La situazione dei diritti umani nel mondo

Mercoledì 25, ore 11

Relatore:

Rahma El Hassan

Moderatore:

Robi Ronza

Ronza: La principessa Rahma El Hassan è qui per rappresentare suo padre, Hassan Bin Talal, principe ereditario di Giordania.

Se guardate la carta geografica vi chiedete: "Come fa ad esistere la Giordania?" Sembrano pezzi di deserto tagliati con la forbice, eppure la Giordania c’è, e si è guadagnata nel tempo sempre maggior prestigio internazionale per il suo Re, per la famiglia che lo governa e per le forze, anche democratiche, che ci lavorano, per la presenza di aree di cristiani.

Rahma El Hassan è laureata a Cambridge e specializzata in relazioni internazionali

Hassan: Durante lo scempio che fu compiuto nel corso del secondo conflitto mondiale, Franklin D. Roosvelt disse: "Noi non possiamo costruire il futuro dei nostri figli, tuttavia, possiamo costruire la gioventù per il loro futuro". E così dalle ceneri del secondo conflitto mondiale scaturì una nuova vita, una nuova era nella vita internazionale, un’era in cui i nuovi leader mondiali, avvalendosi delle Nazioni Unite recentemente create, impegnarono se stessi a mantenere la sicurezza mondiale. Mai più – essi ribadirono – una conflagrazione di portata globale avrebbe visitato di nuovo la terra.

Eppure, ancora oggi un quarto della famiglia dell’umanità è obbligata a vivere in condizioni di estrema povertà, indigenza e privazione. Milioni di persone vengono ancora torturate dalla fame, recluse dietro le sbarre del pregiudizio e della discriminazione, oggetto di morte, di violenza, di abusi, di reclusione e di prigionia per le loro convinzioni. Questi abusi, queste violenze nei confronti dei diritti dell’uomo, alle quali ormai siamo diventati quasi abituati, non soltanto insultano la dignità di coloro che ne sono vittime, ma la dignità anche di noi tutti. Tutti noi siamo membri di un’unica famiglia, e questa famiglia è l’umanità. Tutti noi abbiamo in comune e dividiamo un’unica terra. A nostre spese abbiamo imparato l’importanza di occuparci, di prenderci cura della terra: e oggi dobbiamo invece imparare ad occuparci di coloro che vivono su questa terra.

Nel corso della Conferenza Mondiale sui diritti dell’uomo, che si è tenuta recentemente a Vienna, Sua Altezza Reale, il principe ereditario Hassan, ha sottolineato ancora una volta i principi fondamentali dei diritti dell’uomo. Innanzitutto il principio della universalità di tali diritti, perché essi sono posseduti da tutti coloro che fanno parte della famiglia umana. Questi diritti formano il nucleo portante, il parametro minimo di riferimento che va riconosciuto, salvaguardato, rispettato da tutti gli stati, indipendentemente dal loro sviluppo economico o politico.

In secondo luogo, va riconosciuto che le due categorie dei diritti dell’uomo, cioè quella civile – politica da un lato e quella economica e socio-culturale dall’altro, sono inscindibili. Questo da sempre ha rappresentato una fonte di conflitto ed è stato uno dei problemi più dibattuti durante la Conferenza Mondiale. Basta semplicemente guardare il numero di bambini che sono obbligati a vivere giorno dopo giorno un’esistenza precaria nelle strade della città, oppure la sofferenza di popoli o di persone che vengono sfrattati dalle loro case o il crescente impoverimento di donne, di bambini e di altre categorie vulnerabili. Ecco perché è assolutamente importantissimo e vitale un impegno da parte delle Nazioni Unite, di tutti i suoi stati membri, che dovranno investire maggiori risorse per la promozione di entrambe le categorie di diritti.

In terzo luogo, una realizzazione selettiva rappresenta un ostacolo grave che si frappone al raggiungimento del consenso sui diritti dell’uomo. Il controllo dei diritti dell’uomo deve essere oggettivo, anche visibilmente. Politicizzando i diritti dell’uomo, noi perdiamo di vista quelli che sono i valori essenziali che essi stessi stanno a rappresentare, ovvero la tolleranza, il rispetto, la solidarietà umana. Essi devono tutelare qualunque essere umano, senza discriminazione, indipendentemente dal fatto che il loro Stato abbia o meno formalmente ratificato gli strumenti del diritto umano internazionale.

Negli ultimi trent’anni è stato fatto molto per cercare di mettere in luce queste aree di preoccupazione. E’ stato sicuramente fatto un progresso nella direzione del rafforzamento della protezione dei diritti dell’uomo, adottando degli strumenti giuridici specifici. Tuttavia è giunto il momento di cominciare a colmare il divario che separa le aspirazioni dei testi giuridici dalla realtà della vita quotidiana delle popolazioni. Dobbiamo passare da una situazione in cui non abbiamo fatto altro che ribadire i misfatti dell’uomo, ad una situazione in cui veramente promuoviamo i diritti dell’uomo, e promuoviamo altresì anche dei giusti rapporti e relazioni tra stato e stato, e tra le loro popolazioni, nonché anche il rispetto reciproco tra i singoli individui.

In breve, abbiamo bisogno di un approccio di tipo olistico, che possa abbracciare l’interdipendenza di tutti gli esseri umani, e la indivisibilità dei loro diritti. Un approccio che sia in grado di affrontare i problemi di disuguaglianza, di natura ambientale-ecologica, sia a livello nazionale che internazionale, ma utilizzando l’idioma dei diritti dell’uomo. Noi abbiamo oggi bisogno di programmi che stimolino maggiormente la sensibilizzazione, la coscienza pubblica, sostenuti, a livello internazionale, dalla ratifica dei trattati per l’impegno di risorse. Sembrerebbe altresì che ci sia bisogno di qualcosa di ancora più profondo di questo approccio, ovvero uno spostamento, un cambiamento di mentalità, di modo di pensare, in modo che diventino importantissime e prioritarie le considerazioni relative all’umanità comune piuttosto che quelle meramente economiche.

Durante l’incontro di Vienna, differenze di natura economica, politica e culturale sembrarono creare delle difficoltà al consenso. Il divario Nord-Sud non è mai stato così chiaro come durante l’incontro di Vienna, dove praticamente il problema spesso sembrava non tanto quello della difesa dei diritti dell’uomo, ma piuttosto il gioco del potere politico. Tuttavia un fatto è emerso con inaspettata trasparenza: la profondità del dibattito che si è sviluppato tra la universalità dei diritti dell’uomo da un lato e quelle che sono le richieste espresse dalle diverse culture per le loro opinioni particolari o diritti dall’altra. Questo è il gap, il divario tra la universalità e il particolarismo. E’ chiaro che dobbiamo trovare un percorso a metà strada, un compromesso, se vogliamo che i diritti dell’uomo possano veramente svilupparsi e tradursi in un fondamento importante per la giustizia globale.

Il compito di creare il consenso è assolutamente fondamentale. La questione dei diritti dell’uomo rappresenta una pietra angolare, un parametro di riferimento con il quale misurare e giudicare il successo dei nostri sforzi. Il nostro obiettivo non deve limitarsi ad essere semplicemente quello di raggiungere un compromesso tra diverse opinioni tra loro conflittuali e in contrasto, bensì quello di trovare una visione comune, una visione che affondi veramente le sue radici nell’umiltà, nella modestia, nell’autocritica, una visione per un mondo migliore, basato sul rispetto reciproco, sulla tolleranza, la compassione e la solidarietà.

Abbiamo bisogno di promuovere una maggiore solidarietà a livello internazionale, che si basi sulla condivisione delle iniziative dell’umanità, quale legame comune tra i popoli. E infatti l’articolo 1 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo ci rammenta questa responsabilità comune che incombe su di noi; recita così: "Tutti gli esseri umani dovranno agire, gli uni nei confronti degli altri, in uno spirito di fratellanza".

Proprio con questo spirito in mente Sua Altezza Reale il Principe Ereditario El Hassan ha proposto, durante l’assemblea generale delle Nazioni Unite più di dieci anni fa, la promozione di un nuovo ordine umanitario internazionale. La fine della guerra fredda offre una opportunità unica all’interno della comunità internazionale per riesaminare le relazioni tra i popoli e le nazioni e per identificare valori e radici comuni sui quali costruire insieme un futuro comune.

Dobbiamo rammentare l’impegno che è stato siglato dalla comunità internazionale alla fine del secondo conflitto mondiale, dobbiamo garantire che finalmente venga a crearsi questo ordine mondiale di cui tanto si è parlato, ma che sia soprattutto di contenuto e di intenzioni umanitarie. Il crescente numero di problemi di natura umanitaria sempre più complessi è veramente il commento tragico dei nostri tempi. E’ nostro dovere, sia singolarmente che anche collettivamente, costruire questa solidarietà umana a favore dei diritti dell’uomo e delle sue libertà. Dobbiamo camminare verso il futuro insieme.

Siamo qui riuniti tutti insieme a Rimini in uno spirito di amicizia, coscienti che la comunicazione e la collaborazione devono rappresentare la pietra angolare del nostro approccio, a qualsiasi livello.

Siamo tenuti insieme da un sogno: il sogno di un mondo dove non esistano più guerre, dove non ci sia più la sofferenza, in cui le vittime della violenza di oggi e dell’oppressione, possano finalmente far sentire la propria voce, vestiti di un manto di dignità per giocare il loro ruolo in un’impresa umana.