Edizione 1991

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'Antigone ritornata e il vecchio immigrato, tra gente di palazzo e nuovi distintivi'

'Rivisitando la vicenda dell'eroina di Sofocle, il lettore è condotto sull'orlo del precipizio allorché Antigone riconosce che l' esigenza di libertà, inscritta nel suo cuore, viene soffocata dalla legge di Tebe. Ragione e sentimento lacerano il cuore di Antigone e provocano in lei una lotta mortale. Il suo grido "Chi potrei invocare perché si batta per me?" non trova una risposta. Il destino ha stabilito la sua condanna. La saggezza greca al massimo le ha suggerito di abbreviare la sofferenza, ma Antigone ha una sete inestinguibile di libertà: ammette di aver trasgredito delle norme, cospargendo pietosamente il corpo del fratello, ma non può rinnegare le esigenze del cuore. Il Coro della tragedia di Sofocle non porta ad Antigone un annuncio di liberazione, anzi chiama arroganza la sua esigenza di libertà. Soffocare il desiderio dell'uomo giudicandolo una pretesa socialmente inaccettabile, è il primo segno della violenza sulla vita che il Potere può esercitare. L' altra violenza è più sottile: far passare come illogico quello che, invece, è semplicemente ragionevole. Ragionevole rimane l' affetto di Antigone per il fratello, anche se non logica poteva risultare la sua pretesa di andare contro la legge. La violenza della vita è rotta solo dalla possibilità di poter andare oltre! La violenza della vita ha condotto molti uomini al suicidio, una tentazione che almeno per un istante tutti gli uomini potrebbero conoscere. L' aver fatto ritornare Antigone al Meeting di Rimini, significa esattamente riproporre a tutti la domanda sulla totalità dell'uomo. Il dramma dell'uomo sta appunto nella domanda, che è prigioniera o libera nel suo cuore. Mentre nel Palazzo la società così come è organizzata molti pensano che si possa far quadrare il mondo, ecco che Antigone, ritornata, incontra un vecchio immigrato e ne nasce un colloquio che permette di rileggere quanto è avvenuto nella storia dell'umanità dopo la morte di Antigone. Questo vecchio immigrato, che ha dovuto lasciare molte cose nel suo pellegrinare, non ha certo smarrito l' insegnamento di suo padre, la tradizione della sua gente, le radici del suo paese. Per lui vale il concetto che "la cultura è quello che si ricorda quando si dimentica tutto". Da questo incontro Antigone, ritornata, si sente provocata e coinvolta. Il discorso arriva a toccare la persona di Cristo. Il Palazzo lo ha fatto "accomodare", presentandolo come il grande assistente sociale dell'umanità, ma il vecchio immigrato lo sente vicino con tutta la sua umanità capace di rimandare, oltre la propria misura, l' uomo di ogni tempo. La provocazione più grande per Antigone non viene dagli uomini del Palazzo, con tutti i "nuovi distintivi" che le propongono. E' l' invito del vecchio immigrato che affascina Antigone! Così la libertà non è un prodotto dell'Evo moderno, ma è costitutiva dell'uomo dall'origine. Nel momento in cui smettessimo di domandarci il senso delle cose, la libertà verrebbe tradita. La libertà è possibile se la coscienza interroga con lo spirito di chi è pronto a verificare come altri, cioè Cristo, voglia e possa renderci liberi.'