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Giulia

Chi lavora al Meeting lo dice spesso, si viene per gratitudine per un dono ricevuto, avendo inizialmente vissuto il regalo del Meeting stesso,  e con la coscienza di voler servire alla costruzione di un luogo di bellezza per tutti. Questo può essere esportabile ovunque, in ogni ambito lavorativo, qualunque sia il ruolo richiesto.
Negli anni passati ero solita ripetere agli amici che mi chiedevano perché ci tenessi così tanto a essere libera per poter lavorare al Meeting, che l'esperienza maturata portava frutti anche nella possibile monotonia di alcune giornate difficili al lavoro.
L'irrompere della pandemia, con il suo carico di dolore, fatica e superlavoro, ha costretto me, come anche i miei colleghi ospedalieri, a dover riaffermare il senso del nostro agire, pena l'abbandono allo scoramento generale, e di conseguenza il venire meno del nostro operato come sanitari di fronte a coloro che si rivolgevano a noi, bisognosi di salute. L'etica del lavoro che si impara al Meeting, nell'assurdità del mondo che è il lavoro volontario, è stato in questo senso fondamentale per non cedere al lamento, che spesso si rivelava inevitabile, ma ultimamente non costruttivo.

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