STORIE DEL MONDO

Rassegna di reportage internazionali curata da Roberto Fontolan e Gian Micalessin: Libano, alla fonte della convivenza di Gian Micalessin.

 

MODERATORE:
Bene, buona sera a tutti, questa sera vedremo un documentario realizzato sempre da Gian Micalessin per una produzione curata dall’AVSI. Racconterà un progetto di cooperazione nel Libano, dedicato al recupero di una regione che vive grazie alle acque del fiume Litani, che è un fiume che per tante ragioni dal punto di vista politico, strategico e culturale, civile diciamo è un punto, uno dei punti più delicati del panorama libanese. Ma questo lo dirà lui tra pochi minuti. Io volevo solo ricordarvi che questa sera il documentario è corto e quindi avremo anche qualche minuto per poter dialogare sia con Gian, sia soprattutto anche con altre due persone che ci raggiungeranno poi qui e che sono Giampaolo Silvestri che è direttore delle operazioni dell’AVSI, non so se si può dire così tecnicamente Giampaolo, e soprattutto Rosario Sapienza che è un dirigente della cooperazione italiana al Ministero degli Affari Esteri e che è appunto tra gli sponsor di questo progetto. Adesso vorrei chiedere proprio a Gian di collocarci un po’ questo lavoro che ha fatto nel Libano e poi vedremo insieme questo suo documentario, grazie.

GIAN MICALESSIN:
Grazie Roberto, troppo generoso. Faccio due passi indietro perché dopo il documentario di ieri sera rischio di fare una figuraccia, perché il documentario di ieri sera aveva sicuramente una potenza espressiva e una drammaticità incredibile. Qui siamo di fronte ad un altro tipo di documentario, siamo di fronte ad un documentario che racconta un progetto di cooperazione, e cerca di raccontarlo immergendolo in quella che è la realtà sociale, politica, etnica del Libano. A questo servono i documentari, servono, attraverso un racconto di un soggetto, a raccontare la complessità che ci sta dietro. Ecco, e l’interesse non tanto del documentario, ma del progetto AVSI, era quello di un progetto legato all’acqua, l’acqua che attraversava le diverse componenti etniche, religiose, politiche del Libano, di un Libano che era appena uscito dalla guerra devastante dell’estate 2006, quei trentaquattro giorni di guerra in cui c’erano stati milleduecento morti, in cui Israele aveva tentato di distruggere l’esercito, la milizia di Hezbollah, e aveva lasciato cicatrici in tutto il paese. Cicatrici profonde, cicatrici che abbiamo poi visto riemergere nell’ambito dell’ultimo anno fino allo scorso maggio, quando siamo stati sull’orlo della guerra civile. E quindi questo racconto di questa ricerca dell’acqua, questo riportare l’acqua al Libano, l’acqua che era andata persa, distrutta perché le bombe avevano distrutto i depositi d’acqua, le condutture d’acqua, ecco quest’acqua ci aiuta come una traccia, come una traccia liquida, a inseguire le diverse componenti del Libano.

Filmato

MODERATORE:
Bene, adesso vorrei che venissero qui con noi anche Gianpaolo Silvestri e Rosario Sapienza. Chiedo a Rosario Sapienza ,che è un dirigente della cooperazione italiana del Ministero degl’Esteri, di introdurci a questi progetti della cooperazione italiana, grazie.

ROSARIO SAPIENZA:
Grazie, io spero di non rendere la cosa paludata. Mi sembra che questo documentario sia un’ottima occasione per dare le informazioni, ma anche per chiederne, per stimolarne anche in voi del pubblico. Guardando questo documentario in questo contesto mi chiedevo, e quindi lo chiedo anche a voi, se chi fa cooperazione può essere considerato un protagonista o meno. E quando mi chiedo questo, me lo chiedo sia nella sostanza, cioè se veramente facendo cooperazione siamo dei protagonisti, sia nella forma, e questa è una domanda che mi piacerebbe rivolgere al regista, Gian. Perché non è facile raccontare queste storie. Infatti credo che in questo documentario sia riuscito in qualche modo a rendere una sfida che non è necessariamente facile da raccontare, e che è molto complicata, che ha molti retroscena e che è frutto di un lavoro corale. Quello che io posso fare per rispondere a questa domanda e anche per introdurre la mia presenza qui, è il fatto che chi fa cooperazione probabilmente è più protagonista di quanto non emerga dai media, di quanto non emerga nel racconto che viene fatto. Per esempio del Libano conosciamo molto di più la componente militare, la componente di peace keeping, ma non sappiamo o non tutti sanno che nel Libano sono impegnate venti ONG italiane, che fanno progetti come questo, che c’è uno sforzo congiunto da parte della cooperazione italiana, dell’ambasciata e del Ministero Affari Esteri, oltre che la Società Civile italiana sia nel settore privato che quello appunto della cooperazione militare e civile. Il progetto, il Programma Ross che è quello all’interno del quale si iscrive la seconda parte del filmato che avete visto, cioè quello relativo alla fonte Bardana, è un programma che dall’estate 2006, subito dopo il conflitto, ha stanziato in tutto un 25 milioni di euro e ha lanciato qualcosa come 80 progetti diversi. AVSI ne ha portati avanti quattro-cinque nel corso di questi anni e continuiamo a lavorare per capire dove riorientare le cose. Direi che una cosa che ci fa molto piacere è quello di sapere ascoltare quelle che sono le proposte, quelle che sono le idee che vengono dal terreno, e questo documentario dà una buona impressione di quanto ciò venga fatto, infatti, come avete visto, si parla spesso della Commissione Europea, che ha finanziato la parte Nord. E quindi questo documentario ci fa capire anche come una ONG riesce fondamentalmente a cogliere le necessità e a veicolarle a chi poi fa il lavoro di dover finanziare questi progetti. AVSI in questo in questo caso è riuscito a dialogare sia con la Commissione Europea che con noi, come cooperazione italiana. Mi fermo qui perché spero di avere la possibilità di ribattere o di aggiungere altre cose.

MODERATORE:
Bene, io volevo fare solo un’osservazione. E’ stato interessante per me vedere la metodologia di lavoro del progetto AVSI. Una metodologia nel piccolo, ma anche nel grande, cioè con la singola famiglia che ha bisogno della mucca e anche però la capacità e la possibilità di dialogare con il Ministro a Beirut. Giampaolo, su questa metodologia dell’AVSI.

GIAMPAOLO SILVESTRI:
Prima di tutto volevo dare due informazioni di contesto, che secondo me aiutano a chiarire anche un po’ il quadro. L’idea di fare questo video è nata soprattutto dall’esigenza di documentare in maniera più semplice quello che noi stavamo facendo e stiamo facendo e abbiamo fatto in Libano in questi anni. Molto spesso, noi che lavoriamo nel mondo della cooperazione, abbiamo un modo di, come dire, di rendicontare quello che facciamo un po’ oscuro, che non è immediatamente percepibile o comunque comprensibile da tutti. Quindi ci è nata l’idea di fare un video che potesse far vedere in maniera semplice cosa stavamo facendo. La cosa interessante è che voi avete visto la versione italiana del video, ma il video esiste anche in una versione in arabo, perché è stato diffuso, si è cercato di diffonderlo, anche in Libano, perché i primi protagonisti, per ritornare sul discorso che faceva prima Rosario, sono i Libanesi, quindi il video è stato doppiato anche in arabo ed è stata data una diffusione anche in Libano, in alcune tv, in varie manifestazioni. Proprio per condividere con loro quello che stava accadendo nel loro paese. L’intervento di AVSI, in particolare lungo il fiume Litani, inizia nel 2003, poi evidentemente la guerra che c’è stata nel 2006 ha acuito alcuni problemi e quindi sono stati fatti quegli interventi che avete visto di riparazione, di costruzione dell’acquedotto eccetera, e poi ultimamente tutti gli interventi sostenuti dalla cooperazione italiana. Quello che in questi anni noi abbiamo cercato di fare, o comunque l’idea sintetica che abbiamo avuto nel rapportarci al contesto libanese e in particolare al rapporto con l’acqua, è che l’acqua da una parte poteva essere un elemento di contrasto fra le diverse comunità – il video evidenzia bene che sia nella valle della Becca, che nel Sud ci sono villaggi Sciiti, villaggi Drusi, villaggi cristiani, cioè, il Libano è veramente un mosaico di religioni, di etnie anche. E quindi l’acqua, che è l’elemento essenziale, perché sostanzialmente queste sono zone agricole, che vivono di agricoltura e quindi l’acqua è fondamentale, poteva essere un elemento di contrasto. Noi, il tentativo che stiamo facendo, è di far sì che invece l’acqua sia un elemento che favorisca la convivenza, che l’acqua possa essere usata da tutti, che tutti possano utilizzarla in maniera che per tutti sia una risorsa, che non si vada a discapito di una comunità. L’ultimo intervento, quello che veniva raccontato, si fonda su un progetto secondo il quale noi stiamo cercando di creare delle associazioni di agricoltori per l’uso dell’acqua. Questo è uno sforzo importante e molto difficile, perché significa appunto mettere d’accordo due villaggi, quelli che venivano citati, un villaggio sciita che sta su una collina tanto per semplificare, e il villaggio cristiano che sta su l’altra collina, e creare delle associazioni di agricoltori che si parlino fra di loro per usare l’acqua, per usarla in maniera opportuna. Non è facile. Abbiamo avuto notevoli problemi solo su come progettare il canale, progettarlo interrato, progettarlo aperto, cioè la discussione su una questione banale è stata complessa perché significava costringere gli agricoltori di due religioni diverse che non si vedono benissimo tra di loro, che hanno avuto contrasti, a scendere a un compromesso, a mettere in discussione le loro ragioni. Però questo è stato almeno un tentativo di renderli protagonisti della loro vita, della loro storia, per far sì che appunto l’acqua possa essere una risorsa per tutti.

MODERATORE:
Gian, devi rispondere alla domanda

GIAN MICALESSIN:
Sì, no, due paroline due, due parole soltanto per far capire due testimonianze dietro le quinte, quello che non avete visto in questo reportage, che vi spiega perché AVSI è brava poi nel fare questo lavoro, perché non è un lavoro semplice. Io quando sono arrivato il primo giorno nell’ufficio di AVSI, a Beirut, ho detto: “ma ragazzi, siamo sicuri, siamo sicuri che andiamo a Baalbek a filmare, perché secondo me a Baalbek finiamo arrestati immediatamente. Era capitato a tutte le troup che ci vanno: appena tiri fuori la telecamera o tiri fuori un taccuino, Hezbollah che è un’organizzazione dal raffinatissimo intelligence e soprattutto molto attenta ai visitatori esterni, perché temono sempre l’arrivo di spie israeliane e soprattutto temono anche infiltrazioni da parte cristiana di personaggi non conosciuti, Hezbollah ti ferma. Infatti come arriviamo a Baalbek, veniamo immediatamente fermati, veniamo bloccati e vedo già la fine inevitabile, quel che succede a tutte le troup che arrivano a Baalbek: i documenti sequestrati, tenuti fermi uno due giorni, fino a quando non entra in azione l’ambasciata che ti libera e ti fa tornare a Beirut in attesa che ti restituiscano i documenti e la telecamera. Invece Andrei, l’uomo di AVSI, tra l’altro cristiano maronita, dice: “non preoccupatevi, vado io”. Prende, ci lascia in mezzo a Baalbek e va a dialogare e dopo mezz’ora torna sfinito, impaurito anche, ma coi documenti in mano e dice: “ragazzi, tutto a posto, so io come trattarli questi, possiamo andare avanti, possiamo fare tutto”. Ecco questa capacità di AVSI di riunire varie persone e di utilizzarle al meglio nell’ambito di un panorama complesso, è veramente notevolissima. Anche la scelta delle persone è difficile in questa situazione assurda. In quel Sud che avete visto al confine con Israele combatteva fino al 2000, fino al ritiro israeliano, perché Israele fino al 2000 era nel Sud del Libano, combatteva un esercito, appoggiato e finanziato da Israele, che era un esercito formato da cristiani, ma anche da miliziani sciiti che, attratti dalle paghe offerte da Israele, combattevano contro gli stessi sciiti di Hezbollah. Ecco, e quel personaggio che vedete, che riceve la mucca, non è un personaggio qualsiasi, è un ex combattente sciita, che combatteva contro Hezbollah, infatti non ha un lavoro, non ha una professione, questo non si può dire ovviamente nel filmato, ve lo racconto perché sono le spigolature necessarie per capire la difficoltà di questi lavori. E’ uno sciita che combatteva contro i suoi fratelli sciiti all’interno di un esercito cristiano pagato da Israele. Quindi immaginate la sua situazione, delicatissima, senza lavoro, in questo universo del Sud del Libano controllato da Hezbollah e infatti chiamato Hezbollistan, il feudo di Hezbollah. AVSI arriva lì e riesce a integrarlo nella comunità, riesce a dargli una mucca, riesce in qualche maniere a far a far sì che anche lui possa vivere, possa in qualche modo sostenere la propria famiglia. Ecco, vi ho dato questi due punti di vista per far capire un po’ come funziona la cosa, adesso se fate qualche domanda, invece, siamo felici di rispondere.

DOMANDA:
Esiste una cooperazione araba, del mondo arabo verso gli arabi?

ROSARIO SAPIENZA:
Diciamo che, tutto sommato, l’investimento che noi come Italia facciamo, è una goccia in mezzo a un mare di investimenti arabi. Cioè cominciamo a sfatare un mito: in Libano, Iran e Kwait, quindi sia stati a prevalenza sunnita sia stati a prevalenza sciita, investono molto, molto, molto di più di quanto non investiamo noi. La ricostruzione materiale del Libano post guerra è tutta in mano agli stati del golfo e all’Iran. Quello che noi facciamo sono piccole operazioni di maquillage. Le infrastrutture che abbiamo visto in questo video sono microinfrastrutture, però è proprio qui che io voglio insistere, anche per riprendere il discorso fatto. Ricostruire non serve a niente. Se io ripristino una cosa nelle condizioni precedenti al conflitto, mi limito fondamentalmente a preparare una cosa per essere nuovamente distrutta. Quello che stiamo cercando di fare con AVSI, con altre ONG, è quello di imparare a lavorare in maniera completamente diversa. Noi abbiamo avuto la necessità, e quindi anche l’obbligo, di spendere i nostri soldi nella ricostruzione, parlo del Ministero Affari Esteri, avevamo dei soldi in loco, li dovevamo spendere per la ricostruzione. Ma questa ricostruzione abbiamo immediatamente capito che non poteva essere semplicemente ricostruzione, ma doveva essere uno stimolo verso un cambiamento, non dico neanche sviluppo, perché il Libano è un altro paese, è un paese in cui anche lo sviluppo è paradossale: io non ho mai visto tante Ferrari, Lamborghini e Maserati in vita mia come a Beirut. È un paese in questo senso contraddittorio, in cui il mestiere del cooperante ti porta a dei dilemmi esistenziali molto forti. Ricostruire vuol dire fondamentalmente per noi stimolare dei processi che non possiamo controllare al cento per cento, ma che portano a una maniera diversa di relazionarsi. Ecco perché l’AVSI ha deciso di prendere in mano un canale che normalmente era aperto, nel quale quindi il villaggio sciita e il villaggio cristiano si prendevano l’acqua con la propria motopompa e irrigavano i propri campi. C’è stato un momento drammatico e molto felice nel progetto, quando noi abbiamo proposto come cooperazione italiana insieme ad AVSI di interrare questi canali, quindi di metterli a pressione e di governarli attraverso degli outlet, quindi delle uscite che dovevano essere gestite attraverso un’associazione di gestione dell’acqua. All’inizio la loro risposta è stata: “no grazie, se lo fate lo distruggeremo”. Ed è lì che con AVSI ci siamo confrontati ed abbiamo deciso di incontrare direttamente gli agricoltori, di parlarne, di spiegare i vantaggi e gli svantaggi e di dire qual era la nostra disponibilità se non avessero voluto fare il tubo interrato. Abbiamo deciso tutti insieme con una lettera solennemente firmata di fare il tubo interrato, e adesso, abbiamo realizzato 15 metri di colonna d’acqua che ci permettono di mettere a pressione e di irrigare campi che da trent’anni non venivano irrigati. Non abbiamo semplicemente irrigato il campo, abbiamo ingaggiato una battaglia nella quale oggi se vogliono continuare ad usare quella risorsa si devono mettere d’accordo, perché se non si mettono d’accordo quella risorsa non la possono più utilizzare. Siamo a un punto di non ritorno, abbiamo ingaggiato un processo che non sappiamo dove ci porterà ma che è nella strada del dialogo. Grazie.

GIAN MICALESSIN:
faccio un corollario geopolitico su questo. Nel 2006, quando ho scritto il mio libro su Hezbollah, il mio editore è stato geniale nel trovare il titolo, l’ha intitolato: “Hezbollah il partito di Dio nel terrore del wellfare”. Perché geniale? Perché nel libro cosa racconti sempre di Hezbollah? Racconti come attraverso la creazione di scuole, irrigazione, strutture sanitarie, wellfare in pratica, Hezbollah con i soldi dell’Iran è riuscito a dare consapevolezza di essere l’unica forza in grado di gestire la identità sciita, ha creato l’identità sciita, gli ha dato un’anima e l’ha raccolta interamente dietro a sé. Quindi il wellfare, l’utilizzo di risorse che solitamente si perdeva nel mare della corruzione libanese, gestito con i soldi dell’Iran da Hezbollah, ha creato una forza politica e militare importantissima, molto forte, in grado addirittura di contrapporsi ad Israele. Riuscire ad andare a Baalbek a portare dei soldi che non siano iraniani, ma che arrivino da un’altra parte, significa dimostrare che non è solo l’Iran che aiuta il popolo libanese, ma anche l’Europa è presente e riesce, è pronta ad aiutare gli sciiti libanesi. Quindi da questo punto di vista è fondamentale mettere un tassello che blocchi l’ingranaggio complesso, efficace e molto articolato dei finanziamenti iraniani.

MODERATORE:
Giampaolo, qual è la prospettiva di sviluppo di questo progetto e del progetto AVSI nel Libano in generale?

GIAMPAOLO SILVESTRI:
Beh, la nostra presenza in AVSI, di AVSI in Libano evidentemente è molto focalizzata su questi progetti legati all’acqua e all’agricoltura. Quello che citava adesso Rosario è un esempio, è un tentativo di replicare quest’esperienza dell’utilizzo dell’acqua in agricoltura, un utilizzo razionale condiviso tra le comunità, di replicarlo anche in altre realtà, sia del Sud, che della valle della Becca. Quindi diciamo di replicare questa esperienza positiva anche se non siamo ancora arrivati proprio alla fine del processo. L’associazione di agricoltori che utilizzano l’acqua è stata costituita, il canale è stato fatto, stanno cominciando ad utilizzarlo, ma bisogna poi accompagnare questi agricoltori, queste popolazioni. La sfida con la quale stiamo ragionando insieme alla cooperazione italiana, è quella di cercare di dare anche una prospettiva regionale. Come ha fatto vedere bene il filmato, a cento metri, duecento metri dal canale inizia Israele e l’acqua, il problema dell’acqua ce l’hanno anche di là, forse l’hanno risolto anche meglio. Il tentativo sarebbe quello di cercare di fare qualcosa: è chiaro, è un po’ un sogno, però su questo s’è già speso qualche parola. La parte più interessante del nostro intervento è cercare di accompagnare la gente, le persone, gli agricoltori in un processo di sviluppo, che comincino a essere loro autonomi, a creare qualche piccola impresa. L’agricoltore che ha la mucca comincia a essere minimamente autonomo e poi c’è tutto l’aspetto educativo. Il filmato accennava all’intervento nelle scuole, perché anche cominciare a mettere lì qualche piccolo esempio di convivenza tra gli studenti, tra i bambini, tra i ragazzi delle scuole primarie cristiani e sciiti, può essere un elemento che in qualche modo può, nel futuro, aiutare a creare un clima di convivenza, sapendo benissimo che non siamo noi che possiamo decidere della pace. Noi possiamo creare delle condizioni e favorire qualche processo, poi queste cose sono decise ben più in alto di noi, però noi ci proviamo: è un elemento che può favorire un processo di pace.

MODERATORE:
Mi è piaciuta quella sottolineatura di Piacenza. Noi non facciamo una ricostruzione, cerchiamo di innestare un processo che non sappiamo dove ci porterà, ma che è fondamentale per costruire, ricostruire non tanto forse un edificio, ma per ricostruire una possibilità di convivenza. Giampaolo, volevi dire…

GIAMPAOLO SILVESTRI:
Volevo ricordare che il video è disponibile presso lo stand di AVSI, per chi ne volesse una copia.

(Trascrizione non rivista dai relatori)

Data

25 Agosto 2008

Ora

19:00

Edizione

2008

Luogo

Sala A4
Categoria
Incontri