La legge della Regione Emilia Romagna per la gestione delle risorse idriche
e dei rifiuti

Mercoledì 25, ore 11.30

Relatori:

Alfredo Bertelli,
Consigliere alla Presidenza Giunta della Regione Emilia Romagna

Sergio Morotti,
Presidente AMIA di Rimini

Giancarlo Zoffoli,
Presidente AMIR di Rimini

Bertelli: Una legge approvata alla fine del mese di luglio 1999 nel Consiglio regionale dell’Emilia Romagna, assolve al compito di rispondere agli indirizzi della legge Galli, con la riorganizzazione del sistema idrico integrato, e recepisce, contemporaneamente, la normativa Ronchi sul tema dell’organizzazione degli ambiti di gestione dei rifiuti. Sono state così messe insieme due leggi per il sistema dei servizi pubblici locali. Questa iniziativa, tra l’altro, va ad aggiungersi alla riorganizzazione del sistema di trasporto pubblico locale e alla riforma della legislazione riferita al sistema dell’edilizia residenziale pubblica. Il sistema di servizi locali, attraverso leggi e progetti di legge in discussione, va verso il superamento del sistema di monopolio.

Si tratta di liberalizzazione e non privatizzazione; è opportuno evitare che si passi all’improvviso da un monopolio pubblico ad uno privato. Il processo che abbiamo immaginato, per esempio nella gestione di acqua e rifiuti, è quello di distinguere chiaramente e nettamente tra governo e gestione del servizio. I comuni che si associano, dandosi una forma di governo efficace ed efficiente negli ambiti, svolgeranno soltanto ed esclusivamente una funzione di governo, quindi di programmazione e controllo. Il servizio vero e proprio, la gestione industriale del servizio, sarà organizzata da aziende in grado di poterlo fare. In Emilia Romagna c’è già una presenza piuttosto robusta di aziende in gran parte appartenenti agli enti locali, con dimensioni sufficientemente robuste da poter già oggi assicurare una gestione corretta; attraverso successivi accorpamenti, grazie all’ingresso di capitale privato, potranno concorrere alla gestione di ambiti sempre più larghi di servizi. Speriamo che questa gestione sia favorita ulteriormente dalla legge nazionale che consente l’affidamento in gestione attraverso gara pubblica per l’affidamento di più servizi.

Nel settore acquedottistico, in Emilia Romagna, abbiamo dodici aziende pubbliche, consortili oppure municipalizzate; quelle comunali sono però circa l’86% del totale: una frammentazione enorme delle gestioni. La situazione presenta tantissimi comuni con acquedotti che servono, di media, 3.000 abitanti, con un livello di gestione assolutamente inefficace dal punto di vista industriale. I comuni sono incapaci, spesso e volentieri, di realizzare anche gli investimenti minimi e necessari per consentire una corretta manutenzione delle reti. La perdita in rete è di circa il 24% dell’acqua che viene prodotta.

Per evitare gli sprechi, uno dei requisiti della legge Galli prevede la gestione del servizio integrato, del ciclo integrato delle acque; l’azienda deve garantire: prelievo, trattamento, distribuzione dell’acqua potabile e contemporaneamente smaltimento e depurazione della stessa. Siamo ora in una fase transitoria in cui al superamento immediato delle gestioni in economia, dovrà seguire l’affidamento a realtà industriali "salvaguardate", che hanno cioè tutti questi requisiti.

Sarà importante anche capire cosa cambierà per gli utenti nel momento in cui si applicano queste leggi. La regione presenta due livelli di gestione: quello efficiente, delle aziende municipalizzate consortili, e quello molto basso, delle gestioni dirette. Dal momento che soprattutto le gestioni dirette dovranno adeguarsi, cambierà purtroppo qualcosa anche sulle tariffe. Si pagherà di più per migliorare e dare più garanzie di efficienza; si pagherà il giusto perché le tariffe, sia per i rifiuti solidi urbani, sia per il sistema acquedottistico, servono a coprire gli interi costi del servizio. Non è giusto infatti che si copra con il contributo dei cittadini il 70% del costo effettivo del servizio e poi si chiedano, attraverso la fiscalità generale, finanziamenti complessivi per gli investimenti.

Morotti: Non è un caso che questa legge sia una delle ultime ad essere stata proposta in Emilia Romagna. Il fatto che fosse una regione con una fortissima presenza di aziende pubbliche, ha creato discussione, confronto, problemi da risolvere. La legge è senza dubbio positiva per tutti gli aspetti e le questioni che introduce: la definizione degli ambiti, le autorità che istituisce; soprattutto va salutata positivamente perché è giusto che cittadini, quantomeno della stessa provincia, si trovino ad avere eguale qualità di servizi e si trovino a pagare le stesse tariffe per lo stesso servizio che ricevono. Prima i servizi erano divisi per comune e si verificava, magari nel settore dell’immondizia, che chi pagava bollette care aveva servizi scadenti e, al contrario, i servizi efficienti erano a buon mercato.

Il comune di Rimini e gli altri comuni della provincia sono stati tra i primi a dar vita alle S.p.A., per servizi quali acqua e nettezza urbana; questa situazione ha permesso di essere in vantaggio rispetto all’applicazione di questa legge.

È necessario fare comunque qualche precisazione. Innanzitutto, superato il periodo di salvaguardia delle aziende pubbliche, se non vogliono finire in niente, queste stesse realtà aziendali dovranno in qualche modo attrezzarsi per garantire le soglie di accettabilità sotto le quali non si può stare. In secondo luogo sarebbe giusto e corretto presentare una proposta in modo unificato piuttosto che in modo diviso a eventuali interlocutori privati che debbono investire nelle aziende pubbliche. A tale proposito occorre domandarsi quale valore avrà il patrimonio di queste aziende quando il mercato sarà completamente libero. La valutazione patrimoniale è fondamentale per non provocare danni ai soci, cioè ai proprietari delle aziende pubbliche, che sono i comuni.

Zoffoli: Presiedo l’azienda che gestisce il servizio idrico nella gran parte del territorio della provincia di Rimini. Quando il comune di Rimini, quattro anni fa, decise di trasformare le proprie municipalizzate in società per azioni fu una scelta che molti condivisero, pochi compresero. Nessuno nel nostro paese parlava di liberalizzazione, tantomeno di privatizzazione, e quindi si parlava dell’acqua e dei rifiuti come servizi che dovevano essere erogati al cittadino all’interno della politica dello stato sociale. Una politica che aveva regole per cui le risorse prodotte o gestite in un servizio finivano poi a finanziare un asilo nido o una scuola materna.

AMIR avviò un processo di trasformazione arduo perché aveva come vincolo il contratto di programma sottoscritto col comune e la impegnava a garantire un livello tariffario basso, e nello stesso tempo doveva darsi una struttura organizzativa capace di competere col mercato. Oggi che il bilancio dell’azienda consente di metterla sul mercato il rischio è che l’amministrazione di Rimini incassando miliardi per il 40% di partecipazione, non investa di nuovo, ma utilizzi i soldi per altro. La soluzione può essere che la privatizzazione avvenga non attraverso un processo di azionariato diffuso, ma con un partner strategico: un partner che immetta direttamente nell’azienda capitali e soprattutto tecnologie. Questo sviluppo è di vitale importanza per poter competere con quelle che sono ormai delle multinazionali e che stanno operando a livello europeo avendo alle spalle una tradizione, una capacità in sostanza di fare impresa.