L’Avvenimento cristiano

Martedì 24, ore 12

Presentazione del libro di Luigi Giussani

Relatori:

Evaldo Violo

Onorato Grassi

Moderatore:

Davide Rondoni

 

Rondoni: L’incontro di oggi serve a presentare un’iniziativa della casa editrice Rizzoli, un libro di Monsignor Luigi Giussani uscito nella collana più popolare della Rizzoli, la Superbur. E’ l’inizio di una collana di testi suggeriti da Monsignor Giussani e dall’esperienza di C.L. che riteniamo importanti per la formazione di una personalità di fede.

Evaldo Violo, Direttore Editoriale BUR-Rizzoli

Violo: Sono commosso di vedere tante persone a sentire parlare di un libro: faccio questo mestiere da tanto tempo, e vado spesso alla presentazione di libri, ma non vedo mai tanta gente, purtroppo. Questo spiega anche perché è stato così semplice per me accettare l’invito di Rondoni di fare una collana con don Giussani.

E’ stato semplice per due ragioni: la prima è che l’incontro tra la Bur e don Giussani non è di oggi, ma risale al 1980: attraverso Giovanni Testori, la Bur ospitò una collana intitolata "I libri della speranza", il cui primo libro, intitolato Il senso della nascita, era un colloquio tra Giovanni Testori e don Luigi Giussani. Sfogliando la rivista Litterae Communionis, ho visto che nell’omelia pronunciata al funerale di Testori, don Giussani ha ricordato questo libro, citandone una frase.

Per scegliere di fare un libro – e questa è la seconda ragione –, seguo due criteri molto semplici: la qualità del libro e la sua vendibilità. In questo caso la qualità è assicurata, e la vendibilità anche, perché la personalità di don Giussani ha un prestigio tale dal punto di vista intellettuale, morale e spirituale che un suo libro e una collana da lui diretta e suggerita avrà la strada facile.

Per questo sono molto contento e onorato di fare questa collana, che può essere anche considerata un omaggio a Giovanni Testori, che aveva avuto un’idea analoga.

Onorato Grassi, docente di Storia Medievale all’Università di Bari

Grassi: Non voglio sottrarvi il dovere e il piacere di leggere un libro di un autore come Giussani. Dirò solo alcune cose, innanzitutto che si tratta di parole dette agli amici in privato, che diventano pubbliche, perché attraverso la pubblicazione e la stampa vengono consegnate a un pubblico vastissimo. Proprio per questo, ci deve essere un’attenzione e una cura verso questo libro perché rivela un segreto, quello che Platone diceva che è un discorso che si può fare solo fra intimi. Le parole che troviamo in questo libro sono le parole che hanno fatto vivere il movimento di Comunione e Liberazione. Non le parole che sono state mediate, interpretate per essere poi divulgate, ma quelle parole che hanno segnato la storia di migliaia di persone.

Con un amico linguista, ci divertiamo a studiare il linguaggio di Giussani. Giussani è creativo nel linguaggio, non perché crea un gergo, ma perché il linguaggio si crea nel rapporto con altri. In questo testo c’è un linguaggio creato, perché detto in relazione a qualcuno: le parole sono dette a qualcuno e per qualcosa.

Giussani spiega – questa è la seconda osservazione – ma non nel modo in cui si prende un rotolo di tessuto e lo si mette sul tavolo; invece, è come se la spiegazione ruotasse sempre in modo sinusoidale, intorno ad un punto. Tutto il suo parlare, il suo spiegare, è ritornare sempre ad un punto, ad un’idea. John Henry Newman diceva che ci sono uomini che fanno la storia e uomini che hanno un’idea. Giussani ha un’idea, è un uomo di un’idea, ma la cosa sorprendente è che quest’idea abbraccia tutte le altre idee e tutte le altre realtà. Questo è un elemento che vibra nella lettura: c’è un entusiasmo per un positivo che non ha nulla di reattivo nei confronti del mondo, della società laica o della modernità. L’idea di Giussani è capace di abbracciare il mondo in cui viviamo, di sorreggerlo e di correggerlo.

In tal senso Giussani rappresenta una novità nel modo di pensare del Cattolicesimo italiano. La cultura cattolica in Italia è stata sempre fortemente condizionata da un paradigma, uno schema, che può essere sintetizzato in questi termini: il rapporto fra noi, cattolici, e loro, ovvero gli altri. In questo paradigma, tutto il problema era quello di definire chi fossero questi noi, chi fossero questi altri, e che rapporto poteva esistere fra noi e gli altri. Una cultura basata su questo presupposto è ultimamente una riflessione, e si è modulata in termini politici, nel senso di rapporti di forza, di comprensione o di interesse, fra noi e voi. Al contrario, leggendo Giussani si avverte che il paradigma in cui lui si situa non è più questo, il paradigma, l’asse portante della riflessione che Giussani fa, è un rapporto tra l’io e il mistero, io e Dio. La parola "io" è la più ricorrente in questo libro. A Giussani sta a cuore l’"io", e il rapporto che questo "io" ha con il suo destino, con il mistero, con ciò che può renderlo felice. C’è un passo in cui si dice che la libertà dell’uomo è fondata solo nel rapporto con qualcos’altro. Il termine "io" oggi non ha più quasi significato, non ha referente, invece è proprio ciò che Giussani mette a tema. Solo così è possibile la riscossa della persona, ed è in questo senso che quanto Giussani dice non interessa solo ai credenti od ai cristiani, proprio perché il punto di partenza è il rapporto che l’"io" ha con qualcosa che può convincerlo. L’inizio del Cristianesimo non è un’atto arbitrario, una scelta cieca – si "decide" di credere, e di conseguenza si fanno certe cose –, ma è l’io che scopre qualcosa per cui vale la pena vivere. Giussani dice che se Cristo fosse considerato il centro di tutto, il valore supremo della vita, potrebbe anche non essere ancora nulla, perché Cristo è il valore della vita solo se è presente oggi, se è significativo per l’io, per la persona.

Questo è il nuovo paradigma di Giussani, che trascina con sé una serie di riferimenti culturali che nella cultura cattolica noi non abbiamo – Soloviev, Newman, Pascal, tutta la teologia protestante americana –, perché se l’asse era noi-voi, il punto di riferimento erano alcuni pensatori francesi, Maritain in primis. Il valore dell’esperienza, per esempio, dalla riflessione americana è ripreso non in termini di sensazione, di sentimento, ma di oggettività.

Giussani, parlando degli inizi al Berchet di Milano, sintetizza tutto quello che è Comunione e Liberazione con queste frasi: "Io sono venuto qui a dare a questi giovani quello che è stato dato a me. (...) Questa è l’unica ragione per cui abbiamo fatto tutto quello che abbiamo fatto. (...) L’unica ragione di ogni nostra mossa è che conoscano Cristo, che gli uomini lo conoscano. (...) Dio diventato uomo, venuto per i suoi, cioè che la salvezza è un fatto presente oggi". Giussani parla di un avvenimento, di qualcosa che deve avvenire ogni giorno: l’inizio è tale e non viene tradito, solo se avviene ogni giorno. Giussani parla sempre di avvenimento che deve avvenire, che deve mantenersi tale: questo può essere lo spunto di un confronto non solo all’interno del mondo cristiano, ma anche con la cultura laica, in un momento in cui alcuni pregiudizi, alcune precondizioni vengono meno. Uno dei punti in cui questo confronto può avvenire – come già accennavo – è proprio sul termine persona.

I due maggiori quotidiani nazionali, in questi giorni, hanno rievocato Kant, come punto di riferimento dell’etica, della morale, in questi termini: non possiamo più venirne fuori se non ritorniamo a Kant. Il riferimento a Kant era posto nei termini del "riguardiamo alla nostra coscienza, obbediamo ai dettami della nostra coscienza". Se il problema fosse posto così, Giussani sarebbe kantiano, perché il valore della coscienza è presentissimo in Giussani: ma il problema non è questo, perché il riferimento a Kant vuol dire, per una certa tradizione, il riferimento alla legge, all’obbedienza ad una legge. Invece la salvezza etica non viene dalla legge, perché l’etica – dice Giussani – è una tensione, la morale vera è la tensione al destino. Ciò che fonda l’etica vera, il mio dover essere, il mio comportamento non è l’obbedienza alla legge, che non riuscirei a dimostrare, a fondare, ma il tendere a ciò che mi può realizzare. Questa definizione della morale come tensione, diventa capacità di misericordia, come nel dialogo, prima ricordato, con Testori.

L’avvenimento cristiano è ciò che può salvare l’uomo, non ciò che può condannarlo, giudicarlo, e quindi limitarlo o tagliarlo, ma è qualcosa per l’uomo, per tutti gli uomini, anche per coloro che finora non credono e non hanno creduto.

Rondoni: Il Cristianesimo, per come ce l’ha insegnato Don Giussani, è ciò che sorregge e aiuta a correggere un impeto positivo verso la realtà. Quello che in questi giorni, qui al Meeting, ha impressionato, noi e gli osservatori che ci hanno guardato, politici o non politici, è il fatto che qui ci sia un positivo. In questi tempi, in cui tutti parlano solo di crisi, incontrare un posto dove si avverte, anche senza dirne il nome, un positivo presente, è realmente qualcosa che ha del miracoloso. Il Cristianesimo è la possibilità di sorreggere quotidianamente e di correggere dalle inevitabili distrazioni e cadute questo atteggiamento positivo verso la realtà. Proprio questo filo lega il contenuto del libro a quello che stiamo vivendo in questi giorni. E’ un aiuto a mantenere un abbraccio reale verso la realtà.