Santa Messa - Omelia di S.E. Mons. Mariano De Nicolò, Vescovo di Rimini

Domenica 25, ore 11

 

Un saluto cordiale e pieno di stima a tutti voi convenuti in questa città per partecipare al Meeting per l’Amicizia tra i Popoli. La Chiesa di Rimini vi accoglie con il gesto massimo di comunione dei cristiani, la celebrazione eucaristica, con cui si fa memoria viva di Cristo e si rinsaldano i vincoli di unità con la Chiesa e l’umanità intera. Prima e al di là di quanto farete e direte in questa settimana, è fonte di speranza sapere che all’origine del vostro cammino e dello stare insieme, c’è la chiamata di Cristo che interpella a vivere il dono di verità che lui stesso ci offre.

Ascoltando la prima lettura, tratta dall’ultimo capitolo di Giosuè, e la conclusione del capitolo sesto di Giovanni, siamo coinvolti anche noi nell’andare delle tribù di Israele verso il santuario di Sichem; e nel movimento della folla che, salita sulle barche, attraversa il lago di Tiberiade, alla ricerca di Gesù. Quanto viene descritto non è il semplice passare da un luogo ad un altro, ma è soprattutto un cammino interiore. Giosuè, dopo aver ricordato quanto il Signore ha operato per condurre il popolo nella terra promessa, chiama le varie tribù a rinnovare l’alleanza: "Temete dunque il Signore e servitelo con integrità e fedeltà. Eliminate gli dei che i vostri padri servirono oltre il fiume e in Egitto e servite il Signore" (Gs 24, 14). Questo è il vero cammino che il popolo deve compiere, passare dall’idolatria al riconoscimento di Jahweh come unico Dio.

Così pure le folle al seguito di Gesù sono mosse dal desiderio di verità e di libertà; c’è in esse la percezione che quanto hanno e vivono sia insufficiente a saziare l’animo umano. "Maestro, dove abiti?" avevano chiesto i primi due discepoli a Gesù, desiderosi di ascoltare la sua parola e soprattutto affascinati dalla sua presenza. Disse loro: "‘Venite e vedrete’. Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui" (Gr 1, 38-39).

Incontrare seriamente una persona non è facile e così non è facile incontrare Gesù. Oggi come nel passato siamo attirati da tanti idoli, viviamo, in un certo senso, in una cultura politeista dove la vita rischia di esaurirsi in una successione continua di emozioni da consumare, senza avvertire la responsabilità di un significato, di una meta che chiami l’uomo a realizzazione. Seguire questa cultura significa essere idolatri, alienati da una pluralità di presenze che ci dominano e ci schiacciano; significa sfuggire alla ricerca di verità di se stessi. Si finisce per vedere tutto, fare esperienza di tutto, provare tutto e mai conoscere la verità, mai incontrare seriamente qualcuno, mai stringere relazioni autentiche e durature. Esperienze vere di libertà esigono discernimento delle parole, delle proposte, delle presenze dominanti alla ricerca della vera identità umana.

Il titolo dato a questo Meeting, Antigone ritornata e il vecchio immigrato tra gente di palazzo e nuovi distintivi, focalizza, in particolare, il tema della verità e della libertà. Sofocle nell’Antigone, cinque secoli prima dell’era cristiana, esprime in forma drammatica e piena di poesia la ricerca di autenticità di vita, seguendo le leggi non scritte che sono nel cuore, affermandole contro tutti e contro tutto, fino a sperimentare l’amara sorte della distruzione e della morte. È una visione pessimistica della vita umana; il Poeta, radicato nel mondo politeista dell’antica Grecia, non sa ricomporre in unità un’esistenza che rimane in balìa del fato e degli dei, dispensatori del bene e del male. Non c’è, infatti, possibilità di vera libertà per l’uomo fino a quando non incontra la paternità amorosa di Dio.

Il brano del Libro di Giosuè evidenzia come nel comune riconoscimento di Jahweh, unico Dio, le varie tribù trovano il fondamento di unità per essere un solo popolo. Il monoteismo unifica l’interiorità dell’uomo e apre alla convivenza fraterna e solidale con gli altri. L’idolatria al contrario porta alla frantumazione della coscienza, all’incomunicabilità e alla divisione sociale. La vicenda di questo popolo è segnata anche dall’incertezza e dalla fatica nel mantenersi fedele a Dio, vincendo il fascino degli idoli che incontrava lungo il cammino.

Le difficoltà ad incontrare e riconoscere il volto di Dio le troviamo anche nel brano evangelico di Giovanni; difficoltà proprie, non di un determinato popolo o periodo storico, ma presenti nella vita di ogni uomo. Anche noi siamo nella condizione dei discepoli che hanno seguito Gesù e hanno sentito l’annuncio di salvezza: "Io sono il pane della vita... Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno" (Gv 6, 48-51); ma anche per noi non è sempre facile credere. Per i discepoli il linguaggio del Maestro è duro. Ciò che è loro richiesto è credere nel Risorto, nel Cristo che muore in croce e che il Padre colma della sua potenza innalzandolo nella gloria. "Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dove era prima?" (Gv 6, 61-62); la vera pietra d’inciampo e di giudizio per tutte le genti è la croce e l’innalzamento del Figlio di Dio: "Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui".

La passione, morte e risurrezione di Gesù sono il fulcro della nostra fede. Essere cristiani non è primariamente fare delle cose, ma accogliere pieni di stupore e di gioia l’amore del Figlio di Dio. È nella carne e nel sangue di Cristo dati per la vita del mondo che trova luce e consistenza l’esperienza umana. Nella confessione di fede di Pietro e dei Dodici il testo evangelico di questa domenica non solo ripropone la centralità di Cristo per la salvezza del mondo, ma indica la Chiesa come luogo privilegiato in cui accade l’incontro con il Signore e in cui si dispiega, nella fedeltà a Cristo e nella fecondità di Grazia che da lui promana, la sequela di Gesù che fa dell’incontro un evento quotidiano. È la Chiesa che genera alla fede, è in lei, presieduta dai Pastori, successori degli Apostoli, che troviamo integralmente custodita, veramente annunciata e celebrata la presenza di Cristo. L’inserimento vivo e responsabile nella Chiesa particolare in comunione con il Vescovo, in spirito di fraternità vissuta con tutti i cristiani, è il segno necessario della scelta di Cristo e del suo Vangelo. Questa dinamica di comunione ecclesiale inevitabilmente porta in sé la via della croce e può scandalizzare. "Disse allora Gesù ai Dodici: e "‘Forse anche voi volete andarvene?’ Gli rispose Simon Pietro: ‘Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna. Noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio’" (Gv 6, 67-69). Senza la grazia di Cristo, sperimentata e vissuta nel sacramento della Chiesa, l’impegno umano rimane espressione sì nobile ma inevitabilmente velleitaria e sterile, come l’epilogo dell’antica tragedia greca lascia intuire.

Di fronte al difficile cammino della libertà, sia all’Est, dove non è senza pericoli e battute d’arresto l’affermarsi della democrazia, sia all’Ovest, dove si rischia di svuotare la libertà nell’agnosticismo e nella dissoluzione di ogni responsabilità ed impegno, i cristiani affermano che la vera libertà si sperimenta quando l’uomo si apre alla verità rivelatasi in Cristo. Il Papa nell’Enciclica Centesimus Annus afferma: "In un mondo senza verità la libertà perde la sua consistenza e l’uomo è esposto alla violenza delle passioni ed ai condizionamenti aperti e occulti" (CA 46); "L’obbedienza alla verità su Dio e sull’uomo è la condizione prima della libertà" (id. 41). I cristiani sono chiamati ad essere testimoni della libertà che "scaturisce dalla verità di fronte ad un sistema socio-culturale, che ignorando la dimensione etica e religiosa si è indebolito ed ormai si limita solo alla produzione dei beni e dei servizi" (id. 39). Per recare questa testimonianza "il cristiano – come ricorda il cardinale Segretario di Stato nel trasmettere il saluto del Papa al Meeting – non tralascia alcuna occasione di dialogo. Egli sa di essere chiamato a vivere e a testimoniare la fede di fronte al mondo; sa anche che nel confronto amichevole e nell’utile scambio di riflessioni sui valori umani che devono restare sempre al centro dell’attenzione di quanti sono pensosi del vero bene dell’uomo, il credente può contribuire ad affermare il primato della persona umana e a guardare con occhi nuovi tutta la realtà". L’identità cristiana è inoltre connotata da uno stile di vita che nella cultura corrente riveste un valore profetico: la comunione di vita con Cristo, seguire lui come Signore, comporta riscoprire ogni persona come prossimo, come fratello e sorella. Vivere la comunione con Cristo è aprirsi realmente alla comunione universale, cattolica, che ci chiama per correre il sentiero liberante ed affascinante della solidarietà e della responsabilità: "La verità cristiana non è una teoria astratta, è anzitutto la persona vivente del Signore Gesù che vive risorto in mezzo a noi, in mezzo ai suoi. Può quindi essere accolta, compresa e comunicata solo all’interno di un’esperienza umana integrale, personale e comunitaria, concreta e pratica, nella quale la consapevolezza della carità trova riscontro nell’autenticità della vita. Questa esperienza ha un volto preciso, antico e sempre nuovo: il volto e la fisionomia dell’amore" (Evangelizzazione e Testimonianza della Carità, 9). Le cose, i talenti personali, le competenze, il tempo, lo stesso dono della fede cristiana sono per la vita di tutti. Lo stesso impegno sociale e politico è nella logica del servizio al bene comune se nasce ed è alimentato da persone libere dalla tentazione delle ricchezze e dell’egemonia del potere. Com’è puntuale a questo proposito, nel titolo del Meeting, "il riferimento" alla "gente di palazzo" come simbolo del potere, ed ai "nuovi distintivi" come la declinazione più subdola dello stesso, tesa ad omologare e a neutralizzare ogni istanza di autentica umanità. E come non ricordare la denuncia forte della Centesimus Annus nei confronti delle "manipolazioni operate da quei mezzi di comunicazione di massa che impongono mode e movimenti di opinione?" (CA 41).

Formuliamo queste considerazioni con tutta l’umiltà dell’uomo di fede che sa come la logica del potere, come ogni logica di male, non riguardi solo o tanto "gli altri". L’essere con Cristo non ci esenta dalla tentazione del potere o dell’omologazione, come ci testimonia più volte il Vangelo, a proposito delle dispute degli Apostoli su chi fosse "il più grande" (Mc 9, 34) o della pretesa di sedere ai posti d’onore nella gloria del Signore (Mc 10, 37). Occorre che i cristiani portino nella vita sociale e politica un afflato nuovo; per questo è necessario che siano capaci di gratuità, di spirito di servizio, di specchiata coerenza morale nella vita pubblica come in quella privata. La Chiesa, la comunità ecclesiale sia non solo il luogo dell’annuncio e dell’incontro, ma anche della verifica comunitaria della conversione, della penitenza, della rigenerazione. Connotazione del cristiano è la disponibilità personale alla gratuità dell’incontro, della compagnia, che ridà speranza anche alle persone più sole ed emarginate. La dignità personale è il bene più prezioso che l’uomo possiede, grazie al quale egli trascende in valore tutto il mondo materiale. L’uomo vale non per quello che ha, possedesse pure il mondo intero, quanto per quello che è. "L’essere umano è sempre un valore in sé e per sé, e come tale esige d’essere considerato e trattato, mai invece può essere considerato e trattato come un oggetto utilizzabile, uno strumento, una cosa" (CL 37). Il richiamo dell’Esortazione Apostolica Christifideles Laici ha una forza dirompente soprattutto in questo tempo. "Ne deriva che l’individuo è assolutamente irriducibile a tutto ciò che lo vorrebbe schiacciare ed annullare nell’anonimato della collettività, dell’istituzione, della struttura, del sistema. La persona nella sua individualità non è un numero, non è un anello della catena né un ingranaggio di un sistema. L’affermazione più radicale ed esaltante del valore di ogni essere umano è stata fatta dal Figlio di Dio nel suo incarnarsi nel seno di una donna" (CL 37). Stare insieme alle persone, amarle, cogliendo il fascino misterioso ed irripetibile dei volti, significa riconoscere la dignità e la sacralità di ogni vita umana, in ogni fase del suo sviluppo, dal concepimento fino alla morte naturale, ed in ogni sua condizione, sia essa di salute o di malattia, di perfezione o di handicap, di ricchezza o di miseria. Nell’accoglienza amorosa e generosa di ogni vita umana, soprattutto se debole o malata, la Chiesa vive oggi un momento fondamentale della sua missione, tanto più necessaria quanto più dominante si è fatta una "cultura di morte" (cfr. CL 38).

Infine vorrei richiamare per tutti noi uno stile di vita da salvati, tipico di persone che vivono nella fede del Risorto. Talvolta la nostra vita personale e spesso anche quella delle realtà ecclesiali, rischia di essere un frenetico susseguirsi di impegni, iniziative, quasi che la salvezza del mondo dipendesse dal nostro fare. Di fronte ai problemi, alle situazioni difficili, ricordiamoci che Dio ha già salvato il mondo e lo riempie del suo Spirito. La nostra allora sarà un’operosità creativa e solerte, ma sempre serena, perché cosciente che Dio è all’opera prima di noi e con noi. Questo abiliterà a testimoniare con gioia il nostro essere cristiani nel mondo, aprendo alla speranza tante persone segnate dal dolore e dalla fatica del vivere quotidiano, poiché di fronte a Dio anche ciò che sembra inutile o perdita diventa prezioso e guadagno. Vivere da salvati, da gente che ha speranza ci renderà pazienti nel dialogo e fiduciosi nel servire. Impareremo ad abitare il tempo e la storia con lo stile dei contemplativi che sanno riconoscere la presenza buona e misericordiosa di Dio nell’alternarsi dei fatti e degli uomini. La Chiesa sa che tutti gli sforzi che l’umanità va compiendo per condizioni di vita più vere e più libere, nonostante ogni difficoltà, ritardo e contraddizione causati dai limiti umani e dal peccato, trovano piena risposta nell’intervento di Gesù Cristo, Redentore dell’uomo e del mondo (cfr. CL 7). In questa avventura meravigliosa che è la vita cristiana, ci sia di conforto e di sostegno la Vergine Maria, Madre della Chiesa: guidi lei i nostri passi ad incontrare il Figlio suo ed apra le nostre menti e i nostri cuori a vivere da cristiani le vicende degli uomini di questo tempo. Amen.