venerdì 28 agosto, ore 17

SVILUPPO TECNOLOGICO:

QUALE UOMO PER QUALE PROGRESSO?

partecipano:

Zhou Guang Zhao

presidente dell'Accademia delle Scienze della Repubblica Popolare Cinese

Evgenij P. Velikov

vicepresidente dell'Accademia delle Scienze dell'Unione Sovietica

Luigi Rossi Bernardi

presidente dei CNR

Hans D. Genscher

ministro degli Esteri e vice cancelliere della Repubblica Federale di Germania

Giulio Andreotti

ministro degli Esteri

conduce l'incontro

Roberto Formigoni

Impossibile rispettare la dimensione integrale dell'uomo nel pensare, nel progettare, nel realizzare il progresso delle nazioni? Quale immagine d’uomo emerge dai diversi tipi di progresso che vengono realizzati nel mondo? Tentano una risposta cinque grandi personalità del mondo della scienza e della politica.

R. Formigoni

Io credo siano chiare le intenzioni con le quali abbiamo promosso questo confronto di così alto livello. La parola progresso, è una parola su cui in tempi recenti e meno recenti si sono concentrate alcune ambiguità, per un certo tipo di cultura illuministico-positivista progresso è stato un sinonimo di dimenticanza del passato, negazione delle identità, negazione delle culture del popolo - sinteticamente, dimenticanza dell'uomo nell'integralità delle sue dimensioni per pensare quasi unicamente al progresso materiale, al progresso economico; con il risultato, che è sotto gli occhi di tutti, di avere un progresso spesso caratterizzato da squilibri tra zone e zone, da inquinamenti, da negatività. Oggi ci sembra che a livello mondiale sia già in fase avanzata un processo di ripensamento per cui si comprende come la parola progresso va declinata inscidibilmente con le dimensioni diverse dell'uomo, si comprende come il progresso autentico, per essere tale, ha bisogno di stare sempre strettamente legato ad una concezione dell'uomo e dei popoli che rispetti fino in fondo la loro identità. Ecco, il tema di fondo dell'incontro d’oggi è proprio questo: è possibile tenere presente questa dimensione integrale dell'uomo nel pensare, nel progettare, nel realizzare il progresso delle nazioni? Noi non ci poniamo oggi il problema di discutere se il progresso sia o no in funzione dell'uomo, quanto il problema di vedere quale uomo di fatto il progresso sta costruendo, quale immagine d'uomo emerge dal progresso attualmente in corso, dai diversi tipi di progresso che vengono realizzati nelle diverse aree del mondo. Signor Zhou Guang Zhao, lei rappresenta un paese grande nel mondo, noi sappiamo che la Cina conta da sola un quarto degli abitanti di tutto il pianeta, dunque i problemi del progresso nel suo paese hanno dimensioni enormi. Come è possibile affrontare questi problemi di sviluppo tenendo conto delle esigenze dell'uomo? Come concretamente il vostro paese, la Cina, ha tenuto conto dell'uomo, qual è la concezione dell'uomo nella cultura cinese, nella tradizione cinese e fino ad oggi?

Z. G. Zhao

Come ha detto lei, signor Presidente, la Cina è il paese con il più alto numero di abitanti e con uso estremamente intensivo della terra; adesso come sapete, stiamo creando qualcosa di nuovo, cioè stiamo modernizzando il paese, ma mantenendo le vecchie tradizioni del passato che datano da moltissimi secoli. Lo scopo principale di questa costruzione del nostro paese è di aumentare il livello di vita delle persone e anche aumentarne il livello culturale. Penso che nel corso dell'intero processo della costruzione dobbiamo soprattutto basarci sulla scienza e sulla tecnologia; penso che tutti siano d'accordo nel dire che il progresso nella scienza e nella tecnologia ha avuto un’enorme influenza sul progresso anche dell'essere umano e senza alcun dubbio questo porterà alla promozione anche degli elementi più importanti del livello di vita, delle condizioni di vita di un popolo. Penso che se vogliamo che la scienza e la tecnica vengano poste al servizio del progresso dell'intera umanità dobbiamo garantirci che quello che faremo sarà fatto veramente per la felicità, per la prosperità e per un vero futuro dell'intera umanità; non possiamo usare la scienza e la tecnologia unicamente per creare problemi e per farei la guerra attraverso il mondo intero. Come sapete i cinesi sono forse un popolo arretrato in questo momento, ma poiché abbiamo adottato una politica di apertura in Cina vi saranno dei cambiamenti, poiché vi saranno scambi con altri paesi, altri popoli, e in questi scambi con altri mondi potremo fare della costruzione della Cina qualche cosa che ci renderà uno dei paesi più avanzati del mondo.

R. Formigoni

Un'altra domanda: può direi quali tensioni sociali, se ce ne sono state, hanno accompagnato o stanno accompagnando il processo di ammodernamento dei suo paese e come il vostro governo intende fare in modo che il progresso avvenga nelle condizioni di massima uguaglianza e di massima libertà?

Z. G. Zhao

Adesso stiamo facendo un doppio sforzo per raggiungere questo scopo, come sapete la sola speranza in Cina è proprio di basarci sulla scienza e sulla tecnologia per poter diventare uno dei paesi più avanzati nel mondo. Siamo sicuri che ci troveremo di fronte a molti problemi nel corso di questa modernizzazione che vogliamo realizzare in Cina. Le riforme che stiamo attualmente applicando, riguardanti per esempio il sistema economico e il sistema educativo, l'educazione scientifica e tecnica, vogliono proprio raggiungere questo scopo. Stiamo cercando di raccogliere l'esperienza degli altri paesi e i problemi di fronte a cui ci troviamo adesso siamo sicuri potranno essere risolti proprio sulla base della conoscenza delle esperienze fatte dagli altri paesi, e in modo particolare considerando anche l'attuale situazione cui si trovano i cinesi stessi.

R. Formigoni

Vorrei porre anche al professore Velikov la stessa domanda posta nell'introduzione, quale rapporto c'è tra progresso e scienza in Unione Sovietica, tenendo conto in particolare, professor Velikov, di due obiezioni che vengono fatte al suo paese su questo punto. La prima obiezione dice che in Unione Sovietica la scienza è utilizzata soprattutto a scopi militari, è indirizzata soprattutto in questa direzione: la seconda obiezione, e ne abbiamo ascoltato testimonianze anche in questi giorni di Meeting, riguarda il problema del rispetto dei diritti umani nel suo paese. Quale rapporto tra progresso della scienza e progresso nel rispetto dei diritti umani?

E. P. Velikov

Signor presidente, in Unione Sovietica la scienza viene considerata il principale motore del progresso. Noi capiamo che il punto principale è quella di creare nuove scoperte, nuove frontiere nel campo scientifico; nello stesso tempo l'altra faccia della medaglia è quella di utilizzare la scienza nell'interesse dell'uomo. La scienza è sempre viva, abbiamo visto che sono sorte nuove scoperte rivoluzionarie proprio nei campi in cui nessuno se l'aspettava, per esempio la scoperta delle possibilità di una super conduttibilità alle alte temperature. Questo dimostra che è necessario sostenere la scienza fondamentale e in Unione Sovietica la scienza è sostenuta. In questo momento in Unione Sovietica si sta sviluppando un processo di perestroika il quale è basato sui concetti di modernizzazione, di giasnost. Ciò ha portato alla convinzione da parte dello stato che le principali decisioni prese dal governo dovranno essere discusse con la partecipazione del popolo intero. Potrei parlarvi di numerosi esempi in cui gli scienziati hanno preso parte alle discussioni che riguardano l'intero paese. Purtroppo però vediamo che attualmente la scienza in tutto il mondo in gran parte serve alla causa della creazione di nuovi armamenti. La decisione più drastica in questo senso sarebbe senz'altro il disarmo e lo smantellamento di qualsiasi tipo di arma nucleare; nello stesso stiamo cercando la possibilità di una più intensa e profonda collaborazione nei rami della scienza che non hanno segreti, non hanno confini, e cerchiamo appunto di ampliare questa collaborazione con gli altri paesi. Si potrebbe creare un settore della scienza libero da qualsiasi segreto e in seguito ampliarlo nel corso del miglioramento dei rapporti internazionali.

Ad Erice abbiamo discusso con i colleghi italiani, cinesi e americani, le possibilità di realizzare questo progetto. Mi sembra che uno dei progetti più interessanti riguardi la creazione di un reattore termonucleare; è stato proposto di creare un tale reattore con la partecipazione e la collaborazione di scienziati dell'Unione Sovietica, degli Stati Uniti, della Cina, dell'Italia e di altri paesi; di questo ha parlato, esprimendo la sua opinione favorevole, anche Gorbacev in un discorso a Ginevra. Questo sarebbe senz'altro uno splendido esempio della nostra collaborazione e nello stesso tempo darebbe la possibilità di risolvere il problema dell'energia, importante per l'umanità intera. Vorrei sottolineare ancora un fattore importante: sappiamo che il ruolo della persona umana nella società attuale dipende da come l'uomo riesce a reagire all'introduzione di nuove scoperte scientifiche senza d'altra parte perdere le tradizioni culturali del proprio paese; per questo l'accademia delle Scienze dell'Unione Sovietica prende in considerazione e partecipa attivamente alla creazione di nuove riforme proprio per una nuova educazione degli uomini, e in questo senso lavoriamo già a diversi livelli in diverse sfere di collaborazione fra i popoli. Nell'ambito del laboratorio mondiale, che è stato aperto a Mosca in febbraio dal ministro Andreotti e dal ministro Shevardnadze, collaboriamo con i colleghi italiani e americani sul problema di quella che sarà l'influenza delle nuove tecnologie sull'educazione e sull'informazione. Cerchiamo anche nuove forme di collaborazione per permettere alle nuove generazioni di lavorare insieme ai colleghi; uno degli esempi a questo proposito è stato il riunire alunni delle scuole sovietiche, americane e italiane facendo loro passare l'estate in una cittadina vicino a Mosca (abbiamo scelto appositamente una cittadina che vantasse un patrimonio culturale storico notevole). La città fu fondata nel VI secolo e per la prima volta abbiamo creato un collegamento diretto via satellite attraverso il quale gli scolari di questa cittadina sono stati in grado di collegarsi con gli scolari di San Diego in California. Questo permette alla nuova generazione di sentirsi veramente membro di un'unica famiglia dell'umanità. Per quanto riguarda l'aspetto della democratizzazione del processo di sviluppo scientifico in Unione Sovietica, posso senz'altro dire che attualmente stiamo prendendo misure concrete per fa sì che a ogni persona umana, a ogni individuo, sia data la possibilità di sviluppare la propria individualità, dando ai giovani scienziati anche un sostegno finanziario per poter presentare i propri progetti.

R. Formigoni

Professor Rossi Bernardi, vorrebbe dirci qual è la concezione del paese secondo la quale si muove chi agisce per la formazione in Italia? Qual è il modello di sviluppo secondo cui vengono impostate le ricerche?

L. Rossi Bernardi

La scienza da alcuni anni ha nuovi compiti; originariamente scienza di poche persone, era finalizzata a sviluppare nuove conoscenze e a formare competenze ma in numero abbastanza limitato. Da alcuni anni la scienza è divenuta un supporto indispensabile dello sviluppo di un sistema economico quale quello nazionale, e per la prima volta nella storia dell'umanità, metri quadrati di territorio o numero di persone non costituiscono più fattori limitanti lo sviluppo. Cosa è limitanti? La disponibilità di competenze, la disponibilità di una storia scientifica e di una tradizione. Ecco che il problema della formazione si pone in modo nuovo per un paese come l'Italia come per i paesi più sviluppati. I problemi della formazione sono di tre tipi rispetto al passato: primo, occorre formare un numero molto elevato di persone, cosa che in passato non si verificava; secondo, occorre che queste persone abbiano delle qualità tecniche molto elevate; terzo, la formazione deve puntare alla formazione dell'uomo, quindi abolizione dei dogmatismi e delle dottrine aprioritarie.

Queste sono caratteristiche che nella scuola italiana sono presenti per fortuna in massimo grado; io non condivido le critiche che sono fioccate da diversi anni sul sistema di formazione del nostro paese. La nostra formazione di base ha la caratteristica di essere molto ampia e questo comporta dei vantaggi notevoli rispetto a quella di altri paesi anche più avanzati di noi; questa è una caratteristica che occorre mantenere al massimo grado perché per la specializzazione c'è sempre tempo. Oltre a questi problemi occorre pensare che la scienza moderna ha nuovi orizzonti mai fino ad ora esplorati. Faccio solo due esempi: il problema della tecnologia del DNA, che è quella molecola che contiene in ogni cellula tutte le informazioni dello sviluppo di una persona, e il problema della produzione di energia su base sicura. Mi fermo qui, volevo solo ricordare, prendendo spunto da quello che ha detto il professor Velikov, che le spese per ricerca militare in Italia ammontano a circa il 60/o di tutte le spese di ricerca; negli altri paesi si aggirano in media intorno al 40%.

 

R. Formigoni

Ministro Genscher, io vorrei che nel suo intervento a questa tavola rotonda, lei tenesse presente anche una delle obiezioni che vengono rivolte al suo paese, quella cioè di non volersi assumere la responsabilità di fare da locomotiva dell'economia mondiale, pur essendo uno dei paesi più ricchi e una delle economie più sane. In altri termini, qual è il rapporto tra uomo, progresso, solidarietà internazionale, che la Repubblica di Germania vive?

 

H. D. Gescher

Dunque, noi tedeschi viviamo nel cuore dell'Europa, tutti i problemi del nostro continente si incontrano da noi, l'Europa è divisa e la Germania è divisa. Sul territorio tedesco si contrappongono le maggiori quantità di armi di annientamento; noi siamo un paese molto fittamente popolato, siamo un paese povero di materie prime, siamo un paese altamente industrializzato. Quindi non c'è da stupirsi se vi sono due temi che si trovano al centro delle nostre discussioni politiche e cioè innanzi tutto il disarmo e la sicurezza della pace e in secondo luogo la protezione delle basi naturali della vita. Noi stiamo cominciando ad imparare che nessuna generazione ha avuto tante responsabilità da portare sulle proprie spalle quante la nostra. Quelli che hanno vissuto prima di noi erano responsabili nei confronti di coloro che vivevano nel loro tempo. Oggi noi abbiamo le possibilità tecniche per far sì che la vita divenga più umana, però nel contempo abbiamo anche la possibilità di far sì che il nostro pianeta divenga non più abitabile, e se noi sbagliamo questo avverrà; questa responsabilità ci è stata affidata e questo significa avere anche una nuova concezione della pace. La natura non c'è stata data per essere sfruttata, per essere sprecata, per essere distrutta; la natura c'è stata data affinché noi la trasmettiamo ai nostri figli, ai nostri nipoti, intatta. La guerra contro la nostra natura è una guerra contro tutte le generazioni future. Conservare le basi naturali della vita oggi non è più una questione che un paese può affrontare da solo, noi tutti ricordiamo la catastrofe di Chernobyl; questa non è stata una catastrofe solo per i popoli dell'Unione Sovietica, è stata una catastrofe per noi tutti. Allora bisogna lavorare insieme al di là delle frontiere per lottare contro questi pericoli, motivo per cui è stato giusto che il presidente Reagan e il segretario generale Gorbacev si siano decisi per il disarmo nucleare, ed è stato giusto che si siano decisi a cooperare fra Est e Ovest. L'umanità si trova di fronte ad una questione, e cioè deve decidere se vuole andare a fondo oppure se vuole sopravvivere unita. Questo è il motivo per cui si pongono anche le questioni economiche, le questioni ecologiche, questo è il motivo per cui ci si pongono questioni relative all'aiuto nei confronti dei paesi del terzo mondo; sono questioni che riguardano la solidarietà a livello mondiale e in effetti proprio noi paesi del nord, paesi altamente sviluppati e industrializzati, abbiamo un particolare compito per quanto riguarda la solidarietà nei confronti degli altri paesi. La misura della solidarietà deve essere determinata anche in base al rapporto tra le spese per gli aiuti allo sviluppo e quelle per gli armamenti, e colui che ha preso la parola prima di me ha perfettamente ragione da questo punto di vista. lo mi chiedo per quanto tempo potremo sostenere che le esportazioni d'armamenti possano essere continuate nei paesi del terzo mondo. I paesi del terzo mondo non hanno bisogno di carri armati e di cannoni. I paesi del terzo mondo hanno bisogno di trattori, di ospedali, di scuole. Ma non si tratta soltanto di sopravvivere, si tratta anche di far sì che nei nuovi sviluppi tecnologici l'uomo nella sua singolarità, nella sua unicità, venga tutelato per quanto attiene all'aspetto della dignità umana. Noi riusciamo soltanto a supporre i pericoli che possono derivare dalla biotecnologia genetica, ed è per questo importante che anche qui attraversiamo il territorio dell'etica e arriviamo ad una nuova responsabilità. L'idea di fondo dell'umanesimo considera come valori più importanti la dignità umana e la libertà, e se noi parliamo di una sopravvivenza allora questo significa che solo là dove c'è la vita c'è anche dignità umana e solo dove c'è la vita c'è anche libertà.

R. Formigoni

Ministro Genscher, in questi giorni il suo governo ha preso una posizione che è stata ritenuta molto interessante sul tema degli armamenti e del disarmo, dei missili in particolare. Vorrebbe descriverci con precisione di che cosa si tratta?

H. D. Genscher

Come l'Italia anche noi facciamo parte dei paesi che hanno firmato il trattato di non-proliferazione, noi non siamo una potenza nucleare e non vogliamo diventarla, siamo interessati a che le armi a medio raggio vengano eliminate a livello mondiale, ed è per questo che abbiamo accettato che anche i Pershing tedeschi, che comunque all'inizio degli anni '90 dovrebbero essere smantellati, non vengano sostituiti da nuovi missili.

Noi sappiamo che con l'accordo relativo alle armi a medio raggio il problema del disarmo nucleare non è risolto, si tratta soltanto del 3% di tutte le armi nucleari, però finalmente si comincerà con il disarmo nucleare. E’ questa la cosa determinante, ed è per questo che noi siamo convinti che l'eliminazione di ogni singolo missile rappresenti un progresso, che l'eliminazione di tutti i missili a medio raggio rappresenti un importante contributo per la pace nel mondo.

 

R. Formigoni

Grazie. Al Ministro Andreotti vorrei chiedere di illustrare la posizione del nostro paese nei confronti del tema di oggi, qual è la filosofia secondo cui occorre muoversi per conciliare uomo e progresso.

 

G. Andreotti

Io credo che vi siano delle linee a lungo termine nella costruzione politica, che sfuggono normalmente a chi si interessa a ciò che è immediato, a ciò che è quotidiano (se poi vi è un pizzico di scandalismo l'interesse è ancora più accentuato). Una linea su cui noi lavoriamo da anni è quella che in un certo senso è alla base della composizione e del tema di questa tavola rotonda. Noi cioè riteniamo che bisogna preparare un terzo millennio dell'umanità, fronteggiando tempestivamente due esigenze, la prima delle quali è quella di adattarsi allo sviluppo tecnologico senza diventare dei robot. Quelli di noi che sono da parecchio tempo ex-giovani hanno avuto una serie di traumi, dalla radio a cuffia a questa miniaturizzazione, a questo moltiplicarsi di mezzi di comunicazione, di informazione, a questo far sì che i bambini non sappiano più la tavola pitagorica ma siano bravissimi nel computare con i piccolissimi calcolatori, che oggi sono nella calza della befana anche di coloro che non hanno delle grandi risorse. Tutto questo camminerà con un ritmo sempre più accelerato, noi dobbiamo abituarci a non essere schiavi di questo progresso e a far sì che questo progresso venga ad essere sul serio la base di un modo diverso di esistere. Noi abbiamo superato, quasi superato il periodo del rischio della distruzione nucleare. Noi oggi abbiamo fatto un passo avanti (è importante quello che Hans Dietrich ci ha confermato prima, perché vi era questa difficoltà non piccola di quel gruppo di missili di comproprietà tedesca e americana che rimanevano come ultimo ostacolo, salvo alcuni, altri dettagli che però sono tali), stiamo per arrivare alla prima tappa di questo stupendo cammino, al momento in cui l'umanità per la prima volta distrugge delle armi non attraverso la guerra, ma attraverso un negoziato. Siamo passati dalla guerra calda alla guerra fredda alla consistenza, ma dobbiamo preparare il duemila con qualche cosa di più. Non dobbiamo solo coesistere, dobbiamo convivere, e per fare questo occorrono tante cose. Una prima è che occorre un’educazione all'interno di ciascuno dei nostri paesi per un rispetto reciproco, per non considerarsi monopolisti del vero, per non considerarsi comunque superiori e tali da poter schiacciare chi non la pensa come noi. Ma c'è di più, c'è una realtà internazionale talmente differenziata dal punto di vista economico e delle possibilità di reddito, che se non la correggiamo profondamente forse potrebbe essere più esplosiva degli stessi arsenali nucleari. Noi non siamo più certo al momento in cui qualcuno diceva che se fossero sprofondate nell'occano l'Africa, l'Asia, e tutta l'America latina, i paesi sviluppati avrebbero avuto una diminuzione di prodotto nazionale lordo soltanto dello 0,5%. Oggi un po' di strada si è fatta, ma non molta. L'uomo qualche volta è letteralmente ipocrita: non si parla più di paesi sottosviluppati, ora si dice paesi in via di sviluppo; ma a che punto sono di questa via? Noi sappiamo che occorre dare anche nell'immediatezza degli aiuti per la vita fisica; avete voglia a dire che non bisogna insegnare al pescatore a mangiare il pesce, ma a pescarlo! Ma se non mangia non ha nemmeno le forze per buttare giù l'amo, quindi ci sono anche dei momenti nei quali gli aiuti immediati sono necessari. Oggi però occorre proprio che l'umanità più sviluppata si convinca che occorre dare ai paesi nuovi, a questi paesi in via di sviluppo, un trasferimento di tecnologie, senza il quale questo divario sarebbe desti- nato a rimanere molto grave, a non essere non dico colmato ma nemmeno riavvicinato; questo è il compito dell'Europa, di tutta l'Europa, dall'Atlantico agli Urali. Noi rischiamo altrimenti, anche perché la natalità è minore in Europa rispetto ad altre aree, di diventare una specie di "Etruschi del terzo millennio" nei confronti della vita effettiva di un insieme di continenti, che forse ricorderebbero tutta una serie di nostre partecipazioni allo sviluppo artistico, allo sviluppo intellettuale, allo sviluppo scientifico, ma ci vedrebbero come dei soprammobili messi lì per memoria. Allora a me pare che l'integrazione delle nostre ambizioni di solidarietà, di unità, questa concezione che non vi è possibilità di avvenire gli uni separati dagli altri, questo riguarda noi, riguarda noi insieme e verso l'esterno.

Noi, piccolo paese, vorrei dire il più piccolo tra i grandi il più grande tra i piccoli, abbiamo creato questo laboratorio mondiale a cui il professor Velikov ha fatto riferimento e di cui il presidente dell'Accademia delle Scienze della Cina è stato uno dei creatori nel suo paese, all'insegna di questa collaborazione. Fra l'altro ne abbiamo bisogno come politici: qualche volta ci si lamenta verso gli scienziati che hanno creato strumenti di distruzione, ma la decisione di usare questi strumenti non è stata degli scienziati, è stata dei politici. Oggi i mezzi necessari per la ricerca sono tali, per cui anche i paesi molto ricchi da soli non ce la farebbero; allora si creano dei consorzi, si crea "Eureka", si creano i vari progetti di questo laboratorio mondiale per lavorare insieme. Nel messaggio che è venuto da Erice nei giorni scorsi, superando il particolarismo, che è un male terribile in tutti, compreso gli scienziati, e vedendo che cifre di spesa ci sono per affrontare i grandi capitoli per es. della superconduttività o della fusione, gli scienziati ci hanno dato un grande elemento di meditazione col dire: dividetevi i compiti e mettete tutto a fattore comune. Non è un sogno, perché due anni fa, quando è cominciato il Ravvicinamento che fortunatamente progredisce fra Stati Uniti e Unione Sovietica, noi abbiamo sentito parlare a Ginevra da Reagan e Gorbaccv anche della possibilità di lavorare insieme per la fusione nucleare. A me pare che accanto alle piccole e grandi angosce di tutti i giorni, ci deve essere riconosciuto questo grande desiderio di poter lavorare per far sì che il terzo millennio sia sul serio cristiano.

R. Formigoni

Torniamo alla Cina e al professor Zhou Guang Zhao che rappresenta questo paese e rappresenta in particolare gli scienziati di questo paese. Mi pare indubitabile che in questi ultimi anni, nel suo paese, si sia registrata un'apertura verso l'esterno soprattutto sul fronte commerciale; si dà addirittura il caso che ad alcune città della Repubblica Popolare Cinese, per esempio Shangai, sia stato concesso il potere di stipulare dei contratti commerciali. Domando: questa apertura verso l'esterno sul piano commerciale è parallelo ad un apertura anche sul piano delle idee?

Z. G. Zhao

In questi ultimi dieci anni, la Cina ha adottato una politica di aperture. Negli anni recenti abbiamo aperto quattordici città lungo la costa e ne abbiamo fatto una speciale zona economica. E Shangai, chiaramente, è una di queste città. Abbiamo stabilito una politica particolare per questa zona economica. Speriamo che vi saranno sempre più possibilità di scambi economici e industriali e speriamo che vi possano essere degli investimenti sempre maggiori in termini industriali, per poter espandere il mercato cinese nel senso del mercato veramente internazionale. lo spero che tutte le persone presenti qui avranno la possibilità di visitare la Cina, sarete i benvenuti in Cina, non vi è alcun sentimento ostile verso di voi in Cina. Naturalmente vogliamo mantenere le tradizioni, l'antica civiltà della Cina, pur adottando nuove politiche di aperture e di modernizzazione. Penso di potervi dire fin da adesso che l'anno prossimo in Cina avremo un congresso per ricordare la figura di Confucio.

 

R. Formigoni

Un'altra domanda professor Zhou Guang Zhao, sul tema della pace. Come la Repubblica Popolare Cinese giudica oggi l'atteggiamento dell'Unione Sovietica e degli Stati Uniti d'America?

Z. G. Zhao

Penso che sappiate che nella storia dello sviluppo della Cina abbiamo avuto un periodo di tempo nel quale i nostri sentimenti e atteggiamenti non sono stati molto amichevoli nei riguardi di questi due paesi. Questo era dovuto al fatto che i cinesi erano dipendenti e non venivano rispettati da questi paesi. Abbiamo mantenuto, però, dei rapporti amichevoli con i popoli di questi due paesi, anche se in passato i rapporti con questi due governi non sono stati molto stretti. Dall'inizio degli anni settanta la Cina ha ripreso i rapporti diplomatici con gli Stati Uniti, e questo rapporto amichevole ha avuto uno sviluppo molto rapido. Oggi vi sono trenta mila studenti cinesi che proseguono i loro studi in America e posso anche dirvi che vi sono molti studenti e scienziati che vengono dagli Stati Uniti in Cina per frequentare conferenze e proseguire gli studi; negli ultimi due anni vi sono stati dei miglioramenti anche nei rapporti con l'Unione Sovietica. Sappiamo tutti che i popoli di questi due paesi sono due popoli meravigliosi, grandi. Noi speriamo che vi saranno sempre minori ragioni di ostilità tra queste potenze e che verranno fatti sforzi affinché si possa promuovere veramente l'amicizia fra tutti i popoli dei mondo intero.

R. Formigoni

Il professor Velikov, vuole direi come l'accademia scientifica che egli rappresenta giudica l'attuale situazione di collaborazione scientifica sul piano internazionale e quali sono le condizioni perché questa collaborazione possa svilupparsi?

 

 

E. P. Velikov

La collaborazione tra gli scienziati è una tradizione che ha radici molto profonde. Tuttavia ci sono stati, e ancora si incontrano nella storia, momenti nei quali questa collaborazione si trova di fronte a determinate difficoltà. In linea dì massima potrei dire che stiamo già uscendo da questo periodo, però nello stesso tempo si mantengono determinate difficoltà, che sono collegate alle limitazioni, per esempio, nel trasferire determinate tecnologie. Penso che attualmente abbiamo veramente molte possibilità di collaborazione in molti settori della scienza, senza alcun limite, senza alcun segreto. Potrei anche dire che in molti settori abbiamo già elaborato un notevole livello di fiducia reciproca tra scienziati.

Ci sono moltissimi esempi che mostrano quando e come possiamo veramente collaborare e collaboriamo in modo reale. Ora abbiamo cominciato a collaborare anche in determinati settori della scienza che ci permetteranno di aprire nuove vie al problema del disarmo. A Ginevra, per esempio, per molto tempo è stato discusso il problema della possibilità di realizzare una serie di verifiche sulla possibilità di arrivare al disarmo totale. Abbiamo discusso di questo problema con i nostri colleghi americani e siamo riusciti a concordare la realizzazione di sperimentazioni congiunte. In questo caso, abbiamo avuto bisogno dell'ok da parte del governo sovietico, e per un anno intero alcuni scienziati americani hanno avuto la possibilità di lavorare insieme ai nostri studiosi. Oggi possiamo senz'altro dire che il problema dei mezzi di verifica della possibilità di arrivare a un completo disarmo da un punto di vista tecnico, è stato risolto. Questo mi sembra sia un esempio di reale collaborazione. Per moltissimo tempo gli scienziati hanno dato il loro contributo alla produzione di armi, adesso gli scienziati devono collaborare per arrivare alla distruzione completa delle armi. E per questo, per far sì che la collaborazione internazionale possa svilupparsi noi dobbiamo avere l'aiuto e il sostegno dei nostri governi e dei privati. Stiamo appunto discutendo la possibilità di creare un fondo internazionale che possa appoggiare questa collaborazione. Vorrei ancora una volta sottolineare l'importanza del laboratorio mondiale che forma di collaborazione scientifica.

 

R. Formigoni

Professor Rossi Bernardi, una breve domanda: quali sono attualmente le collaborazioni internazionali di ricerca nelle quali l'Italia è impegnata.?

 

L. Rossi Bernardi

Io volevo solo fare una riflessione da questo punto di vista; noi abbiamo parlato di guerre vere, di morti, di feriti, ma ci sono altre competizioni, che sono denominate competizioni pacifiche ma che proprio pacifiche non sono. Mi riferisco alla competizione per il predominio tecnologico che è presente in tutti i paesi, il nostro incluso; molte delle limitazioni alla collaborazione internazionale vengono dalla necessità di preservare segreti che anche se non hanno una diretta applicazione da un punto di vista militare lo hanno nella vita civile. Non si conta il numero dei morti ma il numero dei disoccupati, come conseguenza di queste guerre. Non si conta il numero delle bombe ma il numero dei brevetti, non si contano i fondi investiti in armi ma quelli investiti nella ricerca. Ecco, questa competizione, attualmente, in certi settori, limita potentemente le possibilità di collaborazione; per esempio settori dei super calcolatori, della super conduttività, sotto certi aspetti delle biotecnologie, sono tutti settori che al pari di quelli militari hanno i loro segreti. lo vorrei spezzare una lancia positiva per la battaglia che fa il nostro paese, il ministro Andreotti in prima persona, per favorire la collaborazione scientifica fra i paesi europei e internazionali, perché questa collaborazione è importante proprio per rimuovere i segreti cosiddetti pacifici, che pacifici però non sono.

 

R. Formigoni

Credo che piacerebbe a molti sentire il parere dei ministri Genscher e Andreotti sulla tematica fondamentale che questo Meeting ha portato avanti; da qualche mese a questa parte noi andiamo sostenendo che una politica seria deve muoversi all'insegna di dare più spazio alla società, più spazio alla creatività degli uomini, più spazio all'iniziativa degli uomini e che lo stato deve dare questo spazio agli uomini, ritraendosi là dove la sua presenza non è necessaria e invece può agire la creatività degli uomini. Noi abbiamo detto, sintetizzando, due slogan: "più società meno stato", cioè "più società, stato più giusto". Ministro Andreotti, qual è il suo parere?

 

G. Andreotti

Io credo che dobbiamo distinguere il tema in generale da un momento storico. I cattolici italiani in un certo momento, per ragioni politiche, sono stati contro lo Stato (noi forse dobbiamo fare una preghierina per non essere vissuti quando c'era l'obbligo né eletti né elettori) ma tutto questo è stato superato ancora prima che da patti internazionali con la Santa Sede, dell'esperienza, in un momento duro della nazione, della prima guerra mondiale; i giovani di Azione Cattolica, i cappellani, dimostravano di essere al servizio della patria non meno che gli altri cittadini. Oggi noi che lo stato viviamo dall'interno, coerentemente non abbiamo cambiato idea; noi sappiamo che lo stato ha i suoi compiti, ha le sue responsabilità, i suoi fini, ma lo stato non è che uno dei cerchi nei quali si articola la società. Se lo stato non vive attraverso una comunione, un interscambio con la società, rischia di costruire sul vuoto. Vorrei fare un esempio di carattere pratico. Noi ci commuovemmo quando vedemmo Jimmy Carter a Vienna che abbracciava Breznev firmando il Salt/2, ma poi tutto andò a picco, perché il Senato americano e quindi le popolazioni, vorrei dire da una parte e dall'altra, non avevano costruito questo che doveva essere un punto riassuntivo. Noi oggi abbiamo una grande fiducia nel cambiamento che è intervenuto, e mi consenta anche di dire, professor Velikov, che noi sentiamo una profonda gioia anche perché oggi di nuovo il professor Sacharov lavora insieme a voi. Allora noi sentiamo che in questo modo la società attraverso la scienza, attraverso l'arte, attraverso la cultura, attraverso lo sport, attraverso le amicizie, costruisce quell'insieme di cui lo Stato poi è il regolatore giuridico per alcune cose, e in questa pluralità di componenti vi è certamente anche il fattore religioso. Noi abbiamo sentito, credo con commozione, dire che si preparano studi particolari nei confronti di Confucio. Del resto vorrei dire a Genscher, che certamente lo ricorda, che siamo stati noi cattolici che abbiamo iniziato qui in Italia, in occasione di una ricorrenza centenaria, le celebrazioni di Lutero; ed eravamo talmente in buona compagnia che fuori programma ci volle ricevere il Papa e ci fece anche un discorso. Vorrei pregare il presidente dell'Accademia cinese, a cui sono riconoscente perché ho visto in che onore è tenuta la sua tomba, di non dimenticare nemmeno Matteo Ricci, il gesuita fondatore della sinologia moderna. Noi non siamo degli illusi, ma abbiamo bisogno di respirare anche un po' di ottimismo, e quando ad esempio vediamo che l'Unione Sovietica si appresta a celebrare il millenario della sua cristianizzazione, anche questo ci riempie di una grande soddisfazione. Sotto questo aspetto, allora, la società precede lo stato, la società è il supporto dello stato, la società vivifica ed illumina lo stato. Del resto leggete la Costituzione della nostra repubblica, c'è questa netta distinzione, questa prevalenza della società nello stato, e questo ci dà allora veramente una larghezza di orizzonti. Noi certo rispettiamo l'antica Roma, ma ha fatto anche tanti errori e specialmente ha dato un insegnamento che noi non condividiamo, l'insegnamento che per comandare bisogna creare divisioni; noi non siamo per il divide et impera, noi siamo per la ricomposizione della società e delle società, che servirà a impedire che gli stati prevarichino sulle società stesse e compiano una politica sbagliata.

Un'ultima cosa, spero di non essere considerato clericale - e se poi mi si considera tale vivo lo stesso - ma l'altro giorno, quando pensavo al Meeting e al tema che doveva essere dibattuto, ho letto quella frase molto bella, che se due persone si trovano pensando al Signore, il Signore è con loro; noi siamo molti più di due.

H. D. Genscher

In quanto liberale io divento diffidente quando si chiede più stato, perché più stato significa meno libertà; noi liberali però abbiamo appreso anche che lo stato svolge una funzione volta ad assicurare la libertà. Per assicurare la libertà, in cui noi possiamo vivere insieme con tolleranza e in cui possiamo evitare l'applicazione della violenza come metodo di discussione politica, bisogna essere capaci di mantenere la pace e questo bisogna cominciare a farlo in casa propria. Solo coloro che sono in grado di essere in pace con i loro vicini, con il proprio prossimo, sono in grado di essere in pace anche con altri popoli. Quando si chiede più società allora io pongo questa domanda: quale società, una società dei collettivismo? No! Una società della libertà? Si! Ed è per questo che io sono convinto che lo sviluppo del mondo sta andando verso una direzione in cui l'uomo si viene a trovare sempre più al centro, in cui vi sarà maggiore individualità; anche qui ci aiutano le tecniche informatiche, ed è perciò che noi siamo lieti del processo di apertura che si sta verificando nella Repubblica Popolare Cinese e all'interno dell'Unione Sovietica; questo faciliterà la cooperazione, creerà fiducia, e in questo modo renderà più sicura anche la pace. Noi dovremmo avere come comandamento, come compito principale all'interno delle nostre società nazionali e anche nei rapporti tra i popoli, il principio della tolleranza, della tolleranza attiva. Non dobbiamo semplicemente sopportare il nostro prossimo così com'è, ma favorire che egli sia com'è anche nel suo modo diverso di essere. Tutti gli altri sono nostri fratelli, con un'altra cultura, con un'altra lingua, e con un altro colore della pelle. Noi non dobbiamo continuare a discutere di diritto o non diritto, di torti e di ragioni. La massima principale degli uomini nei rapporti fra di loro deve essere quella che è meglio sopportare un'ingiustizia piuttosto che compiere un'ingiustizia.

R. Formigoni:

Bene, io credo che l'incontro di oggi abbia accumulato tanto materiale in più di conoscenza e di dibattito per i lavori del nostro Meeting, e vorrei che la battuta finale di questo nostro incontro, e non potrebbe essere diversamente, la dicesse il ministro Andreotti.

G. Andreotti:

Forse la sintesi migliore di questo incontro, dal quale io penso tutti usciamo confortati e forse anche un po' più buoni, è contenuta in una frase pronunciata da Abramo Lincoln alla vigilia della guerra civile, una frase che io credo possa veramente applicarsi oggi a tutta l'umanità: "L'America non può vivere con metà liberi e metà schiavi". Questo deve essere il fine di ogni effettivo progresso.