, non abbiate paura, e trattenete quello che vale, trattenete quello che era veramente ciò che cercavate e questo uno lo capisce benissimo.

In questo io riassumo anche il mio pensiero sulle discoteche, che è molto semplice. Per quanto riguarda la chiusura obbligata delle discoteche alle due di notte, ritengo che non si possa mandare a letto le persone alle due e cinque. Però se si chiudessero le discoteche alle due di notte e così ci fossero meno morti e quindi più gente che desidera, io sarei contento.

 

NOTE

(1) La musica è positiva fino a quando è bella. La percezione della bellezza della musica dipende dal gusto e dall’educazione. Se si sentono sempre dei ritmi a tre note è molto difficile capire una sinfonia, ma se si comincia a sentire Beethoven o Mozart, quando si sentono tre note si capisce subito che sono solo tre note.

(2) La noia è come lo sguardo che si spegne. Esso non dipende dall’esterno. Uno normalmente dice: "Sono annoiato perché non ci sono stimoli", ma il problema della noia esistenziale, di quella profonda, è che uno è come se non vedesse più fuori di sé, fosse totalmente centrato su di sé, perché la prima grande educatrice della vita, la prima grande scuola è la realtà. Se uno apre lo sguardo sulla realtà quasi immediatamente è come se si sentisse posto in movimento.