STORIE DAL MONDO. Rassegna di reportages internazionali a cura di Roberto Fontolan e Gian Micalessin.

Vaticano: oltre la soglia. Anteprima nazionale History (canale 407 di Sky). Partecipa Stefano Maria Paci, Giornalista di SkyTg24.

 

Presentato in anteprima assoluta per l’Italia al Meeting di Rimini, VATICANO: OLTRE LA SOGLIA è il documentario di History (canale 407 di Sky) che ricostruisce il passato e il presente del Vaticano, ricorrendo ad immagini e testimonianze inedite. Un racconto, in onda poi sul canale a dicembre, che punta i riflettori su chi ci vive e lavora, partendo dal suo cittadino più illustre: Papa Benedetto XVI. Vedremo il Santo Padre impegnato in occasioni ufficiali, incontri diplomatici e in situazioni informali e quotidiane. Visiteremo le stanze private degli appartamenti papali e conosceremo alcune della attività svolte dal Papa nel tempo libero.

ROBERTO FONTOLAN:
La proiezione di questa sera, che abbiamo qui grazie alla collaborazione e all’amicizia con Sky e con History Channel, è particolarmente significativa e suggestiva, oltre ad essere un anteprima nazionale. Ci sono qui gli amici di Sky che vorrei che salutassimo assieme. Dicevo un anteprima nazionale di una grossa produzione. Una produzione molto impegnativa, una produzione americana, che ci conduce in un viaggio dentro il Vaticano, oltre la soglia. Cosa c’è, come si vive, com’è la giornata al di là delle porte della Basilica di San Pietro? Quindi è con particolare piacere che possiamo concludere il ciclo di quest’anno di storie dal mondo con questo prodotto, che vediamo qui per la prima volta e che verrà poi trasmesso a Natale sui canali Sky. Questo documentario è un po’ lungo, come quello di ieri sera, quindi avremo la possibilità dopo, come di consueto, di poter dialogare solo per una manciata di minuti. Possiamo farlo questa sera insieme a Stefano Maria Paci, che è qui, che è il vaticanista di Sky tg24 e che è appena arrivato qui al Meeting dalla Giornata mondiale della gioventù di Madrid; e naturalmente insieme, come sempre, al nostro caro amico Gian Micalessin, che oggi è impegnatissimo per le notizie che arrivano un po’ da tutte le parti del mondo, in particolare dalla Libia. Ma comunque è qua con noi e possiamo a nostra volta salutarlo. Ricordo poi che i libri di Gian, in particolare quello sull’Afghanistan, sono qui fuori anche questa sera, potrete acquistarli e godere della firma del loro autore. Allora come sempre iniziamo la proiezione, poi ci rivediamo subito dopo. Grazie buona serata.

VIDEO

ROBERTO FONTOLAN:
Ecco, abbiamo visto questo ricchissimo lavoro; ricchissimo di immagini, di momenti storici, di passaggi, molte cose inedite, molte altre pochissimo conosciute. Concludiamo come dicevo la nostra rassegna, abbiamo pochissimi minuti da passare assieme a Stefano Maria Paci che è vaticanista di Skytg24, Sky che ringraziamo appunto per questa anteprima nazionale che ci ha dato. Poi abbiamo sempre con noi Gian, che ascolta in silenzio, perché non parliamo di guerra e di Afghanistan. Stefano tu ti sei ritrovato in questo viaggio dentro il Vaticano, tu che lo conosci altrettanto bene, forse anche di più di questi giornalisti, reporter Americani?

STEFANO MARIA PACI:
Sì, è affascinante il mondo del Vaticano, un ora e mezza che ci ha bloccato con le immagini. Io che faccio questo lavoro capisco che enorme lavoro ci sia voluto per fare un lavoro così. Naturalmente è tagliato sul pubblico americano, si è parlato moltissimo di America, ma è come uno scrigno il Vaticano, una cosa piccolissima, lo stato più piccolo del mondo, l’esercito più piccolo del mondo, ma con un’enorme irradiazione. Io torno adesso, lo diceva prima Roberto, da Madrid, duemilioni di ragazzi. La chiesa è l’unica organizzazione al mondo che riesce a mobilitare queste folle. Il più grande concerto rock del pianeta è considerato quello di Woodstock, erano ottocentomila persone; ancora ci sono film, ancora si pubblicano libri su quello. Due milioni di ragazzi che arrivano attorno a un papa che viene considerato, almeno in Italia, poco mediatico, ma che riesce a muovere le folle. E questo mondo visto dall‘interno è il mio mestiere. E devo dire che è affascinante, perché è un mondo pieno anche di contraddizioni, è lo stato più piccolo che ha l’irradiazione più grande del mondo. Il Vaticano spesso, visto dal didentro, ha molte contraddizioni, ha molti limiti, ha molti peccati, eppure è una cosa affascinante, proprio per quello che contiene. E’ la voce di Dio che ha creato un luogo in cui potersi esprimere. Quindi questa cosa qui è affascinante e questi documentari non fanno che mostrarlo.

ROBERTO FONTOLAN:
Bene, se c’è qualcuno che vuole approfittare della presenza qui di Stefano per fare qualche osservazione, una domanda sul suo mestiere, che è un mestiere un po’ particolare, il mestiere di vaticanista…

STEFANO MARIA PACI:
Fare il vaticanista per me è stato casuale. Mi hanno chiesto di andare a correggere delle bozze in un giornale che si occupava di Vaticano, 30giorni, considerato il giornale che aveva più informazioni dall’interno del vaticano; sono andato a correggere le bozze e mi è piaciuto così tanto che ho provato a incominciare a fare questa cosa qui, perché è stato come scoprire, come aprire un cofano, un cofano che tu vedevi dal di fuori, sembrava vecchio, sembrava antiquato e invece aveva dentro delle gemme straordinarie. C’è davvero un mondo fatto di persone, fatto di cose, fatto di esperienze e si è visto qui. Il Vaticano che noi abitualmente vediamo dal di fuori, quando ci sono le immagini, è fatto di San Pietro, della gente che va a visitare la Basilica, dei giardini e invece dentro è pieno di cose e questo per me è molto affascinante.

ROBERTO FONTOLAN:
Vedo una mano alzata, le cedo subito il microfono. Eccolo.

DOMANDA:
Io ho visto questo filmato e ho come l’impressione, però potrebbe essere soltanto una mia impressione, che chi ha fatto questo documentario non avesse una simpatia, cioè il documentario non trasmette un immediata simpatia per il Vaticano e per la Chiesa, Io che sono cattolica mi rendo conto che se fossi non credente avrei un immediata repulsione per questo mondo, cioè non trasmette una simpatia immediata. Non so se è una cosa voluta. Per come è trattato l’argomento, l’autore avrebbe potuto rimanere anche neutrale, mi sembra invece che non sia stato per niente neutrale, quindi io mi domando come mai il Vaticano abbia accettato di lasciar fare questo documentario.

STEFANO MARIA PACI:
Questo è un documentario, il Vaticano non ha autorità sui contenuti che escono da un documentario fatto, prodotto in america. Accetta di raccontare in fondo quello che fa il Papa. Il Papa va in giro per il mondo e poi i giornalisti scrivono quello che vogliono. È come affidato, cioè è come Cristo che si è affidato agli uomini per trasmettere il suo messaggio e il Vaticano si affida agli uomini che fanno comunicazione, sperando che trasmettano correttamente il suo messaggio. Può non accadere. Un documentario come questo, fatto benissimo, che chiaramente ha avuto un budget molto forte, sicuramente molti mesi di lavoro, può non piacere a qualcuno che lo vede. Il Vaticano non interviene su queste cose qui. Può piacere o non piacere, dipende da chi racconta il Vaticano. Io faccio il vaticanista e cerco di raccontare le cose secondo la sincerità che io trovo nel mio lavoro, però è sempre affidato al mio mestiere, alla personalità, allo sguardo che io ho sulle cose che incontro. Mi ricordo, stavo andando a Milano in treno per i funerali di don Giussani, li seguivo per la mia televisione. Mentre ero in treno, mi arriva una telefonata in cui si diceva che Giovanni Paolo II era stato male. Arrivo alla stazione, torno immediatamente indietro. Arrivo a Roma e seguo la malattia di Giovanni Paolo II, gli ultimi tempi. Ratzinger faceva i funerali per don Giussani. Lo incontro pochi giorni dopo, era ancora cardinale e gli faccio un intervista, chiedendogli chi era don Giussani, cosa ha rappresentato il rapporto che aveva con lui. Lui mi ha detto, le racconto solo un episodio: “una volta è venuto da me a parlare, è andato via e ha lasciato lì i suoi occhiali. I suoi occhiali io poi li ho trovati e li ho usati per mesi. Quando l’ho rincontrato, gli ho detto: don Giussani le ridò i suoi occhiali, perché questi occhiali sono quelli che io ho utilizzato ma li aveva lasciati da me. Don Giussani ha detto: no, no li tenga pure”. E m’ha detto: “in quest’intervista io mi sono reso conto in quel momento che avevamo la stessa visione, vedevamo le cose nello stesso modo”. Questa è una sintonia, c’è sintonia con le cose della chiesa che può non corrispondere a come le vede un altro. Ratzinger vedeva le cose con lo stesso modo di don Giussani: è una sintonia. Tu hai una certa sintonia, chi ha fatto questo documentario non ha la stessa sintonia tua. Ma la chiesa si mostra, si concede e qualcheduno che coglie qualche cosa, qualcuno ne coglie un’altra, ma è una generosità quella della chiesa, del Vaticano di permetter di fare documentari. Di permettere senza intervenire.

ROBERTO FONTOLAN:
Ancora una possibilità, poi il Meeting prosegue, quindi ci sono tante occasioni che continuano nella serata. Io, se non c’è nessuno, voglio chiedere io una cosa a Stefano. Ed è quello che un po’ avevi accennato prima. Il Vaticano vive da duemila anni, l’abbiamo sentito ripetere tante volte in questo lavoro. Eppure desta sempre interesse, desta sempre curiosità. È come se fosse una miniera inesauribile, presenta sempre aspetti nuovi, anche polemici a volte, come è giusto che sia di fronte a una storia così lunga, così importante, così intensa. Ecco, non si finisce mai di raccontare questo mondo. Ecco, com’è l’esperienza dei vaticanisti da questo punto di vista? Che cosa cercate di scoprire ancora di questo mondo, a di là delle nomine dei prossimi Papi, dei prossimi Cardinali, che so che è una cosa che vi piace moltissimo?

STEFANO MARIA PACI:
Moltissimo, sì. Ci sono vari modi, come ci sono vari modi di fare il vaticanista. C’è un modo che è molto semplice, raccontare quello che accade. Ed quello che spesso le redazioni chiedono, sia nei giornali, sia nei telegiornali; ed è anche il modo più semplice. Tra l’altro con Giovanni Paolo II, il papa è diventato una tale star mediatica, che è semplicissimo raccontare la chiesa: basta dire oggi il Papa ha detto questo, oggi il Papa ha fatto questo. Ma la chiesa, la gran parte delle persone, di voi cattolici che siete qui, la chiesa è molto di più, non è solo quello, quindi dipende dalla responsabilità di ognuno. Ognuno fa un mestiere e lo fa con una certa responsabilità, cerca di raccontare di più. E come diceva Roberto, il Vaticano sembra una miniera da cui si possono tirar fuori tante cose, lo stesso è la chiesa. Per cui fare il vaticanista, raccontare le cose, tutti gli affari religiosi, quelli della chiesa cattolica e di altre confessioni, può essere fatto con banalità. Raccontare cosa fa il Papa, cosa dice il Papa può essere fatto dentro la miniera, scavando cioè cercando le pietre preziose. Questo documentario, pur con i limiti che diceva prima la nostra amica, ha fatto questo: è andato a vedere degli altri luoghi, che non sono quelli abitualmente individuati, abitualmente raccontati, tirando fuori delle piccole gemme, delle piccole storie, delle piccole ambientazioni, che non sono molto conosciute. Cosi avviene anche da parte di chi banalmente racconta solo quello che fa il Papa, può non dire solo le cose che vengono ripetute. Ci sono delle agenzie che immediatamente, appena il Papa parla, come a Madrid e in altri luoghi, lanciano notizie. Moltissimi giornalisti, moltissimi giornali riprendono solo quelle, titolano solo su quelle, la notizia del giorno diventa quello. C’è invece chi va a cercare qualcos’altro, cosa davvero vuole dire il Papa, qual è il suo messaggio, che cosa cerca. Per esempio, Madrid è stata una cosa clamorosa, a un certo punto tutti i siti del mondo, Repubblica, il Corriere, hanno titolato su una cosa assurda, sbagliata, che c’erano state, forse avrete letto, delle contestazioni alla Giornata mondiale della gioventù, attribuite agli “indignados”, cioè a gruppi di ragazzi che per mesi avevano contestato la situazione politica in Spagna. È uscita un agenzia, subito ripresa da tutti i siti del mondo, che poi sono quelle che guardano i giornalisti, dal Corriere, Repubblica, la Stampa in Italia: “il papa condanna gli “Indignados”. In realtà, in un discorso, il Papa aveva detto, parlando ai sacerdoti, una frase banalissima, che la chiesa è contro l’abitudinarietà, contro il lasciarsi andare, la chiesa è contro la corruzione. Hanno titolato: il Papa condanna gli ”indignatos”. Il direttore di un giornale non dirà mai, se il giornalista riprende quella frase e titola su quella, qualcosa di critico, perché è diventata “la” notizia. Se vai un po’ più in fondo, in miniera, vedi invece che quella cosa lì è un’idiozia. Questo perché il lavoro da vaticanista puoi farlo in un modo, puoi farlo in un altro, come tutti i nostri mestieri. Ognuno fa un mestiere, si può scegliere la parte facile, si può scegliere qualcosa di più ed è molto più affascinante andare a cercare le ragioni del fatto che il Papa vada a cercare, incontri due milioni di persone. Perché due milioni di persone vanno a incontrare un Papa che abitualmente dai media è indicato senza fascino, senza carisma? Ed è più interessante andare a vedere che gli “indignados”, nonostante quello che hanno scritto per tre giorni i giornali in Italia, non hanno mai contestato una sola volta la GMG, la Giornata mondiale della gioventù, non hanno mai contestato una sola volta il Papa e anzi già da tempo, prima che iniziasse la Giornata mondiale della gioventù, hanno avuto canali di dialogo, hanno aperto siti con i ragazzi. Chi ha contestato il papa, forse avrete visto nei telegiornali certe immagini, erano gruppi laicisti, professionisti anche della provocazione. Ci sono stati incidenti, hanno malmenato anche alcuni ragazzi. Era più semplice raccontar che erano gli “indignados”, perché già c’era un eco mondiale su di loro ed è quello che hanno fatto molti giornali. Non sono andati nella miniera a scavare, per trovare le gemme preziose.

ROBERTO FONTOLAN:
Bene concludiamo qui, con una polemica interna, diciamo, alla corporazione dei giornalisti, dei vaticanisti, ma va bene, perché è l’indice della vitalità con cui viviamo le cose, con cui guardiamo le cose. Io ho trovato che ci sono dei passaggi molto belli, qualcosa anche di commovente in questo documentario. Per esempio, molto belle le immagini del viaggio di John Kennedy a Roma, che mi sono piaciute tantissimo, non le ricordavo naturalmente, non sono cose che ritornano nel nostro immaginario. Oppure la parte sul sottosuolo del Vaticano, la visita alla tomba di San Pietro. Insomma un documentario molto ricco. con alcuni passaggi forse. in qualche caso. un po’ americanizzati, diciamo così, però credo che avesse anche uno scopo didattico per il mondo del pubblico americano. Io vorrei lasciare le ultime parole di questa nostra serata, che sono anche le ultime di questo nostro ciclo, a Gian, che ci ha condotto sia nella scelta di questi lavori che abbimo presentato in questi giorni e spero ci condurrà verso le rive del prossimo anno al Meeting.

GIAN MICALISSIN:
Io voglio ringraziare semplicemente il pubblico magnifico che quest’anno è riuscito a riempire questa sala, questa sala sempre più grande e che ha dimostrato ancora una volta che i documentari non sono un genere per una ristretta élite, ma sono un genere che, se presentato nella giusta maniera e con i giusti temi, appassiona anche il largo pubblico, soprattutto un pubblico interessato come quello del Meeting. Grazie mille e speriamo di rivederci il prossimo anno. Grazie ancora.

(Trascrizione non rivista dai relatori)

Data

25 Agosto 2011

Ora

19:00

Edizione

2011

Luogo

Sala Neri GE Healthcare
Categoria
Testi & Contesti