EDUCARE PER COSTRUIRE. CICLO DI INCONTRI PROMOSSO DALLA COMPAGNIA DELLE OPERE

L’Italia all’avanguardia:
la grande scienza sceglie i giovani.
Nuovi metodi per la cura dell’AIDS

Giovedì 26, ore 16.30

Relatori:

Sante Canducci,
Segretario di Stato per la Pubblica Istruzione, gli Affari Sociali, gli Istituti Culturali e la Giustizia, Repubblica di San Marino

Giancarlo Zuccaccia,
Vice Presidente della Fondazione della Cassa di Risparmio di Perugia

Adolfo Turano,
Direttore dell’Istituto di Microbiologia presso l’Università degli Studi di Brescia

Robert C. Gallo,
Direttore Institute of Humane Virology presso l’Università del Maryland

Canducci: Potrei definire questo un incontro fra amici: infatti dal 1988, grazie al professor Gallo e al professor Turano, abbiamo avuto la possibilità di portare a San Marino in scadenze annuali, un importante congresso internazionale sulle tematiche delle malattie immunologiche virali e in particolare sull’AIDS. Sicuramente i due professori appena citati sono stati i principali fautori di questi appuntamenti, appuntamenti che hanno permesso a San Marino di inserirsi nel dibattito e nella ricerca fin dalle fasi iniziali dell’esplosione della malattia, di osservare da vicino ciò che ha comportato la malattia dal punto di vista sanitario, sociale, e giuridico, nonché dal punto di vista di tutte le problematiche che con il passare del tempo sono aumentate e sono diventate rilevanti all’attenzione, non solo dei mezzi di comunicazione ma anche di tutta la popolazione. Il professor Gallo, tramite i suoi rapporti e il suo staff ad altissimo livello, ogni volta ha convogliato a San Marino scienziati da ogni parte del mondo. Assieme al professor Turano abbiamo potuto costruire ormai un appuntamento fisso: il prossimo sarà nel 2000 e ci permetterà ancora una volta di vedere lo stato dell’arte in cui ci si incontra.

L’AIDS fin dall’inizio ha creato paura, terrore e anche sconcerto di fronte all’impossibilità di frenare questa malattia, questa invasione; in seguito, ha avuto una evoluzione dal punto di vista medico perché nuove armi si sono create nei confronti della opposizione all’espandersi della malattia, quindi al rallentamento della malattia; inoltre, tante risorse e tanti scienziati si sono dedicati e si stanno dedicando a trovare l’elemento decisivo, quello del vaccino, che veramente impedirà di ammalarsi.

In questi anni il professor Gallo e chi con lui ha fatto parte del Comitato scientifico di San Marino Conference ha sempre avuto l’attenzione di affiancare all’aggiornamento medico di alto livello un’attenzione alle problematiche sociali; nei nostri appuntamenti abbiamo affrontato sia i problemi della convivenza in una società tra portatori di AIDS e società sana – cosiddetta "sana" perché lo è per lo meno rispetto all’infezione dell’AIDS –, sia il problema delle responsabilità, e gli aspetti giuridici connessi, in particolare per la responsabilità (individuali, sociali e dell’organizzazione dei servizi) nei confronti della prevenzione e della diffusione della malattia. Crediamo che in questo modo San Marino si sia inserito in una nicchia che noi riteniamo prestigiosa, che attraverso questi appuntamenti abituali ci ha permesso di seguire l’evolversi non solo medico del fenomeno.

San Marino ha intenzione di continuare nell’offrirsi come appuntamento, come serie di questi appuntamenti e lo fa proprio perché è convinto che l’AIDS è una malattia che trova in una serie di interventi, da quelli comportamentali a quelli degli stili di vita, ma anche a quelli della conoscenza e della prevenzione, gli strumenti più importanti che possono essere fatti a larga diffusione e a larga informazione. Negli ultimi anni abbiamo visto diminuire l’attenzione nei confronti di questa malattia e forse anche una certa deresponsabilizzazione. Non occorre abbassare la guardia, non è assolutamente opportuno: la malattia è in agguato comunque, può diffondersi ulteriormente in maniera esponenziale come aveva fatto all’inizio, se non si interviene innanzitutto adoperandosi per diffondere i mezzi ulteriori di conoscenza per non infettarsi, per non ammalarsi. Oggi c’è un sempre maggiore rischio di contagio attraverso i sempre più frequenti viaggi a livello internazionale, essendoci paesi con altissimi tassi di malattia.

Il mio augurio è dunque che San Marino possa continuare ad essere sede di questi appuntamenti per offrire agli scienziati una palestra di incontro, una palestra di confronto e insieme di un aggiornamento verso un comune obiettivo: la lotta nei confronti di questa malattia, e contemporaneamente il non dimenticarne mai gli aspetti sociali ed umani.

Zuccaccia: La Fondazione della Cassa di Risparmio è quella che in un certo qual modo ha dato spazio a questa iniziativa che si sta verificando. La Fondazione è nata dopo la legge Amato nel 1990, è nata per gemmazione della Cassa di Risparmio di Perugia ed ha una partecipazione di maggioranza nella Cassa di Risparmio; riceve ogni anno dai bilanci della Cassa i relativi dividendi e questi dividendi vengono ovviamente utilizzati per fini che sono propri della fondazione. Si tratta di finalità sociali, assistenziali, di volontariato nel campo della sanità, che sono perseguite utilizzando quelle combinazioni che la legge ci impone.

La Fondazione, fino a questo momento, è considerata un ente pubblico, da quando, secondo le ultime normative si trasformerà in soggetto privato. Abbiamo cominciato la nostra attività nel 1992; si tratta di una recezione "a pioggia", a seconda delle erogazioni e dei contributi che ci venivano richiesti. Poi, a mano a mano, con l’andare degli anni, la Fondazione ha cercato di cambiare impostazione nel senso di valutare attentamente i progetti che potevano essere finanziati; il mio predecessore, il vicepresidente Agostino Silvani, mi ha iniziato a questa attività, e il primo gesto che si è fatto è stato l’incontro con la Cooperativa Casa, una casa di accoglienza per il malati di AIDS sorta in un immobile donato dalla diocesi di Perugia. La Cassa di Risparmio ha contribuito notevolmente dando un sostentamento finanziario al Comune di Perugia. Oltre al progetto di accoglienza della Casa, la Fondazione partecipa ad un progetto per la sperimentazione in cui sono coinvolti i professori Gallo e Turano.

Indubbiamente non è stato facile per la Fondazione accettare e parlare di questo progetto o finanziarlo. Infatti il progetto per la sperimentazione è un progetto aleatorio, non si sa se il risultato è positivo o negativo: per una Fondazione che ha messo sempre soldi come forma di erogazione, cambiare completamente l’impostazione è abbastanza difficile. È stato veramente problematico: comunque, come risultato, tutti i consiglieri della Amministrazione della Fondazione hanno aderito comprendendo che l’iniziativa era notevole perché diretta alla tutela della salute dell’uomo e, se la sperimentazione ha un esito positivo, come mi auguro, dell’umanità intera.

Questa malattia sta percorrendo tutte le regioni del mondo e si sta incrementando in Asia e in India e in tutti gli altri paesi; forse è più attenuata in Europa. Se facciamo un’azione di questo genere, la facciamo ovviamente a beneficio dell’umanità. Debbo dare atto ai consiglieri della Fondazione di avere uno spirito di questo genere, di possedere quella scintilla che in un certo qual modo valorizza l’uomo nella sua spiritualità e, attraverso la valorizzazione dell’uomo, pensa veramente all’esterno, all’umanità nel suo completo. Questo mi sembra un punto focale. Come corollario vorrei sottolineare che la Fondazione non ha solamente fatto questo, ha fatto anche ben altre cose nel campo artistico: si è coinvolta nella strutturazione della fontana maggiore di Perugia, ha contribuito validamente e sta contribuendo sempre nel campo sanitario alla creazione di un centro internazionale per il diabete, sorto per iniziativa dei Lions.

Si tratta di un momento focale della Fondazione. Le fondazioni, con il passaggio dalle attuali regole alle leggi delegate, devono diventare uno strumento effettivo, fondamentale per la vita delle comunità locali, perché possono andare a beneficio di tutti coloro che hanno bisogno, utilizzando le persone e gli strumenti che intendono partecipare e che vogliono la stessa finalità. Quindi le fondazioni si debbono muovere, sono un momento determinante. Nel campo artistico le fondazioni dovrebbero essere i mecenati, dovrebbero avere la possibilità, diventando imprese e utilizzando il proprio patrimonio, di svolgere attività essenziali. Tutto quello che la pubblica amministrazione non riesce a fare dovrebbe essere fatto dalle fondazioni, a condizione che la gestione della fondazioni rimanga in mani solide, ovvero in mano di persone che possano capire problemi di questo genere. Quello che temo, purtroppo, è che le fondazioni possano essere gestite da politici e quindi diventare simili a dei carrozzoni. Questo mi preoccupa enormemente. Fino a quando ci sarà gente, come c’è attualmente nel Consiglio di Amministrazione di Perugia, che vede nella sperimentazione dell’AIDS un progetto valido per l’uomo e per l’umanità, noi siamo sicuri che le fondazioni potranno essere gestite senza nessun scopo da un non profit; in caso diverso è tutto da vedere.

Turano: Nel titolo del XX Meeting "L’ignoto genera paura, il Mistero genera stupore", è contenuto qualcosa di importanza fondamentale per la scienza: quello che la scienza fa è infatti cercare di chiarire il mistero e di ridurre lo stupore.

In questo incontro, porrò delle domande a Bob Gallo, che peraltro conosco da diversi lustri; nel preparare questa sorta di intervista, mi sono chiesto non che cosa interessava me, perché di lui so quasi tutto, come lui sa tutto di me, ma cosa avrebbe interessato voi. Per questo, racconterò brevemente qualcosa di lui, di come l’ho conosciuto, e di ciò che conosco di lui.

Robert Gallo è sicuramente un eroe: ha dovuto sostenere notevoli disagi nella sua vita, perché avendo fatto molto ha anche ricevuto molte critiche, tra le quali ci sono tante calunnie. Bob Gallo è sulla bocca di tutti, tutti ne parlano, ne parlano i giornali, ne ha parlato la televisione, ne parlano persone che non conoscono niente di lui… Chi è dunque costui?

È un riuscito ibrido della Magna Grecia che si è trasferito molti anni fa negli Stati Uniti. I suoi "antenati" venivano dalla Puglia, dalla Calabria, dal Piemonte: da questo mix è venuto fuori Robert Gallo. Ne è risultato un americano che ama Michelangelo, Leonardo da Vinci, conosce Piero della Francesca, studia la storia romana, non da erudito ma da persona interessata a trarre dalla storia gli insegnamenti che la storia stessa può dare; ha avuto sempre un concetto della ricerca come di un qualcosa di internazionale e questo concetto lo ha applicato rendendolo universale. Gallo assomiglia a volte a Parsifal a volte a Lancilotto: con grande generosità ha sempre messo a disposizione di tutti quello che aveva; non ha mai fatto mai pagare il dazio, come si dice in italiano, cioè ha dato tutto senza pretendere mai niente. Per questo era giusto che pagasse e ha pagato con maldicenze e calunnie che non gli sono mai mancate. Però, come già dicevo, è venuto fuori sempre a testa alta e la comunità scientifica internazionale, che è quella che conta, gli ha riconosciuto questa integrità morale che fa parte dello scienziato. Lo scienziato che non è una persona onesta non è uno scienziato: ritengo che non ci possano essere scienziati che possano essere persone poco oneste e Robert Gallo lo ha dimostrato ampiamente.

I riconoscimenti gli sono fioccati a non finire, non mi basterebbe il tempo a disposizione; cito solo qualche cifra: più di mille lavori scientifici, tredici lauree honoris causa ricevute in nazioni europee e extra europee. L’Admeeting, il Meeting che nell’arco degli anni ha rappresentato il punto di incontro di tutte le persone che a qualunque livello internazionale si occupavano di AIDS, è ormai l’aggiornamento indispensabile per chi lavora in questo campo.

Che cosa mi lega a Gallo? L’amicizia. Amicizia intesa come affinità elettiva, come condivisione di valori.

Comincerei con la prima domanda. Dottor Gallo quando si è avvicinato alla medicina? E quando e perché si è innamorato della scienza?

Gallo: È molto difficile rispondere a questa domanda, non è facile capire il perché di questa scelta. Comunque certamente c’è qualcosa che ha influenzato, che ha lasciato una traccia profonda.

La prima influenza che ha sicuramente segnato la mia vita è quella di mio padre. Forse lavorava troppo, non si è mai preso un istante di vacanza – è una cosa che francamente non raccomando a nessuno né per me né per gli altri: lavorava nel settore della metallurgia. Io lo guardavo, lo osservato appunto mentre leggeva delle riviste specializzate che parlavano di metalli, di leghe, soprattutto a seguito della seconda guerra mondiale, quando questi materiali venivano impiegati largamente. Quando avevo sedici anno mio padre aveva un grande desiderio: avrebbe voluto che diventassi medico; chiaramente per il fatto che lui lo voleva io non lo volevo, ma successivamente ci ho ripensato. All’epoca il mio interesse principale era quello di giocare a pallacanestro e di guardare le ragazze...

La seconda persona che ha marcato in maniera profonda la mia vita è la figura di mio zio; mio zio insegnava biologia e un giorno ha deciso di portarmi in vacanza – cosa che mio padre invece non faceva mai –, in una località turistica di mare; da qui nacque tanta curiosità, perché vedevo la figura del biologo che non si limitava solamente a nuotare nel mare, ma esplorava i misteri del mare.

L’ultima figura che ha segnato in maniera definita il percorso della mia vita, è il fatto che intorno all’età di tredici anni, l’unica sorella che avevo morì di leucemia. Quindi è comprensibile come mi possa essere venuto in mente che era la ricerca medica che poteva cercare di dare una risposta e dare una risposta definitiva a malattie come la leucemia; era un pensiero che si annidava in maniera abbastanza inconscia nella mia mente, che mi rodeva tanto e che non potei più dimenticare. Per essere sicuri che non avrei mai più potuto dimenticare questo evento, mio padre improvvisamente subito dopo cadde in una fortissima depressione.

Un’utlima cosa, che ha condizionato molto e ha formato la mia vita sono stati i libri, in modo particolare quei libri che raccontavano le storie di vita degli scienziati in maniera molto piacevole.

Per concludere, non mi sono avvicinato al mondo della ricerca o della scienza per delle spinte di curiosità, come succede invece a tanti altri scienziati, ma principalmente per un fattore emotivo e personale.

Turano: Quali sono state a tuo giudizio le tappe più importanti del tuo lavoro scientifico?

Gallo: Sicuramente, la scoperta del primo retro virus che provoca la leucemia; non vi sto a raccontare quanta dose di passione e di lotta è stata necessaria per provare proprio il fatto che gli esseri umani vengono infettati appunto da questo virus. Successivamente abbiamo scoperto che anche quello dell’AIDS è un retro virus, ma questa è stata una scoperta successiva, che fu peraltro abbastanza più facile perché era stata già spianata. La prima scoperta del retro virus fu invece molto difficile, perché fu una scoperta non pianificata, casuale.

Turano: La scoperta del virus HTLV 1 fatta negli Stati Uniti, confermata poi in Giappone e successivamente in Italia e in tutto il mondo, è stata importante perché ha posto la basi per arrivare poi alla scoperta dell’AIDS, del virus HIV, che è un retro virus come il virus HTLV 1; i due virus si comportano allo stesso modo. Le polemiche che ci sono state su chi ha scoperto il virus dell’AIDS non hanno senso. Gallo ha scoperto fra l’altro quella che si chiamava Interleuchina 2, ovvero il fattore che permette la moltiplicazione delle cellule T nelle quali il virus si moltiplica: senza questo fattore sarebbe stato impossibile isolare il virus, ed infatti nella storia dell’AIDS questa è una novità. Gallo ha scoperto il fattore per far crescere le cellule e successivamente ha isolato il virus, cioè lo ha avuto in mano e ha messo a punto tutte le metodologie che hanno permesso di arrivare alla diagnosi di massa. C’è stato chi ha detto che il virus è stato isolato altrove, c’è stata una confusione enorme. Chi ha isolato il virus dell’HIV è stato Gallo, la ragione è ovvia.

Una terza domanda: verso chi ti senti obbligato per i risultati che hai conseguito?

Gallo: Devo dire che i risultati da me raggiunti sono anche l’esito della collaborazione che tante persone, ricercatori e scienziati, hanno voluto prestarmi, persone che in seguito agli studi universitari proseguono il lavoro di specializzazione. Queste persone provenivano da numerosi paesi, in modo particolare dall’Europa e dall’Italia; tutti hanno con il loro lavoro collaborato in modo prezioso a quello che sono io oggi.

Un altro fattore importante, di grande sostegno e contributo sono gli amici, e la mia famiglia, che non ha mai mancato di darmi un supporto, di aiutarmi a farcela anche nei momenti più duri, a lavorare, a viaggiare.

Infine, devo anche ringraziare il prezioso contributo delle persone e del governo statunitense, che hanno finanziato la ricerca medica.

Turano: Quali sono stati gli ostacoli maggiori nel cammino?

Gallo: Il primo ostacolo è certamente quello della propria personalità, personalità che può avere una serie di debolezze che si frappongono al raggiungimento di un certo risultato; occorre cercare di supplire a queste debolezze con una certa disciplina, superando le incapacità che non permettono di raggiungere i risultati sperati.

Un grosso ostacolo è stato anche quello della concorrenza, della competitività; quando ero più giovane avevo una fortissima spinta competitiva molto accentuato, uno spirito competitivo che forse veniva proprio dalla famiglia, e dal fatto che ero, in quanto italoamericano, una persona molto isolata in un quartiere essenzialmente fatto di persone di origine irlandese e britannica. Questo mi ha portato a manifestare un grande spirito competitivo soprattutto nelle discipline sportive.

Un altro fattore, a distanza fastidioso, era un forte senso di insicurezza, soprattutto da studente, che dovevo superare dentro di me, e che comunque mi ha accompagnato nella mia vita per molto tempo. È stato molto difficile riuscire a superarlo, perché, se anche ero particolarmente competitivo, avevo sempre la sensazione di non essere mai abbastanza bravo, abbastanza capace. È ovvio che la competitività viene incanalata in binari positivi, estremamente buoni, e può così avere degli effetti molto positivi; è ovvio che se invece viene portata all’estremo, diventa qualcosa di pesante e subdolo, che si cela dietro a ogni cosa e può anche diventare gravemente dannosa.

Turano: Quali sono le qualità che apprezzi di più e quali i difetti che secondo te sono di ostacolo nello sviluppo della personalità e della statura di un ricercatore?

Gallo: La prima qualità che vorrei indicare è quella del senso comune, del senso di raziocinio. La seconda è la gioia nello svolgere il proprio lavoro, nonché il condividere questa gioia, lo spirito del proprio lavoro anche con gli altri, per dar prova di forte coraggio, di perseveranza, di tenacia anche quando ci troviamo davanti a dei quesiti particolarmente fastidiosi, difficoltosi, ma che comunque devono essere risolti.

Invece le qualità dalle quali rifuggo col massimo del terrore, sono anzitutto la stupidità, in secondo luogo il senso eccessivo del sospetto, ed infine l’incapacità di condividere con gli altri, il tenersi tutto dentro, l’incapacità di aprirsi. Infatti mi trovo sempre abbastanza a disagio con quegli scienziati secondo i quali non si deve mai commettere un errore, perché questi scienziati hanno probabilmente un approccio al lavoro estremamente rigoroso, molto preciso ma sono anche scienziati che non potranno mai porre una domanda importante, perché una domanda importante mai si può porre a meno che non si commetta qualche errore.

Turano: Il dottor Gallo si è trasferito dal National Cancer Institute all’istituto Human Virology di Baltimora, e ha così dovuto cominciare di nuovo la sua vita di scienziato e di ricercatore al di fuori del suo ambiente. Quali sono le mete i traguardi che ti prefiggi per gli anni a venire per il nuovo Istituto di Virologia umana di Baltimora?

Gallo: La prima meta che io e i miei colleghi ci siamo prefissi è quella di poter contribuire in maniera significativa alla ricerca sul cancro; inoltre, vogliamo contribuire in maniera altrettanto significativa nella scoperta di un vaccino preventivo per il virus HIV, e soprattutto mettere a punto un approccio che sia biologico nella malattia dell’HIV, ovvero che sia meno tossico, che freni al massimo la possibilità del virus di andare incontro a una mutazione e infine che sia meno costoso, quindi più accessibile, anche dal punto di vista logistico. Questo sarà possibile se potremo lavorare su nuove idee, sulla ricerca di base e soprattutto sulle modalità di azione del virus HIV, che noi chiamiamo col termine patogenesi.

Le altre due mete che aggiungerei sono quella di riuscire ancora a provare la grande gioia di fare una scoperta così casuale, non pianificata, non prevista, e quella che il nostro istituto scientifico venga visto da tutti come un buon istituto scientifico. Vorrei poter lasciare questo regalo: una volta che non ci sarò più vorrei poter lasciare questo patrimonio anche agli altri, senza perdere la qualità nei settori nei quali stiamo lavorando.

Turano: Passiamo adesso a qualche argomento personale. Qual è stato il momento più bello delle tua vita, quello che ricordi con maggior gioia?

Gallo: La nascita del primo bambino, perché non potevo credere che ero stato capace di farlo.

Turano: Qual è stato il ruolo dell’amicizia, intesa come affinità elettiva, come condivisione di principi, di valori e di indirizzo nella tua vita, sia di uomo che di scienziato?

Gallo: Via via che passano gli anni, sempre di più la cosa più importante diventa la famiglia: la famiglia, gli amici, le persone che ti circondano formano veramente la linfa vitale ed essenziale della tua vita. È importante per me soprattutto riuscire a vedere questi amici, toccarli, magari uscire a cena con loro, salutarli, conoscerli per sempre, per la vita.

Dal punto di vista scientifico la più grande gioia che ho provato è stato proprio l’attimo in cui abbiamo potuto dire con la massima certezza che il virus HIV provocava l’AIDS; questo per la prima volta l’abbiamo fatto noi, nessun altro paese ha potuto dirlo con questa certezza. Un altro momento indimenticabile è stato quando abbiamo messo a punto i test ematologici per poter salvare alcune vite.

Turano: Cosa pensi del futuro di questa epidemia di AIDS a livello mondiale, globale; che cosa immagini come terapia, come prevenzione e quali conseguenze si avranno sulle popolazioni di questa epidemia? Legata a questa c’è un’altra domanda, l’ultima: tu credi in Dio, quale rapporto hai con Lui, gli chiedi mai aiuto?

Gallo: Nessuno è in grado di formulare la previsione futura dell’epidemia dell’AIDS. L’andamento è ancora molto dinamico, nessuno è in grado di prevedere quello che sarà in futuro il successo della campagna di sensibilizzazione, di educazione e di formazione che è in corso nei paesi industrializzati, come nessun può prevedere quale sarà il futuro, l’andamento delle abitudini sessuali, che sono quelle che trasmettono, o comunque facilitano la trasmissione del virus.

Attualmente se parliamo dell’Europa o degli Stati Uniti, l’andamento, immaginando la curva su un grafico, è quello di un appiattimento; invece la malattia è molto più forte e dilagante nei paesi dell’Africa, nei paesi del Centro Africa in particolare. Il virus è anche forte nel Sud Est asiatico e nel Sud Pacifico; meno invece si sa, e questo è un fenomeno che si è affacciato recentemente alla realtà, del fatto che l’epidemia sta diventando particolarmente preoccupante, drammatica nella regione dell’Africa australe, in paesi come lo Botswana, lo Zimbabwe, dove la velocità e il tasso della diffusione della malattia è a dir poco sconcertante, nonché anche in India, nell’Est dell’Europa, o in Russia. Questa diffusione preoccupante è destinata ad avere dei riflessi, delle implicazioni socio-economiche a dir poco devastanti, almeno per i prossimi decenni e oltre.

Per quanto riguarda invece le prospettive terapeutiche, tutti dobbiamo lavorare nella direzione di una terapia che sia più semplice, sicura, efficace, meno costosa, fattibile e biologicamente interessante; tutti noi stiamo lavorando in questa direzione. Dobbiamo arrivare a realizzare un vaccino che sia di tipo preventivo per poter frenare l’avanzata di questo virus. Quando? Non lo sappiamo. Certamente, sarà possibile tra cinque o sei anni avere una migliore terapia di quella disponibile oggi.

Per rispondere all’ultima domanda – la più difficile: pensavo che invece sarebbe stata sui miei hobby, e avevo preparato una bellissima risposta su quello che faccio nel tempo libero… – direi che in questo momento sto attraversando una lunga evoluzione; che se dovessi tracciare la mia vita in un grafico, avrebbe un andamento decisamente irregolare. Grandi cambiamenti si muovono dentro di me, sono convinto che c’è qualcuno infinitamente più grande di me, e a volte devo dire mi sono rivolto a questa persona per chiedere aiuto. In questo momento sto nutrendo un forte interesse per Gesù Cristo, ma non ho ancora ben definito quanto c’è dentro di me.