Domenica 20 agosto, ore 17

TESORI D'ARTE LITURGICA DALLE CATTEDRALI E DAI MUSEI DIOCESANI

Presentazione della mostra

Partecipano:

Mons. Dante Balboni, Paolo Pasini, Sua Ecc. Mons. Ersilio Tonini.

Modera:

Antonio Smurro.

A. Smurro:

Ringrazio tutti i presenti intervenuti a questo primo momento del Meeting '89.Lo faccio con vero piacere, come presidente di questa Associazione, giunta, con l'edizione di quest'anno, al decennale. Iniziamo con la presentazione di una mostra. E’ un fatto significativo, perché si tratta di una mostra particolare ed importante come quella dei tesori d'arte delle cattedrali italiane. Non è facile realizzare una mostra di questo genere, raccogliere da tutt'Italia reperti preziosi ed importanti per la vita delle diocesi e delle comunità richiede un lavoro attento e scrupoloso, dilatato nel tempo. Si renderanno dunque necessari, alla fine del mio intervento, molti ringraziamenti a coloro che hanno reso possibile questa mostra. Sono dieci anni che il Meeting si svolge a Rimini sul finire dell'estate, se ragionassimo in termini di età dovremmo dire che è ancora un bambino. Però è cresciuto in fretta, si è irrobustito e oggi, credo, è pieno di belle speranze. In queste occasioni si fanno anche dei bilanci, io ne voglio fare un molto provvisorio, molto sintetico e chiedermi cosa ha significato il Meeting, innanzitutto per noi che lo abbiamo organizzato, in questi dieci anni. Nessuna parola potrebbe meglio sintetizzare la nostra idea di quanto il Santo Padre ci disse, in occasione della sua venuta, il 29 agosto del 1982: "Il Meeting è nato infatti dall'amicizia di un gruppo di cristiani di questa città, come ho saputo: è nato dalla passione di comunicazione, di creatività, di dialogo che la fede cristiana vissuta integralmente sempre porta con sé". Io credo che questo sia il bilancio di dieci anni ed è, in fin dei conti, lo stesso motivo per cui abbiamo fatto questa mostra. Dove quella che esponiamo è la creatività di persone che ci hanno preceduto nei secoli ma che, probabilmente, hanno vissuto l'avvenimento cristiano con la stessa passione con cui noi abbiamo cercato, secondo le parole del Papa, di comunicare ciò che nasce dalla nostra fede. Questo impeto, questo desiderio di presenza dell'avvenimento cristiano si è allargato dal piccolo gruppo di riminesi fino a coinvolgere le circa diecimila persone che nel corso di questi anni hanno collaborato e contribuito, volontariamente e gratuitamente, alla realizzazione del Meeting. Ancora una riflessione sul significato che in questi dieci anni il Meeting ha rivestito per l'uomo e per la società del nostro tempo. Io credo che il Meeting sia stato in grado di porre a tutti interrogativi su temi e su questioni che riguardano la vita dell'uomo di oggi, spesso scettico, disperato - e comunque insicuro e insoddisfatto - all'interno di questa realtà. Credo che il Meeting sia stata una proposta capace di attivare l'attenzione, di mettere in campo un dibattito ed un confronto che hanno travalicato anche le stesse mura della fiera di Rimini o dei luoghi dove il Meeting si è svolto, per incontrarsi, anche attraverso i mass media, con la società italiana e internazionale. Concludo questo breve bilancio con una riflessione estremamente sintetica a proposito della città di Rimini che Giovanni Paolo II, nell'82, chiamava "questa cara Rimini". Credo che il Meeting abbia rappresentato un momento in cui la naturale, e per certi versi istintiva, vocazione della nostra città all'ospitalità ha trovato un suo fondamento ancor più profondo: perché, come l'esperienza cristiana ci insegna, l'incontro vero con l'altro è capace di far scaturire vera accoglienza e vera solidarietà. Con questo auspicio inauguriamo la decima edizione del Meeting e la presentazione di questa mostra. Ringrazio sentitamente coloro che sono accanto a me su questo tavolo, innanzitutto Sua Eccellenza Mons. Ersilio Tonini, Vescovo di Ravenna e Amministratore Apostolico di Rimini, Mons. Dante Balboni, direttore dell'Istituto Superiore di Arte Sacra "Beato Angelico" di Roma, il professor Paolo Pasini. E naturalmente ringrazio tutti coloro che hanno reso possibile questa mostra: le diocesi che con molta disponibilità e solidarietà hanno collaborato, quelle di Ancona, Bressanone, Como, Jesi, Lodi, Loreto, Milano, Pennabilli, Pesaro e Vittorio Veneto. Sono qui presenti fra noi anche i responsabili del settore dell'arte sacra di diverse tra queste Diocesi che io, di cuore e sentitamente, ringrazio, come i curatori della mostra stessa, la dottoressa Amelia Zilocchi, il dottor Marco Carminati, nonché il dottor Parmeggiani della società SEAT, sponsor di questa mostra. Non sono ringraziamenti formali, perché il Meeting esiste, si costruisce, offre proposte culturali interessanti, solo se nascono una solidarietà e un lavoro comune con tanti che collaborano alla realizzazione di questi momenti. E’ in questa disponibilità che le occasioni per importanti momenti culturali possono trovare la loro concreta realizzazione.

P. Pasini:

In un momento in cui il dibattito sulla cultura cattolica è particolarmente vivo, anche il problema dell'arte sacra sta assumendo un risalto inconsueto. Arte sacra: poteva quasi sembrare antistorico, sino a una decina di anni fa, parlare di arte sacra, almeno nel significato che questi due termini accostati rivestivano un tempo nella mente di tutti gli artisti, orafi, artigiani, intagliatori, nell'istante in cui realizzavano i loro oggetti o eseguivano le loro opere. Essi infatti erano coscienti di compiere un gesto che trascendeva l'opera stessa (…). Sul significato morale dell'oggetto d'arte sacra si è insistito spesso e di recente. Se non venisse considerata anche in funzione delle sue valenze pastorali, l'arte sacra verrebbe ridotta o addirittura snaturata. Sarebbe fare un torto all'ignoto intagliatore della superba pisside eburnea del VI secolo, presente in mostra, proveniente dalla cattedrale di Pesaro – un oggetto di importanza somma - se lo si immaginasse intento alla sua realizzazione, senza venire anche coinvolto e impegnato in un atto di devozione. La pisside infatti veniva utilizzata per somministrare il sacramento dell'eucarestia ai malati, e se il suo ignoto autore non avesse tenuto presente anche la sacralità del piccolo e prezioso oggetto che stava uscendo dalle sue mani, probabilmente non sarebbe riuscito a infondergli quella carica di intensità spirituale che esso possiede. Sino al 1983 la pisside eburnea di Pesaro non era conosciuta come parte del patrimonio liturgico italiano che, essendo sterminato, da anni viene catalogato dalle sovrintendenze, in collaborazione con le autorità ecclesiastiche e gli studiosi che lo schedano. I problemi che la suppellettile sacra comporta sono innumerevoli: da quello della conservazione, a quello della tutela, a quelli strettamente filologico-critici che vanno dallo studio delle tecniche alla datazione. Molto, certo, si è già fatto: esistono alcuni repertori, esistono i cataloghi dei "tesori", esistono soprattutto i musei diocesani, alcuni di imminente apertura. Tali musei, dai quali provengono parte delle opere qui esposte, sono istituti indispensabili alla raccolta, alla conservazione e al riordino critico-scientifico del preziosissimo materiale liturgico. Più frequenti negli ultimi anni sono anche i convegni di studio che puntano sulla sensibilizzazione del clero e la conseguente valorizzazione dell'arte sacra. Il clero è più direttamente chiamato a cogliere l'alto valore etico dell'oggetto liturgico, oggi che tale valore rischia di assottigliarsi dato che la liturgia, nella sua inevitabile semplificazione, ha costretto le forme del cerimoniale - quindi anche gli arredi destinati ad esso - all'essenzialità. Anche le suppellettili sono ridotte all'essenziale. Ecco che i musei diocesani divengono un luogo deputato alla custodia, ma anche alla conoscenza di quei tesori che altrimenti e nel migliore dei casi rimarrebbero chiusi nelle sacrestie, oppure dislocati in chiese lontane dal centro e quindi più esposte ai furti. Questa mostra, di carattere miscellaneo, ritrova il suo trait d'union nella liturgia; tutto ciò che è qui raccolto ed esposto risponde a un finalità d'uso; uso magari trascorso da tempo. La mostra si è potuta realizzare grazie alla straordinaria disponibilità dei responsabili dell'arte sacra di dieci fra le venti diocesi interpellate; delle sovrintendenze competenti, dei capitoli delle cattedrali e dei musei diocesani. Si è potuta realizzare grazie, non solo all'impegno scientifico dei suoi curatori, Amelia Zilocchi e Marco Carminati, e di tutti i collaboratori del catalogo, ma anche di tutti coloro che al Meeting si sono trovati ad affrontare questo "caso" insolito, e a dire il vero molto difficile, sia sul piano organizzativo che espositivo: data infatti la loro destinazione d'uso questi oggetti, che non furono realizzati perché secoli più tardi venissero esposti in una mostra, talvolta non rispondono ai normali requisiti espositivi; si sono quindi dovute inventare ex novo strutture portanti che permettessero la loro visibilità, tenendo conto che per lo più si tratta di materiale fragile (…). La mostra è piuttosto bella: è bella nel suo complesso, non solo perché concentra alcuni pezzi importantissimi e che da anni non venivano esposti: il cofano 'argento della cattedrale di Como, opera di Gaspare Mola; l'evangeliario del XV secolo del capitolo della cattedrale di Ancona; il reliquiario a forma di libro donato da papa Lambertini; il breviario Grimani del museo di Vittorio Veneto; l'ostensorio di Onno del tesoro del Duomo di Milano; la croce astile del Museo di Lodi e altri; ma anche perché ha manifestato la disponibilità di molte diocesi, alcune delle quali, come quelle di Pennabilli e Jesi, non disponendo d'altro che di suppellettili d'arte popolare, hanno inviato quelle. E questa mostra un indice di unità e di comunicazione; di quella "comunicazione" che il Cardinale di Milano Carlo Maria Martini, in un incontro con la stampa, sottolineava come valore primario. Comunicazione intesa sì come informazione, ma anche come circolazione all'interno della chiesa cattolica, del valore profondo della cultura. Il Meeting di Rimini è quindi grato di potere, con questo avvenimento culturale, stringere e stringersi sempre più intensamente alla Chiesa che, anche nell'arte sacra e nella civiltà liturgica, scopre la sua grande anima.

D. Balboni:

Si parla spesso di elementi, certo interessanti, di carattere storico, artistico, tecnico, ma non si coglie mai l'anima, la finalità e ciò che è insito nell'opera d'arte. E questo è fondamentale perché, altrimenti, noi rischiamo di fare una mostra o un museo di manichini, di cose certamente di valore notevole, importanti e interessanti, ma senza un'anima, cioè una finalità (…). Le nostre opere d'arte stanno normalmente o nelle chiese, distaccate, molto spesso giustamente, dai fedeli, o nei musei, dove sono assemblate in una forma più o meno logica, secondo un ordine cronologico, di grandezza, ecc. Tutto questo è valido, ma non serve a cogliere l'anima dell'oggetto sacro (…).Si potrebbe allora partire dall'esporre che cosa non è, per arrivare a capire meglio quello che è: non quella magnificenza di colori e di disegni che si trova, ad esempio, nell'Assunta del Tiziano, quel disegno ampio, magnifico, splendido del pittore e di altri suoi conterranei e contemporanei, non è questo. Non è l'elemento decorativo, che può dare un tono cromatico, pittorico o scenografico. Ancora non siamo all'anima dell'opera. E allora che cosa cerchiamo nell'opera d'arte sacra, per usare un termine generico che comprende, ad esempio, arte liturgica ed arte religiosa? Rapidamente posso dire che l'arte sacra ha questo senso generico e catechetico, l'arte liturgica è utilizzata durante l'esercizio del culto e finalmente l'arte religiosa è quella che viene, diciamo cosi, propagandata e che proprio in questi giorni è oggetto di studio, come al Meeting, anche a Taranto: è chiamata anche arte religiosa popolare, termine che vuole identificare un settore ma anche una certa zona di produzione. Pensando al valore della sacralità dell'arte, noi possiamo partire da e cose visibili, con crete e poi arrivare, mano a mano, al punto centrale. Partiamo dall'ambiente. Con questa brutta parola corrente si intende il contenitore. Anche la Chiesa è chiamata contenitore, è una parola che ha un suo significato e una sua funzionalità. La chiesa è il contenitore dell'assemblea che riproduce l'unione di Cristo con il suo popolo, dell'assemblea che realizza il mistero che Cristo compone nella persona del sacerdote e anche della comunità, secondo quella frase di Gesù: dove sono raccolti due o più nel suo nome, Gesù è in mezzo alla comunità orante. Questo è importante, perché è il momento in cui noi cominciamo a capire quale può essere l'anima dell'arte sacra e soprattutto di quel monumento che è la chiesa. A tutto questo vanno affiancati altri elementi, per esempio la proclamazione della parola divina, e il luogo in cui tale parola è trasmettitrice di concetti e di idee il luogo primo è l'ambone, cioè quel posto da dove il lettore legge la parola di Dio. Poi c'è un altro luogo strettamente collegato a questo, la cattedra o la sede del vescovo, dalla quale il vescovo commenta, potremmo dire diluisce, la parola di Dio e la rende più accettabile ai fedeli. Se poi ci guardiamo intorno, vediamo che mentre si svolge la Consacrazione, l'Eucaristia o qualche altro rito sacro, c'è tutto un dinamismo che vuol essere una ri-creazione di quello che significa la cerimonia che viene svolta; allora acquista un significato la processione o il pellegrinaggio, quell'andare al Signore che sta accadendo proprio oggi a Santiago di Compostella (…). Poi, le stesse cerimonie che si svolgono: il celebrante in persona di Cristo, il corpo sacerdotale, la stessa assemblea che è corpo mistico di Cristo. Tutto questo ha un carattere di mezzo per evidenziare la forma della presenza di Cristo nell'assemblea. Anche l'ubicazione del centro della basilica è scelta dalla comunità secondo le tradizioni culturali, precristiane o cristiane. Il perno può essere, o l'altare in fondo alla chiesa, o al centro, se si tratta di una pianta a croce greca sormontata dalla cupola, che dà il senso dello spazio verso il cielo e nello stesso tempo la sacralità circoscritta dell'ambiente sacro (…). Ci sarebbero altri elementi da evidenziare (…), ma se vogliamo dare una risposta alla domanda iniziale, possiamo usare le parole dello stesso Montini: l'anima o il segreto della cattedrale è costituito da elementi che sfuggono al frettoloso turista o al critico superficiale. Quindi, non la forma basilicale, né l’abside leggermente inclinata a simbolo del Cristo morente, come avviene verso la fine del Medio Evo, quando il simbolismo viene quasi esasperato, sono l’anima della cattedrale. Il segreto della cattedrale è la presenza viva di Cristo. Essa non è semplicemente un interessante monumento d’architettura, un venerabile edificio storico, un museo di belle arti, non è un solenne salone di conferenze o un auditorium di musica arcana per orecchie raffinate; essa è per noi una casa viva, un luogo privilegiato di abitazione divina. Qui possiamo dire di Cristo "habitavit in nobis": il palazzo di Cristo e l’aula di Cristo Maestro sono il tempio di Cristo Sacerdote, come dice appunto la costituzione sulla liturgia che ho citato prima del Concilio Vaticano II. Cristo è presente nel vescovo, Cristo è presente nei battezzati, ogni qualvolta l’assemblea è riunita nel suo nome, Cristo è presente. Queste sublimi realtà vengono magnificamente espresse nel millenario rito della dedicazione di una chiesa, dalla benedizione della prima pietra, a quella delle campane, a tutta una sinfonia di preci invocanti la santificazione del nuovo tempio di Dio, per una effettiva consacrazione degli spiriti in Dio. L’apice del rito è costituito dal Prefatio o prece consacratoria rivolta alla Beata e Santa Trinitas esplicitata nella Majestas Dei e nella Santa Manus Dei. Così le tre dita, che non sono tanto di benedizione, specie in sede bizantina, quanto di parola, sono il Cristo che dice: "Io sono la Via, la Verità e la Vita, io sono l’Alfa e l’Omega". Questo è il gesto di parola che poi, in sede occidentale, diventa segno di benedizione (…). Possiamo chiudere dicendo che l’arte sacra che contiene queste realtà sublimina presenza di Dio stesso. La presenza di Cristo in quelle forme che ho già detto può essere via alla fede (…), o espressione di fede di artisti che si esprimono attraverso l’arte sacra. A loro, agli studiosi e a tutti quelli che si esprimono attraverso l’arte sacra, auguro di continuare a farlo sempre meglio.

E. Tonini:

Ci si può chiedere in quale ordine di cose collocare questa mostra, la domanda è tipicamente giornalistica e non è poi male. Il giornalista serio, infatti, ogni notizia che arriva si chiede cosa è accaduto e in quale ordine di cose e di valori va collocato. In quale ordine di cose va collocato il Meeting, in quale ordine di cose va collocata questa mostra, storico, estetico, sotto il nome generale di arte o di un altro ordine. La vera arte, soprattutto quella sacra, va collocata nell’ordine della vita. Perché l’arte suppone vita, e vita consapevole, cosciente, vita tormentata e goduta, vita dell’essere intelligente che è preso spesso dalle vertigini, dalle paure, dagli spaventi per le cose che gli mancano, per gli spettacoli orrendi che si aprono dinanzi, ma anche è preso a volte quasi dal mancamento per lo stupore per le cose più grandi di lui. L’arte va vista così, suppone un uomo eterno, come diceva Chesterton, che va in cerca di verità; e quando ne abbia trovato qualche segno che sappia di eterno, più grande di lui, allora gli si apre una fase dell’incantagione, come la chiamava Platone. Io non voglio fare grossi discorsi, ma dobbiamo pur dare un colpo d’ala per predisporci a visitare degnamente la mostra, che è passare dinanzi a opere d’arte, specie di queste che vengono da secoli e sono la sintesi di vita e di storia e di incantagioni. Passarci soltanto con la curiosità o col gusto estetico, sarebbe veramente perdere, sfigurare, deformare. Io penso sempre al mio, anche se è tutto nostro, Sant’Apollinare in Classe, l’abside stupenda, di fronte a cui l’animo nello stesso tempo gode, trasale e piange, anche per quel che non gli è concesso di capire. Cos’è lo stupore se non l’incantamento e nello stesso tempo il pianto dell’anima, perché da quel che capisce suppone che il più è ancora da capire? E che cos'è d'altro - penso alla mia Ravenna - Sant'Apollinare in Classe, San Vitale, Sant'Apollinare Nuovo, se non vita vissuta di un mondo bizantino che il cristianesimo ormai ha assorbito e possiede in bellezza, in stupore, in incantagione? Perché Dio è bellezza, guarda, la teologia di Von Bathasar, Dio è bellezza, Dio è pienezza per la bellezza , perché ha pienezza per l'intelligenza e perché le facoltà, quando giungono a lui, ti si mettono in moto, arrivano al massimo della propria perfezione, fan festa come gli occhi quando hanno incontrato la luce. Mettete occhi che incontrino la luce e orecchi che sentano il suono e mente che capisca la verità e cuore che raggiunga la pienezza dei propri desideri e poi vedete se allora, a questo punto, non nasce la poesia, perché l'uomo ha bisogno di esprimersi per segni. Ora, quel che noi vedremo son segni di coscienze che a un certo momento hanno sentito trasalire l'anima, hanno avvertito l'unità del proprio essere e l'han tradotta come han potuto, godendo e soffrendo insieme. Ecco perché non gli si può passar dinanzi indifferenti. Non c'è nessuno che scriva da segretario o da commerciante che non senta la pena perché non tradurrà mai a sufficienza quel che gli sta dentro.Merita riverenza, allora, perché non sono reperti del passato, sono segni di vita, che hanno suscitato vita, perché generazioni e generazioni, di fronte a quelle immagini e a quei segni, hanno sentito rivibrare, ognuno alla maniera propria, forse più piena e più compiuta di quanto non abbia pensato e sentito l'artista. E’ Chiesa, è vita di Chiesa e non ritorno al passato, vita di Chiesa che rifluisce nel presente, sorgente che poi s'allarga e si ingrossa in altri, torrenti, si fa fiume e noi arriviamo a questo fiume, a questo mare... Non c'è un momento in cui godi di più dell'essere cristiano, se non quando senti la musica, e si è in molti, o quando nel silenzio della tua coscienza ti accorgi che quella verità è fatta per te e tu sei fatto per quella verità, siete fatti l'uno per l'altra, sei veramente tu, non sei mai stato in pienezza come in quel momento, in quanto hai sentito la presenza del tuo Dio, verità per la tua mente, saziamento per la tua intelligenza e pienezza per l'anima tua, luce intellettuale piena d'amore, amore di vero bene, pieno di letizia che trascende ogni persona. E questo vale non appena per i credenti: penso a quelle vibrazioni che queste opere d'arte hanno suscitato nei non credenti, perché i veri non credenti, chi li può definire. Io penso a Pavese, una pagina splendida del diario, mi pare che sia del maggio 1940, non riesco a ricordare a memoria quel brano troppo bello, ci si inginocchia per chiedere una grazia e all'improvviso si avverte di dentro come uno sgorgo di divinità, e aggiungi poi al mancamento la sola possibilità, oh, se davvero fosse vero; per giunta ci si augura il dolore perché è la sola strada per giungere a questa esperienza. E anche per questo, allora, bisogna passarci attorno con riverenza, perché è storia di anime e di vita e di Chiesa, momenti d'animo che sembrano dissolti nell'universo, ormai annullati, nullificati, invece forse sono raccolti ed elaborati nel cuore di Dio. E che cosa significa una mostra?Significa scambio di vita con vita, suppone che ci sia gente cui non basta il vestire, il mangiare, il bere, il dormire o altro, cui non basta il guadagno. Una persona che vuole essere uomo in pienezza e l'uomo in pienezza va laddove c'è l'espressione del massimo dell'umanità e questa è il massimo dell'umanità, anche se fosse la cosa più semplice del mondo. Fosse anche quel disegno di un bambino alla scuola materna, il quale un certo giorno ha fatto un paracadutista che scende giù a terra a cogliere un fiore: cosa esprime questo? La grandezza e la bellezza, il meglio che ci fa umani. E’ questo il motivo per il quale la Chiesa oggi sente il bisogno di recuperare i propri tesori artistici e farne, non più soltanto musei per i visitatori, per l’élite, ma offrirli: venite a vedere i tesori, venite a vedere la vita, che cos'è, com'è stata vissuta. La Fiera Bit di Milano sta promuovendo alcune iniziative – una delle quali sarà il prossimo anno a Ravenna – a carattere internazionale. Nasce allora di qui la pastorale del turismo che diventerà invece pastorale delle opere d’arte: far parlare, lasciar parlare, creare comunicazione, comunione. È bello allora, che il Meeting voglia essere una grande comunione in espansione: per essere cattolici, bisogna essere una comunità espansiva. Ha fatto molto bene il Meeting, a dare importanza a questo che è il meglio, non solo del passato, ma anche per il futuro. Non so se sapete che la valorizzazione di San Giacomo di Compostella è appena l’inizio di una opera di valorizzazione degli antichi cammini dei romei: saranno rivalutate tutte le grandi stazioni che dal nord scendevano per andare a Roma e Ravenna sarà una di queste. Ma perché? Perché lì è l’anima dell’Europa. E quest’anima dell’Europa oggi risulta essere ancora l’unico punto di speranza per gli europei, visto che non basteranno l’informatica e neanche i satelliti a dare un segno positivo per il futuro. Sono tali le sfide che il futuro presenta all’Europa, le più radicali, le più sconvolgenti, quelle che metteranno in forse la stessa civiltà, che arriveranno al punto che gli uomini dovranno decidere se rimanere uomini oppure creare delle sottospecie umane. Di fronte a questo, la cultura attuale, specie quella laica, riconosce che non abbiamo per ora punti di riferimento. L’unico che rimane ancora è il senso religioso, il senso del sacro, alcune verità non strumentali ma godute in una sincerità d’animo che sperimenta la pienezza della propria verità nel momento in cui la luce di Dio lo illumina. Proprio qui è il punto: o verità strumentali o verità beatificanti. La sete di felicità tornerà ancora come problema primo dell’uomo. È la domanda con cui inizia la teologia di San Tommaso, se l'uomo può essere felice e che cosa possa farlo felice. Quando l’opera d’arte sarà in grado di aiutare a dire agli uomini: volete proprio essere folli, godete qui, generazioni hanno trovato qui che la vita aveva verificato il massimo della propria grandezza e bellezza, avete il Vecchio e il Nuovo Testamento, il Pastore della Chiesa che vi guida, cosa volete cercare a vostro salvamento, di più e di diverso?