L’universo: straordinaria unità,
straordinaria accoglienza.
Ultime notizie da Hubble Space Telescope

Giovedì 26, ore 18.30

Relatore:

Duccio Macchetto,
Astrofisico, Direttore Hubble Space Telescope

Macchetto: Nell’universo ci sono circa 100 miliardi di galassie. Esse interagiscono tra di loro e lo si può vedere osservando un ponte di stelle, gas e massa, che ne collega due. In media contengono almeno 100 miliardi di stelle ciascuno: 100 miliardi di galassie e 100 miliardi di stelle per ogni galassia. Le galassie a spirale hanno dimensioni, dal centro alla periferia, di 50 mila anni luce: la luce ci mette 50 mila anni per attraversarle. Nella periferia della nostra galassia, a circa 30 mila anni luce dal centro, in una zona dove c’è poco o niente, c’è la nebulosa di Orione e vicino ad essa una stella, il Sole, intorno alla quale ci sono un numero di pianeti tra cui la Terra. Nella Terra abbiamo mari, atmosfera, superficie solida; su questa superficie sono state trovate tracce di vita che risalgono a 4 milioni di anni fa.

Come possiamo pensare all’origine della vita sul nostro pianeta? Ci sono parecchie possibilità, ma astronomi e biologi, esperti in materia, non sanno né come, né dove, è incominciata la vita. Può essere che la vita sia incominciata in una palla di ghiaccio delle dimensioni di una cometa. Nelle comete, infatti, abbiamo tutti i materiali chimici che, di per sé, non sono parte della vita, ma hanno le molecole necessarie a formare le prime forme di vita, quelle primordiali. La vita può anche essere nata in ambienti molto caldi; ad esempio sappiamo che la vita esiste in fondo al mare, vicino alle ventole dei vulcani: alcuni vermi, di 8-9 metri di altezza, prendono energia dall’energia termica da queste fonti di calore. La vita, inoltre, può essere nata nell’acqua che possiede tutti gli elementi chimici necessari a formare almeno i primi elementi. In tutte queste ipotesi sappiamo che per formare la vita è necessario un universo, una galassia, una stella, un pianeta con la giusta chimica e con la giusta atmosfera per poter permettere questo sviluppo. Quello che non sappiamo è quanto sono probabili queste condizioni in questo universo.

La storia dell’universo è di 15 miliardi di anni: i primi 8-9 miliardi di anni sono trascorsi per formare le galassie, solo 5 miliardi di anni fa si è formato il Sole, 4 miliardi e mezzo di anni di anni fa si è formata la Terra e da solo 4 miliardi di anni è iniziata la vita. Negli ultimi 200-800 milioni di anni sono nati e vissuti i dinosauri, scomparsi circa 60 milioni di anni fa; l’homo sapiens è comparso in tempi relativamente recenti, soltanto negli ultimi 300 milioni di anni. Se per le stelle succede la stessa cosa, vuol dire che è relativamente poco probabile trovare altri esseri evoluti, ma non è improbabile trovare vita a livelli più elementari.

Il contributo delle osservazioni effettuate tramite Hubble è, anche per lo studio dell’origine della vita, fondamentale. Questo telescopio ha le seguenti caratteristiche: 14 metri d lunghezza, circa 3 metri di diametro esterno, con uno specchio di 2,40 metri all’interno. Si tratta di un progetto in collaborazione tra la NASA e l’Agenzia spaziale europea: tutti gli scienziati del mondo hanno accesso al telescopio, nel senso che possono portare a termine le osservazioni. La sua particolarità consiste nel fatto che è stato lanciato nello spazio in un’orbita a circa 600 chilometri dalla terra, distanza non importante: quello che lo fa essere unico è che si trova al di fuori dell’atmosfera, e quindi, da tutti gli effetti deleteri all’osservazione. Quest’orbita è stata scelta soprattutto per poter mandare gli astronauti per metterlo in orbita correttamente, apportarne delle riparazioni, fare la manutenzione. Ogni tre anni, dal ’90, gli astronauti vanno nello spazio, si avvicinano al telescopio spaziale, portano a termine delle riparazioni. Si prevede che questo telescopio continui a funzionare in questo modo, fino al 2010.

L’osservazione da questo telescopio potrebbe chiarire l’espansione dell’universo. L’universo, infatti, è incominciato con quello che noi chiamiamo il Big Bang: una grande espansione iniziale che non conosciamo perché con la fisica odierna non risaliamo oltre a 10 alla –43 secondi. Sappiamo che l’universo non esisteva, non c’era niente prima; dallo scoppio in poi c’è lo spazio e il tempo, tutte le leggi della fisica, della materia, dell’energia. L’universo è passato, poi, in una fase che gli astronomi chiamano di "inflazione", durata 10 alla –33 secondi. La nostra osservazione parte da 300 mila anni dopo il Big Bang iniziale e da essa l’universo risulta molto uniforme. Se controlliamo un punto dell’universo rispetto all’altro vediamo che c’è uniformità e il mistero da svelare con la ricerca è proprio come si passi da un universo uniforme ad universo di galassie non uniformi. Sono uniformi se le prendiamo in media, dividiamo la loro massa con lo spazio che sta loro vicino, ma la densità risulta più grande che tra una galassia e l’altra di parecchie miliardi di volte.

Per capire cosa è successo in questo tempo, occorre andare all’indietro e osservare punti sempre più lontani. Uno dei pianeti più vicini al nostro è Marte. Le sue caratteristiche sono simili a quelle della Terra: una massa sufficiente a trattenere con la forza di gravità un’atmosfera, un’atmosfera e delle calotte polari. Queste calotte sono fatte di anidride carbonica, non di ghiaccio normale, eppure, come da noi, diventano più grandi o più piccole a seconda delle stagioni. Qualche anno fa si è parlato di un possibile meteorite, partito da Marte, dovuto all’impatto di una cometa, che l’ha fatto scappare dalla superficie dato che la forza di gravità di Marte è minore di quella della Terra. Dopo essere stato in orbita intorno al Sole per qualche milione di anni questo meteorite è caduto sulla Terra e la sua roccia presentava forme molto primitive di vita. Non sarebbero possibili esseri umani su Marte perché né l’atmosfera lo permette, né il tempo evolutivo sarebbe stato sufficiente date le condizioni fisiche; si tratta però di un sito che presenta tutte le caratteristiche che rendono possibile la vita.

Andando più lontano e osservando Giove possiamo notare la presenza di frammenti di una cometa sulla sua superficie dal 1994. Giove ha un’atmosfera, è quasi tutto liquido, la parte centrale solida è molto piccola rispetto al suo volume; non è chiaro se nell’atmosfera ci possa essere la vita, per lo meno non la vita che conosciamo sulla Terra, anzi è chiaro che non possa esistere una vita come quella sulla Terra: ci potrebbero essere delle forme molto primitive che galleggiano in questa superficie e in questa atmosfera. La cometa può raccogliere molecole necessarie a sintetizzare forme molto primitive di vita e, cadendo, dare inizio ad una catena di evoluzione, ma questo avviene in condizioni adatte. La terra, è solo un’ipotesi, avrebbe potuto offrire queste condizioni.

Altri pianeti vicino a noi, come Saturno, pianeti molto più grossi della Terra, hanno un’atmosfera gassosa; sotto il gas c’è il liquido, e sotto il liquido, solo al centro del pianeta, c’è una zona rocciosa. È poco probabile che, anche in questo sistema, ci sia la vita così come la conosciamo. Più andiamo lontano, pur avendo una serie di pianeti, ne abbiamo ben nove attorno al sole, più scopriamo che ce n’è solo uno dove è presente la vita, il nostro, ce ne sono uno o due probabili, Marte e chissà, magari Venere, che possono avere qualche possibilità di avere la vita. Per avere la possibilità di vita, non basta quindi avere una stella, non basta avere dei pianeti, ma bisogna avere il pianeta giusto alla distanza giusta. Quello che non sappiamo è calcolare la probabilità che esistano pianeti simili o sistemi planetari simili attorno ad altre stelle.

Nei processi di formazione delle stelle si formano anche i pianeti, ma non sappiamo né quanti né come. Il processo di formazione delle stelle inizia da una nube di gas che, attratta dalla propria forza di gravità, comincia a cadere verso un centro comune, lo fa spiraleggiando in una specie di lisca. Quando la densità e la temperatura al centro è abbastanza alta si innescano le reazioni nucleari dell’idrogeno: questo oggetto diventa una stella e comincia ad emettere energia luminosa. Questa energia, dato che la materia tende a cadere preferenzialmente in un disco, fuoriesce più facilmente in direzione perpendicolari al disco stesso. Questo disco è molto importante perché lì si formeranno i pianeti, se si formeranno. Questa è una teoria che può essere verificata con il telescopio spaziale Hubble solo in parte. Il 50% delle stelle nella nebulosa di Orione, per esempio, ha questi dischi proto planetari: c’è quindi possibilità che si formino dei pianeti. Che ci siano dei pianeti, dove si stanno formando centinaia di stelle in questo momento, potremo verificarlo però fra milioni di anni. Non abbiamo ancora individuato un altro pianeta, non abbiamo ancora preso l’immagine di un altro pianeta, abbiamo misure indirette dell’esistenza ma non abbiamo l’immagine diretta di un altro pianeta, per cui non sappiamo quanti sono né come sono: questa è una delle condizioni per verificare la vita in un’altra parte dell’universo.

Le stelle passano da una fase iniziale di formazione ad una loro vita media; quando hanno una vita media incominciano a fare cose piuttosto strane: una stella butta materiale sull’altra, questo materiale si condensa, diventa molto caldo e compie delle esplosioni nucleari, il materiale fuoriesce. Questo materiale prima di tutto è bello, ma soprattutto porta con sé il materiale primordiale e anche il materiale precessato. È importante sapere che il nostro organismo è fatto di materiali processati all’interno di almeno tre fasi evolutive delle stelle a partire da quella dell’idrogeno e dell’elio, fino alla formazione di carbonio, azoto e ossigeno, di cui sono formati tutti gli esseri che conosciamo. Sono necessari processi all’interno delle stelle che formano atomi di carbonio, azoto, ossigeno, e che questi atomi vengano scagliati nel mezzo interstellare.

Dopo la vita medie le stelle hanno anche una tarda età: a questa tarda età la stella diventa più calda e ha avuto tempo di buttar fuori venti stellati simili al vento del nostro sole. La fase finale dell’evoluzione di una stella è l’evoluzione di una supernova. Facendo il caso della nostra galassia si può verificare che la grande nube di Magellano tra qualche miliardo di anni sarà catturata dalla nostra galassia, cadrà all’interno: il gas della supernova andrà ad arricchire, con il tempo, tutto il gas che le sta attorno. Ci vorranno migliaia di anni, però i prodotti della supernova andranno ad arricchire il gas che le sta attorno e da questo nasceranno altre nuove stelle, più ricche degli elementi formati all’interno della supernova.

Le supernove hanno una proprietà molto importante per l’astronomia: quando scoppiano diventano, entro i primi giorni, sempre più brillanti, arrivano al massimo della luminosità ed incominciano a diventare meno brillanti con una durata di qualche centinaia di giorni. Questo consente di misurare le distanze, perché questa misurazione si basa solo sull’intensità luminosa. Un secondo motivo che rende le supernove fondamentali per la ricerca è il fatto che la vita delle supernove ci pone la domanda se l’universo continua ad espandersi fino a fermarsi, per poi ricadere su se stesso, o se si espande fino a quando non evaporerà. Con Hubble abbiamo calibrato la distanza di una serie di galassie e abbiamo derivato quant’è la velocità di espansione dell’universo. Non solo: negli ultimi due anni, osservando invece supernove molto distanti, abbiamo concluso in modo provvisorio che l’universo continuerà ad espandersi per sempre

Naturalmente dobbiamo continuare a verificarlo compiendo ulteriori osservazioni.

Attraverso Hubble possiamo approfondire ulteriormente la conoscenza dei buchi neri: una grande condensazione di materia, che cade, come nel caso delle stelle, a spirale. Essa appare come un punto nero verso il quale gli atomi del gas sbattono l’uno contro l’altro, si riscaldano ed emettono dei getti. Il buco nero cambia così la forma stessa delle galassie, cambia la forma delle galassie, produce degli shock che a loro volta possono dare origine a formazioni di stelle, e quindi di pianeti.

Si possono poi osservare due galassie con grosse code che non hanno avuto il tempo di diventare una sola galassia, un buco nero all’interno di queste galassie, centinaia di migliaia di stelle blu che si formano ogni qualvolta c’è uno scontro di galassie. Insomma i processi di formazione di stelle avvengono in continuazione ogni qualvolta ci sono le condizioni giuste.

Se è difficile misurare la distanza, è ancora più difficile misurare la massa delle galassie. Uno dei metodi più agibili è usare quella che è chiamata lente gravitazionale, o effetto della lente gravitazionale. Einstein, al principio del secolo, aveva dimostrato che se ci sono oggetto luminoso e un osservatore, e per caso tra l’osservatore e quest’oggetto luminoso c’è una massa grande, la luce quando passa vicino a questa massa viene deviata: più grande la massa, più grande l’angolo di deviazione. In pratica le cose sono più complesse: osservando più attentamente, e con migliori risultati, la luminosità delle galassie, che è direttamente proporzionale alla loro massa, ci si è resi conto che i calcoli teorici sono molto diversi dalla realtà.

Non essere approssimativi sulla massa è importante per studiare l’evoluzione dell’universo e per l’evoluzione della vita in genere: la quantità di materia totale dell’universo è quella che determina la struttura generale dell’universo. Una delle osservazioni più importanti fatte dal telescopio spaziale Hubble è quello che chiamiamo lo Hubble deep field. Con il telescopio da terra gli oggetti più lontani e tutte le galassie più piccole non potevano essere osservate; dallo spazio, senza l’assorbimento dell’atmosfera, possiamo invece vedere tutte le galassie più piccole che ci sono tra noi e il limite osservativo.

Non siamo ancora arrivati al limite di osservazione, cioè al limite dove esistono le galassie, siamo arrivati al limite possibile con il miglior telescopio che esiste al giorno d’oggi, ma sappiamo che potremmo fare meglio con un telescopio ancora più grande in futuro. Delle galassie e dei loro pianeti non sappiamo ancora quanti sono, o se hanno le caratteristiche simili a quelle della nostra terra, quanti hanno la massa e la distanza giusta, quanti hanno un’atmosfera: sono numeri che non conosciamo, che dobbiamo conoscere, vogliamo conoscere. Anche nell’ipotesi più pessimistica considerando che una su un milione di queste stelle abbia le caratteristiche giuste, vuol dire che comunque i numeri di possibilità di avere dei pianeti con le caratteristiche per avere la vita è veramente enorme. Sono convinto che esiste la vita nell’universo. Quello che è ancora più ipotetico è se questa vita ha avuto il tempo sufficiente per evolvere e diventare vita intelligente come la nostra: questo è ancora più al di là e non abbiamo assolutamente nessun numero, nessuna prova che esista o non esista, possiamo solo speculare e pensare.

Qualche secolo fa Raffaello ha disegnato una bella immagine che si trova in Vaticano: la terra al centro dell’universo con tutte le stelle in una sfera celeste attorno. Adesso sappiamo che non è vero, che non c’è un centro dell’universo, non un centro fisico: le galassie si allontanano tutte l’una dall’altra. Se torniamo indietro nel tempo troviamo un punto di origine, ma non un punto materiale; in futuro tutto questo nostro universo si evaporerà e scomparirà, scomparirà il tempo e scomparirà lo spazio.

Ci dobbiamo chiedere qual è lo scopo di tutto questo. Dalla struttura non possiamo dire qual è lo scopo: possiamo solo trovarlo dentro noi stessi. Einstein diceva: "Voglio sapere come Dio ha creato quest’universo. Non sono interessato all’uno o all’altro fenomeno fisico. Voglio conoscere il suo pensiero. Il resto sono dettagli".