Venerdì 25 agosto, ore 15

COSTANTINO NIVOLA

Presentazione della mostra

Partecipano:

Guido, Gerosa, Ruth Nivola.

Modera:

Roberto Barbieri.

R. Barbieri:

Buongiorno a tutti. Questo nostro incontro di presentazione della mostra di Costantino Nivola vede presenti la moglie del grande artista sardo, la signora e Ruth Nivola, che ringrazio per aver voluto essere presente tra noi in questi giorni, il senatore Guido Gerosa, giornalista e saggista (…). Do la parola a Guido Gerosa.

G. Gerosa:

(…) Non mi poteva capitare fatto più straordinario, più bello, che portare questa testimonianza a un artista che, secondo me, qui dal Meeting inizia in un certo senso un suo secondo cammino, cioè un cammino di gloria, di conoscenza, di considerazione, anche da parte della grande massa (…). Io ritengo che sia un grande titolo di merito del Meeting l'avere consacrato, a Rimini, questa importante mostra di Costantino Nivola il quale, pur forse non godendo ancora nella sua patria di tutta la notorietà e la fama che merita, è certo tra i massimi artisti della scultura del nostro secolo, e dovrà presto vedersi riconosciuto questo primato. Per questo attendiamo con vera ansia l'opera completa di riflessione critica che il professor Fred Licht, una autorità nel campo della critica d'arte, ha dedicato all opera del grande maestro (…). Nivola era un sardo, un patriota, italiano, un fervido cristiano e un grande artista. Pochi uomini, credo, possono vantare una ricchezza così esaltante in spiritualità (…). Nel 1938 Nivola, ventisettenne, lascia volontariamente l'Italia, piagata dalla vergogna delle leggi razziali, per rifugiarsi a Parigi (…). Qui Nivola frequenta Emilio Lussu grande anima sarda e protagonista dell'antifascismo fuoriuscito e più tardi emigra nella libera America, dove si lega al gruppo di Salvemini. Questi anni vedono, dunque, l'impegno morale e civile di Nivola, l'espressione di un tenace e virile amore per la patria lontana, la testimonianza di un empito di democrazia, la volontà di riaffermare i principi cristiani, i valori universali, contro il brutale furore crescente del regno dei deboli. Io ho voluto premettere questo ritratto dell'uomo e del combattente perché penso che l'uomo è un tutt'uno nella sua natura e che dunque l'appassionata testimonianza dell'impegno civile di Nivola sia la sostanza, il tessuto del mondo poetico dal quale si svilupperà la sua meravigliosa visione. Che cosa è questa visione? Artista capace dei più prodigiosi ardimenti, creatore di arcani e profondi simboli nella terracotta, nel cemento, nelle materie che stimolavano la sua fantasia, Nivola affonda le sue radici nella sapienza di un'arte antica e di una ancestrale cultura popolare. Quinto di dieci figli di un muratore di Orani, in Sardegna, e muratore lui stesso ricorderà sempre come lezione di vita e di arte la consapevolezza teorica e quasi l'abilità scultorea con la quale i vecchi maestri muratori finivano la loro opera (…). Quest'artista, in apparenza tutto verginità espressiva, animato da una fedeltà mitologica alle leggende mediterranee, innamorato di queste visioni di madri, di spiagge, di piscine, questo muratore sardo con accenti del primitivo è stato, in realtà, il custode di esperienze espressive modernissime e avanguardistiche. Lui studia, prima ancora di rifugiarsi all'estero, alla scuola d'arte di Monza, che allora era considerata la Bauhaus italiana, quasi un grande fenomeno culturale-artistico e subito dopo questo muratore sardo si tuffa nel clima intellettuale, raffinatissimo e avanguardistico, della New York anni Quaranta, e qui sperimenta la folgorazione, l'incontro con il genio che cambierà la sua vita. A New York Nivola si imbatte in Le Corbusier. I due uomini erano entrambi schivi, umili e insieme alteri: erano fatti per piacersi (…). Nivola adorava Le Corbusier perché questi aveva il senso antico, ottocentesco, europeo del tempo (…). Da questo grande incontro, dalle affinità elettive di spirito dei due creatori, nasce la grande arte di Nivola e in questa bella mostra noi possiamo avvertire tutta la forza dei suoi simboli. Anzitutto il tema della maternità, gran mito del mondo mediterraneo, che trapassa poi nella leggenda cristiana come messaggio di sacrificio e d'amore, trepido di sofferenza e sublime nella gioia (…). La madre in Nivola interpreta la perfetta realizzazione del sentimento, è una sublimazione dell'amore e insieme un rifugio, un seno, un alveo rigeneratore. In tutta la poetica di Nivola domina questo senso del rifugio, della protezione, dello scampo dall'angoscia, di un quasi simbolico e consolatorio "liberaci dal male". Altro tema è quello del letto, che fu molto caro a Nivola nella sua splendida maturità. Il letto era per lui quasi una ardita metafora della vita, della passione umana, e il luogo in cui apriamo gli occhi alla realtà. t il giaciglio di un estremo addio e di una angosciata speranza, è un talamo d'amore e rifugio nella malattia, nel tormento, nella decadenza fisica (…). Le testimonianze ci dicono che i suoi anni più fecondi furono tormentati da un dilemma ricchissimo. Il problema era se l'architettura fosse autonoma o se invece potesse convivere con la scultura. Nivola sosteneva una sorta di panscultura, come si vede realizzata nella piazza Sebastiano di Nuoro (…). Nivola, dice Chironi, voleva frenarci nella corsa alla ricchezza per farci rimanere poveri. Ma quella povertà che Nivola avrebbe voluto imporre alla sua gente, era in verità la fedeltà assoluta al proprio io più genuino e più alto, era la celebrazione etica di una purezza che non si può sacrificare ai turbolenti dei del progresso. Questo grande artista è morto nella primavera dell'anno scorso nell'88 (…). Nivola svetta altissimo nella contemplazione delle sue idee, sconvolgenti ed abbaglianti. Questo sardo italo-americano, questo sardo italiano e americano, questo uomo, questo eroe dei tre mondi, ora è finalmente se stesso, perché come dice un altro grande lirico, "patria non conosce altro che il cielo".

R. Barbieri:

Ringrazio molto Guido Gerosa per l'appassionato itinerario della vita e dell'arte di Nivola. Chiediamo ora alla signora Ruth la sua testimonianza.

R. Nivola:

Prima di tutto voglio ringraziare tutti quelli che hanno reso questa mostra possibile e che hanno lavorato per essa, con una dedizione veramente commovente. Oggi non voglio parlare del lavoro di mio marito, perché di quello hanno parlato meglio storici e critici. Quello che veramente vorrei aggiungere qui è che lui era artista, non solo in arte, ma anche nella vita, cioè sapeva trasformare la vita, anche quella puramente quotidiana, in opera d'arte. C'era in lui sempre questa irresistibile necessità di creare, ovunque il destino lo portava, un piccolo paradiso tutto suo. Aveva questo senso, come dire, mediterraneo, di saper creare gioia nella vita, pur conoscendo la sua inerente tragicità. L'arte era la sua vita, ma la sua ispirazione la prendeva dalla vita stessa, dalle manifestazioni più semplici e più fondamentali.

R. Barbieri:

Io credo che possiamo, avendo qui la signora Nivola, rivolgerle delle domande che la visione della mostra o che il nostro cuore ci detta dopo quello che abbiamo sentito (…).

G. Gerosa:

Vorrei che lei toccasse il tema della Sardegna, che mi pare fondamentale.

R. Nivola:

La Sardegna era forse la cosa più forte in lui, era una cosa che lo motivava più di qualunque altra. Lui del resto ha scritto dei racconti per i nostri nipoti sulle sue esperienze di bambino, e questi racconti sono veramente bellissimi, parlano di questa Sardegna quasi biblica, del tempo nel quale è cresciuto. Io ho conosciuto la Sardegna la prima volta nel 1938 e a quel tempo veramente mi sembrava di vivere una vita biblica. Era una cosa straordinaria: i costumi, la dignità della gente. A me ha fatto impressione, specialmente in quel periodo in cui l'Europa era percorsa dalle idee razziste. Mi è sembrata un paradiso dove quelle idee così pazze che si erano formate in Germania e anche sotto il fascismo, non si capivano. Per esempio, quando mi hanno introdotto a sua madre e le hanno detto che io ero ebrea, lei mi ha risposto: ah, la Madonna. Questo è bellissimo, commovente (…).

G. Gerosa:

C'è qualche aneddoto che lei ricorda, che può illuminarci su suo marito? Qualcosa che non è stato scritto, magari le ultime cose che lui le disse, qualche pensiero sulla sua arte?

R. Nivola:

Disse questo sul letto di morte, lui che era rimasto artista fino all'ultimo momento. Continuava a dire: "Vedo un grande disordine intorno a me, voglio mettere ordine in questi bei colori, in queste magnifiche forme". E io gli dicevo: ma dove le vedi? E lui diceva: su questo pavimento. Ma lui vi vedeva dei colori fantastici che non aveva mai visto prima, cose straordinarie ed era veramente impressionante. Era un innovatore straordinario, ha inventato la scultura in sabbia, e poi anche un modo di fare la scultura in cemento, un modo speciale (…).

Seguono, numerose, le domande del pubblico.