NOSTALGIA DEL MONOPOLIO? Davide contro Golia

Nostalgia del monopolio? Davide contro Golia

Partecipano: Ignazio Abrignani, Vicepresidente Commissione Attività Produttive, Commercio e Turismo della Camera; Luca Alippi, Amministatore Delegato EP Produzione (Gruppo EPH); Francesco Bernardi, Amministratore Delegato Gruppo Tremagi – Illumia; Guido Bortoni, Presidente Autorità per l’energia elettrica il gas ed il sistema idrico; Valerio Camerano, Amministratore Delegato A2A; Gianfilippo Mancini, Amministratore Delegato Sorgenia. Introduce Michele Governatori, Presidente AIGET (Associazione Italiana di Grossisti di Energia e Trader).

 

MICHELE GOVERNATORI:
Buon pomeriggio a tutti e ben trovati all’incontro dal titolo Nostalgia del monopolio energetico. Davide contro Golia. Io sono Michele Governatori. Come prima cosa, vorrei presentarvi i partecipanti a questa chiacchierata. Alla mia destra, Guido Bortoni, Presidente Autorità per l’energia elettrica e il gas. L’autorità per l’energia elettrica e gas è un organo della Repubblica ma separato dal Governo, il che è tipico degli assetti liberalizzati di settori come quello dell’energia. Alla mia sinistra, l’onorevole Ignazio Abrignani, Vicepresidente Commissione Attività Produttive, Commercio e Turismo della Camera. Filippo Mancini, Amministratore Delegato di Sorgenia, uno dei più grossi operatori del mercato energia in Italia, entrato sfruttando la possibilità della liberalizzazione. Abbiamo con noi anche Luca Alippi, di EPH, società che sta investendo in particolare nella generazione elettrica italiana; Valerio Camerano, CEO di A2A, che è un’azienda ibrida tra monopolio e mercato perché localmente – come tutte le società che gestiscono reti elettriche locali – è legittimamente monopolista di alcune attività che nella sua area di attività deve svolgere, ma è anche una società che fa attività commerciale sull’energia. Infine, Francesco Bernardi, Amministratore Delegato di Illumia, azienda di queste parti, anch’essa operativa nel settore. Voglio ringraziare Radio Radicale con cui collaboro, perché grazie a Radio Radicale ho potuto ascoltare molte giornate di lavoro del Meeting, anche quando non c’ero e so che verrà ripreso anche questo appuntamento. Aspettatevi di essere disponibili sul sito e anche di essere ascoltati in una qualche notte di programmazione in differita della radio. Chi sono io? Michele Governatori. Io sono qui in veste di Presidente di un’associazione di operatori dell’energia che, per usare la terminologia del titolo, non sono proprio dei Davide – per usare l’analogia del titolo – ma nessuno di loro è uno degli ex monopolisti di Stato, quando l’energia era un affare completamente di Stato. Tra questi, vedrete delle aziende grandi, che fanno parte in qualche caso di multinazionali, tutte accomunate dal fatto che per le loro attività commerciali – acquisto, vendita sui mercati all’ingrosso e al dettaglio di energia elettrica e gas – hanno il loro senso sul mercato proprio perché un mercato c’è. Si fanno concorrenza tra loro usando gli ambiti che un assetto competitivo di questo settore permette. L’obiettivo che ci diamo oggi non è facile: proviamo a chiederci se fino ad adesso un assetto con tanti operatori e con le caratteristiche di un mercato competitivo abbia pagato dal punto di vista di chi consuma energia elettrica e gas. Ha portato dei vantaggi? Io non sarò imparziale. Io rappresento gli operatori che senza mercato non esisterebbero. Io credo di sì, credo che il superamento del monopolio abbia portato dei vantaggi. Qui abbiamo un indicatore tipico di qualità del servizio elettrico. Cosa vuol dire qualità dell’elettricità? Può voler dire: qualità commerciale, correttezza e affidabilità delle bollette, cortesie del costumer dell’operatore da cui l’ha comprato. Dal punto di vista merciologico, un fondamentale elemento è quanto a lungo manca. Questo è un indicatore di qualità tecnica e il primo anno la liberalizzazione era solo nelle norme europee ma di fatto doveva svolgere i suoi effetti in Italia; e per questo il trand è positivo. Non entriamo nei dettagli ma oggi l’energia arriva in modo più affidabile di come arrivava prima. Primo indicatore che mi sembra positivo. È poi inevitabile parlare di prezzi: costa di più o di meno di quanto costava prima? È possibile fare un confronto tenendo conto di tante altre cose che sono cambiate? Vediamo un periodo temporale diverso da prima. Vediamo i prezzi all’ingrosso dal 2005 al 2014. Parlare di prezzi all’ingrosso dell’energia è una cosa un po’ strana. Parlando di elettricità, è strano pensare che ci sia un mercato, in quanto essa è qualcosa che è un’attività istantanea: una centrale produce in quel momento l’energia e qualcuno la consuma. Questo sembra incompatibile con il fatto che ci sia un mercato. Invece si possono costruire forme di competizione nell’associare centrali che generano, oppure importatori di energia a utilizzatori. Questi mercati sono assimilabili ad un mercato all’ingrosso di un’altra commodity, anche se funzionano in modo molto diverso. L’energia elettrica all’ingrosso non è stabilmente salita, perlomeno in questa fase della liberalizzazione, che però è anche la fase di maturità (tenete conto che la borsa elettrica è partita, se non sbaglio, un anno prima di questo traffico). La materia prima elettricità non costa di più di prima, anzi. Non solo. Nella fase finale di questo periodo, quando la concorrenza nella generazione elettrica è diventata spietata, si vede anche un risultato. Guardiamo gli indici: quanto costa il gas all’ingrosso? Anche qui direi che non si può dire che il fatto che sia diventato un affare più privato e più affidato alla concorrenza di prima abbia avuto degli effetti negativi. E stiamo parlando soltanto di prezzo. Però io capisco che, parlando ad una platea così vasta, questi dati sembrano un po’ astratti, perché alla fine ciò che interessa è quanto paga il cliente finale. Qui mi scuso, perché i dati che ho arrivano soltanto al 2011, ma volevo prendere i dati euro. Sono dati reali, quindi sono già stati corretti dall’inflazione. E questo è un dato molto significativo, perché è quello che riguarda il nostro portafoglio di consumatori. Che cos’è successo per unità consumata, quando il mercato c’è? È successo che il prezzo non è salito. Guardate che questo è un risultato particolarmente interessante, perché il prezzo non è salito ma sono aumentate le cose che noi chiediamo alle bollette di pagare. In particolare, la conversione dei nostri sistemi energetici verso sistemi più amici dell’ambiente. Nel 2011 non pagavamo le fonti rinnovabili, gli investimenti in fonti molto più pulite. Noi consumatori paghiamo grosso modo come prima. Non si può dire, quindi, che il mercato abbia fatto crollare il prezzo finale, ma si può dire che non l’abbia fatto aumentare, pur essendo la bolletta diventata leva di un processo di investimenti e di evoluzione del sistema energetico veramente importante. La filiera dell’energia di oggi è completamente diversa da prima. Ricordate che l’Italia, quando eravamo qua, usava derivati abbastanza pesanti del petrolio per fare energia elettrica. Oggi abbiamo un terzo, se non sbaglio, di energia da fonti rinnovabili, perlopiù a zero emissioni e tanta altra termoelettrica fatta con centrali nuovissime con rendimenti prima inimmaginabili. Questa è la parte spot al mercato. Vuol dire che va tutto bene, e che i Davide si sentono di aver già fatto fuori Golia, e che il risultato sia acquisito? Assolutamente no. Anzi. L’associazione che rappresento è molto critica su come vada consolidato questo risultato di mercato. Faccio un discorso per vedere che cosa fa oggi lo Stato rispetto a che cosa faceva prima. Allora, lo Stato, prima della liberalizzazione, era il proprietario di enti, non formalmente delle aziende, monopolisti di tutta la filiera del gas e dell’energia elettrica. Oggi non è più così. Ma non è vero che il Governo, che il tesoro azionista non abbia più conflitti di interesse rispetto al suo ruolo di legislatore. Nella mia esperienza di analista delle norme dell’energia, vi ricordo che, pur essendo noi una democrazia parlamentare, tantissime norme nuove nascono nell’alveo del Governo. Certo, il Parlamento le può modificare e rifiutare, quando gli viene permesso. Soprattutto nel caso dell’elettricità noi abbiamo ancora, e vi dirò perché, un Governo azionista che, se riesce ad abbassare i margini della sua società controllata, ci perde, come azionista e in termini fiscali. Lo stesso Governo propone al Parlamento le norme sull’energia. Quindi io potrei dire, da liberale, che senza un processo compiuto di privatizzazioni, qualche vulnus sul mercato resta. Perché questo nel caso dell’elettricità è particolarmente pericoloso dal nostro punto di vista, e di quello degli operatori del mercato? Perché la distribuzione, cioè nei fili che nelle città ci portano energia, e la misurazione sono ancora controllate dal Tesoro, che svolge questa attività sostanzialmente in tutta Italia, tranne nelle grandi città. E l’Enel, che gestisce le reti in tutta Italia, che produce la sua energia e ce la vende, non è percepita da molti di noi come una cosa diversa. Questo è pericoloso? Certo che è pericoloso, perché rischia di far traslare una posizione di dominanza sul mercato regolato della gestione delle reti locali a una dominanza dannosa per il consumatore. È come se il proprietario della strada per arrivare da noi sia anche l’operatore che la vuole usare per venderci qualcosa. Bisogna stare molto attenti a separare, a eliminare sinergie. Nel gas, dal punto di vista del proprietario resta l’interesse del Tesoro. A noi è successa una cosa che non so quanto sia stata dovuta alla forza dell’autorità o della politica o ad una scelta industriale di Eni. È successo che Eni ha venduto le sue reti, ha venduto sia le reti del gas ad alta pressione, le autostrade del gas, sia i suoi tubi del gas a bassa pressione nelle città. Quindi Italgas, che adesso non ricordo come si chiama, non è più dell’Eni. Insomma, la distruzione gas non è più legata a Eni. Ci sono problemi anche qua. Sono, per i motivi che dicevo, forse sono meno importanti. Mi avvio a chiudere. Da un mercato ci si aspetta la libertà di scelta. Io credo che un valore del mercato sia la possibilità di scelta a tutti i livelli, a partire da quello del cliente finale, di scegliere il fornitore. Legislativamente è in corso un dibattito molto importante nel cosiddetto DDL Concorrenza, che tocca tanti settori, tra cui quello dell’energia. Spero che oggi potremo parlarne insieme. In questo contesto dobbiamo aiutare il cliente domestico, quello non professionale, a comprare bene gas ed elettricità; dobbiamo permettere a tutti di avere una fornitura standard sicura, perché controllata da un’autorità, perché regolata da norme specifiche, legate ai prezzi di mercato. O possiamo fare il salto finale e dire che visto che c’è il mercato, si deve crescere, assumendo i rischi di sbagliare. Propongo una risposta, però siamo qui per discuterla. Le motivazioni che potrebbero farci pensare che serve la tutela, cioè un’offerta standard, controllata, che è quella che riceve chi non abbia mai scelto attivamente un fornitore, sono ancora valide o mantenere l’offerta standard ritarda la nostra maturazione di consumatori? In altri settori complessi, per esempio i servizi bancari, la scelta di un mutuo o di un’assicurazione, non c’è un’offerta standard. Ci sono forme di tutela, col rischio di essere abbindolati o di avere degli operatori non seri, che dichiarano il falso, che usano tecniche di vendita scorrette. Questo è un punto, oggi, nell’agenda legislativa. Proviamo a vedere se ha funzionato il mercato e come potrà funzionare in futuro. Farei interventi di sette, otto minuti, poi ci sarà possibilità di una battuta ulteriore aggiuntiva. Comincerei con Francesco Bernardi, che opera nell’ambito di mercato libero, e vorrei chiedere un commento sulle cose dette e non soltanto su queste.

FRANCESCO BERNARDI:
Grazie. Mi trovavo poco tempo fa a fare una conferenza sui temi della libera imprenditoria, e a un certo punto interviene un imprenditore agricolo che, dopo qualche riluttanza, tutto rosso e sudato, prende la parola e dice: “L’uomo vuole libero”. Un’espressione grammaticalmente discutibile, ma dal messaggio inequivocabile. La libertà è qualcosa che corrisponde in maniera inequivocabile a ciò che l’uomo desidera, e in un processo di liberalizzazione c’è la possibilità di dare il meglio di sé. Quindi, se questo è vero nella vita, è vero nel lavoro, è vero nei mercati. Nel mercato che ci troviamo ad indagare, come ha detto adesso Michele, questo processo di liberalizzazione a che punto è? Lui ha sparato molto contro la situazione che noi ci troviamo dell’Enel. In realtà, noi abbiamo che il 35% della generazione è ancora a capo ad un unico operatore – dove poi il secondo ha una capacità quattro volte inferiore – e abbiamo l’85% dell’energia distribuita dal medesimo operatore, con un’altra ragione sociale. Il 50% dell’energia che viene consegnata ai clienti finali è ancora erogata da un unico operatore. Nel mercato della maggior tutela, ancora l’80% dell’energia viene erogata da un medesimo operatore. Si potrebbe dire che in realtà siamo in presenza di un processo che è solo all’inizio. Orbene, se questo è vero, cioè se noi siamo all’inizio di un processo di liberalizzazione che pure ha dato vari risultati, oggi la preoccupazione del legislatore e quella del regolatore, dove dovrebbe essere prevalentemente orientata? A salvaguardare lo status quo o a favorire la nascita nel mercato di piccoli, medi, medio-grandi operatori? Anche perché, se si vuole andare a sostanziare i motivi per cui oggi siamo favorevoli al fatto che, per il bene comune, vi sia una liberalizzazione, al di là delle citazioni di economisti da premio Nobel, tre considerazioni le possiamo fare con una certa velocità. La prima è che la liberalizzazione consente una pressione concorrenziale che, secondo uno studio che ha fatto l’acquirente unico lo scorso anno su dati dell’Autorità, ha un’oscillazione rispetto al prezzo della maggior tutela del 20%, che in valore assoluto non è poca cosa. Secondo. La liberalizzazione consente uno sviluppo dell’occupazione: secondo la relazione dell’Authority di quest’anno, vi sono oggi quattrocentocinquanta imprese che vendono energia elettrica, con un numero di occupati che oscilla tra i ventimila e i trentamila – che andrebbe detto tra virgolette, perché in questo numero sono comprese le reti commerciali. Comunque, oscilla su quei numeri e con un fatturato che compreso tra i trenta e i quaranta miliardi. Un settore che ha una sua dimensione. Una terza considerazione a vantaggio della liberalizzazione, è che essa consente la nascita di servizi che prima erano impensabili. Guardiamo all’offerta di nuove tecnologie per il risparmio energetico che vengono date in comodato d’uso: questo genere di offerta è del tutto nuovo. Quindi occorre procedere in questa direzione. Ma, si potrebbe anche obiettare, con quale criterio perseguire questa direzione? C’è una qualche linea di pensiero che porta a dire: è vero che nel mercato devono esserci i vari operatori, però bisogna anche considerare qual è la dotazione, qual è lo sforzo che ogni operatore nel settore libero energetico fa. Ovverossia, si potrebbe considerare che il diritto di operare nel mercato libero abbia un qualche legame con la quantità di equity che quell’operatore ha messo. Vi è un mondo della produzione che per entrare nel mercato energetico deve investire un tot, e c’è un altro mondo, ad esempio quello dei grossisti a cui appartengo io, che ha un impatto in termini di equity molto meno rilevante. Si potrebbe fare qualche distinguo, nel pensare a come poter dare libertà d’azione agli uni e agli altri, considerando la quantità di equity che uno ha messo nel proprio rischio imprenditoriale. Ora, questo ragionamento, che ha una qualche logica, a mio parere ha due elementi di crisi. Il primo è che, se andiamo a vedere anche gli operatori grossisti, per operare nel campo dell’energia elettrica devono avere una montagna di garanzie, di fidejussioni che per essere ottenute hanno bisogno di una certa quantità di collateral, il che vuol dire una equity non marginale; certamente non proporzionata a quella dei produttori, ma rilevante. L’altra è che se noi ragionassimo così taglieremmo le gambe ad ogni processo di ottimizzazione, pensando che solamente l’equity è la ragione di presenza in un mercato. Perché io ho questa preoccupazione di tutelare da una logica di questo tipo il lavoro dei grossisti? Perché oggi i grossisti si trovano nella catena del valore dell’energia, in una zona dove potrebbero fare tanto bene al mercato e all’interesse comune ma dove hanno due strettoie. La prima, sopra la testa è il rapporto con i distributori, verso i quali devono fare un lavoro gratuito di esattoria e verso i quali devono persino garantire gli incassi di tutti quegli oneri di sistema, a prescindere dal fatto che i loro clienti li paghino o non li paghino. In secondo luogo, sono schiacciati verso il basso, perché verso il basso devono operare per la maggior parte dei casi con delle reti di vendita che sono degli operatori che senza nessun investimento in termini di equity, e senza alcun rischio imprenditoriale, hanno la parte più grassa del mercato, perché operando come attività commerciali, possono avere una certa disinvoltura nel modo di procedere, senza la necessità di ottemperare a delle regole di comportamento e senza rischi imprenditoriali di investimento. Questa è un’area che secondo me andrebbe tutelata. Ovviamente generalizzare è sempre difficile, però è un’area alla quale occorrerebbe a mio parere prestare attenzione. Sono arrivato alla conclusione. Da questo punto di vista mi pare che il ruolo dei grossisti possa essere rilanciato verso l’utenza, per avere una particolare capacità di ottimizzazione dell’erogazione dei servizi, proprio perché conoscono bene le caratteristiche dei loro clienti. Il motivo di ottimismo di questa raccomandazione è che noi oggi abbiamo un potere legislativo che è coordinato da due Presidenti di Commissione, alla Camera e al Senato, che hanno, pur venendo da professioni diverse, maturato un’esperienza notevole. E abbiamo un Authority – e non è piaggeria – diretta da quello che in Europa è considerato giustamente il più esperto Presidente delle Authority. Quindi Guido, tu hai una grande e buona responsabilità.

VALERIO CAMERANO:
Innanzitutto un plauso agli organizzatori per il titolo dell’incontro, che contiene in sé degli elementi di teoria economica e di psicologia del comportamento, perché effettivamente sia la nostalgia che il monopolio sembrano apparentemente e difficilmente conciliabili. La mia tesi è che in realtà, nel segreto del proprio intimo, tutti coltivino un remoto interesse per il monopolio anche se segretamente nessuno lo professa. Allo stesso momento sappiamo bene che la parola “nostalgia” indica degli elementi di reversibilità completi. Per questo, il titolo è particolarmente ben disegnato sul dibattito. La mia tesi è un po’ crociana: perché non possiamo non dirci monopolisti? Intanto per motivi storici: tutti noi, in un modo o nell’altro, proveniamo dal monopolio, proveniamo da esperienze monopolistiche, proveniamo anche da reazioni al monopolio. In un modo o nell’altro siamo collegati storicamente e culturalmente all’esperienza monopolistica. Allo stesso tempo molte delle aziende, come A2A, la nostra azienda, che è un grande operatore lombardo, nasce con la traslazione di esperienze di monopolio, che hanno richiesto una grande trasformazione rispetto alle spinte della competizione. E poi anche chi fa il contendente del mercato, secondo me, segretamente, quando la competizione diventa aspra, difficile e complessa, sogna nel proprio intimo una diminuzione delle perturbazioni competitive. Tutto questo per dire che è ben congeniato il dibattito attorno al monopolio. Ovviamente il monopolio non tornerà a una condizione di irreversibilità, e in questi pochi minuti mi tratterrò solo su due grandi temi: che cosa è successo nel tramonto, nella trasformazione del monopolio? Infine, vorrei aprire una finestra sul futuro del mercato dell’energia nel suo complesso.
In primis direi che condivido molte delle affermazioni che sono state fatte. È evidente che l’apertura a una pluralità di concorrenti, anche internazionali, la disintegrazione di soggetti diversi che operano all’interno dello stesso mercato, ha portato a delle grandi ondate di cambiamento della cultura e della percezione. Sono curioso di sapere dalle persone in sala se qualcuno di voi ha cambiato, ha scelto un fornitore diverso per l’energia e il gas.
Ecco, il primo cambiamento del processo competitivo è abbastanza evidente: un cittadino riminese, non so quanti riminesi ci siano ma questo vale un po’ per tutti, ha a disposizione sessanta offerte per cambiare fornitore di energia elettrica e gas. Questo è quello che ha condotto, secondo la teoria del marketing, alla scoperta del tradimento, per i monopolisti, al trauma di essere abbandonati. Esiste una grande pluralità. Se mai esiste un tema da parte del mercato, quali sono i movimenti al cambiamento? I servizi, e soprattutto saper quantificare il prezzo. Michele ha mostrato una slide che era effettivamente per esoterici, che faceva vedere la variazione di euro per MegaWatt-ore, e sono convinto che nessuno di voi cambierà fornitore domani mattina per un Delta di Megawatt-Ore, ma dovrà rivestire questa energia sotto forma di elementi concreti. Quanto risparmio è? Quante lavatrici sono? Quanto consumo di gas invernale ed estivo? Quindi un tema importante del marketing dell’energia che vi riguarda, è che l’energia è difficilmente rivestibile in qualcosa che è concretamente individuabile. Non è come comprarsi una camicia o una cravatta. Ora, c’è sicuramente un elemento di pluralità e di novità negli stili del consumo. Allo stesso momento la brutta notizia è che la parte contendibile, cioè quanto si può spendere per contendere clienti solo dal punto di vista del prezzo, è particolarmente bassa. Forse voi ricorderete che nella liberalizzazione delle telecomunicazioni, quando partì Infostrada, gli sconti, le convenienze con l’estero erano del 50%. Mi ricordo che avevo una fidanzata in Olanda e aspettavo le dieci di sera per telefonare, le dieci e un minuto. Queste differenze sono differenze di valore molto più significative. Un altro aspetto importante: i numeri dei produttori. I punti di produzione dell’Italia sono aumentati esponenzialmente. Erano 38.166 – ovviamente si parla di grandissimi produttori, grandi centrali elettriche. Oggi a produrre energia sono quasi seicentomila punti. Questo è quello che potremmo ribattezzare una sorta di socialismo energetico. Questo cosa vuol dire? Vuol dire che attraverso gli impianti, soprattutto fotovoltaici, si andrà verso una dimensione più piccola di costruzione e di produzione dell’energia, che è un fenomeno associato a quello della domanda. Siccome è cambiata la domanda, e ha maggiori capacità di scelta, anche l’offerta di energia è cambiata, in dimensioni relativamente più piccole. La sorpresa è che il 98% di questi punti non sono programmabili e i primi dieci operatori rappresentano il 5% del mercato, quindi c’è una grandissima frammentazione. Questo ha dei risvolti secondo me un po’ tecnici per la platea, ma il messaggio di fondo è che c’è più offerta, più variazione dell’offerta ma c’è anche più capacità di produrre. Il secondo punto è una specie di apertura verso il futuro. Quali sono i grandi temi che riguardano il futuro dell’energia e che vi riguardano? Innanzitutto un tema di spinta verso l’efficienza energetica: questo non è un piccolo trauma per gli operatori perché da un punto di vista di immunità, gli operatori elettrici hanno sempre reagito all’efficienza energetica come a una minaccia, pensando che l’efficienza energetica riduca i consumi di energia. Invece sarà un’opportunità e si incrocerà con altre importanti aspetti che riguardano la capacità di conservare l’energia. Molto del futuro dipenderà dalla conservazione dell’energia. Ad esempio anche la mobilità elettrica attraverso le batterie avrà molto a che fare con i vostri comportamenti, con le vostre possibilità di scelta. Un secondo punto che riguarda una grande area di riflessione sul futuro, riguarda le cosiddette città intelligenti. Sapete che oltre cento anni fa il 20% degli abitanti della terra abitava in città. In pochi decenni sarà oltre il 70%; quindi una quantità enorme di persone si riverserà nelle grandi città. Questo creerà un tema e un’opportunità: l’uso intelligente delle reti elettriche e di video sorveglianza, della comunicazione. C’è il tema della mobilità e quello dell’uso delle risorse: ad esempio, il tema della gestione ambientale delle risorse ambientali, che sono anche una fonte di produzione dell’energia. In sintesi, è difficile caratterizzare una battaglia Davide-Golia: ho scoperto ieri sera, curiosando su internet che pare che Golia fosse semplicemente malato di un eccesso di secrezione dell’ormone di crescita. Il grande quindi aveva in sé una debolezza. I ruoli di Davide e Golia si sono scambiati nel tempo, hanno offerto grandi opportunità. C’è una strada che deve essere ancora compiuta. C’è soprattutto una grande emancipazione, opportunità che riguarderà voi come cittadini e come fruitori dei servizi di energia e ambientali del futuro. Questa è sicuramente una buona notizia.

MICHELE GOVERNATORI:
Grazie mille Valerio. Luca Alippi, Amministratore Delegato di un’azienda che adesso sta investendo nella generazione elettrica in Italia. Con che prospettive?

LUCA ALIPPI:
Buonasera. Ovviamente è una mossa un po’ controcorrente quella di EPH, il gruppo che io rappresento, che di recente ha fatto un’acquisizione di centrali di generazione convenzionale. Quindi, essendo controcorrente, si pone anche con un obiettivo di medio termine e conta su una riforma del mercato elettrico che accompagni, anche dal punto di vista delle regole, le trasformazioni che sono già avvenute. Su questo torno di sicuro. Faccio un piccolo passo indietro, giusto per commentare anche da parte mia il titolo. Credo vi siate già fatti l’idea che da questo tavolo probabilmente non sentirete rimpianti del monopolio. Mi sembra abbastanza evidente che operando sul mercato libero c’è, dal nostro punto di vista, un generale apprezzamento per i vantaggi che il mercato libero ha portato. Riguardo al Davide e Golia, probabilmente ognuno di noi in funzione dell’attività che svolge e di cui ha la responsabilità, può vedere il suo Golia da abbattere o comunque da superare. Allora, cercando di individuare in termini generali il Golia, avendo una visione positiva verso la liberalizzazione dei mercati, il Golia ancora da contrastare è la parte tutelata o incentivata del mercato. Con accenti e commenti diversi rispetto al mercato retail, quello di ciascuno di noi come cittadino utente dell’elettricità o del gas, piuttosto che il mercato della generazione in cui, in particolare, la mia società adesso è entrata. Sul mercato retail, che conosco per precedenti esperienze, posso dire che forse lì c’è una liberalizzazione in progress, forse troppo lenta. La liberalizzazione parte, all’origine, con il decreto Bersani del ’99. Oggi, più di 15 anni dopo, circa il 30% dei clienti è passato al mercato libero nel gas e nell’elettricità. E i punti o i clienti dell’elettricità sono trentasette milioni, e ventuno milioni nel gas. Dopo sedici anni dal decreto forse la velocità poteva essere maggiore, perché vantaggi ci sono. Se voi consultate anche il Trova Offerte dell’Autorità, vedete che ci sono offerte anche di contratti online, senza carte, magari accettando la rimessa diretta, o alcune altre condizioni che danno vantaggi tra il 10-15 % in più rispetto alla tariffa tutelata. Lì c’è un vantaggio, c’è un movimento dei clienti che forse ci si potrebbe aspettare più veloce. Al contrario, nella generazione dell’energia, settore in cui ora opero, forse qui c’è una contrazione della domanda contendibile, in un senso diverso da quello accennato dal collega prima. Cioè lui si riferiva a quello che noi paghiamo; fatto cento di quello che ciascuno di noi paga, in realtà la competizione sull’energia è meno della metà e il resto è per altri servizi, tasse e qualche volta tasse sulle tasse. Ma questo è un altro discorso. La contendibilità che intendo io è rispetto alla domanda complessiva di energia elettrica che il sistema evidenzia; se tolgo l’importazione, che comunque c’è, e tolgo una parte di energia che ha altri canali, perché è incentivata, perché viene dispacciata e quindi utilizzata immediatamente, quella che è soggetta al gioco competitivo giorno per giorno si è ridotta, passando da un 70% circa del 2008 a meno del 50%. Questo è un punto su cui vale la pena riflettere. Si è ridotta così per diverse dinamiche. Si è ridotta la torta complessiva. La crisi ha ridotto il fabbisogno di energia o la domanda di energia del sistema. L’Italia ha perso dal 2008 ad oggi il 10% della domanda di energia. Siamo sui livelli di consumo del 2002. La crisi c’è stata, è stata forte; c’è stata l’efficienza energetica, quindi la torta si è ridotta, e le rinnovabili si sono sviluppate parecchio, forse anche un po’ drogate da meccanismi incentivanti che poi in effetti sono stati oggetto di revisione. Si è sviluppata anche l’energia distribuita, quindi questo ha ridotto gli spazi e cambiato strutturalmente il sistema. Quello che a noi sembra opportuno è rendersi conto di questo cambiamento che cambia ruolo. Le grandi centrali, che poi possono piacere o non piacere, credo che servano, e l’abbiamo visto anche a luglio. Abbiamo avuto due picchi della domanda: il 12 luglio e il 21 luglio, quando tutti abbiamo sofferto il caldo e c’era poca acqua, come era prevedibile. L’idroelettrico funzionava meno, c’era poco vento, e quindi servivano le grandi centrali. Allora forse non servono più come servivano dieci anni fa per un funzionamento continuativo, di spina dorsale del sistema, ma comunque di sicuro servono come back up del sistema. I back up devono essere remunerati altrimenti smettono di fare il loro lavoro. Questo è un po’ il rischio potenziale del sistema, e questa è l’evoluzione dell’assetto regolatorio del mercato. Per gli operatori e per il sistema che oggi ha un margine di riserva notevole, il rischio è il black out. Pur non essendo del settore, tutti abbiamo l’idea di cosa può essere un black out, come essere bloccati nell’ascensore. Tema che qualunque regolatore o qualunque sistema cerca di evitare. Allora il back up è utile e va inserito in un sistema che gli renda possibile esplicitare la sua funzione; in più, serve un sistema che integri le diverse fonti, ciascuna al meglio per il ruolo che possono dare. Quindi io non vedo una contrapposizione fra rinnovabili e convenzionali. Si tratta di adeguare le regole che ci sono e che hanno accompagnato l’evoluzione fino a questo nuovo cambiamento che è intercorso, perché ciascuna fonte di produzione dell’energia elettrica possa esplicitare il suo ruolo al meglio, a beneficio del sistema, della comunità e realizzando quell’insieme di obiettivi che sono alla base di un sistema energetico funzionante ed efficiente. Sintetizzando, significa salvaguardare: la sicurezza degli approvvigionamenti, la compatibilità ambientale – siamo nel 2015, siamo nel mondo che conosciamo, possiamo anche permetterci di promuovere un sistema ambientalmente più compatibile – e un’esigenza di compatibilità economica. Allora, se vogliamo sicurezza, compatibilità ambientale ed economicità del sistema occorre integrare le fonti perché diano il loro miglior contributo possibile e per questo serve una evoluzione anche del quadro normativo che regola il gioco. Perché noi siamo a favore di un gioco libero che non significa però un gioco in assenza di regole. Siamo ben contenti che ci sia chi definisce le regole. Gli chiediamo di adeguarle al mutato contesto economico e tecnico anche del sistema energetico. Grazie.

MICHELE GOVERNATORI:
Grazie Luca, tu hai detto una cosa che voglio ripetere: che anche chi è nella fornitura di tutela, se vuole può risparmiare il 10% o più.

LUCA ALIPPI:
Credo che se si va sul Trova Offerte, si possano trovare proposte soprattutto per i contratti online, perché riducendo la carta e riducendo altri doveri si può, da parte degli operatori, offrire condizioni migliori.

MICHELE GOVERNATORI:
Ed è una cosa da segnarci. Il Trova Offerte è un meccanismo di confronto delle offerte nel sito dell’Autorità per l’energia. Lo trovate facilmente. Allora Mancini, come capo di un’azienda, un gruppo industriale italiano, che ha scommesso sul mercato, ritieni che lo scenario ti permetta di giocare le tue carte come è giusto che sia?

GIANFILIPPO MANCINI:
Ho aderito molto volentieri all’invito di partecipare a questo Meeting, sia per il contesto, ma anche perché trovo che viviamo in un’era, per quanto riguarda l’energia e il mercato libero dell’energia, non di crisi ma critica. Cioè, ci troviamo e dibattere di questo e a prenderne coscienza, e questo penso sia utile da parte delle istituzioni, da parte dei cittadini, da parte dei consumatori. Trovo che questa sia una sede adatta per potere favorire questo tipo di consapevolezza. Abbiamo vissuto anni di straordinari cambiamenti da un punto di vista regolatorio e anche da un punto di vista tecnologico. Il mercato è cambiato in maniera radicale. Si celebreranno tra poco vent’anni dalla nascita dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, quasi dieci anni dalla completa liberalizzazione del settore, dieci anni dall’introduzione della borsa. Nel frattempo è cambiato il mondo, sono cambiate le tecnologie, sono cambiati gli operatori. Il monopolio non è un tema di nostalgia anche perché quello era un mondo diverso, un mondo opaco, un mondo nel quale erano più le forze delle lobby a essere decisive nel definire l’assetto. È comunque un mondo che abbiamo alle spalle. Abbiamo investito, Sorgenia l’ha fatto e tanti altri operatori, tantissime energie, tantissime risorse. Per costruire un mercato nuovo sono arrivate tecnologie nuove sul mercato come quelle di microgenerazione che hanno modificato completamente l’assetto domanda-offerta e di regole. Oggi ci troviamo in una situazione critica per il mercato libero nel senso che c’è un po’ un patchwork di mercato, nel quale da un lato abbiamo tecnologie di grande generazione, e dall’altro abbiamo tecnologie di micro generazione; da un lato abbiamo mercato competitivo delle borse e dell’energie e dall’altro un sistema di incentivi e di tariffe. È diventato un sistema disarmonico, complicato, inefficiente, nel quale gli operatori si trovano a confrontarsi margini spesso negativi, sotto enorme pressione, e tuttavia i clienti finali non riescono a percepirne il beneficio, come riduzione dei prezzi, per esempio. Come sappiamo, per esempio, le incentivazioni hanno traslato oneri importantissimi sui cittadini, sui clienti, che vengono inseriti in bolletta. Gli investitori, con qualche rara eccezione, sono o in fuga o in una fase di attesa per l’evoluzione di questo mercato. La crisi ha fatto il resto. E sul fronte della generazione, è un assetto estremamente incerto, che rende difficile fare le mosse giuste, e quindi investire. Sul fronte del mercato dei clienti finali, ci troviamo quasi a dieci anni dalla liberalizzazione completa. Se guardiamo alla cosa da un certo punto di vista, ci rendiamo conto che a fronte di trentasette milioni di clienti elettrici e ventidue milioni di clienti gas, la liberalizzazione vera l’hanno vissuta solo il 30% di questi. È vero che le aziende più consapevoli, più attente, quasi totalmente sul mercato libero ma è altrettanto vero che invece sul mondo della filiera residenziale questo avviene pochissimo. Addirittura, se andiamo a misurare il tasso di switch, cioè il tasso di cambiamento di fornitore da parte dei clienti finali su base annua, scopriamo che è apparentemente del 10% – che può sembrare un tasso tutto sommato soddisfacente – ma in realtà i clienti che veramente si muovono dal mercato vincolato al mercato libero, si riducono al 2%. Un importo quasi trascurabile ormai; la spinta della liberalizzazione sembra essersi sopita sotto questo aspetto. Così come, d’altra parte, non possiamo negare che gli operatori al tavolo e tutti i quattrocento operatori che compongono il mercato dei grossisti sanno bene che c’è un problema di complessità, di regole, oltre che di crisi di solvibilità da parte delle famiglie e delle aziende, che fa si che sia esploso il tema dell’esigibilità dei crediti. Probabilmente è più di un miliardo di euro la dimensione delle perdite sui crediti in questo settore. Quindi è un momento critico, dove occorre guardare non al passato, ma avanti, cercando di farlo ispirandosi anche a quello che sentivo dire oggi dal nostro Ministro del Tesoro Padoan. Diceva: “Il ruolo delle istituzioni è quello prioritariamente di creare le condizioni, quindi creare delle regole, per consentire di fare investimenti, di sviluppare il Paese e di far leva sull’innovazione”. Ora, ho parlato di cose negative ma credo anche che, per avere un quadro completo della situazione in cui siamo e delle prospettive che abbiamo davanti, dobbiamo anche dire ciò che di straordinario e di forte questo percorso ci ha consentito di creare come Paese. Rispetto al contesto internazionale, per esempio quello degli altri paesi europei, io penso che ci siano tre grandi leve sulle quali poggiarci per costruire il futuro del mercato libero in Italia, costruite dalle aziende, dagli operatori e dai clienti in questi anni. Il numero dei players: un mercato profondamente libero e ricco, popolato di operatori. Un assetto istituzionale con l’autorità competente indipendente, in grado di seguire il mercato e le tecnologie, per favorire i clienti finali. La caduta dei prezzi del gas, anche in termini di tariffe, è stata certamente stimolata e abilitata dagli interventi dell’autorità nell’imporre l’interruzione di riferimenti di prezzo ai contratti di importazione a lungo termine che stavano diventando sempre meno attuali. Un assetto di mercato che ha un altro tema importantissimo, dal punto di vista degli assetti di mercato: i contatori digitali. Noi siamo il Paese che ha la digitalizzazione del proprio sistema energetico più profonda nel panorama internazionale grazie ai contatori elettrici, grazie ai prossimi contatori gas che interverranno. Nell’era del digitale, questo abilita un potenziale straordinario in termini di offerta, in termini di misurazione, consapevolezza, controllo dei consumi, efficienza energetica. Abbiamo fatto degli investimenti, abbiamo fatto, abbiamo costruito delle cose che ci mettono all’avanguardia rispetto a tanti altri paesi. Il parco di generazione stesso che abbiamo è il più flessibile, il più efficiente, il più abbondante che esista nel panorama europeo. Il 21 di luglio saremmo rimasti al buio, qualche anno fa. Oggi, invece, abbiamo tranquillamente supplito al picco storico di domanda in Italia per l’enorme caldo grazie ad un parco così flessibile, pronto a reagire istantaneamente al fatto che non c’era vento e faceva caldissimo. 59,4 gigawatt di domanda coperti istantaneamente e senza difficoltà. In termini di offerta, abbiamo operatori che hanno qualità di servizio, innovazione di offerta, riduzione dei prezzi, possibile soprattutto su strumenti digitali via internet, potenziale di efficientamento energetico nelle nostre case. Abbiamo tante leve da utilizzare. La parte di interventi degli operatori la lascio come sollecitazione alle istituzioni che interverranno dopo di me. La riflessione utile da fare riguarda come, partendo da queste considerazioni che abbiamo messo sul tavolo, creare le condizioni per dare stabilità e dare fiato a un mercato libero che incentivi gli operatori ad investire sulla generazione e che dia stabilità di orizzonti temporali in termini di prezzi sulla generazione. Questo porterà a chiusure di impianti, perché ci sono molti impianti che non servono più, e porterà agli operatori che servono sul mercato a potersi confrontare con gli investimenti che sono necessari per poter rimanere. Infine, avere una liberalizzazione completa del mercato e dei clienti finali. Qui vorrei fare un’ultima considerazione. Io credo che sia il momento di pensare un punto di vista di regole, di mettere Davide e non Golia al centro della regolazione. Davide non è l’operatore, Davide è il cliente. Da un punto di vista del sistema di regole, noi abbiamo una serie di elementi che non abilitano ancora completamente un servizio efficiente ai clienti finali, come un passaggio da un fornitore all’altro in tempi rapidi. Se oggi pensate di cambiare operatore, prima di essere attivati passeranno almeno sessanta giorni; prima di conoscere la vostra lettura effettiva rischiate di aspettare cinque anni. Quindi è necessario incidere su queste misure sfruttando il fatto che abbiamo un patrimonio di asset di formazione e di tecnologie digitali e logiche che per fortuna dieci anni fa non avevamo, e abbiamo costruito in questi anni come Paese. Un potenziale al quale attingere. Solo sull’efficienza energetica, si misura il potenziale in 4% di PIL che può essere creato attraverso gli investimenti in questo settore. Credo che la riflessione alla quale tutti quanti stiamo contribuendo e lavorando sia in questa direzione: come creare le condizioni per facilitare gli investimenti e rendere questo momento del mercato libero tutt’ora critico, un momento di transizione verso un’ulteriore fase di sviluppo per il Paese.

MICHELE GOVERNATORI:
Grazie Mancini. Tu parlavi di efficienza energetica. Sono convinto che l’onorevole Abrignani, Vicepresidente delle Commissioni alle Attività produttive della Camera abbia la legislatura e una visione anche di questo. Grazie.

IGNAZIO ABRIGNANI:
Grazie a tutti, e grazie per l’invito. Questa è la prima volta che partecipo al Meeting, ed è un’esperienza molto piacevole. Verrò sicuramente a parlare anche dell’efficientamento, ma prima un’altra considerazione, per rispettare il titolo dell’incontro. Partendo dall’articolo 43 della Costituzione che prevede una riserva per lo Stato per alcuni settori dell’ambito economico, tra cui l’energia, per arrivare al decreto concorrenza che stiamo esaminando in questi gironi alla Camera, devo dire che ne è passata di acqua sotto i ponti. La mia idea è sempre quella di guardare il bicchiere mezzo pieno e direi che ad oggi, per tutta la strada che è stata fatta anche ultimamente, non possiamo che renderci conto che questa è una strada intrapresa dalla quale non si torna indietro. La liberalizzazione è un dato di fatto nel nostro Paese, e anzi forse dobbiamo ragionare se ci sono delle strutture in questa liberalizzazione. Perché è evidente che il mercato oggi può fare il possibile, ma non molto, in relazione a quelle che sono le richieste dei consumatori. Quando normalmente in commissione noi riceviamo i consumatori, fondamentalmente ci chiedono due cose: la prima è la sicurezza degli approvvigionamenti, cioè come dire che nessuno resti al buio. E la seconda cosa che ci chiedono normalmente consumatori è quella di pagare di meno. Il ragionamento allora riguarda il capire se la liberalizzazione serve a questo: se può portare a questo tipo di vantaggio. In linea di principio, concorrenza è il contrario di monopolio, per cui concorrere vuol dire aumentare l’efficienza, e probabilmente nell’aumento dell’efficienza c’è anche quella relativa al costo. Noi sappiamo che in Italia non sempre questo è possibile, perché nonostante ci sia stato nel tempo un abbassamento della materia prima, ci sono tante di quelle componenti della bolletta per cui arrivare ad abbassare il prezzo non è semplice. In più adesso noi stiamo esaminando nel DL Concorrenza il concetto previsto all’articolo del DL dell’abbandono del mercato velato, quello che in qualche modo stabiliva, tramite l’autorità, per il cittadino un certo prezzo, rispetto a quello che il cittadino può liberamente trovare sul mercato. Su questo c’è da dire un distinguo: non sempre sono comparabili le due cose, perché noi sappiamo che nella giusta concorrenza che c’è tra i gestori, vengono offerte una serie di opzioni rispetto al prezzo stesso che incidono sul prezzo. C’è chi per esempio ti dice: tu pagherai per undici mesi lo stesso canone e poi al dodicesimo ti faccio un conguaglio che comunque è una facilitazione. C’è chi ti dà la possibilità di poter vedere quanto stai consumando, per cui anche quella è una facilitazione che va ad incidere sul prezzo. Abbiamo assistito nelle 70 audizioni che abbiamo fatto su questo DL Concorrenza – che dovrebbe andare in aula alla Camera almeno entro settembre ed essere passata al Senato a ottobre – una serie di liberalizzazioni, e devo dire che non su tutte sono d’accordo. Abbiamo fatto un buon lavoro alla Camera, per cui abbiamo cercato di aggiustare il tiro e per una di queste abbiamo avuto esattamente due relazioni opposte: una da parte delle associazioni di produttori, che ci davano per certo l’abbassamento del costo dell’energia. Un’altra veniva a mettere in dubbio questo, portando degli esempi illustri di nazioni straniere, dove il mercato tutelava di più quello dell’energia, tutelava di più il consumatore rispetto al costo dell’energia. Su questo stiamo cercando di ragionare. Una cosa è certa, e su questo possiamo essere un po’ più tranquilli: è un percorso da cui non si torna indietro. Dico ai produttori, ai gestori e ai grossisti, che bisogna lavorare all’interno di questa liberalizzazione, perché è vero che sono aumentati i mancati pagamenti delle forniture, dovuti probabilmente alla crisi economica, ma spesso c’è una richiesta di regole da parte di questi soggetti che prevede lo switch. È vero che non abbiamo una percentuale di switch esagerata – lo switch sarebbe il passaggio da un gestore all’altro – ma vediamo che molto spesso ci si lamenta di quello che è chiamato il turismo energetico: io non pago una bolletta a un gestore, tanto so che poi un altro gestore me la attacca. Su questo, potrebbe stare in piedi un servizio che il cliente unico sta creando e che si chiama Servizio Informativo Integrato, che dovrebbe avere i riferimenti dei soggetti che non fanno altro che cambiare gestore per lasciare insoluto il gestore precedente. Su questo dovremmo chiedere agli stessi grossisti, alle stesse aziende, maggiore solidarietà tra di loro. Se io so che qualcuno ha lasciato insoluto un mio concorrente, qualche difficoltà col contratto dovrei averla. Su questo, qualche lavoro lo ha fatto, e l’autorità ci ha ampiamente ragionato. Chiudo su quello che è un principio che è stato evocato da molti e sul quale io credo moltissimo. Se vogliamo andare incontro al cittadino, dobbiamo cercare di farlo pagare di meno. Molte volte si pensa che per far pagar di meno si debba consumare di meno, e per questo, modificare lo stile di vita. Tutto questo si può fare senza cambiare stile di vita attraverso, l’efficientamento energetico. Ciò vuol dire che io riesco ad avere le stesse prestazioni con un costo inferiore, attraverso la pompa di calore in casa al posto del riscaldamento ordinario, attraverso un coibentazione, attraverso delle operazioni che, tra l’altro, essendo fatte soprattutto da aziende ed imprese italiane, creano occupazione. Io dico che l’efficientamento è l’unica spending-review di questo Paese che creerebbe occupazione e posti di lavoro, ma è evidente che su questo lo stato in generale deve intervenire, l’autorità deve intervenire. Se io cambio la pompa di calore, devo aumentare il kilowatt/ora rispetto a quello ordinario. Voi sapete che se io aumento il rapporto tra kilowatt e ora, la stessa unità costa di più. Allora cosa faccio, per risparmiare pago di più? Non è possibile. Quasi tutti questi efficientamenti energetici si fermano per una leva finanziaria. Faccio un esempio. Se in un condominio l’amministratore dice: “Volete pagare il 30% in meno dal prossimo anno?” tutti rispondono ovviamente di sì. Dopodiché lui dice: “Bisogna fare un certo tipo di lavori e per cinque anni pagheremo la stessa bolletta. Ma dal quinto anno, pagheremo il 30% in meno”. Ancora tutti d’accordo. Poi la società che viene a fare i lavori chiede i soldi, perché nessuno la finanzia. Ecco, lo Stato deve intervenire su questo se ci crede. Lo Stato, se pensa che questa debba essere un momento della crescita del Paese, deve mettere a disposizione più fondi, perché, ad oggi, l’investimento è solo di settanta milioni, che forse basterebbero per Bergamo e Brescia o per Riccione e Rimini. Deve investire molto di più, perché sono garanzie che vengono date alle banche per far sì che le banche possano erogare i crediti alle aziende specializzate nel settore, affinché facciano il loro lavoro. Quello può essere un momento di grande slancio di natura economica, non dico che sia un nuovo piano Marshall, ma se voi immaginate che lo Stato ha un leva tredici, che vuol dire che se dà un miliardo, riesce a dare garanzie per 13 miliardi. Voi immaginate tredici miliardi nel settore che tipo di attività possono smuovere. Su questo lo Stato deve insistere, deve assolutamente crederci. Io mi auguro che l’efficientamento energetico non sia un’occasione perduta come il turismo. Grazie.

MICHELE GOVERNATORI:
Guido Bortoni, presidente dell’Autorità di settore, prego.

GUIDO BORTONI:
Buonasera a tutti. anche io ringrazio davvero sentitamente per l’invito del Meeting anche quest’anno, ma soprattutto per aver dedicato un pomeriggio al tema dell’energia e dell’ambiente, essenziale per la vita dei cittadini. Ovviamente noi ci lavoriamo, è il nostro settore, però è innegabile che ogni cittadino, e ogni impresa, ha da fare i conti tutti i giorni con l’energia, dunque è un settore essenziale. Abbiamo un quesito intrigante, provocante: la nostalgia del monopolio. In questo dualismo di mercato e monopolio cerchiamo innanzitutto di capire quali sono i fondamentali. Soprattutto per noi in Italia, il mercato e la concorrenza, che sono fratello e sorella, fanno più fatica ad affermarsi che negli altri paesi. Noi abbiamo dieci anni di mercato elettrico e otto-nove di mercato gas e sostanzialmente ci sono dei risultati, magari non definitivi e non completi ma incoraggianti. Se andate in giro non solo per i convegni, ma anche nelle sedi altolocate o comunque di addetti ai lavori, c’è sempre qualcuno che dice che si stava meglio quando si stava peggio, che il monopolio ci dava questo e quest’altro e il mercato no, perché ha una serie di difetti. In Italia sostanzialmente soffriamo della scarsa capacità di implementare i fondamentali di mercato e concorrenza. Voglio cercare di spiegare il perché. Se prendiamo la parola concorrenza, questa parola in italiano ha due accezioni, quasi una opposta all’altra. Abbrignani citava un significato che significa essenzialmente competere, quindi cercare la stessa cosa in competizione con qualcuno per migliorare il proprio stato di benessere, per migliorare il welfare. Un significato di concorrenza che mette in campo una serie di quelli che una volta si chiamavano i talenti e nel linguaggio moderno si chiamano i meriti di ciascuno di noi, che devono essere messi a frutto per arrivare ad avere un miglioramento, anche individuale, delle condizioni di vita e del benessere. Questo è il primo significato di concorrenza. L’Italiano medio è un soggetto antimeritocratico per eccellenza. C’è sempre la scorciatoia per evitare la gara, c’è sempre la scorciatoia per arrivare ad avere dei risultati che non mettono in competizione, in concorrenza, i meriti differenti o i talenti di ciascuno di noi. La stessa parola concorrenza ha una seconda accezione, molto più di contribuzione: significa concorrere, correre verso uno stesso obiettivo, meglio se un obiettivo di interesse generale, con un importante significato di contribuzione. Se guardate a questo secondo significato, è il contrario del primo, che era divisivo e individualista. Concorrenza, quindi, significa aiutarsi, concorrere per arrivare a un punto generale. La stessa identica parola. In Italia anche con questo secondo significato, siamo un popolo di individualisti. Se c’è un interesse collettivo, prima pensiamo al nostro tornaconto personale e poi forse arriverà l’interesse collettivo. Arriviamo all’energia. Nell’energia far affermare la concorrenza o il mercato significa unire questi due significati apparentemente opposti, cioè cercare di far sfruttare i talenti e i meriti di ognuno in una sana competizione, insieme alla capacità di contribuire verso un obiettivo di interesse generale della collettività degli operatori. Questo si fa semplicemente mettendo in campo delle regole, regole difficili da fare, quando il regolatore deve fare molto, con regole fare per avere una concorrenza con quei due significati, che da un lato provano efficienza mettendo in competizione i singoli talenti di ognuno e dall’altro fanno raggiungere gli interessi generali. Ne abbiamo sentite citare due da Abbrignani: la sicurezza degli approvvigionamenti per esempio è un obiettivo collettivo, la riduzione del prezzo dell’energia in questo Paese è un obiettivo collettivo a prescindere dalla singola fornitura. Le regole dovrebbero essere in grado di fare questo compromesso, di fare questo miracolo. Se riusciamo a farlo è ovvio che la risposta alla domanda del nostro convegno di stasera è scontata. Nessuno avrà più nostalgia del monopolio perché è chiaro che un mercato, il sistema di concorrenza dai due significati, ci porterà sia al soddisfacimento della sana e legittima aspettativa di far fruttare i meriti di ciascuno di noi, sia quello di avere gli incentivi generali. Vi faccio un esempio. Si parla di Davide e Golia, ma all’inizio del nostro dibattito entrambi lottavano sul lato dell’offerta: l’operatore grande, il Golia dell’offerta, e i tanti Davidi dell’offerta piccoli. Teniamo conto che un mercato funziona soprattutto se c’è una domanda, cioè i consumatori. Anche tra i consumatori ci sono i Golia, ci sono gli energivori, quelli che sanno fare il loro mestiere e da anni sanno contrapporsi all’offerta e sanno far fruttare il mercato, ma ci sono anche tantissimi Davidini dal lato domanda che devono essere – lasciatemi usare questa parola – emancipati, cioè portati al livello di saper fare il loro lavoro, cioè saper sfruttare il mercato, contrapporsi o confrontarsi meglio con l’offerta e saper trarne il massimo del loro fabbisogno, delle loro esigenze. Questo è importante. Smarco questo ultimo punto: quando sento dire che la maggior tutela o la tutela deve essere abrogata, io sono d’accordo, posto che prima si mettano in campo delle misure adeguate che portino la domanda, i Davidini della domanda -i domestici, le piccole imprese – nell’elettrico e nel gas di essere non dico alla pari, ma di essere in grado di saltare quell’asticella dell’utilizzo virtuoso del sistema di mercato. Sapete, la domanda in tanti anni di monopolio è stata una domanda suddita, questo ce lo dobbiamo dire. C’era da un lato il monopolio, che erogava il servizio in maniera integrata in tutte le sue fattispecie, e la domanda esisteva. Per quarant’anni, dal ’62, dalla monopolizzazione, dalla nazionalizzazione del servizio elettrico, fino ai primi anni del 2000, siamo stati sotto monopolio elettrico. Il monopolio ha avuto dei grandi meriti, come quello di elettrificare il Paese, non possiamo questo dimenticarcelo, ma i consumatori erano dei sudditi, non avevano voce in capitolo, erano silenti. Ora, con la liberalizzazione c’è la possibilità che questi da sudditi passino ad essere dei cittadini, cioè sappiano lavorare nell’ambiente di mercato. L’esempio lo citava Bernardi quando diceva che il grossista si trova di fronte a due strettoie: da un lato c’è lo Stato che gli chiede di fare anche l’esattore, cioè di incassare tutta una serie di oneri generali di sistema, quindici miliardi l’anno sulle bollette elettriche, di incassare questi soldi dai clienti finali per poter finanziare tutta una serie di attività di interesse generale, tra cui gli incentivi alle rinnovabili. La seconda strettoia è quella delle reti di vendita, che però non affronto. Vedete bene che il primo punto è proprio il coniugio tra un interesse generale e una garanzia di libertà, di imprenditorialità del grossista sul proprio cliente. Chiaro che il grossista ha il contatto con il cliente, ha le sue forniture, eroga il servizio e chiaramente deve essere legittimamente remunerato, però sopra questa sua legittima remunerazione deve anche assolvere un’attività di tipo collettivo che è quella di fare l’esattore, nel campo elettrico. Ci possono essere modelli alternativi? Vediamoli, in ogni caso devono essere sempre traguardati a questo coniugio dei due obiettivi: concorrenza in termini di competizione – e quindi va bene che ci siano tanti grossisti attivi sui clienti – e dall’altro perseguimento degli interessi generali. La frase che compendio a questi due significati, come un Giano bifronte, della concorrenza la trovate nel libro del Siracide, nella Bibbia, nel libro della Sapienza laddove dice: “Non stendere la tua mano solo per prendere dagli altri – quindi il caso della concorrenza per soddisfare le proprie legittime azioni imprenditoriali – ma non chiuderla nel dare agli altri”. Quando tu hai steso la mano al mercato per prendere delle cose, ricordati che c’è sempre anche un qualcosa che devi lasciare giù, l’interesse generale, l’interesse collettivo da portare con sé. Questa frase è davvero uno scrigno che tiene dentro il doppio significato della parola concorrenza.

MICHELE GOVERNATORI:
Grazie. Abbiamo usato tutto il tempo che avevamo, quindi mi scuso con i relatori per non darvi l’opportunità di una battuta finale. Ringrazio voi, i partecipanti, e a titolo personale il Meeting per questo invito e Francesco Bernardi per averlo organizzato. Grazie a tutti.

Data

26 Agosto 2015

Ora

15:00

Edizione

2015

Luogo

Sala Poste Italiane C2
Categoria
Incontri