Martedì 23 agosto, ore 23

IL MILLENNIO DELLA RUSSIA CRISTIANA

Veglia di preghiera

La veglia di preghiera, introdotta da Adriano Dell'Asta ha voluto ricordare il Millennio della Russia cristiana e si è svolta presso il Duomo di Rimini, a cura del Centro Studi Russia Cristiana. Nel corso della serata è stato recitato il Canone in onore della Madre di Dio e la compieta ("Grande Apodeipnon") secondo il rito bizantino di tradizione monastica palestinese.

A. Dell’Asta:

Mille anni fa, quando il principe Vladimir di Kiev decise di chiedere il battesimo e di abbracciare così la fede cristiana, iniziava la storia millenaria di quella che si sarebbe chiamata la santa Rus'. Quali che siano stati i motivi prossimi e i risvolti politici, economici e militari di quell'evento resta il fatto che esso diede un volto particolare alle genti che lo vissero e alla loro storia; quel volto che un filosofo russo cercò di descrivere dicendo appunto che da quel giorno l'anima russa non sarebbe più potuta restare indifferente di fronte al cristianesimo: "Sarà cristiana - diceva - o negatrice del cristianesimo, ortodossa o critica, ma certo mai indifferente". Cosa cercasse Vladimir e cosa trovò nel cristianesimo ce lo dicono le critiche cronache del battesimo. Il principe, che fino ad allora aveva brillato per la sua pietas puramente pagana, ma non certo per quelle che oggi chiameremmo virtù umaniste, fu colpito da ciò che i suoi ambasciatori gli dissero di aver sperimentato durante la celebrazione della divina liturgia cristiana: "E noi non sapevamo se ci trovavamo in cielo o sulla terra, giacché sulla terra non si vede alcuno spettacolo di tale bellezza. Noi non possiamo descrivere con parole quello che abbiamo veduto. Soltanto questo sappiamo, che là gli uomini coabitano con Dio ... Non dimenticheremo mai tanta bellezza". Vladimir cercava un luogo dove l'uomo potesse coabitare con Dio, un luogo dove la sete di infinito che costituisce l'umano potesse trovare un appagamento; cercava, ancora, un appagamento che non fosse la fine del rapporto, di coesistenza e di coabitazione, un appagamento nel quale i due amanti, continuamente alla ricerca l'uno dell'altro, non finiscono per risolversi a vicenda, con l'infinito che assorbe e annulla l'umano e l'umano che riduce a sé l'infinito, cercava insomma un appagamento indicibile, che non pretendesse di dare quella formula dopo la quale non esiste più la libertà del rapporto, ma v'è solo il tutto previsto del monologo; Vladimir cercava un appagamento nella bellezza, cioè concreto, perché la bellezza altro non è se non la visibilità, la palpabilità, la sperimentabilità di quell'infinito eternamente cercato. E tutto ciò Vladimir lo trovò nel cristianesimo, che non fu né un semplice abbellimento né un coronamento o un sostegno del suo regno pagano e delle sue usanze, ma una loro radicale trasfigurazione: la bellezza della liturgia fu realmente tale, cioè concreta trasfigurazione della vita investita dall'ideale, e il sacramento dell'altare non fu più separato dal sacramento del fratello, così che un principe, che fino ad allora si era distinto per brutalità, arrivò ad organizzare una rete di attività caritative assolutamente eccezionali per quei tempi. E allo stesso modo, quel principe che prima della conversione non aveva esitato a macchiarsi di sacrifici umani per ottenere a sé e al proprio regno il favore degli dei pagani, smise allora quelle abitudini ed arrivò sino ad abolire la pena di morte nonostante i consigli contrari di tutti i suoi dignitari e anche di alcuni vescovi che gli facevano notare come quello strumento avrebbe potuto dare maggiore stabilità all'ordinamento sociale minacciato da briganti e da nemici vari. Dopo Vladimir, nonostante la sua santità e quella di tanti altri santi russi, la storia come si sa fece il suo corso e accanto all'ortodossia cominciò a scorrere l'eresia, accanto al cristianesimo cominciò a scorrere la sua negazione. Non è questo il luogo né v'è il tempo qui per tracciare il percorso di questi mille fiumi di santità e di perversione; una sorta di piccola summa delle varie tentazioni è però possibile ed è pure opportuna data la regolarità quasi universale con la quale queste tentazioni si ripresentano. Ci sarà di aiuto un altro Vladimir quel Vladimir Solov'ev che fu il più grande filosofo russo e, secondo Von Balthasar, fu con Tommaso d'Aquino "il più grande artefice di ordine e di organizzazione nella storia del pensiero". In un testo che venne pubblicato giusto cento anni fa, tra il 4 e il 19 agosto 1888, proprio in occasione del nono centenario del battesimo di San Vladimir, Solov'ev ricapitolò le varie tentazioni già vissute dalla storia della Russia, quelle tentazioni che poi sarebbero culminate secondo un crescendo quasi logico nella principale di tutte le tentazioni, la tentazione totalitaria dell'Anticristo che Solov'ev descriverà profeticamente in altre opere ma in particolare nell'ultima, "Il breve racconto dell'Anticristo". Cominciamo dunque dalle tentazioni già vissute: la prima è quella che si ha quando la Chiesa si lascia ridurre al puro esercizio del culto, ad una permanenza archeologica di riti soltanto stupendi, e dimentica di essere determinata dalla discesa del Cristo in terra e dal dovere di essere fermento, luce e vita per tutti i rapporti della vita pubblica. "A Dio - dice allora Solov'ev - si lascia la formula del dogma ortodosso, lo splendore della liturgia, il vuoto di una contemplazione astratta. A Cesare la vita attiva, tutti i rapporti umani, la società, la storia. Il regno di Dio è confinato nel tempio, nella cella del cenobita, nella caverna dell'anacoreta; tutto il resto - e in questo resto rientra anche la Chiesa stessa, appena osa uscire dal convento - cade sotto il potere assoluto e illuminato del sovrano secolare che in terra non ha nessuno al di sopra di sé". All'anima religiosa, allora, resta soltanto la soddisfazione personale di una virtù solitaria ed inattiva. È quella che altrove Solov'ev chiama la riduzione sentimentale, intimistica e domestica del cristianesimo che esclude ogni idea di operante e di dovere in quanto in essa Cristo suscita soltanto dei sentimenti e dei "sentimenti esclusivamente umani": ciò che va perso qui è ogni contenuto assoluto: il fondamento divino dell'attività libera (cioè l'idea di dovere) e la stessa attività (l'operosità) scompaiono e l'uomo resta rinchiuso nella sua domus terrena che non è più chiamata ad essere la manifestazione della grazia divina. In questa riduzione la liturgia diventa la luce del tempo e dello spazio, la negazione loro e del loro valore, mentre la liturgia cristiana è il riannodamento dei legami perduti dal tempo (il far memoria) e la rivelazione del vero significato dello spazio e della materia che non è più la materia per la morte, ma la materia che diviene "strumento reale e immagine visibile della forza divina". La seconda tentazione di cui parla Solov'ev è quella che riduce il cristianesimo alla sola morale, al sostegno di valori e di principi puramente umani; qui in particolare Solov'ev aveva di mira un uso del cristianesimo a favore del valore della nazione e del mito della grande Russia. In questa riduzione, dove i dogmi diventano un elemento del tutto trascurabile e Cristo scompare come persona, il cristianesimo viene privato del suo fondamento oggettivo e diventa un atteggiamento esclusivamente soggettivo: l'universalismo di Cristo viene ridotto e svilito in una forma di scetticismo etico dove ogni soggetto particolare si oppone agli altri soggetti e ai loro valori, in un gioco di padroni che chiedono il rispetto di leggi anche buone e giuste, ma non sono mai esseri vivi, persone; dei padroni che non capiranno mai la risposta della vecchietta citata da Olivier Clément: "non si crede per essere felici ma per essere vivi, perché si è vivi". A questo punto, con un crescendo irresistibile, Solov'ev arriva alla descrizione profetica dell'estrema vanificazione della religiosità e della fede: è la figura dell'Anticristo, che i critici più avveduti considerano oggi una geniale prefigurazione del totalitarismo. Vediamo brevemente in che senso. Innanzitutto Solov'ev dice che non abbiamo più a che fare con una falsa religione ma con un reale inganno, è una precisazione importante: dopo che il divino è stato ridotto ad una questione dell'intimo, dopo che tale questione dell'intimo è stata privata di qualsiasi rapporto con l'oggettività divina e ridotta a sua volta al puro atteggiamento morale, è ovvio che all'uomo non è più possibile operare riduzioni ulteriori, la riduzione è completa e non si dà falsificazione più grande; il passo successivo è soltanto un reale inganno, non una riduzione in più ma una nuova fede. E l'Anticristo, che è la figurazione di questo inganno, non è in effetti né un materialista, né un ateo, è anzi un convinto spiritualista e un profondo credente: l'unico problema è che crede solo in se stesso, ama solo se stesso, o meglio, crede in Dio ma preferisce se stesso: è una fede la sua, ma totalmente irreligiosa, nel senso che rende strutturalmente impossibile quel rapporto con l'infinito che è strutturale per l'uomo stesso. Nella fede dell'Anticristo l'altro scompare, non è più possibile alcun tipo di rapporto, nessuna religione perché l'Anticristo resta solo, "cade in quella condizione per cui il centro affettivo della vita diviene per lui il suo stesso io", in assenza di ogni entusiasmo di fronte all'infinito. L'uomo ha in effetti una struttura metafisica che rende il senso religioso una disposizione naturale, anzi inevitabile, finché l'uomo resta uomo cioè essere spirituale e libero da un lato e creatura dall'altro; finché l'uomo resta quello che è nella realtà e cioè, tensione all'assoluto, libero e creatura non autosufficiente, il senso di un rapporto con l'assoluto è naturale. L'unico problema è sapere se questo rapporto con l'assoluto viene mantenuto fino a compiersi nel cristianesimo - che è la religione della divina umanità rivelata in Cristo, nella persona cioè di Colui che mantiene uniti in sé e perfettamente distinti l'umano e il divino, senza confusione e senza separazione - o se tale rapporto, invece, dopo l'eliminazione di uno dei suoi poli, scompare nella religione dell'umana divinità e dell'anticristianesimo. L'Anticristo sceglie appunto questa seconda via che, più che una negazione di Dio (a questo punto ancora strutturalmente impossibile perché l'uomo c'è ancora e quindi il senso religioso permane) è la sostituzione del Dio cristiano da parte dell'uomo che si auto afferma; e cioè più che portare alla negazione di Dio, porta alla negazione della persona e della sua libertà ed anzi ad esigere la soppressione di entrambe come luogo privilegiato della religiosità autentica. E questo è ciò che il mondo ha potuto provare congiuntamente solo dopo Solov'ev con l'esplosione delle ideologie totalitarie che, partendo da una fede totalmente irreligiosa, anche quando si ponevano come liberatrici dell'umanità, erano costrette a negare l'uomo come luogo privilegiato di quella religiosità che era il loro vero nemico. t infatti evidente che finché permangono la persona e la libertà nella loro assolutezza e nella loro infinita sete di assoluto, resta inalterabile il progetto radicalmente immanente e finito dell'auto-divinizzazione, quel progetto che in ogni rinvio all'assoluto vede un attentato alla sua pretesa totalizzante di finalizzare e relativizzare tutto a quella sorta di mito scientifico o scienza mitica che è il paradiso in terra. Molto vi sarebbe ancora da dire, ma in una lettera Solov'ev ricorda che i discorsi sull'Anticristo vanno intervallati con la preghiera, in particolare con il salmo 90.