CIO’ CHE CI UNISCE, CIO’ CHE CI DIVIDE: PERCORSI PER L’ITALIA PROSSIMA VENTURA. INCONTRO CON GIANFRANCO FINI E MASSIMO D’ALEMA

Press Meeting

Raffaello Vignali, vice presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, ha introdotto l’incontro con Fini e D’Alema presentandolo come un momento di dialogo in piena sintonia con lo spirito e la ragione stessa del Meeting. Ha aperto il Presidente dei Ds, notando come in questo periodo si assista a quella che ha definito una “impotenza del potere”: gli strumenti politici appaiono inadeguati a risolvere i gravi problemi che affliggono il mondo. Riferendosi in modo particolare alla minaccia del terrorismo, D’Alema si è soffermato sull’incapacità politica da parte degli Stati Uniti di interrogarsi sulle ragioni di questa terribile violenza. Ciò che dovrebbe unire il nostro Paese, ha detto, dovrebbe essere una condivisione della politica internazionale e, più in generale, del ruolo italiano nel mondo. Questa linea condivisa è oggi messa a rischio da una “conflittualità improduttiva” che può condurre l’Italia a perdere la “specializzazione al dialogo” che l’ha storicamente contraddistinta. D’Alema ha poi detto di difendere il bipolarismo come una “conquista di modernità, laicità e civiltà”, precisando che occorre però ricondurlo a modalità “meno laceranti”. Sul fallimento della Bicamerale, ha espresso rammarico per quello che avrebbe potuto essere un “pilastro del riconoscimento reciproco che oggi manca”. Commentando l’attuale stato del governo, ha sottolineato il ritardo sulle riforme maturato nella prima parte della legislatura, ed ha espresso preoccupazione per quelli che ha definito “tempi duri” per la compagine, impegnata con tre campagne elettorali consecutive (europee, amministrative, politiche) che possono non consentire un’attività corposa ed efficace. Una paralisi del genere peserebbe però non solo su chi governa, ma anche sull’opposizione.
Il vicepresidente del Consiglio Fini ha identificato nella “concezione alta” della politica l’elemento di unione tanto con D’Alema quanto con la platea del Meeting: non un “cursus honorum impiegatizio”, ma una passione fatta di valori e princìpi. Il rispetto, ha detto Fini, non è però confusione: per questo evidenziare le differenze culturali tra destra e sinistra (soprattutto su temi come libertà e uguaglianza) è parte integrante di questo rispetto reciproco. Rispondendo a D’Alema, ha precisato che il terrorismo non è reazione di una minoranza, ma anzitutto disprezzo della dignità dell’uomo. Per questo è lecito intervenire, se necessario, con la forza; anche perché, ha detto Fini, non va dimenticato che oggi in Iraq muoiono molte meno persone che prima dell’intervento americano, anche se allora i morti passavano sotto silenzio. Accordo, invece, con l’ex segretario dei Ds, sul rammarico per l’esito della Bicamerale. Alcuni punti dell’accordo poi fallito, ha detto, sono però ripresi dall’attuale progetto di riforma allo studio dei “quattro saggi”. Concludendo, Fini ha auspicato che non si ripetano fenomeni di trasformismo: “Se viene meno la maggioranza, si vada a votare”.
Vignali ha rivolto ai due protagonisti una domanda sul sistema scolastico, interrogando polemicamente Fini sulla concezione che il governo ha della differenza tra spesa e investimento, mentre a D’Alema ha chiesto se considera la parità una difesa delle scuole cattoliche o un fattore di libertà per tutti.
Il leader di Alleanza Nazionale ha ricordato che il governo ha presentato un disegno di riforma “epocale” per il fatto di arrivare a quasi 80 anni da quella precedente prima ancora che per i contenuti. Ha ribadito che il vero dibattito, che spesso lo impegna anche all’interno della maggioranza, è tra “solidarietà e filantropia”: bisogna evitare interventi una tantum, per “fare del bene”, e avere il coraggio di promuovere riforme strutturali capaci di favorire la coesione sociale. D’Alema ha puntato il dito contro il declino della competitività internazionale del nostro paese, causato anzitutto da scarsi investimenti e scarsa spesa sociale. “Ci deve essere un limite – ha detto – ai tagli della spesa”. Rispondendo alla domanda di Vignali, ha espresso l’opinione che la libertà in tema di educazione debba essere garantita innanzitutto dal pluralismo della scuola pubblica; va poi riconosciuta la “funzione pubblica svolta dalle scuole non statali” nei limiti definiti dalla Costituzione.
La seconda domanda del moderatore è stata invece sulla riforma del Welfare e delle pensioni: “Non è ora – ha provocato Vignali – di passare dal Welfare State alla Welfare Society?”
D’Alema ha percorso la storia delle riforme del sistema pensionistico, sviluppate dal governo Amato (1992) e da quello Dini (1995) ed essenziali per evitare il tracollo. Ha auspicato poi che si giunga allo svincolo del TFR per rendere possibile uno sviluppo dei fondi pensione: proposta già avanzata dal suo governo, ma che all’epoca incontrò il “no” di sindacati e Confindustria. Il governo attuale sembra frenato in questo cammino da dissidi interni: deve guardarsi – ha detto – dalla “tentazione di rimedi congiunturali che provocherebbero lo scontro sociale”. Una riforma dello stato sociale va del resto considerata “un obiettivo, non un sacrificio” per la sinistra moderna. D’Alema si è dichiarato perplesso sulla dizione “Welfare society”, perché questa espressione sembra portare con sé una sottovalutazione pericolosa del ruolo della garanzia pubblica. Anche Fini ha detto di non avere particolare passione per questo termine, cui preferisce quello di “Welfare Community”. Va però ricordato che “non tutto ciò che è pubblico necessariamente risponde meglio ai bisogni della società”. Del resto, il principio di sussidiarietà è tutelato anche dalla Costituzione europea in via di elaborazione. “Ci vuole – ha detto – una riforma del Welfare, non perché questo sia sbagliato ma perché va adeguato ai tempi”: la maggioranza è chiamata ad elaborare una proposta solida e completa, che sappia interloquire con le parti sociali, purché queste abbandonino quel “diritto di veto” che spesso rende impossibile il dialogo.
In chiusura, Vignali ha rilanciato la proposta di istituire una “bicamerale sociale” che sappia unire le forze politiche desiderose di confrontarsi sui problemi reali del Paese. In particolare ha segnalato tre priorità: educazione, Welfare, sostegno alla produzione e alle imprese. “Per ridistribuire – ha ricordato – bisogna prima produrre”. E un’ipotesi per questo lavoro c’è già: l’Intergruppo parlamentare per la sussidiarietà, che riunisce numerosi deputati di vari schieramenti politici.

M.C.
Rimini, 29 agosto 2003