HAR KARKOM: LA MONTAGNA DI DIO

domenica 23 agosto, ore 1.5

partecipa:

EMMANUEL ANATI docente di Palcontologia presso l'università di Lecce, diret- tore del Centro camuno di studi preistorici.

conduce l'incontro

PIER ALBERTO ]3ERTAZZI

L'affascinante racconto di una scoperta archeologica rivissuta attraverso l'espe- rienza del protagonista. La montagna sacra è forse quella che gli studiosi ricercano da sempre, il Monte Sinai?

EMMANUEL ANAT

t una scoperta, quella di Har Karkom, che direi è stata fatta per pura coinci- denza, quasi per sbaglio. lo ho visto questa montagna molti anni fa per la prima volta, ho trovato lì alcune località di arte rupestre quando ancora ero studente e le ho pubblicate in una rivista scientifica, però questa montagna aveva una potenza formidabile, non riuscivo a dimenticarla: per vent'anni me la sono tenuta in corpo senza poterci ritornare. Non so perché mi ha affascinato dal primo momento, ci so- no tanti fattori: la prima volta che ci sono arrivato, ci sono arrivato perché mi ero perso nel deserto, tanto per dirvene una. Sono arrivato lì che ero disseccato, non avevo acqua nel sangue, quindi avevo anche delle allucinazioni; e le cose che ho visto lì in questo primo sopralluogo, mi sono rimaste impresse come attraverso un sogno ch mi dava dei dubbi: salvo quel che avevo fotografato, che era sicuro, non sapevo cos'altro avevo visto e cosa non avevo visto, perché c'era questo stato di malessere dovuto al fatto che per una giornata, con più di quaranta gradi al sole, non avevo bevuto una goccia d'acqua. Tutte queste cose lavoravano dentro di me: c'erano al- cuni elementi strettamente tecnici, archeologia, per esempio avevo visto dei cippi, delle pietre verticali che erano state messe dall'uomo con dei piccoli circoli di pietre attorno; avevo visto un'antica struttura che aveva un cortile con un altare, quindi mi ero detto che doveva esserci stato un tempio. Poi c'erano altre cose che hanno avuto su di me un impatto formidabile: il paesaggio che si vede da questa montagna! Un'altra cosa che io ricordo di questo primo impatto con la montagna che mi ha fatto un effetto fortissimo, sono i rumori del silenzio; il vento, abbastanza potente su questa vetta che non ha nessun ostacolo attorno, perché si erge al di sopra di tutti gli ostacoli circostanti, li domina tutti; il vento ha un fruscio, qualche volta un ulula- to: sono dei rumori di una natura viva, sveglia.

In questa zona non cresce un filo d'erba: non c'è niente, non c'è un albero, non c'è un filo di erba, è tutta roccia, eppure è piena di questi rumori che sono una gran- diosa musica. Tutto questo, e molte altre cose, erano rimaste talmente impresse nel- la mia mente che quando ho preso in mano la missione archeologico italiana ho deci- so di ritornare in questa zona, e per tre anni consecutivi sono andato in gìro nel de- serto a cercare questa montagna, e non la ritrovavo più! L'abbiamo ritrovata nel 1980: è stato un momento di emozione incredibile! E da allora abbiamo iniziato le ricerche, perché prima non erano ricerche; abbiamo cominciato a esplorare la mon- tagna, poi le valli circostanti. Oggi operiamo su un'area di 200 kmq, abbiamo già registrato e catalogato più di 600 siti archeologico, e anche se ancora molto resta da fare, già un'immagine generale comincia a vedersi. Devo premettere una cosa: ci so- no molti periodi rappresentati su questa montagna e nei suoi dintorni. ( ...)

Noi abbiamo lavorato in tutti questi anni senza immaginare su quale terreno stavamo lavorando, o forse ci avevamo pensato ma avevamo rifiutato dentro di noi l'idea che potesse trattarsi del Monte Sinai. E questo per una serie di ragioni: in pri- mo luogo l'esegesi tradizionale ha l'abitudine di ubicare il Monte Sinai su Gebel Mu- sa, ai piedi del quale è sorto in età bizantina il monastero di S. Caterina, ed era tal- mente parte della nostra educazione, del nostro insegnamento, che non arrivavamo a concepire una possibile ipotesi alternativa. Poi invece ci siamo resi conto, quando abbiamo cominciato a studiare la cosa, che non è l'unica ipotesi: ci sono almeno venti montagne, nel Sinai e zone circostanti, che sono già state proposte quali candi- date per essere il Monte Sinai della Bibbia. Però, da archeologi quali eravamo e sia- mo (almeno così veniamo denominati, anche se per conto mio la ricerca dell'uomo va al di là delle tecniche archeologiche), avevamo messo in disparte questa possibile ipotesi. Ci eravamo limitati a constatare che nel deserto del Sinai, sovrastante il de- serto Paran, c'era questa montagna sacra di importanza eccezionale. lo lavoro, esploro e studio il Sinai da trent'anni, me lo sono fatto tutto a piedi, conosco - penso - tutte le montagne; non ce n'è una che abbia questo tipo di reperti archeologi, questo tipo di testimonianza di un luogo di culto immenso, straordinario, dell'età del bron- zo. Poi, ad un certo punto, sono incominciate a saltare fuori delle analogie molto serrate. Ad esempio, abbiamo trovato un giorno, nell'84, 12 cippi ai piedi della inon- tagna, e davanti a questi 12 cippi un altare; e lì un campanello d'allarme è suonato. Siamo andati a cercar nella Bibbia e nel libro dell'Esodo c'è scritto che Mosé un bel mattino si alzò presto e costruì un altare e 12 cippi per le 12 tribù d'Israele ai piedi della montagna; e noi qui avevamo 12 cippi davanti a un altare e ai piedi di una mon- tagna, appena fuori di un accampamento dell'Età del bronzo. Sono cose che... Noi ci siamo detti "@ troppo bello per essere vero, non è possibile". Ossia, anche l'atteg- giamento che io stesso e i miei colleghi avevamo avuto fino a quel momento nei ri- guardi delle narrazioni bibliche... Le avevamo considerate come una magnifica let- teratura, come dei miti, magnifici, belli, come parte del patrimonio letterario dell'u- manità, ma ritrovare una cosa testualmente descritta nei particolari, sul terreno, co- me documento archeologico, ci sembrava quasi stonato, ci dava quasi fastidio. Però c'erano altre cose del genere, per esempio la grotticella, la nicchia sulla cima della montagna. Quando la Bibbia ci racconta che Mosé salì sulla cima della montagna - quella storia meravigliosa! - e sentì un alito di vento, poi un fruscio, poì un tuo- no, poi dei suoni di troínba, e poi sentì quella voce che disse. "Nascondi la tua testa dentro la nicchia di roccia (o dentro la grotticella) finché io non passi perché non mi devi vedere". Ecco, io non sono un esperto né in visioni né in miracoli; quindi io non sono in grado di dire cosa sia successo esattamente sulla montagna. Però è chiaro, almeno per me, che il redattore, il compilatore di questi brani doveva riferir- sì a una montagna sulla cui cima c'era una nicchia, a prescindere da quello che pote- va essere accaduto là, perché voi sapete che i testi della Bibbia che sono pervenuti fino a noi non sono stati scritti all'epoca dell'esodo o del presunto esodo, ma sono dei testi che sono stati scritti molto più tardi, mettendo nero su bianco delle tradizio- ni orali, per cui anche una tradizione orale, anche una tradizione che poi si scrive, si riferisce di solìto a dei luoghi che il viandante può identificare. Ossia, quando la Bibbia ci dice che sulla cima della montagna c'è una grotticella, questo elemento per me è attendibile, perché la gente del posto, se la grotticella non ci fosse stata, non avrebbe avuto ragione di conservare uno scritto che raccontava delle cose irreali.

Poi il tempio sulla montagna! Anche questo è saltato fuori! Questa è stata una delle prime cose che abbiamo visto quando siamo arrivati su questa montagna. Sulla montagna c'è un tempio, e l'F-sodo ben cinque volte fa riferimento al tempio sulla montagna, tanto che questo tempio doveva essere preso da campione per costruire il tempio di Gerusalemme. Ora anche questo per me è un fatto importante: sulla mon- tagna c'è un tempio dell'età del bronzo, e anche qui è l'unica montagna che io cono- sca sulla quale, nel Sinai, si trovano i resti di un tempio dell'età del bronzo. Quindi diciamo che la prima tappa di questa nuova ipotesi è scaturita nostro malgrado e con nostra grande reticenza da quanto abbiamo ritrovato sul terreno. Però poi si sono aggiunti molti altri elementi, e moltissimi altri si stanno aggiungendo. Comun- que, ci sono elementi topografici: ci sono gli elementi delle strade Che conducono all'Oreb o al Monte Sinai (che poi per me è esattamente la stessa montagna), soprat- tutto la strada da Kadesh, le tre strade di cui la Bibbia ci parla da Kadesh al Monte Sinai; ci sono elementi topografici: anche la pietra dalla quale scaturisce acqua al- l'Oreb, ad esempio, e altre cose del genere sono spiegabili in base a quanto abbiamo trovato e descritto in queste opere. E poi, ci sono delle concordanze con la letteratu- ra dell'antico oriente, e questa è la cosa che scandalizza di più e fa arrabbiare molti dei miei colleghi. Perché questo? Perché per 150 anni, avendo stabilito a priori, per delle ragioni che erano validissime fino a ieri, ma che non lo sono più oggi, che l'E- sodo e quindi la rivelazione del Monte Sinai dovevano essersi svolti nel XIII sec. a.C., tutti gli studiosi archeologi, esegeti, studiosi di letterature antiche e di lingue antiche hanno cercato, hanno vagliato nei testi egizi, mesopotamici, rnedio-orientali e vicino- orientali tutto quanto era stato scritto o attribuito al XIII o XIV secolo a.C., cercan- do delle conferme sulla narrazione biblica dell'Esodo. E noi queste conferme le ab- biamo trovate: ci sono dei testi egizi che parlano di cose estremamente vicine ed as- sociabilì, però sono dal XXII al XX secolo a.C., quindi sono di otto secoli più anti- che di quello che si era pensato fino adesso, e questo concorda con le scoperte ar- cheologiche, con la datazione degli accamparnenti, con una enormità di altri dati che ho riferito in un libro. Quindi i problemi sono tanti, sono molto complessi.

Comunque questa è un po' la storia, detta molto in fretta e in maniera molto succinta, di questa mostra che se volete è un modestissimo bors-d'oeuvre, è un anti- cipo molto modesto di quello che ci auguriamo di poter presentare, non so ancora dove, non so ancora quando, ma mi auguro prossimamente.