QUALI CERTEZZE IN UN MONDO INCERTO? INCONTRO CON JOHN ELKANN

Quali certezze in un mondo incerto? Incontro con John Elkann

24/08/2011 ore 11.15_x000D_ Partecipano: John Elkann, Presidente di Fiat; William Marcella, Studente. Introduce Bernhard Scholz, Presidente della Compagnia delle Opere.

Partecipano: John Elkann, Presidente di Fiat; William Barcella, Studente. Introduce Bernhard Scholz, Presidente della Compagnia delle Opere.

 

Bernhard Scholz
John Elkann ha visitato il Meeting e ha avuto
anche un incontro con alcuni studenti universitari che hanno
discusso con lui, si può dire, di tutto: della vita, dell’economia,
degli studi. Così abbiamo pensato di invitare a questo momento
di dialogo anche William Marcella, affinché possa rivolgere a
John Elkann alcune delle domande che sono emerse.
John Elkann è nato a New York, ha ottenuto la maturità
scientifica a Parigi, si è laureato in ingegneria al Politecnico
di Torino ed è diventato, a 35 anni, presidente della Fiat, uno
dei più grandi gruppi industriali nel mondo.

John Elkann
Qualche tempo fa ho avuto l’opportunità di visi-
tare a Torino l’iniziativa di formazione professionale «Piazza
dei Mestieri», poi ho partecipato alla giornata della «Colletta»
promossa dal Banco Alimentare. Infine ho ricevuto l’invito a
partecipare a questo incontro del Meeting. Ieri ho potuto sen-
tire e vedere con i miei occhi il grande entusiasmo che Sergio
Marchionne aveva colto l’anno scorso venendo qui. Ho avuto
la possibilità di visitare il Meeting e la mostra sui «150 anni
di sussidiarietà», scoprendo le storie dei santi sociali torinesi
dell’Ottocento, come don Bosco, il Cottolengo, i Marchesi
del Barolo; ho imparato che ci sono stati più di novanta santi
e beati a Torino in quell’epoca.
Mi ha molto colpito vedere quello che state facendo al
Meeting. È incredibile l’entusiasmo con il quale tutto viene
organizzato, e poi vedere tantissimi giovani e tanti bambini.
Ho visto un ambiente molto speciale, con aree attrezzate per
lo sport che convivono con gli spazi per le conferenze e le
mostre.
Ieri ho avuto la possibilità di dialogare con una cinquantina
di studenti che provengono da tutt’Italia e che frequentano
diverse facoltà universitarie. È stato molto interessante sapere
che cosa pensano e sono contento che William sia oggi qui con
noi per poter sintetizzare il contenuto del nostro dialogo.

William Marcella
Come prima cosa colgo l’occasione per
ringraziare John Elkann per la sua disponibilità: l’incontro
di ieri ci ha permesso di mettere a fuoco una serie di spunti
che tenteremo di approfondire oggi con alcune domande, la
prima delle quali è: «Lei è stato scelto per rappresentare la sua
famiglia a capo di un gruppo come la Fiat. Come ha vissuto
questo passaggio? Come un’imposizione o piuttosto come
un’opportunità? E ora come vive la grande responsabilità che
ha tra le mani?».

John Elkann
Per la mia famiglia ciò che conta davvero è assi-
curare a ognuno la possibilità di scegliere la propria strada,
non ci sono mai state imposizioni. Non c’è mai stata da parte
né di mio nonno né da parte della famiglia una pressione
affinché io facessi qualcosa di particolare. Fin da bambino
sono sempre stato interessato al mondo del lavoro, ho sempre
desiderato un lavoro, che fosse legato alla famiglia o meno,
non era quello che importava.
Ho trascorso i primi diciotto anni della mia vita in giro per
il mondo: sono nato in America, poi ho vissuto in Inghilterra
e in Brasile e ho terminato la scuola in Francia. La decisione
per l’Università, poi, ha coinciso con la scelta di un luogo;
infatti ho deciso di frequentare un’università in Italia per
conoscere meglio il Paese che per me era solo quello dei
nonni. In particolare, mi sono iscritto a ingegneria − il Poli-
tecnico − a Torino. In questo modo mi sono trovato a poco a
poco sempre più vicino al mondo del lavoro di mio nonno e
alla famiglia, e indubbiamente proprio per questo l’interesse
è cresciuto nel tempo.
Sono state, poi, una serie di circostanze – legate alla vita
aziendale e familiare – a portarmi dove mi trovo ora. Non è
mai stato qualcosa che mi è pesato; al contrario, l’ho percepito
come un’incredibile fortuna e un’enorme opportunità. Era
quello che volevo fare nella vita e la vita mi offriva proprio
quella possibilità. All’inizio, ci sono stati momenti nei quali mi
rendevo conto di avere troppo poca esperienza e non sapevo
che cosa scegliere, ma ho sempre avuto intorno a me persone
disposte ad aiutarmi. Sono sempre stato molto convinto del
mio percorso e l’ho sempre affrontato considerandolo − lo
ripeto − una grande fortuna e un modo per imparare il più
possibile.

William Marcella
Nel suo iter personale può individuare
delle esperienze-chiave a livello lavorativo? In altri termini,
quali sono state le esperienze più significative della sua for-
mazione?

John Elkann
Il fatto di essere stato abituato a dover vivere in
ambienti e Paesi diversi, è stata un’enorme fortuna perché,
in qualche modo, mi ha obbligato adattarmi. Cambiare scuola,
Paese, cultura, in qualche modo obbliga ad adeguarsi, a capire
gli altri per relazionarsi con il prossimo. Questa è stata per me
un’esperienza fondamentale.
In famiglia, poi, ho avuto molti esempi di persone impegnate
nel lavoro e nelle comunità in cui vivevano, e queste figure
sono state un riferimento importante per me.
Ho frequentato scuole e università pubbliche: prima in
Francia e poi a Torino. Sicuramente le scuole pubbliche lasciano
molta libertà e nel mio caso è stato un fattore positivo, perché
mi ha permesso di organizzarmi, di utilizzare il tempo come
pensavo fosse meglio, responsabilizzandomi molto; in qualche
modo ho dovuto farmi carico della mia educazione.
Le esperienze di lavoro più importanti per me sono state
sicuramente gli stage che ho fatto nelle aziende. Il mio primo
lavoro è stato in Inghilterra, in una fabbrica che produceva
fanali per automobili. In quella circostanza ho capito che il
modo in cui si interagisce con gli altri è fondamentale. Da
giovane si pensa di sapere moltissime cose, ma quando ci si
rende conto di non sapere nulla e che si può imparare tantis-
simo dalle persone con cui si lavora, le strade che si aprono
sono moltissime. Avere capito e imparato questo è stato fon-
damentale per me.
Ma il mio primo «vero» lavoro è stato alla General Electric,
dove ho avuto la possibilità di lavorare in un gruppo molto
interessante, composto da duecentocinquanta giovani che si
occupavano di audit, cioè andavano nelle società del gruppo,
sparse in tutto il mondo, per un periodo di quattro mesi.
Quell’occasione ha significato per me conoscere culture diverse,
ho infatti avuto la possibilità di lavorare con indiani, giappo-
nesi, europei, sudamericani (e viverci, perché noi vivevamo
insieme condividendo tutto). Eravamo molto giovani eppure
avevamo una responsabilità importante, e dunque dovevamo
essere all’altezza. E poiché ogni quattro mesi cambiavamo
destinazione, dovevamo cercare di imparare velocemente tutto
quello che potevamo nell’ambiente in cui lavoravamo.
Dopo il mio ritorno in Italia l’esperienza lavorativa più
importante è stata sicuramente quella che ho vissuto con
Sergio Marchionne. Ci siamo trovati a vivere una situazione
assolutamente incerta, si pensava che la Fiat non ce l’avreb-
be fatta; sia il contesto esterno sia, soprattutto, il contesto
interno non ci credeva e non si vedeva una via d’uscita. Ho
avuto l’opportunità di lavorare con Sergio e di imparare da
lui come, effettivamente, si può immaginare un futuro molto
diverso da quello che noi stessi, o l’ambiente in cui siamo,
ci indica. Ma soprattutto ho imparato a credere che questo
è realizzabile.
L’altra grande lezione che ho appreso è che le tempeste
passano, e da allora ne abbiamo superate tante! Ed è positivo
che le tempeste prima o poi passino, l’importante è riuscire
ad attraversarle.

William Marcella
Lei ha citato la parola «adattamento». Pur
essendo io un giovane studente, in questi ultimi anni ho già
visto diversi cambiamenti repentini della società, del mondo,
crisi finanziarie, Paesi emergenti… Mi chiedo e le chiedo: lei
che guida Fiat, da una posizione così privilegiata come vede
questi cambiamenti?

John Elkann
I cambiamenti li vivo molto bene, anzi forse dovrei
imparare a vivere non solo di quelli! Credo che il cambiamento
sia parte della vita, quello che è importante è cercare di legare
cambiamento e progresso; cercare di vedere come si riesce a
migliorare, riadattando il modo in cui uno guarda le cose, le
pensa e le fa, cercare in qualche modo di metterle in discus-
sione. Probabilmente è molto meglio fare le cose sbagliando
e poi correggersi, piuttosto che non fare assolutamente niente
per essere certi di non sbagliare.

Bernhard Scholz
Noi viviamo in un mondo che si definisce per
le incertezze che presenta ogni giorno, e il titolo del Meeting
propone, invece, la certezza. Quali sono le certezze sulle quale
ti appoggi, anche rispetto alle tantissime decisioni che devi
prendere ogni giorno?

John Elkann
Diciamo che la prima certezza è l’incertezza:
questo ultimo mese dimostra come molti eventi sono asso-
lutamente imprevedibili, pensiamo per esempio a ciò che sta
succedendo in Libia, alla reazione dei mercati finanziari ai
problemi di indebitamento di alcuni Paesi occidentali.
Personalmente, ciò di cui sono più grato è di avere avuto
la possibilità di imparare e di avere la curiosità di capire le
cose. Questa è una certezza. Se pensiamo alla parabola dei
talenti, essa ci indica che la persona che è premiata è quella
che riesce a far fruttare i suoi talenti. Per me questa è una
grandissima certezza, così come la possibilità di parlare con
persone che hanno più conoscenza ed esperienza di noi. Se
uno chiede, se uno ha dei problemi e ha realmente intenzione
di capire qualcosa, ci sono sempre persone intorno a noi che
sanno e che sono disposte a dirci quello che sanno: questa è
un’altra certezza.
Ci sono, poi, alcuni parametri sui quali uno basa la propria
esistenza: nel mio caso, c’è la convinzione di quello che è
bene o male; di che cosa significa fare qualcosa bene o male,
se comportarsi in un certo modo o in un altro. Credo che,
effettivamente, questa sia una certezza sulla quale ognuno deve
cercare di fare affidamento rispetto al proprio comportamento.
La grande abilità è come, nelle varie circostanze della vita, uno
poi riesca a dare la sua risposta.

Bernhard Scholz
Uno studio dell’Università Bocconi sulle azien-
de familiari dice che tra il 2000 e il 2009 le imprese familiari
italiane sono cresciute del 58 per cento, mentre le altre del 48
per cento. Dice anche che il ritorno sull’investimento annuo
è in media positivo per l’1,3 per cento nei gruppi familiari e
negativo per l’1,5 per cento negli altri. Essendo responsabile di
una grande impresa familiare, come ti spieghi questa migliore
performance dell’impresa familiare?

John Elkann
Effettivamente nell’ultimo decennio le imprese
a controllo familiare (o guidate da una singola persona) sono
state maggiormente apprezzate dalla Borsa. Una delle ragioni
è che abbiamo vissuto molte fortissime turbolenze finanziarie
e una delle caratteristiche di una impresa a controllo familiare
è quella di essere più prudente e conservativa nell’utilizzo del
debito e della gestione delle finanze.
C’è anche da dire che il controllo familiare rappresenta una
stabilità proprietaria: la continuità dà la possibilità a chi gestisce
l’azienda – e a chi ci lavora – di potere prendere decisioni e
fare cose che hanno un orizzonte temporale ampio e soprat-
tutto un maggiore livello di fiducia; questo in altre strutture
proprietarie è più difficile. Ovviamente anche questo tipo di
struttura ha dei limiti: quando entra in gioco il nepotismo o
quando manca il criterio essenziale del merito. In questo caso
possono sorgere dei problemi. Però, generalmente, quando si
riesce a creare un circolo virtuoso, questo connubio può dare
grandissimi risultati fino a essere premiato anche dai mercati
finanziari.

Bernhard Scholz
Visto che abbiamo parlato di famiglia, mi
permetto di aggiungere subito un’altra domanda che non
riguarda solo le imprese di famiglia. È possibile conciliare
nel mondo di oggi (dove il tempo dedicato al lavoro cresce
esponenzialmente) vita lavorativa e vita familiare, tenendo
conto che tu hai una famiglia con due figli piccoli?

John Elkann
Prima di tutto famiglia e azienda sono oggettiva-
mente mondi molto diversi, con dinamiche diverse. Quello che
è importante in una famiglia è l’uguaglianza tra tutti i membri
e l’essere solidali. Un’impresa ha, invece, una struttura meri-
tocratica regolata da una certa forma gerarchica.
Sono mondi diversi che, comunque, debbono imparare a
comunicare l’uno con l’altro; normalmente un’azienda va bene
quando anche la famiglia va bene: non è che una è a scapito
dell’altra, non è che l’azienda va bene perché uno sottrae tempo
alla famiglia, che dunque andrà male, o viceversa; questi due
mondi devono andare d’accordo.
Nel mio caso, avendo una famiglia (una moglie e due
bambini piccoli), una delle cose importanti che cerco di fare
è di passare del tempo con loro, ma allo stesso tempo di fare
capire loro quello che faccio e come questo sia importante
per me. Mio figlio avrà 5 anni tra poco, e mentre eravamo
in vacanza mi ha detto: «Perché devi andare a lavorare?
Perché non stai qui con me?». Sta iniziando a porre questo
tipo di domande e la risposta che gli ho dato è stata: «Perché
quello che faccio mi piace e ho voglia di farlo; ho bisogno
di farlo perché è importante per me». Cerco di fargli capire
quello che faccio, la mia vita, piuttosto che dirgli: «Lo faccio
perché così possiamo andare in vacanza» oppure: «Lo faccio
perché devo». In questo modo vorrei riuscire a mantenere
un equilibrio nella vita familiare, e allo stesso tempo cercare
di fare comprendere alla mia famiglia cos’è il mondo del
lavoro e il modo in cui lo vivo.

William Marcella
Lei ha utilizzato diverse volte la parola
«responsabilità»; le pongo allora una domanda un po’ pro-
vocatoria: quale responsabilità sente di avere nei confronti
dell’Italia?

John Elkann
Da italiano, la responsabilità che ho (come molti
di voi qui) sta nelle scelte che faccio: noi possiamo fare diverse
scelte; quando votiamo, per esempio, scegliamo chi poi ci
rappresenterà, e ugualmente scegliamo nell’interloquire con
chi ci rappresenta, nel verificare in che modo ciò che ci hanno
promesso viene fatto o meno. Queste sono responsabilità che
fanno parte di un certo impegno civile.
Poi c’è una responsabilità nei riguardi dei temi che
ognuno sente come importanti. Nel mio caso, il tema che
sento importante è quello dell’istruzione: la Fondazione
Giovanni Agnelli ha l’obiettivo di contribuire al miglio-
ramento del sistema educativo del nostro Paese con una
serie di proposte. Pubblichiamo ogni anno un volume – il
Rapporto Annuale sulla Scuola – che analizza la scuola e
vuole contribuire al dibattito su come il nostro sistema
scolastico può migliorare e funzionare meglio, anche se
– per esempio per quanto riguarda le scuole elementari – è
già un sistema molto buono.
Promuoviamo anche una serie di iniziative che mirano a
indirizzare il maggior numero di studenti possibile verso le
materie scientifiche: in Italia abbiamo un grosso gap rispet-
to ad altri Paesi europei, in questo campo. Così aiutiamo
gli studenti con borse di studio, cerchiamo di sviluppare
iniziative in collaborazione con le università. Questo è un
impegno che io ritengo molto importante, infatti più per-
sone vengono formate – più riusciamo a migliorare i nostri
sistemi scolastici, premiando chi vuole studiare – e più ci
saranno persone capaci di affrontare il futuro e di costruirne
uno migliore.

William Marcella
Immagino che, data la sua responsabilità,
lei collabori con molte persone. Quali sono gli aspetti fon-
damentali del lavoro in team, a livello di comunicazione e di
motivazioni?

John Elkann
Ho la grande fortuna di lavorare con persone di
cui mi fido e credo che questo sia molto importante nel lavoro.
Avere un ambiente in cui uno può esprimersi e può dire le
cose che pensa, e soprattutto dove ci si fida l’uno dell’altro, è
fondamentale. Questa fiducia si basa su convinzioni e obiet-
tivi comuni e sul dialogo, che è molto importante; capita così
con Sergio Marchionne: comunichiamo quasi tutti i giorni, o
anche più volte al giorno. La comunicazione con le persone
con cui si lavora è molto importante, ma la base del rapporto
di lavoro rimane la fiducia.
Il lavoro è fatto di professionalità e di obiettivi, con in più
lo stimolo della competizione positiva: cercare di sfidarsi, dire
che cosa si può fare di più e come si può fare meglio. Un tipo di
ambiente e di cultura così è molto positivo. Io ho la fortuna
di lavorare in un contesto del genere.

William Marcella
Lei ci ha detto che è spesso impegnato in
viaggi di lavoro. Conoscendo Paesi molto sviluppati o Paesi
in via di sviluppo, guardando quindi l’Italia in un contesto
realmente globale, in che cosa il nostro Paese deve cambiare
per rimanere competitivo a livello internazionale?

John Elkann
Indubbiamente quello che si vede viaggiando
nel mondo è il grande amore per l’Italia; c’è moltissima voglia
d’Italia nel mondo. C’è voglia di venire in Italia, di prodotti
italiani, di conoscere e sapere molto dell’Italia. La questione
importante è: che cosa vuole l’Italia e che cosa vogliono gli
italiani per l’Italia?
Se, per esempio, uno guarda dove siamo oggi, se considera
questa vostra accoglienza, si rende conto che nel nostro Paese
la capacità di organizzare le cose è molto forte. Se uno guarda
certi distretti e certe manifatture − che sono «inconcorrenzia-
bili» −, ci sono molte attività che effettivamente hanno una
grande potenzialità.
Dunque la vera domanda è: «Che cosa vogliono gli italia-
ni?», e: «Che cosa vuole l’Italia?». Se uno guarda il Brasile,
vede un Paese che ha chiaramente deciso e ha espresso quello
che vuole, come vuole progredire, crescere e migliorare. Io ho
vissuto in Brasile dai 7 ai 12 anni. Siamo venuti via dal Brasile
perché era un Paese molto pericoloso, ma la criminalità oggi
è scesa: anche se guadagnerebbero di più a essere criminali,
i brasiliani preferiscono avere un lavoro regolare e ne sono
contenti. Si vede come questo Paese e chi l’ha guidato hanno
deciso di svilupparlo coerentemente con la società, e anche
quali settori di attività vogliono spingere, su quali vogliono
puntare.
Un altro esempio in ambito italiano: Fiat. Con Sergio Mar-
chionne da oltre un anno e mezzo abbiamo un dialogo aperto:
noi siamo convinti che Fiat continuerà a fare automobili, oggi
con Chrysler produciamo più di quattro milioni di automobili
nel mondo. Questo dialogo deve aiutarci a verificare se effetti-
vamente l’Italia ha voglia di fabbricare automobili, se ci sono
le condizioni per cui chi vuole farlo, come Fiat, possa investire
in Italia. Io credo che la vera chiave di che cosa fa l’Italia sia
che cosa vogliono gli italiani e che cosa vuole l’Italia.

William Marcella
Le pongo una domanda un po’ «egoista»:
alla luce della sua esperienza, quale consiglio si sente di dare ai
giovani laureati che si affacciano per la prima volta nel mondo
del lavoro, viste anche le difficoltà che l’economia globale sta
vivendo? Quindi: quali sono i consigli che darebbe a me, che
tra un anno inizierò la mia carriera lavorativa?

John Elkann
Credo che la cosa importante sia dirsi la verità
e guardare la verità.
Leggevo poco tempo fa ai miei figli le fiabe di Andersen;
in una delle più note, I vestiti dell’imperatore, un imperatore
molto vanitoso viene convinto da due imbroglioni di essere
vestito benissimo, eppure indossa dei vestiti inesistenti. Dun-
que va in giro nudo, ma per reverenza tutti dicono: «Come
è vestito bene questo imperatore!», finché un bambino dice:
«No: l’imperatore è nudo!». I giovani hanno questa grande
possibilità: guardare le cose come stanno, perché in qualche
modo non hanno ancora una vita vissuta e possono guardare
a se stessi, al mondo come è, e cercare di realizzare quello che
hanno voglia di fare. Credo che sia molto importante che uno
definisca esattamente che cosa vuole fare e poi si dia tutte le
possibilità e i mezzi per farlo.
Dopodiché è bene imparare le lingue, è bene studiare, è
bene fare esperienza all’estero: tutte queste cose sono impor-
tanti. Però credo che alla tua età la grande fortuna sia poter
raccontare a se stessi la verità, lasciarsi guidare dalla vita che
ti offre delle opportunità che uno, in qualche modo, cerca.
Bisogna essere molto onesti con quello che uno vuol fare e
con il contesto in cui vive.

Bernhard Scholz
Mi ha molto colpito una tua osservazione, che
hai fatto con molta certezza: che le tempeste vanno affrontate,
che non si può scappare di fronte alle difficoltà della vita.
Questa energia positiva, questa positività, da dove viene?

John Elkann
Indubbiamente, essendo passato per tante tem-
peste, il sapere che si possono attraversare credo sia una
esperienza rassicurante: certo, se questo non avviene, uno non
lo sa. Credo che da parte dei giovani ci sia una grande voglia
di fare, un grande entusiasmo e una grande vitalità, perché
effettivamente c’è la possibilità di fare grandissime cose nel
mondo in cui viviamo e noi dobbiamo esserne convinti. Io ho
avuto la grande fortuna di vivere molte esperienze quando ero
molto giovane, di avere dei maestri e di avere attraversato dei
momenti molto intensi, anche difficili, che sono contento di
avere vissuto. Non rimpiango assolutamente niente e credo
che stia a noi cercare di prendere quello che effettivamente
esiste e di fare la vita che uno può fare, dandosi la possibilità
di farlo.

Bernhard Scholz
Rispetto a tanti problemi di cui abbiamo par-
lato, rispetto al futuro, tu hai detto: «Il futuro sarà quello che
costruiamo noi, ma non “noi” in genere, ognuno di voi». Mi
sembra che questa sia anche espressione di una tua profonda
convinzione. Penso che avendo alla guida di uno dei gruppi
industriali più importanti d’Italia una persona con la tua
autenticità, con la tua sincerità e con la tua lucidità, possiamo
sperare per il futuro del nostro Paese.

Data

24 Agosto 2011

Ora

11:15

Edizione

2011

Luogo

Sala A3
Categoria
Incontri