Il senso religioso nella esperienza dell’università del monte Koya

Giovedì 29, ore 15

Relatore:

Shingen Takagi

Shingen Takagi, monaco buddista, è docente all’Università del monte Koya (Giappone), ispirata al pensiero di Kobo Daishi, fondatore del Buddismo detto "esoterico" e organizzata secondo tre facoltà: sociologia, lettere e filosofia, teologia.

La comunità del monte Koya, che oggi conta tremila templi in tutto il paese, segue le linee educative del Maestro vissuto nel periodo Heian (794-1192).

Takagi: Questo mondo è come una rete; ciascun filo è collegato con l’altro, per cui per poter esistere noi abbiamo bisogno degli altri fili. Le relazioni tra le persone sono diventate quindi più dense ed è impensabile una possibilità di felicità da soli senza questo contatto con gli altri. Desidero parlarvi della possibilità, attraverso un’esperienza religiosa, di entrare in collaborazione con gruppi diversi, perché sta diventando sempre più necessario realizzare questa relazione con popoli di culture e religioni diverse.

Io sono nato e cresciuto in una cultura diversa, questo non vuol dire che io per avvicinarmi a degli altri debba rinunciare ad essa, ma adesso è il momento in cui noi, pur valorizzando la nostra cultura, il nostro modo di essere, non entriamo più in conflitto con chi è diverso da noi. La parola chiave per questo progetto di pace penso sia l’amicizia tra me e te, l’uomo e l’uomo, l’amore, parola che meglio di altre esprime questa necessità di dover dare una mano all’altro.

Il monte Koya è il regno del Mandala, perché è una montagna a circa mille metri dal mare, circondata da altre montagne ai quattro lati. Fin dall’antichità è stato considerato un luogo abitato dalla divinità. È un luogo molto amato e nello stesso tempo temuto dai credenti, è una terra santa, e il luogo dove il fondatore del buddismo Shingon si è ritirato in meditazione, dove ha raggiunto l’illuminazione; per questo è il luogo centrale del buddismo Shingon. Il monte Koya non è soltanto il luogo abitato dalla divinità, ma è anche il luogo dove si può entrare in contatto con la divinità, il luogo in cui si può arrivare all’illuminazione. Da circa milleduecento anni, cioè da quando Kobo Daishi ha fondato lo Shingon sul monte Koya, la gente viene da noi per cercare la pace del cuore. Il monte Koya è nato come istituto educativo, come università, ufficialmente nel 1886; però il progetto educativo è nato molto prima, oltre 1200 anni fa, e l’università del monte Koya è di qualche centinaio d’anni più vecchia dell’università di Bologna.

L’educazione è influenzata dallo spirito di Kobo Daishi che è stato anche un grandissimo educatore il quale ha fondato la prima università privata del Giappone cui tutti potevano accedere senza nessuna differenza di ceto o di posizione economica. Lo scopo dell’educazione secondo Kobo Daishi non è quello di insegnare una particolare ideologia o una particolare religione o una particolare cultura, ma quello invece di educare, di insegnare ai giovani comparativamente varie culture e varie religioni allo scopo di risvegliare dentro il cuore di ciascun uomo la vita universale, lo spirito divino che costituisce la nostra vera identità, il nostro vero io. Conoscere se stessi è un processo molto importante, perché consente di aprire gli occhi al diverso da sé e si può imparare a conoscere gli altri così come sono, cioè delle persone appartenenti a un’altra cultura, a un’altra religione, a un altro paese.

Al di là della mia piccola esistenza c’è una esistenza molto più grande, la vita universale la quale è in collegamento con ogni cosa esistente; il mondo esistente non è altro che la manifestazione concreta di questa vita universale che si può definire anche energia creativa. Tutte le cose esistenti fanno parte intimamente di questa vita universale. Questo vale non soltanto per l’uomo, ma per tutto il creato che dipende da questo principio universale. Quindi al di là di noi stessi, c’è questa unità con il principio universale. Quando l’uomo prende coscienza di questa appartenenza, scopre se stesso, riconosce il diverso e quindi può vivere una vita più ricca, più vera. E questo è il mondo del Mandala secondo la nostra dottrina Shingon. Non si tratta di un procedimento puramente mentale, di ragionamento, ma di un fatto. Quando l’uomo impara a conoscere se stesso, impara anche a essere con gli altri. Il punto è essere se stessi insieme agli altri, riconoscendo gli altri e riconoscendo il valore oggettivo dell’esistenza altrui. Se si riesce in questo procedimento, allora, per la prima volta si diventa liberi, liberi da sé e anche dagli altri. Questa è la vera libertà; solo un uomo veramente libero può entrare in dialogo con il diverso da sé.

L’esperienza religiosa dello Shingon consiste prima di tutto nel liberarsi dal concetto esistenziale della fondamentale diversità fra me e te. La nostra esperienza religiosa ci porta a prendere coscienza che l’antagonismo è vinto da un altro concetto: "io sono insieme a te". Tuttavia, nella vita quotidiana, a un livello di coscienza superficiale, l’esperienza che noi facciamo è quella dell’io diverso dall’altro; è una esperienza continua di opposizione. Io penso che questo spirito di opposizione che esiste tra l’uomo e un altro uomo dipenda dal fatto che l’uomo si è sempre considerato superiore agli altri esseri viventi. Solo l’uomo può alzarsi in piedi e continuare in posizione eretta. Quando l’uomo è in piedi, vede tante cose, si allargano gli orizzonti. L’allargamento degli orizzonti porta l’uomo a concepire varie idee, a creare varie culture. Ma questa situazione lo porta a considerarsi il centro, cioè la cosa più importante, e a prendere coscienza del possesso. Si creano così dei recinti, dei confini, dei ghetti tra il mio e il tuo. Quest’uomo che si è alzato in piedi e ha perso il senso di sé, deve sedersi di nuovo, e ritornare, come ha detto Eliade, all’origine di sé. Questa pratica della scoperta di sé, consiste, come abbiamo detto prima, nei tre misteri che sono: la retta parola, e quindi il proclamare dentro di sé questa retta parola, la preghiera; la retta azione, che vuol dire mettere le mani in una certa posizione definita sacra; il retto pensiero. Attraverso questa meditazione l’uomo può scoprire questa energia che lavora dentro di lui e che avvolge ogni cosa, ed unirsi con essa. Questo scoprire se stessi diventa il centro della religiosità e nello stesso tempo diventa il cuore dell’educazione. Lo scoprire se stessi vuol dire diventare consapevoli di questa energia fondamentale, creativa ed eterna che fa muovere l’universo. Quando l’io è sconfitto dall’ego, l’uomo perde se stesso, entra in lotta con il diverso da sé ed entrambe le parti sono distrutte. Probabilmente la ragione di fondo di tutti i conflitti che esistono è proprio questa perdita di sé, questa alienazione dell’uomo. Per risolvere queste lotte, questi conflitti che sono nel mondo, in varie zone del mondo, è necessario che l’uomo riscopra se stesso, è necessario che risolva questo problema dell’alienazione e che impari veramente a conoscere il suo vero io.

Noi dobbiamo renderci conto che nei conflitti ormai non ci saranno più vinti e vincitori; saremo tutti degli sconfitti. E quando parlo di conflitti non intendo soltanto i conflitti esistenti tra uomo e uomo, ma anche il conflitto che esiste tra l’uomo e il creato. Il concetto che l’uomo è al centro dell’universo ha portato come conseguenza la distruzione della natura. Da quando l’uomo si è messo in piedi, e quindi ha preso coscienza della sua posizione di superiorità, da quando è diventato libero di utilizzare le mani, ha cominciato a costruire delle macchine a suo beneficio. Il progresso tecnologico è diventato una manipolazione di ciò che lo circonda. Quindi l’uomo ha distrutto questa segreta unione che esisteva tra lui e la natura. Questo problema della distruzione della natura, della manipolazione della natura è diventato un problema mondiale. Se la natura sarà distrutta, nemmeno l’uomo potrà sopravvivere, perché egli deve vivere con la natura. Ma l’uomo che perde se stesso, distrugge la natura, e distrugge quel nesso intimo che esiste tra la natura e lui e si aliena dalla natura cosicché perde la sua umanità, il suo cuore. L’uomo che distrugge la natura è un uomo che distrugge il proprio cuore e quindi che prepara un mondo senza cuore ai propri figli. È una grave colpa quella di rubare il mondo ai bambini, questa è la distruzione dell’etica. È arrivato il momento in cui noi dobbiamo finalmente liberarci da questa filosofia del dualismo di Cartesio, cioè di questa opposizione tra spirito e materia. Dobbiamo liberarci da questo esistenzialismo esasperato, che mette in opposizione la materia e lo spirito, il cuore e la materia. Che ci sia un legame tra lo spirito e la materia, oppure, se vogliamo esprimerlo con altre parole, tra coscienza e materia, è molto evidente, anche nella scienza, e in particolare, nello studio dell’atomo.

Kobo Daishi ha detto: "La natura cambia a seconda del cuore dell’uomo". Quindi, se il cuore dell’uomo non è puro, anche la natura verrà distrutta. Al contrario, se il cuore dell’uomo è in armonia con la natura, ne consegue che il cuore dell’uomo è in pace e così pure la natura. E quando questo succede, scopre se stesso e nasce la morale. Quando l’io vince sull’egoismo, allora veramente può scoprire l’esistenza dell’altro al di fuori di sé, può legarsi a lui, riconoscendone l’esistenza; può scoprire il valore della natura, che è diversa da sé.

Si dice che il mondo di oggi sia il mondo dell’informazione e quindi il destino della persona, della società, è deciso da questo poter entrare in possesso velocemente delle informazioni. Questo vale nel settore della politica come in quello dell’economia. Però a me sembra che noi uomini abbiamo perso la grande possibilità di ricevere informazioni dalla natura. Quando l’uomo è alienato si rompe il suo contatto con la natura. Se diciamo che la parola, il linguaggio che ci viene dalla natura è Dio, allora noi siamo alienati non soltanto dal contatto con la natura, ma dal contatto con Dio. Kobo Daishi ha detto che tutto è voce dell’assoluto, anche il suono degli animali o il cinguettio degli uccelli o il sussurro dell’erba; il mondo è questo spazio che l’assoluto utilizza, è un testo su cui si può leggere l’assoluto: l’esistenza è parola, la vita è parola. Mentre nella Genesi la parola ha creato il mondo, nello Shingon, con una lieve differenza, la parola stessa è Dio. Secondo Kobo Daishi, c’è un suono che diventa il punto di origine: questo è l’Assoluto. Tutto dunque è manifestazione di questo Assoluto, è un’espressione dell’Assoluto in sé. Tutto consiste nell’ascolto della natura, perché nella natura è Dio che parla. Tutta l’esistenza è un essere insieme a Dio. Quando scopriamo che la nostra identità è dentro l’identità dell’Assoluto, quando impariamo a conoscere il nostro vero io, allora e solo allora noi diventiamo liberi.

Nello Shingon si pone molta enfasi sulla relazione armoniosa tra corpo e anima. Il corpo non è per niente disprezzato, anzi è molto prezioso perché l’abbiamo ricevuto dai nostri genitori; si può arrivare allo stato di illuminazione, che significa non morti, non solo con il cuore, ma anche con il corpo, cioè è uno stato a cui si arriva con tutti e due gli elementi.

Nel buddismo originale non c’è una idea di Dio, quindi si può dire che sia ateo. Nel buddismo posteriore, come per esempio nel buddismo Shingon, è nata l’idea di Assoluto. L’Assoluto come lo definiamo noi e il Dio del cristianesimo non sono la stessa cosa, tuttavia hanno molto in comune; questo nostro assoluto potrebbe essere chiamato vita universale, eterna o anche energia originale da cui prende vita ogni cosa. Mentre voi avete l’idea della creazione, per noi il mondo è assoluto in sé; non è Dio che crea, ma il mondo stesso è già Dio, è una manifestazione di Dio, così come ciascuno di noi. Ogni cosa all’interno di questo universo è in collegamento l’una con l’altra: la natura è in collegamento con l’uomo, io sono in collegamento con voi, perché tutti siamo manifestazione dell’Assoluto.

Noi oggi cerchiamo di confrontare le nostre culture sulla maniera di portare gli uomini alla pace. Il rapporto tra oriente e occidente è molto antico, di influenza reciproca. Se nel mondo di 1500-2000 anni fa, la gente, pur non avendo dei contatti come li abbiamo adesso, è riuscita ad entrare in relazione, è riuscita ad influenzarsi reciprocamente, tanto più noi uomini moderni dovremmo imparare ad amare, a rispettare il diverso da noi.