EDUCARE PER COSTRUIRE. CICLO DI INCONTRI PROMOSSO DALLA COMPAGNIA DELLE OPERE

Carità alla persona,
assistenza alla massa …

Domenica 22, ore 18.30

Relatore:

Oreste Benzi,
Responsabile dell’Associazione Papa Giovanni XXIII

Moderatore:

Maria Grazia Figini

Figini: Don Oreste nasce il 7 settembre 1925 e viene ordinato sacerdote nel 1949. Agli inizi degli anni 1950 ha dato vita ad un movimento educativo per preadolescenti che aveva come slogan "Un incontro simpatico con Cristo". Nel 1968 nasce il nucleo originario dell’associazione Papa Giovanni XXIII che, con decreto pontificio del 1998, viene riconosciuta dalla Santa Chiesa. L’incontro con il vasto mondo dell’emarginazione ha dato origine a forme di vita diverse e complementari tra di loro: nel 1973 nasce la prima casa famiglia a Coirano. Oggi in Italia le case-famiglia sono 134 ed alcune sono state aperte anche in paesi esteri: Cile, Bolivia, Brasile, Messico, Zambia, Sierra Leone, Tanzania, Kenya, India, Bangladesh, Croazia, Russia e Albania.

Il carisma di questa associazione è lasciare tutto per condividere direttamente la vita degli ultimi: bambini senza famiglia, disabili, immigrati, nomadi, carcerati, giovani nel tunnel della droga, ragazze strappate alla prostituzione, malati mentali. Come dice don Benzi: "È la società del gratuito, la ricomposizione dell’umanità secondo la novità del Cristo; non erogazione di servizi, ma mettere la vita con la vita. Il servizio chiede la prestazione, mentre la carità chiede l’appartenenza".

Il mio compito è fare alcune domande a don Oreste.

I giovani quale esperienza di Dio cercano?

Benzi: Questa notte sono andato a dormire alle tre: fino a quell’ora sono stato in discoteca, alla "Antartica" di Cesenatico. C’erano 2.000 giovani. Ci sono tre piste; sulla pista della techno ho fatto l’incontro. Prima di andare in pista, mi sono avvicinato, ho fatto i miei giri e ho agganciato i giovani. Sono dieci anni ormai che vado nelle discoteche, vado disarmato, non ho un programma, vedo il giovane e per prima cosa lo saluto e gli dico: "Con la fede come stai?". Allora viene fuori il grido dentro, rimane stupito, desidera parlare; poi vado più in profondità. Molte volte la risposta è: "Io sono ateo". Ieri sera Marie Claire, 18 anni, mi dice di essere atea e di frequentare il liceo scientifico. Io che ho insegnato per nove anni religione in quel tipo di scuola, le parlo di Einstein. Intanto il capannello dei giovani si fa sempre più numeroso; c’è un desiderio enorme nel cuore della persona. Le racconto che Einstein dice che nell’universo c’è una intelligenza superiore al cui confronto tutte le intelligenze di tutti gli uomini, di tutti i tempi, sono assolutamente nulla; scopo della sua vita è partecipare ad una briciola di quella luce infinita. Le ho descritto il poster che amo in cui l’immagine dello scienziato è accompagnata dalla scritta che dice che lui vuole conoscere il pensiero di Dio. Alla fine del dialogo ci siamo scambiati gli indirizzi, per poter continuare.

Ecco, nasce così il mio rapporto con i giovani; non ho alcuna pretesa, il problema non è loro, è mio. Non ho niente di mio da dare, ho quello che Cristo mi ha dato e ci ha dato; la mia povertà è terribile e mi confesso regolarmente.

Il bisogno più profondo dei giovani è quello dell’esperienza di Dio su questa terra. Sembrerebbe impossibile, ma invece è possibile. Cosa c’è nel cuore dei giovani? Oggi è diverso dal 1968, oggi i giovani hanno bisogno di sentire che il bisogno che c’è in loro ci sia anche in te, che tu l’abbia risolto, ma che non glielo imponi, glielo proponi. Così, rimane in loro il fascino di una possibilità che c’è. Sento che c’è nel cuore dei giovani la passione per una soluzione del tutto: in tutto il loro essere cercano Dio, anche quando prendono l’ecstasy. Le domande eterne che sono nell’uomo sono sentite oggi in maniera diversa; questo significa che non puoi proporti come schema dell’altro. Per prima cosa bisogna creare la relazione, se non entri in relazione nulla di quel che dici entrerà nella testa degli altri.

Figini: Come definite la vostra esperienza: carità, assistenza, presenza?

Benzi: La nostra esperienza è quella riconosciuta dal Santo Padre: l’essere stampati su Cristo, nel suo essere povero, nel suo essere servo, ma soprattutto nell’aspetto profondo dell’espiazione del peccato. Come dice Pietro: "Ecco l’Agnello che porta i peccati del mondo". Il dramma di portare le conseguenze del peccato significa mettere la nostra vita con la vita di angeli crocifissi, migliaia nelle nostre case, ragazzi che portano su di sé le conseguenze di un peccato non loro e tanto meno dei genitori. Essi completano in sé la passione del Cristo, quello che manca alla passione del Cristo. Non posso, quindi, parlare di prestazione, ma di condivisione. Il servizio chiede la prestazione; è qualcosa di stupendo, lo ha detto bene Gesù. Camminandoci dentro, però, arrivi a capire che non ti puoi più fermare, bisogna che passi alla condivisione, la quale chiede l’appartenenza.

Nel 1973 seguivo una coppia che era scoppiata, ma non concludevo niente. Una sera è venuto da me il padre con i suoi due figli, un bimbo ed una bimba, di tre e quattro anni, stupendi; me li ha lasciati e poi è scappato via. Dopo averli affidati qualche giorno un po’ di qua e un po’ di là, una coppia se li è presi in casa per un anno. Al termine di questo periodo i genitori naturali si erano di nuovo uniti. Vi racconto questo perché da quel momento mi sono giurato che non avrei più smesso di fare l’impossibile per trovare un cuore capace di insegnare ad essere papà e mamme. Il vecchio affetto da Alzheimer, il bambino sieropositivo, il drogato, non possono essere sempre scartati o accantonati, vanno accolti.

Purtroppo, non tutte queste persone vengono da noi. Per esempio i barboni, che non hanno bisogno di molto, chiedono semplicemente qualcuno gli dia la buona notte, non sempre vengono a cercarci; ce ne sono troppi che non ci vengono a cercare, dobbiamo andarli a cercare noi. La comunità cristiana che si rinnova è il sacramento di Cristo che ti guarisce; l’Esodo dice: "Io sono il Signore, io sono colui che ti guarisce, bussa alla mia porta ed io ti rinnovo". Questo è il canto della vita.

Cristo è nato fuori dalle mura. Anch’io sono andato a vedere fuori dalle mura dove morivano i condannati a morte; lì il popolo li ha sempre maledetti e perché potesse maledirli con gusto chiamava Dio stesso "Maledetto tra i maledetti". Ieri erano i lebbrosi, oggi sono i malati di AIDS. Questo mese ho una ragazza sana che sposa un ammalato di AIDS molto avanzato. Cosa ne pensate? Dai gloria a Dio! Quando ci si ama si dà anche la vita per l’amato. Questo scandalizza il mondo che non riconosce Cristo.

Noi siamo veramente off-limits e no-limits. I giornali italiani, per esempio, si lamentano che quest’anno ci sono stati meno turisti a Rimini per l’assenza delle prostitute in tutta la provincia. Un gruppo di persone è venuto da me, hanno costituito un’associazione consumatori, e mi hanno chiesto il rimborso spese perché dovevano andare fuori provincia per cercare prostitute. Ho risposto che, invece, avrebbero dovuto ringraziare perché avrebbero avuto l’occasione, nel viaggio, di riflettere sul dramma di quelle donne che sono sfruttate. La condivisione, per fortuna, contiene in se stessa la giustizia: "Ecco io faccio nuove tutte le cose, cieli nuovi, una nuova terra dove regna la giustizia di Dio". Cristo è grande, è stupendo.

Figini: Chi è Cristo per te?

Benzi: I giovani che incontro e che non vanno più in Chiesa, sono nel cuore di Cristo e, nello stesso tempo, nell’agonia di Cristo. Egli non è venuto a mettersi dalla parte dei poveri contro i ricchi, non possiamo affibbiare i sentimenti umani a Cristo: Cristo è venuto per gridare a tutti quelli dentro le mura che devono riprendere e portare dentro le mura tutti quelli che sono stati buttati fuori. Un popolo che lascia indietro qualcuno non è un popolo, è un’accozzaglia di gente. Speriamo che nel 2000 tutti, movimenti, comunità, possano cantare e gioire in una grande festa della comunione; una bella riunione sul monte Sion da tutto il mondo intero per gridare la nuova Rivelazione: Cristo Gesù, re dei secoli.

Gioiamo di essere cristiani, fin dal primo mattino non si può che attingere da questo. Sono rimasto colpito moltissimo, a quattordici anni, dalla lettera ai Corinti in cui si dice che Cristo è la nuova creatura; tra i sedici e i diciassette anni, sentendo che chiunque è in Cristo è una nuova creatura, ho voluto provare. Quando ho deciso il mio sacerdozio, a diciotto anni, sono rimasto affascinato dal programma di Cristo: "Io faccio nuove tutte le cose". Cristo non dice di fare nuove cose, ma di rinnovare quelle che ha creato; ciò che Dio infatti ha creato, per responsabilità dell’uomo, si è putrefatto. Mi sono sentito chiamato in causa nell’avventura di rinnovare con Cristo tutte le cose e ho condiviso l’espressione di san Paolo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me.

Per questo motivo ho incominciato a incontrare tanta povera gente che mi rivela Lui, il Signore, e questa sete profonda di unione mistica con Dio è molto intensa. In seguito, da sacerdote, mi sono appassionato all’evangelizzazione come trapianto vitale, come espressione di esistenza e di vita intera. Tutti i venerdì mattina vado a pregare di fronte ad una clinica con i giovani della comunità. Non si può tollerare lo sterminio degli innocenti, occorre fare una proposta tutti insieme per accogliere il grido della vita. Questo è il grande momento dell’unità piena e totale nelle ricchezze delle originalità messe in comunione perché il mondo si accorga che è possibile un mondo diverso. Questo mondo è redimibile o va sostituito? Solo la Chiesa cattolica, unica vera Chiesa di Cristo, può essere un popolo dove ci riconosciamo tutti nel canto infinito della vita. Al termine della vita vorrei poter dire come Cristo: tutto è compiuto, la missione che mi hai dato l’ho portata a termine, adesso accoglimi nelle tue braccia.

Figini: Perché hai scritto lo Scatechismo?

Benzi: L’ho scritto per i nostri ragazzi delle comunità terapeutiche. È venuto fuori con loro in un linguaggio diretto. Cristo, infatti, affascina sempre, basta che ogni giovane abbia un incontro simpatico con Lui. Sia chiaro che la simpatia non deve averla per me, io sono un tramite, ma per Cristo Signore. Scatechismo è frutto di un’esperienza sorprendentemente anticonformista, ma la dottrina della Chiesa è comunicata in modo radicalmente ortodosso e intransigente. Quando il libretto è capitato nelle mani della Mondadori è piaciuto e la casa editrice, senza che lo chiedessi, ha deciso di pubblicarlo.

Adesso sto scrivendo il secondo volume: la Chiesa. Racconto per esempio di Federica, una ragazza tossicodipendente che ci ha incontrato. A dodici anni si chiedeva perché valesse la pena vivere; il padre un giorno le rispose da buon materialista, che gli uomini sono come la bestie e dopo la morte non c’è più niente. Fu un cazzotto nello stomaco da non poterne più e da ridursi, visto che sua madre si ubriacava, a uno straccio, passando dalla marijuana all’eroina. Dopo qualche anno ha avuto un figlio, sperando che potesse aiutarla; dopo due mesi l’ha lasciato. Ad un certo punto si è imbattuta nel nostro cammino, nella nostra comunità. Dopo tre anni ha ritrovato Dio, è rinata, è risorta: o l’uomo incontra Cristo oppure ha bisogno di ingannarsi continuamente per darsela ad intendere. Non c’è una via di scampo.

A volte si ha voglia di scaraventarsi, ma non si sa dove. Eppure io dico che la risposta c’è. Il Signore non ti delude perché non ti illude. Faccio un esempio. Una ragazza racconta: "Quando vado in discoteca spero di incontrare un ragazzo che mi riempia il cuore, che mi tolga dalla solitudine, che mi faccia respirare le vette. Mi sembra di aver incontrato il tipo giusto, mi apparto con lui e invece di offrirmi il cuore mi chiede altro. Mi sveglio, mi ha fregato, mi ha sfruttato". Solo Cristo non sfrutta. L’hanno crocifisso perché ha scocciato troppo, perché ha scelto di amare, ma da Dio, per quel che era, non da uomo soltanto, ma anche da uomo. Ha dovuto soffrire e morire perché era necessario. Ha scelto di amare quelli che non vogliono la vita che li salva, quelli che tengono incatenata la verità dell’ingiustizia; se voleva liberarli doveva spezzare il loro assedio a Dio e quindi soffrire.

Così parlo con i ragazzi e tra loro si crea un silenzio profondo, il bisogno di incontrare, di sperimentare. Poi gli grido una parola difficile: la caratteristica dell’amore di Cristo è che ama a priori, prescindendo dall’esperienza. Non ti ama se tu sei bravo, intelligente. Eppure mi capiscono, piangono sulla mia spalla; gli adolescenti soprattutto sono attratti da parole come eternità e infinito.

La pubertà è il grande momento della Grazia. Tra i quattordici e i quindici anni si avverte l’armonia infinita fatta di bellezza non traducibile a parole. Il giovane che sia preparato moralmente, sa ormai che l’autentico ed il vero esistono, sa che d’ora innanzi li potrà riconoscere, forse per tutta la vita non ricorderà più una simile pienezza, ma se egli la cerca e l’adotta come codice della sua esistenza, ne è profondamente salvo in tutto il nucleo del suo essere. Gli uomini che costituiscono il genio spirituale della nostra specie sono precipuamente i rimasti fedeli a quel segno dell’autentico, a quel momento dell’assoluto, che la vita dà a noi tutti, non fosse altro per un lampo al momento della pubertà.

Date gloria a Dio. È in gamba il Signore. Il nostro cuore cammina verso di Lui. Egli è la freschezza della nostra esistenza, nessun altro la può dare così.

Figini: Nella tua parrocchia da trent’anni non ci sono case di riposo. Come è possibile?

Benzi: Credo che succeda in tante altre parti, anche se non posso documentarlo. Tanto più avanza la società tecnologica, tanto più quelli che non rientrano nella società del profitto vengono gettati via. I cristiani non rispondono al canone della società del profitto, ma alla Chiesa, mistero di comunione che genera stupore. Così pure anche marito e moglie generano stupore uno verso l’altro perché scoprono ogni giorno qualcosa di nuovo in un cammino che è segnato da Dio. Questa soluzione che non è una soluzione tecnica, è estesa, dà spazio anche all’anziano, al suocero al nonno. Se c’è spazio per lui, tra l’altro, c’è per tutti gli altri; ciò che tu fai per il più debole è fatto per tutta l’umanità.

Per concludere vi racconto questo ultimi due fatti. Ero poco tempo fa in un paese sardo, dopo la Messa in cui erano presenti ragazzi portatori di handicap, i più deboli e i più necessari. Chiedo loro: "Chi sono i piccoli?" Un handicappato piuttosto serio si alza e dice: "I piccoli sono quelli che fanno le cose grandi". Io continuo: "Chi sono i grandi?" Mentre pensavo al discorso di Gesù sui grandi e sui piccoli, d’improvviso, sempre lo stesso, mi ha risposto: "I grandi sono quelli che pensano di farle: io ho deciso nel mio cuore di diventare piccolo". Alla fine chiedo ancora: "Che cos’è la condivisione?" Si alza di nuovo e risponde: "La gioia partecipata si moltiplica e la sofferenza partecipata si dimezza". In altra occasione, a dicembre, avevo detto loro: "Dio sei in gamba". Si è alzato Marco, handicappato e ha detto :"Dio è in gamba perché ha avuto il coraggio di nascere, di farsi figlio dell’Uomo perché noi fossimo figli di Dio".