False accuse alla Chiesa

Presentazione del libro di Luigi Negri

Venerdì 29, ore 18.30

Relatori:

Luigi Tressi, Ordinario di Storia Economica all’Università degli Studi di Milano

Edoardo Bressan, Ordinario di Storia Contemporanea all’Università degli Studi di Milano

Luigi Negri, Docente di Antropologia Teologica presso l’Università Cattolica "Sacro Cuore" di Milano

Tressi: Il titolo identifica bene quella che è la realtà del volume: False accuse alla Chiesa. Bisogna intendere che cosa riguardano queste false accuse alla Chiesa. Vorrei fare a questo proposito tre osservazioni.

La prima è che non bisogna scambiare, nella storia della Chiesa, l’azione intenzionale della Chiesa con alcune conseguenze, per quanto importanti e gravi, inintenzionali della sua azione. Vi sono tensioni, contraddizioni nell’azione della Chiesa, ma questo non fa parte della intenzionalità dell’azione della Chiesa, fa parte invece della inintenzionalità, di quello che può capitare ad azioni di uomini orientati verso una certa finalità, che per la debolezza umana, per la limitatezza umana, raggiungono queste finalità attraverso una molteplicità di difficoltà. Che cosa dobbiamo valutare noi? Quello che capita o l’intenzione di partenza, buona? Questa è la prima falsa accusa di cui dobbiamo liberarci; il libro ci aiuta in questa opera di liberazione intellettuale.

La seconda osservazione riguarda la tendenza ad attribuire all’azione della Chiesa un freno allo sviluppo della storia, e della storia moderna in particolare: ciò che il volume mostra è invece che i fallimenti del mondo moderno fanno parte unicamente del mondo moderno e del modo con cui il mondo moderno ha cercato di pensare se stesso, di praticare e di realizzarsi nel corso della storia.

Si inserisce a questo proposito la terza osservazione: vi sono due facce della modernità. Una è quella destinata a fallire, che proclama il razionalismo individualista e l’uomo padrone di sé, ed è la faccia che il volume tratteggia molto bene. Ma vi è anche un’altra faccia della modernità, a cui vale la pena di accennare, perché a quest’altra faccia della modernità la vita della Chiesa in qualche modo si è riferita, incorporandola nella propria cultura e nella propria azione. È un aspetto della modernità più accettabile del precedente, anche se molto meno noto, ed è l’aspetto che tutti noi in qualche modo pratichiamo: è l’aspetto dei diritti umani, a cui per esempio Giovanni Paolo II si riferisce così spesso, il diritto di libertà, il diritto di stampa e così via. Questa versione della modernità è molto vicina all’insegnamento della Chiesa, dice che la ragione è limitata, che le capacità dell’uomo di conoscere e di comprendere ciò che conosce, e di elaborare ciò che conosce, sono limitate. Non nega un assoluto, e per quanto riguarda l’uomo afferma la dignità della ragione ma ne afferma e ne insegna i limiti. Per quanto riguarda lo Stato e l’organizzazione politica, afferma che lo Stato non è la sede del diritto, ma è la sede del riconoscimento del diritto.

La dottrina sociale della Chiesa – cui sono dedicate alcune pagine del volume – fa riferimento nella sua parte costruttiva a questa concezione della modernità, a questi valori moderni. La dottrina sociale della Chiesa dice in primo luogo che la felicità dell’uomo, la salvezza dell’uomo non sta nella capacità predittiva e costruttiva della sua ragione, e in secondo luogo che bisogna dare fiducia alla operatività dei singoli individui, alla loro limitatezza, bisogna lasciarli operare nella loro immediatezza e bisogna spingerli alla cooperazione tra di loro.

Bressan: Il libro parte da una duplice consapevolezza; la prima consapevolezza è quella di un’idea di cristianità non intesa come società confessionale e quindi come forma di Stato cristiano, bensì come forma di civiltà cristiana. Se questa è la prima consapevolezza, ve n’è un’altra non meno importante: quella che questa idea di civiltà cristiana e anche il rapporto che questa civiltà cristiana ha di fatto con l’istituzione ecclesiastica che ne è il punto di riferimento, è storicamente dato, non è costituito una volta per tutte: non esiste un modello di cristianità.

I punti critici di questo sviluppo della civiltà cristiana sono tre: innanzitutto il Medioevo, visto nel libro come un tentativo di realizzare un possibile modello di civiltà cristiana, pur nelle sue contraddizioni. Il Medioevo è modello non in quanto tale, ma per alcuni valori che quella civiltà ha cercato di esprimere: il rapporto tra la persona e la sfera politica, il rapporto tra la società e il potere, il rapporto tra la società civile e la società religiosa. In tutte queste sfere sempre emerge un carattere di spontaneità, un carattere di autoorganizzazione, di non costrizione o imposizione dall’alto.

Il secondo elemento è la modernità, che si pone in antitesi alla civiltà cristiana perché si pone come un progetto radicale di autoliberazione umana, reso possibile dalla cultura protestante e da una concezione filosofica irriducibile all’insegnamento cristiano. Su questo progetto radicale di autoliberazione dell’uomo si innesta il peso storicamente esercitato dallo Stato moderno, lo Stato che si afferma con la Rivoluzione francese. Lo Stato moderno si assume l’onere di realizzare tutto questo, sotto la specie di una falsa neutralità, con il pretesto di garantire tutti, in realtà cercando di fare in modo che tutto ciò che di fatto univa gli uomini a un significato ideale e religioso della vita e a un riferimento istituzionale comune, venga infranto.

Il terzo elemento è la risposta della Chiesa a questo attacco della modernità: la dottrina sociale della Chiesa. Questa risposta non vuole proporre o riproporre un modello di Stato cristiano contrapposto ad un modello di Stato laico o di Stato rivoluzionario, sottolinea invece la necessità di ripartire dall’uomo e quindi dall’uomo in società. La dottrina sociale è una difesa dei diritti umani e una individuazione dei limiti dello Stato di straordinaria attualità.

Negri: Questo libro è nato tanti anni fa anche se ha visto la luce negli ultimi due anni: è nato tanti anni fa nel cuore di una profonda contraddizione che ho sentito a contatto con tante generazioni di giovani.

La contraddizione fra da una parte l’entusiasmo crescente in me perché la mia vita cristiana mi faceva appartenere in modo appassionato a tutta la tradizione, la grande tradizione in cui l’uomo era stato affermato e promosso contro tutte le tentazioni, dall’altra la percezione di vivere con tanti giovani a cui era strappata ogni radice perché rimanessero come un popolo condannato a vivere soltanto il presente. Per questo ho scritto il libro: non perché abbiamo bisogno di difendere la Chiesa, ma perché abbiamo bisogno di capire che cosa è accaduto e di scorgere la complessità degli avvenimenti.

In quella comunicazione del divino che la Chiesa è attraverso l’umano, l’umano è utilizzato in tutti i suoi fattori, quindi anche nei suoi limiti. Man mano che entravamo in questa avventura emergevano chiari tre grandi fattori antichi e presenti, così che quanto più si studia la storia della Chiesa tanto più si approfondisce il nostro presente e quanto più si approfondisce il nostro presente tanto più si fanno domande serie, intense, appassionate alla storia della Chiesa.

Il primo fattore è che la Chiesa è un popolo che vive, vive perché sia comunicato all’uomo Cristo. In qualsiasi punto della storia della Chiesa si perfori, la coscienza che la Chiesa ha di sé, dalla "Lettera a Diogneto" del 152 alla "Lumen Gentium" del 1965, è di essere un popolo che vive per annunziare, è un popolo che annunzia il mistero della salvezza già accaduto e che in quanto annunzia investe il mondo di una presenza nuova che cambia i termini della vita.

In secondo luogo, la storia della Chiesa, essendo la storia della missione, è storia; la storia è un tentativo drammatico. Non è una perfezione in atto. È un tentativo. È fatta di tentativi nei quali si gioca fino in fondo la passione per l’ideale e si vede che questa passione per l’ideale trascina con sé il contesto concreto delle circostanze umane, compresi i limiti, gli istinti, gli errori.

Infine, il terzo passaggio: in questa prospettiva si impara ad amare non solo la Chiesa ma anche l’uomo. Perché certamente un aspetto fondamentale della storia della Chiesa cristiana nel mondo è l’amore all’uomo e alla sua libertà. Una società senza la presenza della Chiesa è una società dove la tendenza alla violenza è infinitamente più dispiegata che quando c’è la Chiesa. La violenza – come si vede dai totalitarismi di questo secolo – è una teoria; la violenza è normalmente l’esplosione dell’irrazionalità e dell’istintività, come tale non c’è niente di più comprensibile e di più compatibile, ma la violenza teorizzata dal totalitarismo moderno è di tutt’altra natura. L’unico freno a questa violenza è stata la presenza della Chiesa: il mondo moderno senza questa presenza si sarebbe chiuso in se stesso.