domenica 26 agosto 1990 ore 1l.00

SANTA MESSA

Presiede:

Sua Ecc. Mons. Mariano De Nicolò

Vescovo di Rimini

OMELIA

Sua Ecc. Mons. Mariano De Nicolò:

Attorno alla mensa eucaristica, i credenti in Cristo ritrovano i fondamenti comuni, essenziali per vivere realmente la fraternità, nella tensione comune ad accogliere il "dono di Dio" (Gv., 4,10), Cristo il Signore. La chiesa che è in Rimini, nella persona del suo Vescovo, vi accoglie con stima e affettuosa simpatia. Questa vostra permanenza qui a Rimini sia messaggio di speranza: "L’ora è venuta per intraprendere una nuova evangelizzazione" afferma il Papa Giovanni Paolo II nella Christifideles Laici, - "interi paesi e nazioni, dove la religione e la vita cristiana erano un tempo quanto mai fiorenti e capaci di dare origine a comunità di fede viva ed operosa sono ora messi a dura prova, e talvolta sono perfino radicalmente trasformati dal continuo diffondersi dell’indifferentismo, del secolarismo, dell’ateismo. Si tratta in particolare dei paesi e delle nazioni del così detto Primo Mondo... Certamente urge rifare il tessuto cristiano della società umana" (CL. 34). I compiti che ci attendono, le sfide lanciate all'uomo e al credente sembrano quasi superiori alle sue forze: ma noi ben sappiamo in chi abbiamo riposto la nostra fiducia: "Egli ti libererà dal laccio del cacciatore ti coprirà con le sue penne, sotto le sue ali troverai rifugio. La sua fedeltà ti sarà scudo e corazza" (Ps. 91,3-5). Questa è la vittoria che sconfigge il mondo: la nostra fede, (1 Gv. 5,4): "Victoria fides"! Lasciamoci guidare allora dalla Parola di Dio che ci viene donata in questa liturgia domenicale, sicuri di trovare luce e forza, poiché ci conduce a rivivere oggi il nostro incontro con il Signore. "Oh profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! - esclama San Paolo (Rm. 11,33) - Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi ed inaccessibili le sue vie! Chi mai ha potuto conoscere il pensiero del Signore?". L’uomo coglie il mistero, ciò che è al di là delle cose che si vedono, ed esprime ammirato il suo stupore per la grandezza e la perfezione di Colui che la ragione stessa riconosce essere all’origine dell’ordine meraviglioso dell’universo. Viene spontaneo rivolgere qui il pensiero all - e prime figure – l’Ammiratore ed Einstein - proposte quest’anno dal Meeting: esse c’indicano l’approccio giusto alla realtà, la capacità di riconoscere l’ordine delle cose, l’onestà intellettuale di ammettere il mistero, ed insieme il desiderio, profondamente umano, di penetrarlo sempre più, pur sapendo di non poterlo mai totalmente possedere. Ma ritorniamo alla Parola di Dio appena proclamata, ed in particolare al Vangelo, per contemplare l’evento di Cesarea di Filippo (e ripensare alla straordinaria vicenda di Simon Pietro). "Voi chi dite che io sia?". Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt. 16,16). Dalla regione di Cesarea di Filippo, segnata in gran parte dal paganesimo, arriva a noi, oggi, dopo duemila anni, la confessione di Pietro. In questo racconto di estrema densità, vengono espressi: la fede in Gesù Cristo, Figlio del Dio vivente, la beatitudine, la felicità di chi professa tale fede, ispirato da Dio stesso e non dall’uomo: Beato te, Simone, perché né la carne né il sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli". Il mistero viene dunque incontro all’uomo e a lui si rivela: "Il Padre te l’ha rivelato". "0 Padre fonte di sapienza abbiamo pregato nell’orazione colletta: dal Padre, datore di ogni luce, sola può venirci come a Pietro la luce che ci svela il mistero, mistero di salvezza!: ‘Tu sei il Cristo, il Messia Salvatore!’" Come ci suggerisce la seconda lettura, anche noi ci uniamo alla gioia della lode, per avere compreso che in Dio è racchiuso e spiegato il mistero stesso dell’uomo e dell’universo: "Da Lui, grazie a Lui e per Lui, sono tutte le cose. A Lui la gloria nei secoli" (Rm. 11,36). - Il ruolo costitutivo di tale atto di fede capace di trasformare, rinnovare completamente la persona: Gesù cambia il nome di Simone in quello di Pietro e ne fa una promessa per la Chiesa futura che sarà fondata su di lui. Essa non avrà nulla da temere da parte delle porte della morte. E infine viene evidenziata l’autorità di Pietro, che riceve le chiavi del Regno dei Cieli e il potere di legare e di sciogliere. Il simbolo delle chiavi viene evocato sulla base di un passo di Isaia, letto oggi come primo brano biblico, nel quale il Profeta illustra il significato delle chiavi, come espressione di un potere delegato dal re Ezechia al suo maggiordomo Eliakim. Il simbolo si compie con la solenne affermazione fatta da Cristo a Pietro: "A te darò le chiavi del Regno dei cieli". La confessione di Pietro è un avvenimento centrale nelle narrazioni evangeliche in quanto segna l'inizio del cammino di Gesù verso Gerusalemme dove si compirà il mistero della sua passione, morte e Resurrezione. Accanto alla figura di Gesù sta la figura di Pietro, testimone autorevole per tutti i tempi del "Mistero nascosto da secoli e generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi... cioè Cristo in voi speranza della gloria" (Col. 1,26-27). Pietro d'ora in avanti sarà il canale attraverso il quale la parola del Cristo sarà comunicata e interpretata, sarà la via attraverso la quale i doni dell'amore di Dio saranno continuamente e visibilmente fusi nella comunità cristiana. Ripercorriamo pertanto insieme la vicenda di Pietro, prototipo dei discepoli che seguono Gesù, con i loro entusiasmi e le loro crisi, per contemplare in lui l'uomo di fede, il testimone fedele e generoso di Cristo fino al martirio. Pietro figura tra i primi discepoli di Gesù; fa parte di quel gruppo di uomini adulti che condivide la vita e la missione del Maestro. La vocazione di Pietro è espressa nella chiamata dei primi quattro discepoli, pescatori del lago di Galilea. L’iniziativa è di Gesù che con parola autorevole li invita a condividere la sua missione di banditore del Regno di Dio; alla parola di Gesù che li trae fuori dalla loro attività quotidiana proponendo la nuova missione con lo stile e l'autorità di Dio che chiama i profeti, segue la risposta di Pietro e degli altri che si mettono al seguito di Gesù (cfr. Mt. 4,18 - 22).Accennando alla tematica di questo Meeting "L’Ammiratore Einstein Thomas Becket" si può affermare che l’esperienza di fede nasce e si alimenta sempre in una coscienza capace di ammirare. Pietro è l’uomo adulto che vive spiritualmente l’atteggiamento del pellegrino. Il credente è sempre ricercatore della verità, dell’autenticità, di sé e del mondo, unica strada per poter sperimentare la libertà. "Se rimarrete fedeli alla mia parola sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Gv. 8,32). La ricerca della libertà, della verità porta l’uomo, attraverso le vicende della vita, ad aprirsi all’altro per cercare insieme, per percorrere solidali la strada verso quella libertà e verità che è Dio stesso e si è manifestata a noi in Cristo Signore: "La grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo". Il cammino di fede, che inizia e cresce per opera dello Spirito e accolto liberamente dall'uomo, porta alla contemplazione ed alla ammirazione. Cadono le furbizie, le paure, le falsificazioni che segnano la vicenda umana: si rimane attratti dall’origine e dal fine di ogni realtà: "Oh Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra Che cos’è l’uomo perché te ne curi? Eppure l’hai fatto poco meno degli Angeli, di gloria e di onore lo hai coronato" (Ps. 8,2-6). Pietro seguendo il suo Maestro, scopre in lui il centro di tutta la sua esistenza; sul monte della trasfigurazione è Pietro che ammirato esclama: "Maestro è bello per noi stare qui"; è il grido di gioia per aver finalmente incontrato il Cristo, il Figlio del Dio vivente. Questo cammino di fede, fatto di ricerca, di ascolto, di apertura a Dio e a i fratelli, non è mai concluso. Pietro, accanto all’entusiasmo per il Maestro, sperimenta anche l'incertezza, la paura ed arriva a tradire Gesù. La figura di Pietro, il principe degli Apostoli, che incontriamo nella condizione di peccatore, richiama tutti noi a vivere con la consapevolezza che la Chiesa, indefettibile nel tempo, è santa per la presenza di Cristo, il Signore, non tanto per le nostre opere. Noi, per il Battesimo chiamati "i Santi" (Rm. 1,7), sperimentiamo quotidianamente anche la realtà del peccato: Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù dicendo: "Signore , allontanati da me che sono un peccatore" (Lc. 5,8-9).Lo stupore, l’ammirazione per quanto Dio opera nel mondo e nei fratelli, la coscienza serena del proprio limite, il dolore per il peccato, portano i credenti in Cristo ad essere costruttori di pace nella Chiesa e a percorrere con tutti gli uomini i sentieri del Regno di Dio. "Gesù disse a Simone: ‘Non temere, d’ora in poi sarai pescatore di uomini’ Tirate la barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono" (Lc. 5,10-11). E , ancora, abbiamo sentito nel Vangelo di questa domenica: "Tu sei Pietro, e su questa Pietra edificherò la mia Chiesa" (Mt. 16,16). E’ la dinamica della missione che viene narrata dagli evangelisti. Chi ha incontrato il Signore Gesù, chi è rimasto affascinato dalla sua parola, dalla sua persona, chi l’ha incontrato risorto, non ha altro scopo nella vita al di fuori dalla missione di Gesù: "Andate in tutto il mondo ed annunciate il Vangelo ad ogni creatura" (Mc. 16,15). Nella prima parte del libro degli Atti degli Apostoli, ove si narra la nascita e la crescita della prima Chiesa, la presenza evangelizzatrice di Pietro è ampia e decisiva. Pietro, il pescatore di Galilea sperimentato nella fatica e nella gioia del suo lavoro, ora sperimenta nuove possibilità: è una nuova paternità quella che vive nella sollecitudine per tutta la Chiesa. L’impegno missionario è di tutta la Chiesa, nella varietà dei carismi e ministeri, presieduta dai pastori in comunione con Pietro. Questa è la Chiesa che amiamo e che vogliamo riconoscere e servire nella tua realtà sacramentale ed oggettiva, superando ogni atteggiamento in cui prevalga il soggettivismo, il particolarismo, per diventare invece, come abbiamo pregato nella orazione colletta, riecheggiando la prima lettera di Pietro, "pietre vive per l’edificazione della tua Chiesa". Giovanni Paolo II nell’Esortazione Apostolica Christifideles Laici, già citata, così descrive la missione: "La comunione con Gesù , dalla quale deriva la comunione dei cristiani tra loro è condizione indispensabile per portare frutto: senza di me non potete far nulla (Gv. 15,5). E la comunione con gli altri è il frutto più bello che i tralci possono dare: essa, infatti, è dono di Cristo e del suo Spirito. Ora, la comunione genera comunione e si configura essenzialmente come comunione missionaria" (CL, 32). In questo impegno missionario, ci ricorda il Papa, occorre dare nuove energie perché "si rifaccia il tessuto cristiano delle stesse comunità ecclesiale? (CL. 34). Stare nella missione della Chiesa, lavorando per il grande bene che è la comunione costa fatica. Troviamo ostacoli in noi e nel mondo in cui viviamo. Accogliere il mandato di Cristo, di evangelizzare, aprendoci con solidarietà al cammino che tanti uomini e donne stanno compiendo per vivere nella dignità di figli di Dio, significa entrare nella logica del martirio, che è la forma massima di amore alla vita: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto" (Gv. 12,24). Pietro, questa testimonianza alla vita, alla verità l’ha data in modo sommo e definitivo quando, giunto il momento di confermare con il martirio la sua missione, fu condannato ad essere crocefisso come il Maestro. "Gesù disse a Pietro: ‘Quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo e andavi dove volevi, ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, ed un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi’ Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: ‘Seguimi’" (Gv. 21,18-21). La stessa figura di S. Tommaso Becket, vescovo martire del XII secolo, sottolinea il martirio quale forma suprema di rifiuto degli idoli del mondo e segno indiscusso dell’autenticità della fede evangelica. Anni fa Hans Urs Von Balthasar pubblicava un libro dal titolo Cordula, ovvero il caso serio. Di fronte alle tendenze di secolarizzazione e di riduzione del messaggio cristiano alle dimensioni di un puro messaggio sociologico l’autore sosteneva che un tale cristianesimo creerebbe una Chiesa senza martiri e quindi senza un'autentica confessione della fede in Gesù Signore. Una Chiesa che il mondo non avesse più interesse a perseguitare sarebbe una Chiesa che ha abbandonato la croce di Cristo e che non sa proclamare valori superiori e diversi da quelli che il mondo già conosce. La Vergine Maria, che ha donato agli uomini il Salvatore, ci accompagni con la sua materna protezione e ci aiuti a rispondere con tutta la nostra vita, come Pietro, alla domanda di Gesù: "Voi chi dite che io sia?", "Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente" (Mt. 16,16). Amen.