Venerdì 30 agosto

IL VOLONTARIATO IN UN MONDO CHE CAMBIA

partecipano:

Achille Ardigò,

ordinario di sociologia all'Università di Bologna

Albert Tevoedjrè,

segretario generale dell'Associazione Mondiale per la Promozione Sociale

Giuseppe Scidà,

ricercatore di sociologia all'Università di Trento

La tavola rotonda è organizzata dall'Associazione Volontari per il Servizio Internazionale, A.V.S.I.

A. Ardirò:

C'è una correlazione temporale che non è mera coincidenza; l'azione civica volontaria fuori dei partiti, l'associazionismo volontario, iniziative di mutuo aiuto, per singola causa o per ambienti locali, o per aiuti al Terzo mondo, vedono una nuova rigogliosa stagione nei paesi industrializzati d'Occidente proprio tra la fine degli anni sessanta e l'inizio degli anni ottanta. Sulle vecchie e mai secche radici dell'opera di diaconia della Chiesa cattolica e delle opere sociali delle altre Chiese, come dell'altra privata beneficenza, si produce una nuova, imprevista espansione di rami, fiori e frutti. Ciò in tutto l'Occidente, dall'America del nord all'America latina, all'Europa, con qualche eccezione (Svezia?). E ciò in anni di grande crisi economica, di crisi del welfare state, di crisi dell'udienza giovane verso i "movimenti" come verso grandi partiti organizzati di massa ma anche negli anni in cui cade il keynesismo e il mercato anarchico, anche se con multinazionali, torna ad essere riconosciuto da molti come la medicina forte per l'Occidente. Più mercato 'e meno stato provvidenza significano la caduta dei miti di Superman, sia del mito personale, capo carismatico dotato di superpoteri inerenti la persona, sia del mito del Superman statale. Si può perciò affermare che il volontariato ha avuto la sua più forte ripresa nell'Occidente avanzato proprio in relazione alla caduta del mito di Superman statale Superman nasce negli anni in cui si cerca una via d'uscita dall'altra grande crisi economica, quella del ‘’29-‘33. Allora il mito personale di Superman anticipò e accompagnò la comparsa dei capi carismatici, a partire da Roosevelt, cui le masse affidarono la grande delega per uscire dalla crisi. L'espandersi silenzioso del solidarismo volontaristico dalla fine degli anni sessanta fino ai nostri giorni è di segno contrario. L'uscita dalla nuova grande crisi - invano cercata per la via delle grandi organizzazioni garantiste col denaro pubblico - partiti e sindacati di corporativismo centrale-segue la strada del "piccolo è bello", del decentramento, come del resto fa una parte dell'economia produttiva. Ciò che Giorgio Bocca non ha capito è che una parte del movimento solidaristico e volontaristico di questi anni - di chiara ispirazione religiosa e/o per valori umani di disarmo, pace, giustizia tra i popoli e più rispettoso rapporto con la natura - è stato espresso da quello stesso cambio di valori che ha riportato in auge il gusto dell'imprenditorialità e dell'efficacia sia pure con la coscienza dei limiti allo sviluppo materiale. Contrapporre il solidarismo volontaristico cattolico di questi anni al rinnovato gusto di combinazioni produttive efficaci, ma non faustiane, (Faust più che Superman è il mito da criticare) significa non avere capito le novità antropologico-culturali del nostro tempo. A Giorgio Bocca, come anche a Giuseppe De Rita, voglio dire che niente è più arcaico e miope della loro tendenza ad esaltare il capitalismo senza la contemperazione dell'etica di solidarietà. Come ho scritto nell'ultimo numero della rivista della Lega democratica, "Appunti di cultura e politica", la formula vincente, di fronte alle nuove contraddizioni dello sviluppo, oggi è: Management e solidarietà umana. Anche il volontariato deve farla propria. Del resto, parlano i fatti. Ha scritto l'Economist - il settimanale del capitalismo mondiale illuminato - le agenzie di volontariato hanno dimostrato di essere più brave e più efficienti in quasi ogni occasione delle loro controparti statali. Esse stanno ora distribuendo circa la metà di tutti gli aiuti alimentari all'Etiopia". (The economist, 20 luglio 1985). Il volontariato è perciò divenuta una dimensione essenziale alla uscita dalle attuali insufficienze e crisi del mercato sempre più sorretto dalla crescente spesa militare. Le tre dimensioni dell'azione sociale: politico-amministrativa, di mercato e di privato sociale solidaristico, devono interfacciarsi, pur nelle inevitabili frizioni e difficoltà comunicative da superare. Una parte delle cause per le quali il volontariato si impegna sono sempre meno eventi occasionali, calamità naturali, emergenze, e sempre più esprimono stati e fenomeni durevoli che derivano dai lati distruttivi vecchi e nuovi del progresso. Sono cioè situazioni, dalla fame alla peste alla sterilizzazione di immense parti del pianeta, ecc. da affrontare con coscienza globale e con sempre più apporto di scienziati, tecnici, competenti. Grosse sfide si presentano all'azione volontaria, sia a quella di solidarietà umana che a quella di lotta per la difesa delle condizioni ecologiche di sopravvivenza della vita nella biosfera, sia a quella di azione intelligente contro il riarmo non solo nucleare e contro la continua crescita del peso delle commesse militari nella ricerca scientifica anche di base, non solo nei regimi dittatoriali di egemonia sovietica ma anche in Occidente. Perciò, senza nulla rinnegare della sua natura, espressiva di mondi vitali quotidiani, i volontari devono prendere coscienza che la razionalità decentrata può non essere più sufficiente o efficace. Il volontariato non può perciò non crescere di coscienza critica se vuol difendere un ruolo non di mero tappabuchi delle carenze e degli effetti perversi degli Stati e del mercato. Perciò, in Occidente sempre meno volontariato e professionalità, volontariato e sapere operativo possono essere disgiunti. Pur nella salvaguardia di quella ispirazione di fraternità universale che discende dalla comune figliolanza dal Padre che è nei cieli.

G. Scidà:

... Il volontariato internazionale ha origini lontane, perché è nato insieme alle missioni della Chiesa: molto spesso ai missionari si accompagnavano dei fratelli laici che coprivano gli aspetti sociali. In Italia non sorgono organismi specificatamente laici di volontariato internazionale se non in anni abbastanza recenti. Il primo è del 1933 ed è l'Unione medico-missionaria italiana...Una svolta importante che fa aumentare di dimensioni il settore si ha negli anni '60, quando il clima generale con relazione agli orientamenti dell'opinione pubblica verso il terzo mondo, subisce una sorta di sussulto. Le Nazioni Unite lanciano il primo decennio dello sviluppo; la FAO, l'organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa del cibo e dell'alimentazione, lancia la prima campagna contro la fame. Giovanni XXIII, Paolo VI, accolgono l'invito della FAO e invitano tutti i cristiani a combattere, insieme agli uomini di buona volontà, l'unica guerra che è degna di essere combattuta, come dirà l'Abbé Pierre, quella contro la fame. Negli Stati Uniti, Kennedy ispira e favorisce la nascita dei Corpi della pace, che sorgevano per aiutare i Paesi più deboli. Anche nel Terzo Mondo le cose cambiano rapidamente: solo nel 1960, 16 Paesi acquistano l'indipendenza ed entrano nelle Nazioni Unite...In Italia il boom economico, sempre negli anni '60, permette di lasciare alle spalle le difficoltà del dopo guerra, e si apre qualche spiraglio a favore di un corretto interessamento alla sorte dei popoli materialmente meno favoriti. Contemporaneamente si sviluppa l'era delle comunicazioni di massa...Tutte queste cose contribuiscono a far sì che dal 1960 in poi ci sia un gran numero di organismi non governativi che preparano volontari da inviare nel Terzo Mondo, che nascono in Italia, un po’ in tutta Europa e nel mondo. La legislazione inizia quindi, il rapporto tra le istituzioni e il volontariato. Nel '66 viene promulgata la legge Pedini, che autorizza il rinvio del servizio militare ai giovani di leva e la possibile sostituzione di questo con due anni di presenza di volontariato nel Terzo Mondo. Nel '70 c'è la legge 1033, rivolta alla cooperazione tecnica, che prevede una partecipazione dei volontari. Gli organismi cristiani creano la federazione degli organismi, la FOCSI, Federazione Organismi Cristiani Servizi Internazionali. Gli organismi laici creano il COSGO. Oggi abbiamo una legge più recente che è quella n. 38 del 1979. La legge definisce che gli organismi non governativi devono essere riconosciuti dal Ministero degli affari esteri, e che l'invio dei volontari è sottoposto all'approvazione ufficiale del progetto di sviluppo al quale partecipano, nel quale entrano. Ciascun progetto dev'essere predisposto in collaborazione con un partner del Paese interessato, per una durata di 6 anni, rinnovabile, e deve avere per obiettivo prioritario la formazione di omologhi locali. 1 volontari in questi progetti, beneficiano di uno status ufficiale e del mantenimento dei loro diritti sociali e giuridici. Essi sono preparati e inviati direttamente dalle organizzazioni non governative per un periodo di due anni. Oggi i volontari in azione, sono oltre 800. Una legge più recente ha consentito che contributi pubblici vengano dati anche a organismi non governativi che realizzano progetti senza la presenza di volontari. Il volontariato internazionale ha quattro funzioni: due da svolgere nei Paesi del Terzo Mondo, due da svolgere in Italia. Nei Paesi del Terzo Mondo il volontariato internazionale ha funzioni di innovazione, sia nella rilevazione dei bisogni, sia nelle metodologie di intervento... In Italia ha funzioni di pressione sociale, sulle istituzioni preposte alla cooperazione e allo sviluppo: richiesta di pubblicità delle scelte ufficiali, richiesta di controlli nei confronti delle istituzioni nazionali e internazionali preposte alla cooperazione e allo sviluppo. Continuamente noi sentiamo di soldi mal spesi in questo settore. E’ difficile dall'Italia verificare, controllare anche in funzione propositiva e di aiuto. Chi può farlo è il volontariato internazionale. L'ANSI, fra gli altri interventi, ne ha uno in Brasile, a Belo Horizonte, dove sta realizzando un progetto di risanamento urbano nelle favelas, i quartieri di baracche: strade, acqua potabile, fogne, servizi di elettricità, servizi igienici, scuola, piccolo dispensario sanitario. Molte cose invece non cambieranno nella favelas: la gente resterà lì, perché in molti casi sono arrivati dalle campagne, si sono messi insieme fra conoscenti, re con legami di parentela, fra loro si è creata una sorta di cultura della solidarietà. Non abbiamo visto la favelas come un bubbone da eliminare: abbiamo cercato di creare quelle condizioni che permettessero ai favelados, protagonisti di questa battaglia, di mantenere la proprietà della loro casa...Chi è il volontario e a chi assomiglia? La risposa è fin troppo ovvia, in particolare se è riferita al volontario internazionale: assomiglia al Parsifal che ci ha descritto Régine Pernoud.... Il volontario è una persona che si appresta al pieno possesso di sé compiendo questa scelta difficile, animato da un senso dell'assoluto che è presente in ogni uomo. In questo senso il volontario non è un uomo speciale, un eroe, è un uomo comune. Parsifal non è un eroe solitario, e così è difficile pensare ad un volontario senza una famiglia, senza un gruppo, senza una Comunità a cui far riferimento. Come Parsifal, il volontario si accosta agli altri per sviluppare la propria persona, mettendola al servizio dei più deboli. Ma, come Parsifal, rischia continuamente di asservire e dominare gli altri uomini, o perché si appiattisce sui propri istinti, sulle proprie necessità immediate, o perché parte per evadere, per abbandonare una situazione scomoda, per realizzare altrove un proprio progetto, nel quale vuole essere il più forte e il migliore. E’ questo il caso in cui l'aiuto esterno, anche se dettato dalle migliori intenzioni, si traduce in un'invasione culturale, politica, ideologica. Essa si ha quando prevale l'orientamento allo scopo rispetto al valore Il volontario corre tutti questi rischi, perché come Parsifal cresciuto nella foresta, nonostante la preparazione che può ricevere dagli organismi di invio, conosce ben poco della realtà culturale, religiosa, sociale, tribale, che lo attende nel posto dove arriva. Ma come Parsifal in genere il volontario è uno che impara in fretta, perché riconosce i propri limiti e accetta di apprendere. Vorrei ricordare una frase di Jean Paul Sartre: "l’altro è un intermediario indispensabile fra me e me stesso, l'altro è un intermediario indispensabile affinché io possa esprimermi" E concluderei rileggendo una frase che il Papa ha rivolto ai diplomatici della Comunità Economica Europea, la quale presentava i rischi dell'incontro fra Europa e Terzo Mondo: "Le relazioni degli europei con gli uomini degli altri continenti sono ambigue. Essi trasportano altrove sia il loro genio che le loro debolezze, la loro generosità e la loro brama di potere e di ricchezze, l'attitudine al progresso umano e la fede, nonché i loro eccessi e i loro errori. Il nostro continente riflette proprio i paradossi dell'uomo, capace di intelligenza e di padronanza, di dedizione e di santità, e anche capace di distruggere per avidità e per orgoglio; conosce la propria dignità e si propone la virtù, ma cede anche a comportamenti devianti che lo avviliscono. Tuttavia, se consideriamo la civiltà e la cultura che si sono formate fin dall'inizio dei tempi moderni, possiamo riconoscere le loro radici cristiane. Ciò appare in una certa concezione dell'uomo: egli è convinto che la persona umana ha un valore unico al centro del mondo e la storia ha un senso, che il progresso è possibile in tutti i campi, che rimane la speranza di costruire un mondo fondato sulla giustizia del diritto, che è possibile non lasciarsi sommergere dal male. La fede lo confronta continuamente con un ideale, e se le discordanze tra la grandezza della propria vocazione e l'infedeltà della sua realizzazione lo fanno soffrire, sa che è incessantemente invitato a superare se stesso e prova i benefici della riconciliazione".

A. Tevoedjrè:

Vorrei insistere su quello che noi siamo e vogliamo essere, nella struttura del volontariato: noi vogliamo che Golia sia vinto. Sentiamo dire che l'Africa è forse maledetta, che sparirà; so che le vostre organizzazioni non governative, le vostre chiese, voi stessi come individui avete dato il vostro contributo per rispondere agli appelli lanciati...Ultimamente è comparso in Francia un libro dal titolo "Il Terzo Mondo può nutrirsi" dal quale vi leggerò una citazione: "Il genio tecnico ha permesso di arrestare i fiumi e di sbarrare degli estuari, di forare delle montagne, di far fiorire i deserti e inviare uomini sulla luna. Il genio politico non permette di nutrire 500.000.000 di affamati". Questa è la sfida maggiore alla nostra scienza e alla nostra coscienza. Capire questo è un preliminare alla pace. Per questo l'Associazione Mondiale di Prospettiva Sociale, di cui io sono il presidente, ha lanciato un'idea, un Fondo Internazionale di Ricerca contro la Fame. Chi di voi è stato in Africa potrà capire la mia preoccupazione, se dico che da più di mille anni gli strumenti per arare i campi, in Africa, non sono cambiati, abbiamo sempre il carro e la falce. Chi in questa sala vorrebbe tornare in quel periodo in cui si diceva: "Mandate nelle campagne uomini e donne curvi come delle bestie, che di notte si rifugiano nei tuguri e si nutrono di radici e di acqua" Ecco: le condizioni di lavoro e di vita nei paesi africani sono veramente insopportabili. t necessario cercare di cambiarle inventando nuovi strumenti, proponendo semine che diano frutto, creando degli spazi di apprendimento fra i Paesi, in modo che imparino mutualmente a vincere la fame. Oggi si parla della Corea, di Singapore, anche del Giappone o della Cina, dell'India e di questi Paesi si dice che sono in via di sviluppo, perché la rivoluzione dell'intelligenza, l'accanito lavoro sulla ricerca e l'invenzione hanno permesso di cambiarne le condizioni. Potremmo inviare una quantità incredibile di sacchi di riso, di farina, ma fintanto che non avremo trovato la formula che permette all'intelligenza degli africani di dominare la situazione in cui si trovano, fintanto che la scienza non sarà divenuta propria di ogni africano, e la tecnologia non più imposta da fuori, le cose non cambieranno. Quello che io sto dicendo dell'Africa minaccia anche voi: l'intelligenza degli uomini sarà controllata attraverso delle potenze in grado di orientare la ricerca. Questo è un pericolo intorno al quale noi abbiamo bisogno di avere un contratto di solidarietà; possiamo cominciare dal problema della fame...Ci dicono che in Africa non c'è acqua: abbiamo scoperto che non è assolutamente vero. Abbiamo l'acqua piovana, molto più importante in Africa di quanto non lo sia in Asia. Certamente questa pioggia è mal distribuita ma com'è stato possibile creare degli oleodotti per il petrolio non c'è la possibilità di fare degli acquedotti per l'acqua? Abbiamo scoperto che a Gibilterra, in India, ci sono dei sistemi che raccolgono l'acqua piovana, cisterne costruite sotto un terreno argilloso. Questo tipo di ricerca non interessa affatto le grandi potenze, il leviatano, Superman, ma Parsifal deve cercare di far funzionare il suo genio, la sua intelligenza, deve aiutare a metterci insieme. Spesso uso l'esempio del cancro: è una malattia talmente importante, che nessuno esita a dare il suo appoggio a tutte le fonti di ricerca anzi, ci sono i gruppi misti di ricercatori: americani e italiani, francesi e svedesi, tedeschi e austrialiani, che lavorano insieme in questo campo. Quando noi riusciremo ad avere delle equipes di ricercatori italiani e africani? Noi vogliamo persone che credono che la fame può essere vinta definitivamente; che c'è una sorgente di acqua viva che ci permette di non avere più sete e che noi siamo i discepoli di questa parola, pane di vita che sazia per sempre la fame di giustizia e di pace. Ecco perché sono convinto che insieme, vinceremo.