Incontro con i Bonzi del Monte Koya

Gioved

28, ore 18.30

Relatore:

Shodo Habukawa,

Docente all’Università del Monte Koya

e Responsabile del Muryokoin Temple

 

 

 

 

 

 

Siamo nell’oceano, e questo oceano è la nostra azione.

Questo oceano è il luogo della nostra esperienza quotidiana.

In questo oceano dell’esperienza della vita quotidiana, noi siamo più o meno commossi e possiamo fare l’esperienza imprevedibile del mistero.

Consideriamo ad esempio un piccolo fiore nella valle: questo fiore termina la sua esistenza bella, meravigliosa e pura senza che qualcuno se ne accorga. Eppure in questa esistenza del fiore si esprime la volontà di Dio. Quando uno vede questo fiore, in esso può vedere o sentire l’identità fra la radice della propria vita e la vita di questo fiore. Normalmente chiamiamo questa esperienza del cuore dell’uomo universalismo e naturalismo; questa idea accomuna il Buddismo Shingon e l’insegnamento del Kegon Sutra.

In base a questa idea chiamiamo "piccolo universo", cioè microcosmo, ogni individuo e "grande universo", macrocosmo, il mondo che li racchiude. "Grande" e "piccolo" universo sono in comunicazione tra di loro e si sentono; in modo analogo anche questi piccoli mondi, cioè ogni individuo, comunicano e si sentono l’uno con l’altro.

In San Pietro in Vaticano si trova una Pietà di Michelangelo che suscita grande rispetto. Raffigura Maria che sostiene Gesù. Grazie a questa statua della Pietà così rispettabile Gesù e Maria stanno vivendo ora, per cui molta gente si inginocchia davanti ad essa e piange. Lì avviene una comunicazione e uno scambio tra la singola persona e il grande universo, superando la dimensione del tempo e dello spazio.

Nel Medioevo in Giappone visse uno scultore come Michelangelo in occidente: si chiamava KaiKei; gli fu dato il soprannome di Anami per la sua grande fede in Amittava Budda. In Giappone c’è un tempio dedicato ad Anami che contiene una statua di Amittava Budda scolpita da Anami. Questo tempio è chiamato tempio Jodo: Jodo significa paradiso. Nella parte occidentale della zona del tempio vi è il tempio più importante. Sul lato occidentale questo tempio ha una parete a grata chiamata Sitomi. Dietro ad essa si trova la scultura di Amittava, che ci aiuta ad andare in paradiso. Quando il sole tramonta nell’oceano la sua luce accende di un rosso intenso il tempio sulla collina e la statua di Amittava si accende di una luce d’oro intenso. Le persone che pregano Amittava si illuminano di questo rosso intenso, facendo l’esperienza del paradiso nella realtà.

Questa scena ci ricorda il mondo di Budda descritto nel Kegon Sutra. Questo mondo di Budda viene così tutto illuminato dalla luce proveniente dalla grata: ogni buco della grata produce una sfera di luce e queste nella loro totalità illuminano riflettendosi l’una nell’altra.

Questa esperienza del paradiso nel mondo reale è l’esperienza della massima felicità. La massima felicità è il vertice della felicità e uno prova questa felicità quando fa un’esperienza di soddisfazione.

In questa felicità noi percepiamo la verità, che non ha forma, ma che si esprime per esempio nella natura o nell’opera dell’artista e siamo colpiti dalla verità sentendoci ad essa uniti.

Se mi è permesso usare questa espressione desidero dire che lo scambio del cuore tra don Giussani e me, è illuminazione del cuore di tante persone che hanno un legame profondo con don Giussani le quali mi hanno dato molta luce così che a mia volta posso irradiare questa luce senza limite.

Cercare la verità è la natura dell’uomo. Un filosofo moderno, Kant, ha chiamato questa natura dell’uomo cima della virtù e ha detto che la morale della libera volontà è la posizione più alta e che la ragione dell’uomo è una stella posta in alto.

Ma noi uomini viviamo nel mondo reale dell’oceano. Diceva Nicolò Machiavelli: "La grandezza dell’etica non ha lealtà se è priva del sentimento della realtà".

Per noi uomini per esistere è indispensabile sentire la felicità della vita. Sentire la felicità presenta diversi fattori o elementi, ma in sintesi felicità vuol dire essere soddisfatti.

Noi capiamo cosa sia la situazione della soddisfazione quando la paragoniamo con la situazione della mancanza. Ad esempio quando siamo poveri capiamo cosa vuol dire essere ricchi, quando siamo malati capiamo cosa vuol dire essere in salute. Questi fattori di soddisfazione si riferiscono al nostro corpo, ma nello stesso tempo in noi uomini vi è l’esistenza della coscienza.

Come la malattia o la ricchezza arrivano dall’esterno, così la mancanza di coscienza deriva dal limite causato dall’imperfezione della natura dell’uomo.

Quando questa imperfezione viene riempita si raggiunge la cima della felicità. L’unica possibilità di riempire questa imperfezione si ha quando noi uomini lasciamo la nostra coscienza dell’imperfezione, cioè lasciando noi stessi nell’esperienza dell’estasi possiamo mettere la nostra coscienza fuori di noi stessi; così la nostra esistenza si unisce con il mondo in cui esistiamo.

Come si è detto sopra, dimenticare se stessi e fare l’esperienza dell’estasi coincide con la coscienza che chiamiamo cima della felicità e questa verità della felicità è detta il bene o la cima del bene.

Chiamiamo verità esterna qualcosa proveniente dall’esterno che porta alla cima della verità o cima della felicità, mentre chiamiamo verità interna la coscienza che sta cercando la cima della verità o la cima della felicità.

C’è un’espressione che dice che noi non viviamo la nostra vita soltanto per il pane. L’espressione che noi non viviamo la nostra vita soltanto per il pane paradossalmente implica che la soddisfazione materiale è indispensabile per la nostra esistenza ma noi uomini del mondo moderno, tranne pochi, per la maggior parte stiamo dalla parte della concezione dell’economia capitalista, identificando lo scopo della vita nel raggiungere qualcosa di materiale.

È vero che questa concezione dell’economia capitalista è quella dell’economia liberista e che non si tratta dell’economia controllata bensì della concezione liberista che rispetta gli uomini e ha un carattere diverso; tuttavia l’economia capitalista è pur sempre una concezione materialista: non soltanto la concezione comunista è materialista.

Non è esagerato affermare che noi siamo l’oceano dei materialisti in cui viviamo contenti di essere egoisti.

Gli antropologi affermano che la volontà dell’uomo tende ad interessarsi a sé, ad amare e a proteggere sé e questo destino dell’uomo è inevitabile quando si vive nel mondo, ma purtroppo nel mondo in cui viviamo, che sembra ricco, comincia ad esserci il buio.

Questo è evidente se consideriamo la situazione della società. Ci troviamo di fronte a una realtà in cui dobbiamo domandare la verità della vita dell’uomo.

Recentemente ho sentito dai mass-media che è stata fatta una inchiesta sulle condizioni per una vita felice. Sono state intervistate cinque-seimila persone; come risultato dell’inchiesta è emerso che il 59% degli intervistati è alla ricerca della felicità del cuore e soltanto il 39% è alla ricerca della soddisfazione materiale.

Questa inchiesta è stata condotta in Giappone per cui in un’epoca in cui si parla di società mondiale questo risultato potrebbe essere solo un piccolo esempio della situazione mondiale, tuttavia, a partire dalla saggezza che ci illumina, sappiamo benissimo che anche dal punto di vista dell’esperienza della storia umana, senza la soddisfazione del cuore non esiste vera felicità.

E sappiamo come sperare la volontà dell’uomo di amare se stesso, che è il destino dell’uomo secondo la ragione della religiosità.

Jakob Böhme, fondatore della filosofia mistica tedesca, disperato per l’assurdità del mondo affermò: "In questo mondo è prosperato identicamente sia chi non crede in Dio, sia chi ha una fede molto profonda, i popoli barbari si sono impossessati delle terre migliori e il destino ha aiutato i barbari più che gli uomini di fede. Per questo sono triste, disperato e senza consolazione". Jakob Böhme faceva il calzolaio e cercava di armonizzare il suo cuore con il suo lavoro. Una mattina, vedendo illuminarsi il cucchiaio di stagno, fece esperienza dell’estasi e dimenticò se stesso. Poté così togliere la nuvola nera che circondava la sua anima, cioè la sua volontà egoistica.

Alla domanda: "Che cos’è il Buddismo giapponese in generale?" il denominatore comune delle risposte è costituito da tre tesi:

1) Non fare il male.

2) Fai il bene.

3) Queste due tesi rappresentano il vero Buddismo.

Il Buddismo prevede tre insegnamenti, inoltre dà dieci indicazioni che consistono in tre azioni da non compiere con il corpo, in quattro azioni che non si devono compiere con la parola e infine tre azioni da non compiere con il cuore.

Questi dieci punti sembrano proibizioni ma non lo sono. Ad esempio se si dice che non si deve ammazzare un essere vivente, questo non vuol dire semplicemente che non si deve ammazzare qualcuno, ma si pone l’accento sull’importanza della propria vita, sottolineando nello stesso tempo l’importanza di ogni esistenza. Questa è la verità e misericordia dell’uomo, e poi così possiamo avere la massima felicità. Lì possiamo trovare il massimo bene e la massima felicità.